venerdì 31 dicembre 2010

Sono malata di stanchezza cronica

Un senso di debolezza crescente, poi i dolori e l’impossibilità di continuare a lavorare. La CFS è un disturbo subdolo che, giorno dopo giorno, ruba la vita. Ma Valentina dice: “Non mi arrendo. E lotto per i diritti di quelli come me.”

Era una tipica serata ottobrina romana. In piedi, all’uscita del ristorante, Alessandro, il mio compagno, si attardava nei saluti. Tra baci e sorrisi a un tratto mi sono resa conto che il mio volto stava cambiando espressione e un senso di stordimento ha iniziato a invadere il mio corpo. Una strana forza di gravità mi attirava verso il basso, le mani hanno cominciato a sudare e facevo fatica a respirare. Pochi secondi, e poi il buio. “Un semplice svenimento, niente di eccezionale”, ho pensato. Non avevo ancora idea che quel buio si stava radicando dentro di me e che avrei dovuto imparare a conviverci. Non saprei dire quando tutto ha avuto inizio e in realtà nessuno è in grado di definire con certezza tempi, cause o effetti precisi della mia malattia, la Sindrome da Stanchezza Cronica. L’unica medicina contro questo disturbo è la consapevolezza. Consapevolezza dei propri limiti, del fatto che ogni sforzo, anche minimo, avrà una conseguenza sulla salute. Raramente ci si sofferma a pensare quanto sia importante il riposo per il corpo umano. Quando ci si alza al mattino, ricaricati da una bella dormita, tutto viene naturale: vestirsi, fare il caffè, sbrigare piccole faccende di casa e poi andare dritti al lavoro. Una volta era così anche per me. Oggi è come se le mie “batterie” segnassero sempre la scritta: capacità residua minima. Ormai ho imparato a non stupirmi se mi sveglio come se avessi passato una notte in piedi in aeroporto, con i letti da rifare, la pila di piatti da lavare e il mio adorato Tito (il cane) che piagnucola triste perché vorrebbe giocare con me. Cosa mi può succedere se non risparmio energie? Sento le tempie pulsare, l’equilibrio che inizia a vacillare e velocemente mi accorgo che un dolore sordo inizia ad addentarmi le ossa. Non c’è scampo per le mie giunture e così gomiti, ginocchia, scapole insorgono, e un formicolio si diffonde e si acuisce sempre più, finché piccole e dolorosissime schegge di vetro cominciano ad attraversare tutto il mio corpo. A quel punto devo sdraiarmi, ma è troppo tardi: l’emicrania si è già trasformata in nausea e il letto che dovrebbe darmi sollievo e consolazione interagisce con i miei tessuti come se fosse una fredda e durissima lastra di marmo. Non so mai quanto dura. Devo respirare, cercare di calmarmi, perché anche lo stress mentale contribuisce ad aggravare il mio stato fisico. A volte vorrei gridare e piangere, per quella persona che ero una volta e che non so se sarò mai più. La mia malattia è la conseguenza di una lotteria genetica, neurologica, immunologica che i ricercatori stanno indagando. Sono tre anni che ho scoperto di essermi aggiudicata questo ingombrante premio, che è entrato nella mia vita distruggendo ogni cosa. Avevo un lavoro ben retribuito in un importante società. Le mie giornate si dividevano tra ufficio e serate con gli amici e il mio ragazzo Alessandro. Perdere l’impiego è stato uno dei momenti più duri. I miei colleghi sono stati comprensivi ma non c’è stato niente da fare: recarmi ogni mattina in ufficio era diventata una “mission impossibile”. Così, essendo l’indipendenza un punto saldo della mia identità, a cui non rinuncerei per niente al mondo, ho scelto un attività che mi permetta di lavorare da casa: essendo madrelingua inglese, mi sono messa a fare traduzioni.

Lo Stato dovrebbe aiutare chi perde tutto
Per fortuna Ale, il mio fidanzato, che da quattro anni vive con me, mi aiuta ogni giorno ad affrontare questa sfida. E lo stesso fanno mia madre, mio padre, la mamma di Alessandro, mia sorella e le mie amiche. Quando guardo Ale, non vedo solo il mio bellissimo e imponente compagno brizzolato di un metro e novanta, ma anche l’uomo che con la sua sensibilità e il suo amore è capace di stringermi forte e alleviare il mio dolore. Lui c’è sempre, e per questo lo ringrazio. Un giorno spero di sposarlo e non perché così sento che mi manca qualcosa, ma per dire al mondo che ho un uomo che mi è accanto “in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà”. L’argomento figli, purtroppo, è ancora troppo complicato. Per ora vivo alla giornata e provo a godermi tutto il buono che ho. La negatività cerco di trasformarla in grinta e il blog che ho creato mi sta aiutando molto. Ho scelto un nome ironico: Corri a fare shopping! (http://cfscorriafareshopping.blogspot.com/), perché io adoro fare shopping on-line e poi penso che piangersi addosso non serva a nulla. E’ bello condividere pensieri, momenti difficili, speranze per il futuro. Riesco anche a far conoscere a più gente possibile una realtà sconosciuta, quella della Sindrome della Stanchezza Cronica (CFS). Lo scorso ottobre noi malati abbiamo organizzato una manifestazione per ottenere che venga inserita tra le patologie croniche invalidanti con diritto alla pensione. Io sono tra le più fortunate, perché posso lavorare anche distesa e ho una famiglia che mi aiuta nelle spese mediche, ma chi non ha queste condizioni ha bisogno che lo Stato si faccia carico delle sue enormi difficoltà a condurre una vita serena e normale.

A cura di Laura Muzzi - foto di Annette Schreier

FONTE: TuStyle 28 dicembre 2010


Un grazie sentito a Valentina Viganò per questa sua preziosa testimonianza di malata di ME/CFS e un augurio di vero cuore a tutti i malati di questa patologia per un 2011 all'insegna della Serenità, della Gioia e perchè no.... nella speranza di una salute ritrovata.

Un augurio di Felice Anno Nuovo anche a tutti gli altri malati, di qualsiasi patologia, sparsi in tutto il mondo..... siete voi la parte più Vera della società, molto spesso nascosta e poco considerata, ma con tanto da offrire nonostante i limiti e le dure prove della vita.

FELICE 2011 a TUTTI !!!

Marco

venerdì 24 dicembre 2010

Lettera a Gesù Bambino di una malata di MCS


Caro Gesù Bambino,

sono affetta da una malattia che lo Stato ancora non riconosce, la malattia si chiama MCS (Sensibilità Chimica Multipla) che trasforma la mia vita giorno per giorno, la malattia non mi fa più tollerare neanche le più piccole molecole di profumi, detersivi, prodotti personali e per l’edilizia, smog, ecc…
La malattia in USA, Germania, Inghilterra, Canada, Svizzera ecc, dove è anche curata e riconosciuta dallo Stato, è considerata tra le più invalidanti dell’era moderna, perché ti porta a un isolamento sempre maggiore per evitare esposizioni chimiche che intossicandomi mi fanno peggiorare; a causa di questo isolamento ho ormai solo amicizie telefoniche, non potendoli frequentare, non in casa mia che è appartamento decontaminato.
Quindi, caro Gesù Bambino, perdonami ma anche quest’anno non potrò assistere alla Tua nascita in chiesa perché anche in chiesa, per me malata di MCS, ci sono delle barriere invalidanti. Dette barriere si chiamano barriere chimiche. Nel richiederti il perdono sarò sola nella mia casa con i miei cari che, decontaminati, staranno a casa con me per non lasciarmi nella notte della Tua venuta.
Il Dono di Natale che ti chiedo è anche degli altri malati di MCS italiani, ti chiedo di intenerire il cuore dei politici e istituzioni per il riconoscimento italiano della malattia rara MCS. Di recente si è occupata la Rai del mio caso, mandandomi in casa uno specialista da Roma, dato che non posso spostarmi da casa, ma le terapie che mi ha prescritto sono da ritirare in Germania, e quindi non ho potuto comprarle in Italia.
Se l’Italia aprisse le frontiere mentali a questa malattia così come in un paese di avanguardia dovrebbe, forse anch’io il prossimo anno potrò venirti a trovare in chiesa. Grazie Gesù Bambino.

Maria Anna Scollo

Domenica 23 dicembre 2007

FONTE: La Sicilia


Una delicata richiesta di aiuto a Gesù Bambino per tutti i malati di MCS.

O Gesù Bambino, accogli questa richiesta e aiuta tutti i malati di MCS in Italia e nel mondo, che hanno tanto bisogno di aiuto.... Tu che sai quello che davono passare, giorno dopo giorno, esaudiscili o Bambino Gesù. Grazie Gesù.

Marco

mercoledì 22 dicembre 2010

"Malata di Sensibilità Chimica Multipla, vivo nel giardino di un ospedale". La storia di Ester Lupo

Da quando undici anni fa ebbe la prima crisi grave, la sua vita non è più la stessa. Ester è una delle tante persone colpite in Italia da MCS, patologia che rende insopportabili gli oggetti della vita quotidiana. La sua camera da letto è un'automobile, il suo ambiente di vita il giardino di un ospedale romano, il suo nemico numero uno detersivi, profumi, fertilizzanti e pesticidi. Il suo sogno è un camper bio.

