lunedì 11 ottobre 2010

I malati di Fibromialgia, orfani della sanità

INTERVISTA A ANTONIO PALAGIANO, medico ricercatore e dirigente II Università degli studi di Napoli. Eletto alla Camera dei Deputati nel 2008, è Capogruppo dell'Italia dei Valori in Commissione Affari Sociali.



Cos'è la fibromialgia?

La fibromialgia o sindrome fibromialgica, è una patologia caratterizzata da dolore cronico diffuso, che coinvolge prevalentemente i muscoli. Sono presenti, inoltre, anomalie del sistema neuroendocrino, disfunzioni del sistema immunitario e turbe del flusso sanguigno cerebrale. E’ associata a rigidità, cefalea, affaticamento e disturbi del sonno. Altri sintomi, meno frequenti, sono intestino e vescica irritabile, dismenorrea, fenomeno di Raynaud. Il dolore, sintomo principale dei soggetti fibromialgici, è causato da una abnorme tensione muscolare che impedisce quella fluidità dei movimenti necessari nelle più banali azioni quotidiane. L’ansia e la depressione, spesso presenti, possono peggiorare i sintomi.

Qual'è la sintomatolgia più comune di questa patologia?

Come dicevo, il dolore, può essere localizzato a livello del collo, delle spalle, della schiena e delle gambe, ma talora è diffuso in ogni ambito, provocando rigidità, limitazione dei movimenti o una sensazione di gonfiore a livello delle articolazioni. L’andamento dei sintomi di questa patologia, inoltre, varia in rapporto a numerosi fattori esterni, che sono in grado di provocarne un peggioramento: c’è una evidente influenza dei fattori climatici (i dolori peggiorano nelle stagioni “di passaggio”, cioè primavera e autunno e nei periodi di grande umidità), dei fattori ormonali (peggioramento nel periodo premestruale, peggioramento in caso di disfunzioni della tiroide), dei fattori stressanti (discussioni, litigi, tensioni sul lavoro e in famiglia);

Chi è affetto dalla fibromialgia può guarire?

 
Non esiste una cura specifica, ma essendo una malattia cronica, richiede trattamenti a lungo termine e multidisciplinari (farmacologici, fisici ed interventi cognitivo-comportamentali). La sua caratteristica principale è il dolore, pertanto credo che i malati di fibromialgia dovrebbero rientrare pienamente nella categoria delle persone che necessitano di terapia del dolore, la cui normativa è stata recentemente approvata dal Parlamento Italiano.

Quanti sono gli ammalati di fibromialgia in Italia?

 
Purtroppo in Italia non ci sono studi dedicati, a causa dello scarso investimento nella ricerca medica e scientifica in tal senso, tuttavia esistono dati difformi tra la medicina di base (2-6%) e la reumatologia (10-20%), che porterebbero ad ipotizzare una incidenza in Italia nella popolazione generale intorno al 6-7% (che significa tra i 3 e i 4 milioni di individui affetti). In Europa, invece, circa 14 milioni di persone soffrono di fibromialgia.

La malattia colpisce prevalentemente uomini o donne? A quale età?

 
La fibromialgia colpisce prevalentemente le donne in età fertile (seconda, terza decade e comunque prima di 50 anni) ed è frequente, quindi, che le pazienti già in terapia per tale patologia consultino lo specialista per l’insorgenza della gravidanza. La malattia, dunque, non sembra influenzare la fertilità, ma, anche in questo caso, non esistono ricerche volte a valutare gli effetti della fibromialgia in gravidanza (e viceversa).

Come si cura la fibromialgia?

 
Le cure al momento individuate possono essere farmacologiche (miorilassanti, antidepressivi, inibitori del reuptake della serotonina, alcuni FANS in particolare l’ibuprofene e talvolta anche oppiacei e prednisone) o anche non farmacologiche (massaggi, termoterapia, TENS). La fibromialgia, dunque, si può “curare” alleviando il dolore e pertanto la recentissima approvazione della legge sulle cure palliative e terapia del dolore è un passo molto importante in questa direzione.

Ribadisco comunque che il problema principale della sindrome fibromialgica, è che essa non si conosce ancora abbastanza nel nostro Paese e quindi il rischio è che essa degeneri senza essere immediatamente individuata e curata.

 
Un paziente affetto da una forma di fibromialgia può svolgere una vita normale, per esempio lavorare come gli altri?

 
Sì, certo. Nei limiti che gli consente il dolore e a seconda dello stadio di avanzamento della patologia. Di sicuro questi pazienti necessiteranno di periodici controlli ed esami specifici – quindi avranno maggiore bisogno di assentarsi dal lavoro, o di maggiore riposo rispetto ad un soggetto sano.

Ad oggi lo Stato Italiano, riconosce l’invalidità per questa malattia, ad esempio pensioni o altre forme di sostegno, di indennizzo, per i pazienti che ne sono colpiti?

 
Lo Stato italiano non riconosce la fibromialgia come malattia sociale, nonostante questa sindrome sia riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Lo scorso febbraio ho quindi interrogato il Ministro della Salute circa la previsione di forme di sostegno alla ricerca medica italiana per completare gli studi e le sperimentazioni su questa patologia e sulle possibili correlazioni con fattori esterni, garantendo così al paziente una diagnosi certa in tempi rapidi. Ho chiesto, inoltre, di poter prevedere il riconoscimento, ai lavoratori affetti da fibromialgia, di appositi permessi di astensione dal lavoro e l’esenzione dal pagamento dei ticket e dei farmaci necessari per la sua cura.

Insomma, per i cittadini italiani essere affetti da questa malattia oggi cosa significa?

 
Oggi, purtroppo, i malati di fibromialgia sono in buona parte orfani della sanità. Sia per l'assistenza che ricevono, sia per le scarse ricerche mediche. In Italia la conoscenza della fibromialgia è ancora limitata a causa dello scarso investimento nella ricerca scientifica.

Cosa si potrebbe fare per migliorare la vita delle persone che soffrono di questa patologia?

Credo che questi pazienti abbiano la necessità di un approccio multidisciplinare che raggruppi competenze reumatologiche e di terapia del dolore, ma anche esercizi di rilassamento, fisioterapie e tecniche psicologiche di addestramento per affrontare la malattia, per la quale, purtroppo la terapia è spesso irraggiungibile. Pertanto, per evitare frustrazioni dovute alla cronicità della patologia, bisogna procedere per piccoli passi, infatti il miglioramento della funzionalità è un fine perseguibile e l'attenuazione dei sintomi può essere un ottimo risultato sia per il paziente che per il medico. 


FONTE: il mio giornale.org


Un ottima intervista. Grazie Dott. Palagiano.... e ora speriamo che il Ministero della Sanità faccia il suo dovere e arrivi questo "benedetto" riconoscimento.

Marco

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