ROMA - La sua camera da letto è un'automobile, il suo ambiente di vita il giardino di un ospedale romano, il suo nemico numero uno detersivi, profumi, fertilizzanti e pesticidi. E il suo sogno un camper biologico che le permetta di riprendere in mano la sua vita. Ester Lupo, 41 anni, barese di origine e romana di elezione, non è una senza fissa dimora e neppure una delle tante vittime dell'emergenza casa che vivono nella capitale. Il suo problema si chiama Sensibilità Chimica Multipla, MCS stando all'acronimo anglosassone per Multiple Chemical Sensivity: una sindrome che si manifesta con la progressiva intolleranza nei confronti di sostanze chimiche di varie origine e che, attraverso una catena di sintomi via via più gravi e invalidanti, può portare chi ne è affetto fino all'encefalopatia tossica. Oggi che la malattia ha raggiunto uno stadio avanzato, Ester non si separa mai dalla sua mascherina, si tiene a distanza di sicurezza dai passanti che attraversano il giardino dell'ospedale ed è costretta a chiedere ad amici e parenti che la vanno a trovare di evitare non solo profumi e deodoranti, ma anche vestiti freschi di bucato. E se un tempo viveva un'esistenza perfettamente normale, oggi della sua vita di prima le resta soprattutto la forza d'animo, l'ironia e un ottimismo incrollabile che non si lascia scalfire dai colpi bassi della sorte. Allora, oltre dieci anni fa, aveva un compagno, aveva un lavoro in un'agenzia pubblicitaria e coltivava lo studio del canto. Era una persona attiva e dinamica, che amava molto viaggiare. "Poi 11 anni fa la malattia è esplosa in tutta la sua verve - racconta. - Sono finita in ospedale dopo aver usato un balsamo per capelli. Avevo pregato i sanitari di non usare medicinali, perché all'epoca avevo già una sensibilità, ma mi è stato comunque somministrato un protettivo per lo stomaco".

Dopo l'intossicazione da balsamo e quella successiva da farmaci, la vita di Ester non è stata più la stessa: si è trasformata in un inferno senza né un nome né una ragione apparente. "Stavo male ma non sapevo perché - prosegue -. Ci sono voluti tre anni per capire cosa mi stesse succedendo". Tre anni di indagini e di incessante pellegrinaggio tra tanti ospedali e cliniche private della Capitale. "Tra esami e visite private ho speso qualcosa come trenta milioni di vecchie lire - ricorda -. Mia madre mi diceva: ‘Se continui a fare tutte queste analisi finirai dissanguata'. Ma non servivano a nulla, perché la Sensibilità Chimica Multipla non è rilevabile con le analisi che vengono comunemente fatte per accertare la presenza di allergie". Nel frattempo la sua situazione si era fatta sempre più difficile. Era diventata un pesce fuor d'acqua incapace di sopportare gli oggetti e gli odori che compongono la vita di tutti i giorni. Non riusciva a lavorare, aveva sostituito i detersivi e i prodotti per l'igiene personale con bicarbonato, aceto e farina di ceci e sempre più spesso dormiva in automobile. Ma il peggio è che non riusciva a dare una spiegazione a quel disagio. Alla fine a rivelarle il nome del suo male è stata la tv. "Ho capito cosa avevo dopo aver visto una trasmissione televisiva in cui veniva intervistata una persona affetta da MCS. Ho subito contattato la redazione che mi ha aiutato a entrare in contatto con altri pazienti".

Da quel momento sono passati otto anni in cui la vita di Ester è cambiata radicalmente. Della sue vecchie abitudini non è rimasto nulla e, dopo sei anni da quel maledetto balsamo, ha rotto anche con il suo compagno. In tutto questo tempo, però, non si è mai arresa. E anche dopo che, due anni fa, la sua situazione è letteralmente precipitata non si è persa d'animo. "La malattia progredisce - spiega - e a un certo punto è diventata molto grave. Sentivo tutto, i detersivi, i profumi, i dedoranti. Non sopportavo più nulla". Togliere i mobili, dipingere le pareti con pittura ecologica, utilizzare solo oggetti in vetro e in acciaio e bandire qualsiasi tipo di detergente per l'igiene del corpo e della casa non è bastato: Ester ha ricominciato a dormire in macchina e poi, a poco a poco, anche a viverci.

"Da un anno dormo e vivo nella mia automobile, davanti alla postazione dei vigilanti dell'ospedale che ormai mi conoscono - dice. - Di notte dormo poco e male, di notte giro nel giardino e quando non fa troppo caldo resto in macchina. Anche l'inquinamento e le polveri sottili mi danno fastidio, ma almeno non mi provocano shock anafilattico". Per il resto mangia pochissimo, quasi esclusivamente pane, olio e riso soffiato, si lava negli angoli più nascosti dei dintorni ed evita accuratamente di entrare in ospedale. Non riesce a leggere perché non sopporta inchiostro e formaldeide, può parlare solo brevemente al cellulare perché è sensibile anche alle onde elettromagnetiche. Vede poche persone, tra cui alcuni amici di vecchia data, e la mamma che ogni volta che può accorre da Pescara. Ma il suo telefono squilla in continuazione, perché in questi anni ha stabilito contatti e relazioni con tanti altri malati di MCS sparsi in giro per l'Italia.

Eppure non smette di sperare che prima o poi le cose cambieranno. "Per uscire da questa situazione mi sono rivolta a tutti: al sindaco, al mio municipio di appartenenza, ai servizi sociali - dice. - Vorrei un camper costruito con materiali ecologici e non tossici in modo da potermi spostare". Nel mentre prova a non perdersi d'animo e a "fare qualcosa di costruttivo". "Ho fondato un'associazione per i pazienti e i loro familiari e sogno, un giorno, di vivere in un villaggio privo di elementi tossici dove le persone con MCS possano condurre in pace la loro esistenza. Io sono ottimista e rimango convinta che le cose un giorno cambieranno". (Antonella Patete)

2 giugno 2010

FONTE: superabile.it
http://www.superabile.it/web/it/CANALI_TEMATICI/Salute/Inchieste_e_dossier/info-1147689494.html

Associazione AN.CHI.S.E. fondata da Ester Lupo
http://anchise.altervista.org/


Ho avuto il piacere di conoscere Ester sentendola telefonicamente in alcune occasioni.... la sua situazione non è affatto facile; lei in pratica si divide tra la sua automobile, una stanza che le è stata data da utilizzare (ma dove può passare solo poco tempo a causa della sua MCS) e, sopratutto, passando la maggior parte del tempo all'aperto, cosa questa che implica numerosi disagi in caso di grande caldo o di freddo. Nonostante questo, nonostante tutte le difficoltà connesse a questa sua precaria situazione abitativa e, sopratutto, alla sua grave forma di MCS, non ho trovato affatto una persona spenta o rassegnata ma, anzi, ho sempre trovato una persona molto motivata e intraprendente, con tante idee e voglia di aiutare altre persone malate come lei di Sensibilità Chimica Multipla. Ed è proprio per questa ragione che ha fondato l'Associazione AN.CHI.S.E. (
http://anchise.altervista.org/ ), ed è sempre per questa ragione che il suo cellulare è sempre acceso ed è in contatto con tante persone in tutt'Italia.
So che ci sono dei bei progetti che "bollono in pentola"..... il mio augurio, naturalmente, è che questi progetti e tutto quello che Ester avrà in mente di fare, si possa realizzare nel miglior modo possibile.... per il bene di tante persone malate di questa tremenda patologia.

Marco

lunedì 20 dicembre 2010

La dolorosa storia di Massimiliano Nunzi.... bisognoso dell'aiuto di tutti noi

Massimiliano Nunzi è un giovane 39enne di Tolentino rimasto vittima di un tragico incidente quest’estate dopo essersi tuffato dagli scogli della spiaggia di Peschici, in Puglia, dove era in vacanza con la famiglia. La dinamica dell’incidente non è chiara, ma pare che Massimiliano abbia battuto violentemente la testa dopo essersi tuffato, riportando un brutto trauma alla colonna vertebrale con sezione completa del midollo. Massimiliano è stato soccorso immediatamente e operato d’urgenza alla colonna vertebrale.

Il periodo successivo l’incidente è stato estremamente duro per Massimiliano che è stato per diverso tempo in terapia intensiva dove è stato sottoposto ad un intervento di tracheotomia per facilitare la sua respirazione (che avviene con l’ausilio di un respiratore), a trasfusioni di sangue e ad un alimentazione forzata tramite PEG e flebo, che tutt'ora avviene dato che Massimiliano non ha ancora recuperato la capacità di alimentarsi autonomamente.
Dal 28 settembre Massimiliano è stato trasferito all’ospedale Niguarda di Milano in condizioni fisiche tutt’altro che facili aggravate da un ascesso polmonare che gli ha procurato febbre persistente e che è stata combattuta con antibiotici molto aggressivi somministrati direttamente nei polmoni. Dal mese di dicembre, grazie al Cielo, la situazione di Massimiliano è decisamente migliorata tanto che è stato possibile staccarlo dal respiratore per qualche ora al giorno e ora si sta dedicando con continuità a vari esercizi di riabilitazione fisica, respiratoria e deglutitiva.

Il popolo di Tolentino, il paese di Massimiliano, si è mobilitato in massa per aiutare il suo concittadino e la sua famiglia ad affrontare le onerose spese di riabilitazione che Massi sta e dovrà affrontare in futuro, dimostrando di avere veramente un grande cuore. Dal giorno dell’incidente ad oggi sono state intraprese diverse iniziative benefiche che hanno avuto molto successo: cene di beneficenza, spettacoli teatrali, mercatini con vendita di oggettistica e partite di calcio…. l’ultima di queste, svoltasi il 1° Novembre, ha visto cimentarsi vecchie glorie del calcio e all’asta c’era anche la maglia numero 10 di Francesco Totti, idolo di Massimiliano, che si è interessato attivamente alla sua vicenda.
Dietro a questa grande “ondata” di solidarietà a favore di Massimiliano c’è un grande sogno: quello di poter andare a Bangkok per sottoporsi a un trapianto di cellule staminali che è forse l’unica strada percorribile per evitare a Massimiliano di rimanere tetraplegico per tutta la vita. I costi però sono molto alti: 30mila euro solo per il ricovero, ai quali vanno aggiunte le spese del viaggio, la sistemazione alberghiera e tutto il resto.
Più che mai il futuro di Massimiliano dipende dalla generosità della gente…. solo dal cuore delle persone si può compiere quel miracolo d’Amore che può dare a Massimiliano un futuro migliore.


Per maggiori informazioni sulla vicenda di Massimiliano Nunzi, questo è un blog creato appositamente per lui, che tiene aggiornati delle sue condizioni di salute e dell’iter terapeutico che sta seguendo:
 

http://massimilianonunzi.blogspot.com/

Questo blog è nato con l’intento di raccogliere fondi per Massimiliano, attraverso la vendita di oggettistica artigianale:
http://www.perluiperlorocolcuore.blogspot.com/


Per aiutare Massimiliano Nunzi con un versamento:
c/c intestato a NUNZI GABRIELE e GENTILI SIMONETTA

IBAN IT30G0845669150000050100335

BANCA DEI SIBILLINI - CREDITO COOPERATIVO DI CASAVECCHIA
62027 S. SEVERINO MARCHE (MC)
Causale: AIUTO PRO MASSIMILIANO NUNZI


La storia di Massimiliano Nunzi, gentilmente segnalatami da una persona amica, mi ha particolarmente colpito ed ho pensato immediatamente di metterla sul mio blog per farla conoscere a quanta più gente possibile.
Questo giovane ragazzone di nemmeno 40 anni, papà di 2 splendidi bambini, ha bisogno di noi, del nostro aiuto.... e come possiamo aiutarlo? Donando, donando anche soltanto qualche euro affinchè Massi (così viene chiamato dagli amici) possa sostenere le onerose spese per le cure che sta affrontando e che dovrà affrontare per ancora tanto tempo.... con il sogno nel cassetto di riuscire in futuro a trasferirsi a Bangkok per un trapianto di cellule staminali.
Siamo sotto Natale e credo che il regalo più bello che potremmo fare a Massi, e anche a noi stessi, sia quello di aiutarlo concretamente regalandogli un futuro migliore. E allora forza, avanti... rinunciamo a una fetta di panettone, a una bottiglia di spumante per ridare il sorriso a questo giovane uomo e alla sua famiglia, tanto bisognosi dell'aiuto di tutti.... non vale forse la pena fare una qualche piccola rinuncia per regalare una vita migliore, una speranza, a una persona che è realmente nel bisogno? Io credo poprio di sì.

Un abbraccio forte a tutti e particolarmente a coloro che si prenderanno a cuore la storia di Massimiliano.

Marco

venerdì 17 dicembre 2010

Eco-industrie e meno gas serra, il futuro dell'Europa è più verde

Agenzia per l'ambiente: protocollo di Kyoto rispettato. Resta l'allarme clima. L'ultima stima: 70 mila decessi aggiuntivi per le ondate di calore avvenute nel 2003

BRUXELLES - Il vecchio continente ce l'ha fatta. L'Europa a 27 ha superato il taglio delle emissioni serra previsto dal protocollo di Kyoto per il 2012 (l'8 per cento). Non solo, ma raggiungerà anche, con anticipo ancora maggiore, il traguardo fissato per il 2020: meno 20 per cento di gas che sconvolgono il clima.

L'asticella delle emissioni che moltiplicano uragani e alluvioni è infatti già scesa a quota meno 17 per cento. Sono i dati contenuti nel rapporto "L'ambiente in Europa", uno studio che sintetizza cinque anni di lavoro dell'Agenzia europea per l'ambiente. Non è stato per la verità solo un percorso virtuoso. Jacqueline Mc Glade, la biologa che dirige l'Agenzia, ha ricordato il ruolo svolto dalla crisi economica nel facilitare la diminuzione degli inquinanti, ma ha assicurato che la ripresa non farà ripartire l'inquinamento: "Abbiamo avviato il meccanismo della green economy e i risultati già cominciano a vedersi".

L'altra faccia della riduzione delle emissioni inquinanti è, infatti, lo slancio delle industrie verdi. L'Europa controlla il 30 per cento del mercato globale della produzione green e il 50 per cento delle attività di riciclo dei materiali ottenuti recuperando rifiuti. Nel 2008 l'eco-industria dell'Europa a 27 ha fatturato 319 miliardi di euro, il 2,5 per cento del Pil, e ha dato lavoro a 3,4 milioni di persone. E le fonti di energia rinnovabili hanno aiutato a spazzare via una quota di inquinanti: ogni lampadina che si accende con il sole o con il vento è un po' di anidride carbonica in meno nel cielo, una speranza in più per le centinaia di milioni di persone che rischiano di perdere tutto per colpa dei cambiamenti climatici.

Se il futuro del mondo produttivo - secondo l'Agenzia europea - sarà sempre più verde, il presente è pieno di ombre proiettate dal passato. A cominciare da quelle sul riscaldamento globale. Mentre a Cancun è appena cominciata la maratona sul clima, da Bruxelles arriva un allarme netto sulle conseguenze del caos climatico provocato dall'uso dei combustibili fossili e dalla deforestazione. L'Ipcc, la task force di scienziati delle Nazioni Unite, ha fatto una proiezione in base alla quale le temperatura a fine secolo subiranno un aumento compreso tra 1,1 gradi e 6,4 gradi. La seconda è un'ipotesi catastrofica, che porterebbe a sconvolgimenti devastanti. Ed è la più probabile se i governi riuniti a Cancun continueranno a rimandare le decisioni: "Osservazioni recenti fanno pensare che il ritmo di aumento delle emissioni di gas serra e i relativi impatti climatici si avvicineranno ai limiti superiori delle previsioni Ipcc", ammonisce la ricerca.

Per dare un'idea del pianeta che ci attenderebbe se si perdesse la battaglia per l'efficienza energetica, le fonti rinnovabili, il recupero dei materiali e i nuovi stili di vita, il rapporto fornisce l'ultima stima sul prezzo che abbiamo pagato per le ondate di calore che hanno colpito l'Europa nell'estate del 2003: 70 mila morti aggiuntivi. Non è uno scenario molto lontano da quello che diventerebbe routine in assenza di un cambiamento del modello energetico: "Si stima un accrescimento del tasso di mortalità tra l'1 e il 4 per cento per ogni grado di aumento della temperatura al di sopra di un certo livello. A partire dal 2020 si potrebbero superare le 25 mila vittime per anno, principalmente nelle regioni centrali e dell'Europa del Sud". L'Europa è particolarmente esposta a questo rischio perché le aree urbane sono le più soggette alla minaccia delle ondate di calore e oggi 3 europei su 4 abitano in città. Nel 2020 saranno 4 su 10.

"Un bambino nato oggi potrebbe arrivare a vedere un pianeta più caldo anche di 6 o 7 gradi", ha concluso Jacqueline Mc Glade. "Nel Mediterraneo il numero di giornate sopra i 40 gradi potrebbe raddoppiare, i ghiacciai alpini sparire nell'arco del secolo e la mancanza d'acqua costringere a scegliere tra bere e innaffiare. Ma non è uno scenario già scritto. Abbiamo ancora uno spazio, sia pure estremamente ridotto, per intervenire. Se riusciremo a scrollarci di dosso l'inerzia che ha rallentato i cambiamenti economici necessari potremo fare molto. Una parte dei danni è inevitabile perché i gas serra che li produrranno viaggiano già in atmosfera, ma il disastro può ancora essere evitato chiudendo il rubinetto dell'inquinamento".

01 dicembre 2010

FONTE: la Repubblica.it
http://www.repubblica.it/ambiente/2010/12/01/news/futuro_europa_verde-9709512/


Una notizia buona e una meno buona. La notizia buona riguarda la sempre maggior diffusione di industrie "verdi" e l'utilizzo sempre maggiore di fonti rinnovabili, così che l'Europa è riuscita a rispettare in anticipo il protocollo di Kyoto che prevedeva un taglio delle emissioni serra dell' 8 % entro il 2012 (in questo però la crisi economica ci ha messo lo zampino). La notizia meno buona, anzi direi decisamente allarmante, è che nonostante questi obiettivi raggiunti si prospetta un futuro tutt'altro che roseo se la temperatura globale terrestre continuerà ad aumentare. Un aumento della temperatura globale di 6-7° entro la fine del secolo, come paventato da qualcuno, sarebbe CATASTROFICA per l'intera umanità. Forse non si arriverà a tanto, ma è certo che bisogna cambiare qualcosa e bisogna farlo anche presto. Se voglimo veramente cambiare le cose dobbiamo scrollarci di dosso dalla dittatura del petrolio e farlo possibilmente prima che le riserve di petrolio si esauriscano (ovviamente le grandi multinazionali del petrolio remeranno contro in tal senso). Bisognerà forse anche tornare a una società un po' più a "misura d'uomo" (la cosa, francamente non mi dispiacerebbe) in cui il rispetto per l'ambiente abbia la prevalenza su tutto il resto, con grande vantaggio anche per la salute dell'uomo. Occorrono cambiamenti, anche drastici, se vogliamo che la nostra cara, amata Terra continui ad ospitarci per ancora molto tempo.

Marco

mercoledì 15 dicembre 2010

Inferno MCS: Allergia alla vita


"NESSUNO RICOVERA MIO FIGLIO: QUALCUNO CI AIUTI"

Lo sfogo di una madre: "La malattia non è ancora riconosciuta da noi. Anche io ne soffro: l'ho scoperta per caso"


Suo figlio piange, sofferente. Sta soffrendo un'altra crisi: conati di vomito, dolori di stomaco. L’ha portato al S.Anna, ieri mattina, ma l’hanno rispedito a casa: “Non possiamo ricoverarlo”, la sentenza laconica. Non possono fino a quando “la crisi non raggiunge l’apice, si disidrata e quindi possono intervenire con una flebo”. E’ questo il destino di chi è afflitto da una malattia che “non esiste”, la Sensibilità Chimica Multipla (MCS), ancora non riconosciuta in Italia. E’ il destino di Isabella, una mamma ferrarese “sola e inascoltata”, cuoca 42enne (di cui non mettiamo il cognome per non consentire l’identificazione del figlio minorenne, ndr) che non sa più a chi rivolgersi per curare suo figlio di 10 anni da questa rarissima malattia, la Sensibilità Chimica Multipla. Chi è colpito dalla MCS diventa in pratica “allergico al mondo”: le sostanze chimiche presenti nell’alimentazione e nell’ambiente, di solito tollerabili, scatenano invece reazioni allergiche. E i sintomi sono i più disparati: riconoscerla è quasi impossibile.

Isabella l’ha scoperta da sola, quasi per caso. “Tutto è iniziato due anni fa, da un banale raffreddore – racconta -, mio figlio era colpito da una salivazione eccessiva che lo stomaco non riusciva a smaltire, quindi vomitava spesso”. Corsa in ospedale, il piccolo viene ricoverato in Pediatria al Sant’Anna, ma i medici non riescono a risalire al problema. Inizia così un odissea in giro per l’Italia per scoprire il male misterioso. “All’ospedale pediatrico Burlo di Trieste lo rimettono in sesto con un intervento di plastica allo stomaco”, ma il dramma continua: ancora crisi di vomito, nonostante l’operazione.
Lo scorso gennaio anche Isabella inizia ad accusare strani sintomi all’apparato muscolo-scheletrico. “Mi sono buttata su internet, ho iniziato a fare delle ricerche – spiega – e a forza di cercare ho notato che i sintomi della MCS somigliavano ai miei”. Non solo: la MCS “è una malattia genetica, quindi si può ereditare”. Così Isabella si scopre “un medico improvvisato, io che sono soltanto una cuoca”. Tramite l’associazione Amica si mette in contatto con Giuseppe Genovesi, medico dell’Umberto I di Roma, esperto della malattia, che grazie ad esami specifici diagnostica a entrambi la MCS. Gli attacchi del figlio si ripetono a cadenza regolare, in coincidenza con la diffusione di prodotti chimici in campagna, “dove abitiamo noi”. Ma ad ogni ricaduta ricomincia l’incubo della solitudine per una malattia che “a Bologna, dove esiste al Sant’ Orsola un centro di riferimento per la MCS, considerano soltanto come una malattia psicosomatica e non effettuano ricoveri”.

Ieri il piccolo ha avuto un'altra crisi: “Mi sono presentata in ospedale con mio figlio sofferente – denuncia Isabella – nonostante sappiano benissimo di cosa soffra sostengono di non poter intervenire”. Isabella si sente “inascoltata dai medici che non vogliono neppure concordare una terapia con il professore di Roma”. Anche se cure ufficiali ancora non esistono, è possibile assumere particolari vitamine che aiutino il malato, “ma non sono inserite nel protocollo dell’ospedale”.Se non “esiste” la malattia non “esiste” nemmeno il malato. Così anche al lavoro possono nascere imbarazzi e problemi: “Con la MCS non posso più stare in cucina per via dei detersivi, ma dove posso lavorare allora, io che sono cuoca? Ora mi ritrovo a 42 anni con una artrosi di una 70enne, e vengo trattata come una malata immaginaria. Quelli come noi, afflitti da un male invisibile, nessuno li ascolta”.

FONTE: Il Resto del Carlino 17 ottobre 2009


Ecco un altra dolorosa storia di malati di MCS; per la precisione madre e figlio.
Ci sono diversi spunti in questa storia su cui riflettere: Il fatto che madre e figlio abbiano la stessa patologia, e questo la dice lunga su come la MCS sia una malattia genetica e quindi una malattia che si può ereditare (alla faccia di chi ancora sostiene che si tratti di una malattia psicosomatica, per convinzione.... o per altri motivi); il fatto che la madre abbia scoperto di essere malata di MCS da sola (poi confermato dal Prof. Genovesi) e non perchè qualche medico l'ha indirizzata verso questa conclusione; il fatto, molto grave, che non sia stata aiutata al S.Orsola di Bologna dove c'è un centro di riferimento per la MCS, ma dove, in questo cosiddetto centro, considerano i malati di questa patologia come dei malati psicosomatici.
Tanti spunti, tante realtà dolorose per questa patologia che ancora aspetta di essere riconosciuta dal nostro Sistema Sanitario Nazionale.

Marco

lunedì 13 dicembre 2010

Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Che cos'è?

La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è conosciuta anche come malattia di Lou Gehrig, dal nome del famosissimo giocatore statunitense di baseball che ne fu colpito, o malattia di Charcot dal nome del neurologo francese che, per primo alla fine dell'800, la scoprì. Sebbene in questo lungo periodo di tempo siano stati realizzati importanti progressi nel campo della ricerca, rimane ancora una malattia per molti aspetti ignota.

Il significato letterale è: raggrinzimento (sclerosi) della porzione laterale (laterale) del midollo spinale e perdita del trofismo o nutrimento muscolare (amiotrofica).

E' una patologia degenerativa dei motoneuroni, cioè delle cellule nervose localizzate nella corteccia cerebrale (1° motoneurone o motoneurone centrale), nel midollo spinale e nel tronco dell'encefalo (2° motoneurone o motoneurone periferico), responsabili del movimento di tutta la muscolatura volontaria. Il primo motoneurone si trova nella corteccia cerebrale e trasporta il segnale nervoso attraverso prolungamenti che dal cervello arrivano al midollo spinale; il secondo è invece formato dalle cellule nervose che trasportano il segnale dal midollo spinale ai muscoli.
La degenerazione progressiva dei motoneuroni nella SLA conduce alla loro morte. Quando i motoneuroni muoiono, la capacità del cervello di muovere il muscolo è irrimediabilmente perduta. Compromessa così l'azione volontaria dell'atto muscolare, i pazienti, nelle fasi successive della malattia, arrivano alla paralisi completa. Tuttavia, la mente e le capacità intellettive rimangono inalterate.

Malattia del Motoneurone (MND)
La SLA è la malattia più diffusa del motoneurone.
Altre malattie del motoneurone più rare sono rappresentate dall'atrofia muscolare progressiva, in cui è interessato solo il motoneurone periferico (forma pseudopolineuritica della MND), la paralisi bulbare progressiva, in cui il processo degenerativo interessa soprattutto i motoneuroni dei nuclei dei nervi cranici bulbari, e la sclerosi laterale primaria (SLP), in cui è prevalentemente interessato il motoneurone centrale.

La SLA può inoltre essere:
SLA familiare o genetica - Nel 5-10% dei casi la SLA è una malattia ereditaria di carattere genetico con una trasmissione in genere dominante e raramente recessiva. In circa il 20% dei casi ereditari è stato individuato un gene, quello che sintetizza la SOD1, la cui mutazione è responsabile della malattia. Nel caso in cui, nella stessa famiglia, ci sia stato almeno un'altro caso di SLA, allora è del tipo familiare.
SLA sporadica - Il restante 90-95% dei casi di SLA è della forma sporadica in cui non c'è alcuna familiarità genetica trasmissibile da padre in figlio.
Non vi sono differenze tra la SLA geneticamente determinata e la SLA sporadica in quanto i quadri clinici sono sostanzialmente sovrapponibili.

SLA con demenza fronto-temporale - Una bassa percentuale di pazienti va incontro allo sviluppo di demenza frontotemporale caratterizzata da profondi cambiamenti della personalità. Questa forma è più comune tra i malati con una storia familiare di demenza.

La SLA può manifestarsi in due modalità principali, a seconda della zona motoneuronale colpita per prima:
Forma spinale - Nei due terzi dei casi la SLA si manifesta sotto questa forma ed è legata alla lesione iniziale dei motoneuroni del midollo spinale. In questo caso vengono colpiti per primi i muscoli degli arti.
Forma bulbare - Nel restante terzo dei casi la lesione dei motoneuroni interessa il tronco cerebrale/bulbare. Questa forma, più frequente nella donna, si manifesta generalmente in età più tardiva e si distingue per un'evoluzione più rapida. I sintomi iniziali sono legati alla difficoltà nel masticare, nell'ingoiare e nel parlare.
Questa distinzione, comunque, non è così netta in quanto la malattia può anche svilupparsi nelle due forme simultaneamente. Indipendentemente dalla forma iniziale, la malattia evolve inesorabilmente verso una forma "completa".

La SLA non è una malattia contagiosa.

Incidenza e Prevalenza
La SLA è una malattia rara che interessa prevalentemente l'età adulta, con media di età nella popolazione che si attesta tra i 50 e i 60 anni.
Il decorso medio (in assenza di ventilazione invasiva) va dai 3 ai 5 anni, il 50% degli affetti muore entro 18 mesi dalla diagnosi mentre solo il 20% supera i cinque anni ed il 10% i 10 anni. Esistono anche delle forme benigne in cui la malattia resta stabile per più di 30 anni, ma sono casi rarissimi.
La morte sopravviene nella maggior parte dei casi per insufficienza respiratoria.
La prevalenza è di 6 casi ogni 100.000 abitanti (Borasio et alii, 2007). In questo momento si stimano circa 3.600 pazienti affetti in un Paese come l'Italia che, al 2006, conta una popolazione di 59.829.710 abitanti.
In base ai dati sull'incidenza (nuovi casi) di 1,5-2 casi ogni 100.000 all'anno (Borasio et alii, 2007), nel nostro Paese circa 1.000 nuovi casi vengono diagnosticati ogni anno.
Ad oggi, non esiste in Italia un registro nazionale della SLA e pertanto i numeri sulla prevalenza ed incidenza della malattia provengono da estrapolazioni statistiche.

La SLA è diffusa su tutto il pianeta ed è presente in tutte le popolazioni e razze, indipendentemente dal ceto sociale e dal sesso. Esistono due zone particolarmente colpite dalla SLA nel mondo: l'isola di Guam, nel Pacifico, e la penisola di Kii, nel Giappone. Questa frequenza elevata sembra essere legata a dei fattori ambientali, nella fattispecie alimentari.
Inoltre, studi epidemiologici recenti (A. Chiò et al., 2005) hanno evidenziato che tra i giocatori di calcio professionisti il rischio di sviluppare la SLA aumenta di circa 6 volte rispetto alla popolazione generale. Tale aumento non è stato riscontrato in altre categorie di sportivi professionisti. Sono in corso studi per cercare di identificare i fattori genetici che potrebbero predisporre alla SLA i calciatori.

Recentemente si pensa che il numero delle persone affette da SLA sia in crescita. E' doveroso sottolineare che non esiste alcuna evidenza che supporti questa teoria e che le diagnosi sono più accurate rispetto agli anni passati, i trattamenti sintomatici migliori e si assiste ad un invecchiamento generalizzato della popolazione. Non da ultimo una maggiore informazione e consapevolezza attraverso il web può alterare la percezione di diffusione della malattia.

Le cause
La SLA è stata delineata la prima volta da Jean Martin Charcot alla fine del 1800. Sebbene in questo lungo periodo di tempo siano stati realizzati importanti progressi nel campo della ricerca, il meccanismo responsabile della degenerazione della cellula motoneuronale non è stato identificato.
Si pensa che la SLA sporadica sia una malattia genetica complessa. E' possibile cioè che causa della SLA sia un difetto di costruzione di una proteina dei motoneuroni (per alterazione dei geni) ma che la malattia si determini solo in combinazione con altri fattori che possono essere altri geni alterati o fattori ambientali. Quindi anche se la causa è genetica, la malattia non è ereditaria perché si deve verificare la coincidenza di più fattori. Al contrario, nella SLA ereditaria è sufficiente che vi sia un solo elemento patologico genetico (come nel caso della mutazione del gene SOD) per determinare l'insorgenza della malattia che perciò può essere trasmessa ai familiari. La SLA sporadica si delinea quindi come malattia multifattoriale, in cui svariati fattori ambientali, in parte già ipotizzati, come l'attività fisica intensa o il fumo di sigaretta, cooperano con fattori genetici predisponenti. La recente scoperta che una piccolissima parte (circa l'1%) dei casi di SLA, sia sporadiche che familiari, è associata alla mutazione di un altro gene, che codifica la sintesi di una proteina chiamata angiogenina, appare rafforzare l'idea che il campo della genetica possa essere tra i più fertili per l'individuazione delle cause della SLA. Finora però gli studi rivolti ad individuare tali fattori genetici predisponenti non hanno avuto risultati significativi.
E' possibile che non esista una sola SLA ma tante forme diverse di SLA con meccanismi completamente differenti. Se questo è vero, è verosimile che l'insuccesso della ricerca sulla SLA sia riconducibile proprio al fatto che tutti gli studi effettuati finora abbiano considerato i pazienti affetti da SLA come un'unica entità. La possibilità di dividere i pazienti in gruppi differenti sulla base di determinate caratteristiche (età di esordio, prevalenza del motoneurone coinvolto, sede di esordio, tempo di evoluzione) e di studiarne separatamente le caratteristiche genetiche ed i fattori di rischio ambientale può rappresentare uno strumento nuovo di approccio. (fonte dr. Mario Sabatelli)

I sintomi
Nella SLA sia il primo che il secondo motoneurone vanno incontro a degenerazione e muoiono. La loro morte avviene gradualmente e i motoneuroni rimasti, almeno in parte, sostituiscono nelle proprie funzioni quelli distrutti. I primi segni della malattia compaiono quando la perdita progressiva dei motoneuroni supera la capacità di compenso dei motoneuroni superstiti.

Nelle fasi iniziali della malattia, i sintomi della SLA possono essere talmente impercettibili da essere spesso trascurati.
Al manifestarsi dei primi sintomi, nella maggior parte dei casi si avvertono le seguenti condizioni, spesso combinate fra loro:
debolezza muscolare nelle mani e/o nelle braccia, nelle gambe; fascicolazioni (vibrazioni incontrollate dei muscoli visibili come "guizzi" sottocutanei) e crampi muscolari (soprattutto notturni); difficoltà nella parola e debolezza del tono di voce; in alcuni casi più rari, alta frequenza del ritmo respiratorio e difficoltà nella deglutizione.

I sintomi iniziali della SLA sono solitamente diversi in persone diverse. L'indebolimento muscolare rappresenta una condizione iniziale nella SLA e si manifesta all'incirca nel 60% dei casi. Le mani e i piedi possono essere colpiti per primi, provocando difficoltà nel salire le scale, nel camminare con frequenti inciampi, nell'uso delle mani per attività quotidiane come vestirsi, lavarsi o mangiare.
Se per primi vengono colpiti i motoneuroni della regione bulbare, i muscoli interessati sono quelli responsabili della fonazione, della respirazione e della deglutizione, ed il paziente manifesta difficoltà nel masticare, nell'ingoiare e nel parlare. Altrimenti, nella forma spinale, vengono colpiti per primi i muscoli degli arti. Alcuni pazienti alternano dei periodi di riso e pianto incontrollato.

Poiché la SLA colpisce soltanto i motoneuroni, la vista, l'udito, l'olfatto, il tatto e il gusto, insieme alle funzioni sfinteriche e sessuali, rimangono intatti e perfettamente attivi. Nella maggior parte dei casi i muscoli che presiedono allo spostamento oculare non vengono colpiti.
Per quasi tutti i pazienti con SLA, la mente e tutte le attività intellettuali e cognitive non vengono minimamente intaccate, nonostante la condizione di degenerazione progressiva del corpo.

I sintomi di insufficienza respiratoria
L'insufficienza respiratoria nelle persone affette da malattie neuromuscolari è dovuta al progressivo deterioramento della funzione meccanica per l'indebolimento generale dei muscoli preposti alla funzione respiratoria.
Molto spesso i primi segni di insufficienza respiratoria (incapacità di inspirare ed espirare) passano inosservati perché il processo è lento e di difficile individuazione.
La mancanza di fiato, il sintomo classico di mancanza di ossigeno, può non presentarsi in queste persone tenuto conto che esse non compiono sforzi a causa della debolezza muscolare tipica della malattia. Possono, invece, essere presenti segni come fatica, sonno disturbato, incubi notturni e mal di testa, specialmente appena dopo il risveglio. Infatti, l'ipoventilazione notturna è spesso il primo sintomo che si rivela sia perché durante il sonno la respirazione è rallentata, sia perché l'addome spinge in alto il diaframma nella posizione distesa.
Ansietà, stato confusionale, perdita di appetito e di peso, sono altri possibili segni di ipoventilazione. La voce fioca e difficoltà nel tossire ed espellere le secrezioni bronchiali, indica che i muscoli respiratori stanno perdendo la loro forza.

I sintomi di insufficienza nutrizionale
La nutrizione è importante perché nei pazienti con SLA si può verificare perdita di peso, con riduzione del grasso e della massa muscolare corporea. Può quindi svilupparsi uno stato di malnutrizione.
La perdita di peso e la malnutrizione possono essere causa di complicanze precoci, soprattutto di quelle legate alla respirazione. I pazienti con la SLA possono perdere peso per diversi motivi: tra questi la difficoltà a portare il cibo alla bocca, a deglutire (disfagia), l'aumento dei fabbisogni nutritivi e la mancanza dello stimolo nervoso al muscolo, che fa ridurre la massa muscolare.

La progressione
Durante il suo progredire, la malattia continua a compromettere la muscolatura corporea, arrivando a colpire inesorabilmente la parola, la masticazione, la deglutizione e la respirazione. I sintomi possono essere molto diversi fra loro, ma in ogni caso la progressione della malattia conduce sempre ad un inesorabile indebolimento dei muscoli volontari del corpo e alla paralisi totale.
La velocità con cui la malattia progredisce nel tempo può variare sensibilmente da persona a persona e non è prevedibile. Sebbene la speranza di vita per un malato di SLA sia in media compresa fra i tre e i cinque anni, di fatto la progressione può essere fulminea (un anno) o anche molto lunga (una decina d'anni e anche più). In un ridottissimo numero di casi la SLA ha addirittura rallentato o frenato del tutto la sua progressione, ma di ciò la scienza non ha potuto e non può a tutt'oggi fornire una spiegazione plausibile. Non esistono però casi in letteratura in cui la SLA sia regredita.

Esami diagnostici
Non esistono test specifici per diagnosticare la Sclerosi Laterale Amiotrofica.
Essa può emergere attraverso una serie di esami diagnostici effettuati dal neurologo atti ad escludere tutte quelle patologie che possono essere confuse con la SLA e che presentano analoghi sintomi iniziali. Gli esami vanno ripetuti a intervalli regolari per valutare se sintomi come la debolezza muscolare, l'atrofia dei muscoli e la spasticità stiano peggiorando. A valle degli esami diagnostici, la diagnosi è basata fortemente sui sintomi e sui segni che lo specialista osserva nel paziente: è importante quindi che essa sia certificata da un neurologo esperto che abbia una consolidata esperienza con la malattia.

I principali esami diagnostici sono:

Elettromiografia (EMG) - Tecnica diagnostica impiegata per registrare l'attività elettrica legata alla contrazione muscolare e per studiare le variazioni qualitative e quantitative dei potenziali d'azione sia del muscolo, sia delle singole fibre muscolari. Si effettua la registrazione mediante elettrodi (di superficie o ad ago), applicati in corrispondenza del muscolo da esaminare, o mediante speciali microelettrodi, che registrano direttamente dall'interno di singole fibre muscolari. Attraverso questo esame il medico può registrare l'attività elettrica sia a riposo sia durante una contrazione volontaria. L'elettromiografia fornisce principalmente un'indicazione sullo stato di salute del muscolo: a riposo un muscolo sano non mostra attività elettrica, mentre un muscolo danneggiato, o che ha perso il contatto con i neuroni (come nella SLA), presenta un'attività elettrica spontanea. Durante una contrazione volontaria, un muscolo distrofico presenterà un'attività elettrica molto bassa rispetto a quella di un tessuto sano, mentre un muscolo rigido (crampo) mostrerà un'attività elettrica molto prolungata nel tempo. In determinati casi l'alterazione del profilo elettrico del muscolo indica una lesione nervosa.
L'elettromiografia è la tecnica diagnostica fondamentale per rilevare malattie neuromuscolari.

Elettroneurografia - Misura la velocità di conduzione motoria (VCM) e sensitiva (VCS) dei singoli tronchi nervosi stimolati con scosse elettriche applicate in uno o più punti lungo il decorso dei nervi. L'effetto dello stimolo elettrico è la comparsa di potenziali d'azione motori o sensitivi che, se in presenza di neuropatie, presentano alterazioni del segnale.

Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) - Tecnica neuroradiologica (sia cranica che della colonna vertebrale) che, sfruttando le proprietà di un campo magnetico, è capace di dare un'immagine dei tessuti, evidenziandone, tramite diverse gradazioni di grigio, la densità. La RMN cerebrale è utile nella diagnosi di patologie in cui si sospetta il coinvolgimento di un tessuto particolarmente ricco in atomi di idrogeno, cioè di acqua, come il tessuto cerebrale. In questo caso la tecnica consente di studiare sia la struttura della corteccia cerebrale e sia la sostanza bianca. E' molto utile nello studio di malattie come la sclerosi laterale amiotrofica per verificare che i sintomi del paziente non siano dovuti ad anomalie del midollo spinale (situato nella colonna vertebrale) o del cervello.

Biopsia muscolare - Analisi che comporta il prelievo di tessuti o cellule da sottoporre a esame microscopico. La biopsia muscolare è un prelievo a fini diagnostici di un frammento di muscolo della coscia o del braccio. Il trattamento con diverse sostanze reagenti e coloranti del tessuto prelevato (esame istologico) può evidenziare al microscopio particolari alterazioni delle cellule muscolari e dei loro componenti, dovute a patologie neuromuscolari. Si può anche effettuare la biopsia del nervo.

Rachicentesi - Puntura lombare di prelievo del liquido che circola intorno al midollo spinale per verificare l'assenza di infezioni.

Esami del sangue e delle urine - Esami standard per escludere altre malattie infiammatorie, infettive, tumorali, tiroidee e autoimmuni.

I trattamenti
Non esiste attualmente una cura per questa malattia.
L'unico farmaco disponibile per la terapia della SLA è il riluzolo ed interviene sul metabolismo del glutammato riducendone la disponibilità a livello delle sinapsi neuronali. Il riluzolo, purtroppo, anche se ha rappresentato un indubbio passo in avanti, rallenta solo di alcuni mesi la progressione della malattia ed ha scarsi effetti sul suo decorso. Generalmente viene prescritto anche nel caso di una sospetta SLA.

I trattamenti in un paziente SLA sono tutti rivolti ai sintomi per migliorarne la qualità della vita.

FONTE: wlavita.org
http://www.wlavita.org/00_tab/coselasla.html


Poco dopo aver postato questo scritto, tratto dal sito dell'Assaciazione Viva la Vita Onlus, e che spiega esaurientemente che cos'è la SLA, ho ricevuto una segnalazione da parte di una persona che ha mi ha fatto notare come, nei 2 luoghi dove c'è la più alta percentuale di malati di SLA al mondo, ci sono delle forti presenze di inquinamento ambientale da metalli pesanti. Per la precisione, nell'isola di Guam, in cui il 12% della popolazione (!) è malata di SLA, è presente una elevatissima percentuale di alluminio nell'acqua potabile che sembra proprio possa essere la causa di questa epidemia da SLA (che, non dimentichiamolo, è una malattia comunque abbastanza rara). Nell'altro luogo, ad elevatissima concentrazione di malati di SLA, la penisola di Kii in Giappone, fino a circa 10 anni fa era presente una delle più grandi miniere di mercurio del Giappone che contaminava l'acqua di quel distretto. Venne fatto uno studio tra i vari malati d SLA, in cui risultò una concentrazione di mercurio nei capelli dei malati nettamente superiore al normale.

Credo che tutto questo meriti un attenta riflessione..... oramai è sempre più certa la correlazione che esiste tra le intossicazioni da metalli pesanti e le malattie croniche degenerative, e tra queste, alla luce dei fatti qui riportati, credo debba rientrare certamente anche la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Una volta di più, questo ci deve indurre a riflettere su quanto gravi siano le conseguenze dell'inquinamento da metalli pesanti sulla salute dell'uomo e di come l'uomo debba considerare maggiormente questo problema. Qualche segnale si sta vedendo in questa direzione, ma è ancora troppo poco.... si può fare certamente molto, molto di più e tutti lo possono fare, nessuno escluso.

Marco

sabato 11 dicembre 2010

«Ho 20 anni, vendo un rene per aiutare mio padre malato di SLA

«Con uno solo posso tornare a fare una vita più dignitosa di quella che stiamo facendo adesso»
 
Il 20enne Andrea Pancallo, di Vercelli, vende un rene, sanissimo, come lui. Per aiutare il padre Domenico, che invece è malato di Sla da sei anni.
Passano mesi, anni e, a intervalli regolari, in Italia si alza la voce disperata dei malati di Sla o di qualcuno dei loro parenti, completamente soli a gestire un'assistenza a persone costrette a letto per sempre. In novembre si è superato il limite del vivere civile di un paese che si ritiene uno stato moderno, con uno sciopero della fame di un gruppo di malati di Sla, che chiedevano ascolto da parte di un ministero della Salute che non vede, non sente e non parla. Malati gravissimi che rinunciavano ad alimentarsi per cercare un po' di attenzione. L'hanno ottenuta: un incontro c'è stato, seguito da uno scambio di lettere con il viceministro Fazio. Poi è tornato il silenzio, più forte di prima, visto che Salvatore Usala, il malato che guidò quella protesta estrema, quasi ci lasciava la pelle. E ora Andrea mette sul tavolo il suo rene da 20enne, in cambio di una vita un po' più dignitosa.
«Era stato chiesto al viceministro di attivare da subito i Lea (livelli essenziali di assistenza) e di riconoscere un aiuto economico alle famiglie non abbienti - spiega Simonetta Tortora di Viva la Vita, l'associazione che si fa carico dei diritti dei malati di Sla -. Non ha più risposto nessuno».

«SIAMO SOLI» - «Ho deciso di vendere un rene perché ci sentiamo abbandonati dallo Stato e non abbiamo le possibilità economiche per permetterci una badante che allevi le nostre sofferenze». La sclerosi laterale amiotrofica, meglio conosciuta con la sigla Sla, patologia a oggi inguaribile e devastante, è entrata nella vita di Andrea Pangallo sei anni fa: «Papà si è ammalato nel 2004, all'età di 44 anni, e in poco tempo la malattia lo ha reso incapace di essere autonomo in tutto e per tutto: è completamente immobile, non comunica più neanche con gli occhi, è attaccato a un respiratore e nutrito per via artificiale. Ci siamo trovati da un giorno all'altro catapultati in una realtà di dolore e di sofferenza che non ci ha risparmiato nemmeno un minuto, e da allora siamo soli».

 
A 15 ANNI, CHE VITA E'? - Andrea ha vent'anni e già dall'età di quindici ha assunto il ruolo di capo famiglia: ha dovuto rinunciare a tutti i suoi sogni. Racconta di aver sospeso gli studi dopo aver conseguito la qualifica triennale di operatore elettrico ottenuta con grossi sacrifici: studiando, lavorando e assistendo il padre, il tutto nello stesso tempo. Si alzava alle cinque di mattina per aprire il bar del padre, alle otto correva a scuola e all'una del pomeriggio ancora al lavoro fino alla sera, per poi passare una nottata pressoché insonne accanto al padre. «A quindici anni ho visto cose che non avrei dovuto e voluto vedere, ho vissuto attimi terrificanti che non avrei voluto vivere, ma grazie alla forza che mi hanno trasmesso i miei genitori ho saputo gestire ogni emozione e trasformare l'odio verso questa malattia in amore e devozione verso una delle due uniche persone a cui devo la mia vita, mio padre - continua Andrea. - Però i miei sforzi ed il mio lavoro non bastano, perché la stanchezza e il carico assistenziale che richiede mio padre sta annientando mia madre, ed io questo non lo posso permettere.»

 
L'ASSISTENZA AL MALATO - Domenico la notte è accudito da Andrea, il giorno gli dà il cambio la madre Maria la quale ha totalmente rinunciato alla sua vita e non esce più da casa. Le istituzioni locali offrono poco e nulla, solo un'ora al mattino per le pulizie alla persona e tre accessi settimanali di mezzora l'uno di fisioterapia, ottenuti dopo feroci lotte con la Asl. Il cambio cannula e peg - manovre ordinarie per un malato nelle condizioni di Domenico che vengono effettuate periodicamente - avvengono in ospedale come in gran parte della Regione Piemonte; operazioni queste che potrebbero essere invece quasi sempre effettuate a domicilio, evitando inutili, costosi e sofferti trasporti in ambulanza.

«NON VOGLIO PERDERE ANCHE MIA MADRE» - «Mia madre si sta lasciando andare; è stanca, non ce la fa più e non posso permettere che la Sla porti via anche lei - continua Andrea . Sentirmi dire "Vorrei potermi chiudere a chiave in quella stanza e lasciarmi morire insieme a lui" mi distrugge e non posso permettere che tutto questo accada, non posso permettere che mia madre a neanche cinquant'anni debba aver paura di andare a dormire perché è talmente stanca da pensare di non svegliarsi più!».

 
«CON UN RENE SOLO LA MIA VITA PUO' MIGLIORARE» - Da qui l'unica soluzione possibile nella testa di un ragazzo che è stato abituato dalla vita a cavarsela da solo e ad essere inascoltato da chi doveva farlo: «Ho deciso di vendermi un rene, potrò comunque vivere una vita regolare, salvare la vita a qualcuno e soprattutto assicurare un'assistenza a papà e un'angolino di vita anche a mamma che ne ha ogni diritto».

 
«MIGLIAIA DI FAMIGLIE NELLA STESSA CONDIZIONE» - Mauro Pichezzi, presidente dell'associazione Viva la Vita Onlus, segue da anni queste vicende: «Siamo in un paese in cui vivere con la Sla si trasforma in una tragedia familiare. Le Istituzioni devono intervenire con urgenza per affrontare un problema che è già da mesi all'attenzione del Ministro della Salute e che finora non ha avuto alcuna risposta concreta. Lasciare che le cose vadano avanti così per migliaia di famiglie in Italia vuol dire ignorare del tutto il valore della vita umana - continua Pichezzi -. Qui non si tratta di polemica politica, si tratta di intervenire su un'emergenza che sta assumendo i tratti di una catastrofe: se i malati di Sla vogliono vivere non trovano ragioni per farlo in queste disperate condizioni. La civiltà del nostro Paese si dimostra proprio in queste occasioni e chiediamo con forza al Governo e alle Regioni di intervenire con un vero sostegno economico al più presto per salvare i malati e le loro famiglie». I malati di Sla, anche se sperano ancora di essere smentiti, ci credono poco e si stanno organizzato per fare un presidio a Roma, davanti a qualche sede istituzionale: una sfilata di persone paralizzate nei letti per mostrare a tutti che il nostro non è ancora un paese civile.

Stefano Rodi
10 febbraio 2010

FONTE: Corriere.it
http://www.corriere.it/cronache/10_febbraio_10/rene-malato-sla_26d1a28a-161b-11df-9e42-00144f02aabe.shtml


Non ci sono veramente parole per commentare questo articolo: un ragazzo di 20 anni, nel fiore della giovinezza e della sua vita, che vuole vendere un rene per poter ricavare quei soldi che gli possano permettere di pagare un assistenza per suo papà, gravemente malato di SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) lasciato COMPLETAMENTE SOLO DALLO STATO, e per poter dare un po' di respiro alla madre, esausta e avvilita dalla situazione in cui si trovano.
Malati di SLA costretti a fare lo SCIOPERO DELLA FAME (con grave rischio per la loro già ben delicata salute) per attirare su di essi l'attenzione di uno Stato completamente dimentico di loro che gli nega persino i più semplici ed essenziali livelli di assistenza.
Veramente non ci sono parole, ma solo tanta RABBIA, FRUSTRAZIONE e INDIGNAZIONE di fronte a fatti come questi che GRIDANO GIUSTIZIA, una giustizia che nel nostro belpaese NON ESISTE se si arriva a fatti come questi. E' difficile anche soltanto poter immaginare che malati gravissimi come quelli di SLA siano lasciati soli in questa maniera con la loro pesantissima Croce da portare.... abbandonati dalle istituzioni che, evidentemente, hanno altro a cui pensare.

Questo articolo è di circa 10 mesi fa e, cosa proprio di questi giorni, sono venuto a sapere che nulla si è risolto di questa gravosissima situazione, che le istituzioni non sono intervenute e che Andrea (che fortunatamente non ha venduto il rene) ha ricevuto aiuto solo da privati e dalle associazioni dei malati. Per quanto riguarda la manifestazione paventata dai malati di SLA di scendere in piazza e manifestare, questa c'è stata veramente lo scorso novembre e questo la dice lunga sulla SCANDALOSA indifferenza che ha lo Stato verso le categorie più deboli (deboli nel corpo ma molto, molto FORTI nello spirito). E abbiamo anche il coraggio di dire che il nostro è un paese civile.... ah, se questa è la nostra civiltà allora siamo messi veramente, ma veramente male !

RABBIA E DISGUSTO... solo questo mi sento di dire.

Marco

venerdì 10 dicembre 2010

Il Pirellone accoglie l'appello della Zirpolo: primo passo per riconoscere la fibromialgia

Claudia Buccellati: "Il nostro modello sarà esportato nel resto d'Europa"

Un primo passo per il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante. La lotta alla quale l’ammalata Pia Zirpolo, infermiera professionale di Lodi, ha dato il via, sta dando i suoi primi risultati. Grazie all’iniziativa tenace di Claudia Buccellati, presidente dell’associazione per il policlinico onlus e del consigliere regionale Fabrizio Santantonio, il Pirellone ha inserito e approvato nel piano socio sanitario regionale la necessità di fare della fibromialgia una malattia riconosciuta. “Si ritiene opportuno – recita il piano deliberato dal consiglio regionale – raccogliere l’invito del Parlamento europeo e definire un programma di studio che, a partire dalla raccolta di dati e dal confronto delle esperienze sanitarie, permetta il riconoscimento della fibromialgia come malattia”. A dare il via alla battaglia, la scorsa estate, era stata la Zirpolo, con la sua testimonianza di paziente, costretta a prendere i giorni di ferie per stare a casa in malattia. Colpita da dolori 24 ore su 24, trattabili, ma non eliminabili neanche con i farmaci, aveva deciso di raccontare la sua storia al “Cittadino” e alla Rai. Da lì la protesta è rimbalzata sul tavolo di Santantonio e Buccellati. “E’ un primo passo raggiunto in poco tempo – spiega soddisfatta quest’ultima – insieme a Margherita Peroni presidente della commissione terza, Santantonio e Monica Guarischi, consigliere delegato alle promozioni delle pari opportunità, abbiamo seguito i dettami del parlamento europeo che, lo scorso febbraio, ha invitato a riconsiderare la malattia come invalidante. Quello che manca però è la casistica. Quindi dobbiamo promuovere una campagna epidemiologica e prendere contatto con le associazioni ospedaliere per stendere un protocollo per definire la diagnosi”.
Buccellati sfrutta anche il suo ruolo di rappresentante del comitato strategico per la conciliazione tra famiglia e lavoro. “Il presidente Roberto Formigoni – dice –
mi ha invitato a far parte dell’organismo, ma visto che il Pirellone non ha risorse, cercheremo di avviare una fondazione per coprire finanziariamente il progetto. I vantaggi però sono sotto gli occhi di tutti: la fibromialgia è una malattia che ha dei costi sociali elevatissimi. I suoi sintomi sono simili a quelli di altre malattie. I medici, quando si trovano di fronte una paziente, solitamente donna, la inviano dallo psicologo, pensando sia depressa, poi dal neurologo, il quale le prescrive Tac, risonanze, radiografie. Insomma, un sacco di costi e nessuna diagnosi: questo riconoscimento del Pirellone è un primo passo. Per la prima volta la parola fibromialgia viene messa per iscritto”.
Adesso la presidente dell’associazione per il policlinico va avanti: “Cercherò di capire come avviare la casistica – dice –, poi faremo il piano finanziario, penseremo alla fondazione e allo studio epidemiologico. Il mio obiettivo è fare in modo che la regione Lombardia sia la prima regione d’Europa che codifica la malattia e realizza un modello da esportare negli altri paesi. Se le altre associazioni non sono disposte a mettersi sotto l’egida del Policlinico andremo avanti da soli. Di sicuro non mi fermo”.

4 Dicembre 2010

FONTE: Il Cittadino


Non posso fare a meno di ringraziare calorosamente Pia Zirpolo, Claudia Buccellati, Fabrizio Santantonio, Margherita Peroni e Monica Guarischi per il loro impegno nel voler ottenere il Riconoscimento della Fibromialgia come malattia cronica e altamente invalidante. Fa veramente un enorme piacere sapere che ci sono persone disposte a spendersi per una causa così nobile, così Vera, come quella del riconoscimento di questa tremenda patologia che costringe le persone che ne sono colpite a una vita intrisa di sofferenze, limitazioni, rinunce e molto spesso anche incomprensioni, incredulità e abbandono, sia da parte delle istituzioni che, ahimè, spesso anche da parte delle persone care.
Auguro veramente che il progetto della Buccellati "che la regione Lombardia sia la prima regione d’Europa che codifica la malattia e realizza un modello da esportare negli altri paesi" si possa realizzare e che da qui si estenda a tutte le regioni d'Italia e poi a tutte le nazioni d'Europa.... sarebbe anche un grande segnale di "Civiltà" da parte del nostro Belpaese.

Marco

lunedì 6 dicembre 2010

Appello al Governo per il riconoscimento della Fibromialgia


ORDINE DEL GIORNO

Riconoscimento, studio, ricerca e cura delle sindromi definibili
fibromialgiche in base alla classificazione dell’OMS.


Premesso che la presente richiesta intende dare sostegno a tanti pazienti che
da troppo tempo nel nostro Paese soffrono di quelle forme morbose che
comunemente vengono riunite sotto la denominazione di sindromi fibromialgiche.
In questo gruppo convergono numerose condizioni patologiche varie ed
eterogenee, ma tutte altamente invalidanti sia funzionalmente che algicamente,
poco conosciute fisiopatologicamente e senza uno specialista unico che le possa
seguire in maniera adeguata. Tra le più ricorrenti forme, ritroviamo delle
sindromi dolorose miofasciali, sindromi asteniche post infettive, neuropatie,
mialgie tensive, forme di encefalopatia mialgica, o altre innumerevoli forme
patologiche che sintomatologicamente determinano dolore e grave limitazione
funzionale e che molto spesso sono semplicemente liquidate col termine
FIBROMIALGIA.
In questo modo, pazienti che soffrono di altre condizioni patologiche
difficilmente inquadrabili e trattabili, una volta che sono definiti come
fibromialgici, sono destinati alle “cure” previste dalle linee guida per la
fibromi algia come se questa fosse una unica entità, con risultati scarsissimi,
con un dispendio enorme di risorse e con l’inizio di un calvario interminabile
che coinvolge successivamente la sfera psichica del paziente e anche l’ambito
familiare.


L’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) ha riconosciuto dal 1993, dopo il
congresso di Copenhagen del 1992, convenzionalmente, l’esistenza di queste
sindromi, gran parte dei Paesi Europei hanno aderito, ma tra questi l’Italia
non figura.

 
I farmaci comunemente usati seguendo le linee guida internazionali dedicate
genericamente alla “fibromi algia”, non sono in grado di dare beneficio a tutti
i “fibromialgici”, generando d’altra parte effetti non voluti: in alcuni casi
impediscono la loro assunzione e a volte lasciano ulteriormente cronicizzare la
sintomatologia, o generano effetti collaterali che possono peggiorare
ulteriormente le condizioni del paziente.

A tutt’oggi non esiste un farmaco o una terapia che riporti l’indicazione
“fibromialgia”.


Il dolore rappresenta spesso un sintomo fondamentale, anzi frequentemente ne è
la manifestazione principale e costringe il paziente a consultare il medico. Il
dolore è un fenomeno complesso, molto soggettivo e spesso difficile da
definire, misurare e spiegare. Il 19% della popolazione adulta soffre di dolore
cronico di intensità moderato-severa e un quinto di questi soggetti sviluppa
anche sintomi di depressione legati alla persistenza del dolore stesso. Il
dolore cronico coinvolge il soggetto sul piano sensoriale ed emotivo e
rappresenta uno dei problemi sanitari più gravi in quanto colpisce milioni di
individui e causa sofferenze e invalidità. Contrariamente al dolore acuto, il
dolore cronica non ha funzione biologica ma è una sofferenza dal punto di vista emotivo, economico e sociale tanto per il soggetto quanto per gli individui che lo circondano.
Le causa più frequenti di dolore cronico sono rappresentate delle malattie
reumatiche, in particolare artrosi e artrite reumatoide che colpiscono il 35-
48% della popolazione.
Esistono circa 120 tipi di malattie reumatiche. Con una corretta valutazione e
con una terapia adeguata, è possibile dare sollievo ai pazienti e curarli in
modo appropriato. La maggior parte delle malattie reumatiche è caratterizzata
da segni e sintomi ben definiti e tipicamente raggruppati per ogni malattia e
associati a modifiche di alcuni parametri di laboratorio e radiologici.
I reumatismi extra-articolari, in cui è inserita la “fibromi algia” pur
costituendo un insieme di condizioni patologiche estremamente comuni e
rappresentando una causa importante di morbosità, sono relativamente poco noti e ad eziologia spesso sconosciuta.
Le caratteristiche del dolore nei diversi tipi di malattie reumatiche cambiano
in rapporto con la natura della malattia e del suo meccanismo patogenetico.
Si riconoscono cinque categorie di sindromi dolorose reumatiche, suddivise
secondo criteri fisiopatologici:
Sindromi dolorose infiammatorie
Sindromi dolorose meccaniche
Sindromi dolorose da compressione nervosa
Sindromi dolorose simpatico-riflesse
Sindromi fibromialgiche

Le sindromi fibromialgiche sono sindromi croniche muscolo-scheletriche, ma non
solo, caratterizzate da dolore diffuso in assenza di sinovite o miosite.
Caratteristica è la dolorabilità alla digito-depressione in corrispondenza dei
tender-points, punti dolenti caratteristici, che non provocano mai dolore
riferite e irradiato ma rimangono dolenti nella sede della stimolazione.
Il dolore deve essere trovato dal medico e non solo riferito.
Dei tender points è stata fatta una mappatura anche se ne possono esiste molti
altri oltre quelli mappati.
Pertanto anche il dolore diventa fondamentale per il paziente affetto da
sindrome fibromialgica, non deve condizionare il medico nella valutazione del
paziente che deve cercare di giungere ad una diagnosi la più precisa possibile
per poter instaurare la terapia più adatta al paziente.


La diagnosi di fibromi algia si può porre una volta che sono state eliminate
le possibilità di altre malattie. Ma vi possono essere malattie non
riconoscibili.
La fibromi algia quale si fonda sui criteri stabiliti in primis nel 1990 dall’
American College of Rheumatology quando si pensava che fosse di competenza
esclusiva del Reumatologo.
La diagnosi viene posta quando sono soddisfatti i seguenti criteri:


1 – Un dolore muscolo-scheletrico diffuso ad entrambi i lati del corpo, sia
sopra che sotto la vita, da almeno 3 mesi, rachide compreso, accompagnato da un
dolore risentito alla pressione, di almeno 11 dei 18 punti sensibili alla
localizzazione caratteristica dei cosidetti tender points (punti di diagnosi).


Questi punti sono localizzati in 9 zone corporee:
Posteriormente
Inserzione dei muscoli nucali all’occipite
Inserzione dei muscoli sulla scapola medialmente
Quadrante superiore dei muscoli glutei
A livello del grande trocantere femorale
Anteriormente
A livello del collo all’altezza di C6-C7
A livello della porzione centrale del margine superiore del trapezio
Un po’ lateralmente allo sterno a livello del secondo spazio intercostale
Al gomito, a livello dell’epicondilo
Al ginocchio, a livello dell’interlinea articolare mediale.
Seguono però altri sintomi che a volte diventano determinanti e prevalenti:

2. Sintomi caratteristici (oltre 75% dei pazienti);
disturbi del sonno (sonno notturno superficiale, non ristoratore e/o
sonnolenza durante il giorno;
sensazione di stanchezza (astenia) e malessere;
rigidità mattutina (collo e spalle rigide per almeno 15 minuti);
dolore alla colonna (tratto cervicale e lombo-sacrale, spesso scambiati per
sintomi di artrosi);

3. Sintomi frequenti (tra il 50-75% dei pazienti);
parestesie (sensazione di formicolio alle mani ed ai piedi, sensazione
puntoria o di alterazione della sensibilità);
cefalea (a sede frontale o nucale);
colon irritabile;
ansia e/o depressione;
“urgenza urinaria” (stimolo improvviso e frequente alla minzione);
bruciore urinario;
acrocianosi (rossore della cute in seguito a pressione);
dismenorrea (mestruazioni irregolari e dolorose);
“sintomi di secchezza” (scarsità di salivazione, lacrimazione e lubrificazione
vaginale);
difficoltà respiratoria (respiro superficiale ed addominale, sensazione di non
poter eseguire un respiro profondo, senso di oppressione al petto);
fenomeno di Raynaud (vasospasmo eccessivo per stimoli simpatici, emozione e/o
spavento o passaggio da ambienti caldi a freddi);

4. Fattori modulanti (fattori che sono in grado di peggiorare tutti i sintomi)
Rumore
Freddo
Carenza di sonno
Ansia
Umidità
Stress
Affaticamento
Cambiamento del tempo
Periodo pre-mestruale

Questi sintomi sono associati ad altri, come ad esempio l’abbattimento
psicologico e i disturbi marcati dell’umore. Spesso la fibromialgia è ancora
confusa con quello che veniva definito “reumatismo psicogeno”, o viene
unicamente considerata come una delle manifestazioni psicosomatiche tipiche.

La localizzazione riferita dai pazienti è alle masse muscolari in maniera
prevalente con dolore elettivo ai ventri muscolari durante la mobilizzazione
attiva e passiva e quasi nulla a livello articolare.
Pertanto dopo questa descrizione e dopo questo riscontro di poliedricità di
tale malattia, viene messo in discussione il primato della gestione da parte
dei reumatologi del malato fibromialgico, potendola considerare malattia ad
approccio multidisciplinare ed in ultima analisi malattia da medico generalista
con visione olistica e che si dedichi a più specialità, o da consulto tra varie
figure professionali con specialità diverse ma complementari e opportunamente
integrate.

Sebbene la maggior parte dei medici creda oramai all’esistenza della
fibromialgia, essi si sentono spesso non preparati in maniera adeguata al
trattamento dei complessi quadri clinici associati a tale condizione.
Il trattamento del paziente fibromialgico rimane infatti uno dei compiti più
ingrati per il reumatologo e per gli altri specialisti e anche per il
generalista, sia per la mancanza di chiari meccanismi eziopatogenetici, sia per
la difficoltà di una valutazione multidimensionale e la mancanza di un
approccio terapeutico multidisciplinare.
La fibromialgia è una sindrome estremamente eterogenea riguardo alla severità
del quadro clinico.

Esistono due punti da sottolineare per quanto concerne il trattamento del
paziente fibromialgico:
- l’eliminazione di tutti i sintomi non è attualmente possibile con le terapie
classiche e con le linee guida attuali:
- ogni paziente deve essere valutato e trattato su una base individuale
Pertanto il primo punto critico è una analisi attenta ed individuale dei
sintomi riferiti da un determinato paziente in relazione alla loro origine,
severità e possibilità di risposta alle varie strategie terapeutiche.

CONSIDERATO

Che tanti pazienti, anche nella nostra regione, da troppo tempo soffrono di
quelle forme morbose che comunemente vengono riunite sotto la denominazione di
sindromi fibromialgiche.

Il Consiglio Regionale della Lombardia

CHIEDE

Alla giunta Regionale di impegnarsi con determinazione a sollecitare il
Governo Nazionale e il Ministro della Salute affinchè vengono accelerati i
tempi per l’approvazione del disegno di legge presentato al Senato.

Milano 2 novembre 2010

Firmatari
I Consiglieri


Un sentito ringraziamento da parte mia al Segretario Regionale della Lombardia di Italia Attiva, il Sig. Delfino Massimo Parlato per i suoi sforzi indirizzati al

riconoscimento della Fibromialgia come malattia cronica altamente invalidante e a tutti i componenti del Consiglio Regionale della Lombardia, che con il loro voto favorevole hanno contribuito a concretizzare questo primo importante atto politico a favore dei tanti malati di questa patologia che fino ad ora non hanno avuto alcuna assistenza da parte dello Stato. Questi riscontri positivi accendono una speranza nei tanti malati di Fibromialgia e delle patologie ad esse correlate, affinchè si possa avere una Legge giusta che tenga conto delle esigenze di questi malati.

Marco