lunedì 18 aprile 2011

L’incredibile vita di chi è allergico a tutto ciò che usiamo ogni giorno

Si chiama Multiple Chemical Sensivity ed è una sindrome che rende intolleranti a benzina, plastica, detersivi, profumi… In Italia i casi certi sono cinquemila (tra loro, quello di un genovese che qui si racconta e i molti descritti in un libro). La cura? Solo l’isolamento totale.

Levanto (La Spezia).
E’ cominciato tutto mentre mangiava una pizza, sette anni fa. Ha avvertito un dolore fortissimo al ventre, gli è come mancato il respiro e la testa si è messa a girare. Sudava forte, il corpo scosso da tremiti. All’improvviso ha perso conoscenza. Poi ha vomitato, finalmente. E tutto è sembrato tornare normale. Tutto come prima. Invece no.
Oggi Walter ha lasciato Genova, il porto, la vita. Ha 56 anni, abita una casa di vetro senza mobili, con due grossi apparecchi che filtrano l’aria. Non si separa mai dalla sua mascherina bianca. E’ ridotto a uno scheletro, come il suo sistema immunitario. Mangia un pugno di riso bollito e non più di una decina di alimenti ma è già un miracolo, conquistato a prezzo di drammatici esperimenti sulla sua pelle. Si è trasferito a Levanto, nelle Cinque Terre, lontano dalla città. Vive come un eremita, però per qualche minuto può ancora uscire sul terrazzo. E respirare. A patto che soffi lo scirocco, vento di mare. La tramontana, mai. Perché anche in quel paradiso naturale la tramontana trascina con sé tracce di quello smog che lentamente lo uccide.
Walter è una delle cinquemila vittime italiane della MCS, acronimo dell’inglese Multiple Chemical Sensitivity. Sensibilità Chimica Multipla: l’impossibilità per una persona di tollerare un ambiente o una classe di sostanze chimiche. Per dirla con altre parole, l’allergia a tutto quanto è moderno, inquinante. Benzina, gas di scarico, derivati del petrolio. Plastiche, profumi, lacche. Detersivi, candeggine, colle. Ammorbidenti, fertilizzanti, pesticidi. E le cose – gli alimenti, gli abiti – in qualche modo trattati con questi elementi. Cinquemila ufficialmente, in realtà gli ammalati nel nostro Paese sarebbero almeno dieci volte tanto. Negli Stati Uniti i casi accertati sono un milione e mezzo. Cifre che aumentano ogni giorno. Ineluttabilmente, seguendo il ritmo e la crescita di una società sempre meno naturale.
Due volte subdola, perché difficile da identificare e spesso confusa – o liquidata – come disturbo psicosomatico, l’allergia al mondo moderno è stata ufficialmente riconosciuta come malattia dall’OMS ormai dieci anni fa. Il primo a “scoprirla” in qualche modo era stato negli anni Sessanta l’allergologo Theron Randolph, ma da allora non sono stati fatti grandi passi in avanti nella ricerca. E ancora non esiste un test unico per individuarla. Però è possibile fare valutazioni funzionali e biochimiche (analisi tossicologiche, immunologiche, di funzionalità cerebrale, respiratoria, intestinale, cardiaca), perché in effetti l’MCS ha una sintomatologia definita. Il corpo viene saturato dall’esposizione nel tempo a piccole dosi di prodotti chimici, avvelenato quotidianamente, aggredito in silenzio fino a quando si arrende. E va in tilt, basta una semplice pizza margherita per “esplodere”.
Tilt è anche il titolo di un commovente libro scritto da Caterina Serra (Einaudi pp. 138 euro 14), che ha incontrato per due anni decine di ammalati in tutta Italia. Ne ha raccontato le storie, i dolori, le speranze, quella maledetta sensazione di “chi ha dovuto lasciare il mondo fuori dalla porta, di chi si è chiuso fuori, costretto a vivere dentro stanze sempre aperte”. Di chi, appunto, può vedere i parenti e gli amici solo all’aperto, in giardino o sul balcone – e bada bene a non metterti a favore di vento, ti prego – dopo aver chiesto loro di non profumarsi almeno per qualche giorno, di non usare vestiti nuovi o appena lavati, nemmeno lacche, gel o trucchi per il viso. Di chi non può mettere piede in un ospedale o salire su un ambulanza, a meno che non siano ambienti completamente “puri” e privi di qualsiasi sostanza chimica. Sostanza chimica… cioè tutto o quasi: disinfettanti, anestetici, strumenti chirurgici, farmaci. Anche Tilt è un acronimo maligno. Sta per Toxicant Induced Loss of Tolerance.
La malattia di solito colpisce fra i trenta e i quarant’anni, perché, dicono amaramente le vittime, ci vuole tempo per avvelenare l’organismo. A volte però si presentano dei segnali, delle improvvise esperienze allergiche, delle intolleranze che paiono assurde ma che – se comprese – potrebbero almeno lenire il successivo calvario. Non essendo ancora chiaro il meccanismo biologico e molecolare della sindrome, non esiste una cura. Anche perché l’inquinamento distrugge il sistema immunitario fino a un punto di non ritorno. Esistono i cortisonici, si può diminuire il carico di intossicazione con miscele di antiossidanti, ci si può “ripulire” un poco in cliniche specializzate che praticano prezzi folli e non certo coperti dal sistema sanitario nazionale. E ci si può isolare dal mondo moderno, per sempre.
Isolato dal mondo, Walter ha ripreso a studiare. Sta per laurearsi. Legge il giornale, ma con i guanti, perché non sopporterebbe il contatto con le pagine: “Ci riesco solo con Repubblica, a patto che non ci siano troppe fotografie a colori”. E ripensa a quella pizza. “Forse i pomodori trattati, o la mozzarella. Chissà. Ci ho messo un secondo a capire che non era un indigestione, a prendere coscienza che non poteva essere la solita colite. E più di un anno a convincere gli altri che non era un cancro allo stomaco”.
E’ sera, sta per arrivare sua moglie. Che anche oggi, finito di lavorare, si è fatta una doccia. Sulla porta si toglierà tutti i vestiti, impregnati di fumo, di smog. Di modernità. Per Walter e i casi come il suo in Italia esiste un associazione, Amica, cui è possibile rivolgersi per informazioni.

Così la chimica manda il cervello in tilt

Una malattia straordinariamente comune, nelle sue forme meno gravi, persino più del diabete. Secondo un recentissimo studio, negli USA circa il 3.5 % della popolazione è affetto da una grave forma di MCS, mentre almeno il 12 % è malato in maniera più moderata. Martin Pall, professore della Washington State University, ha pubblicato una ricerca intitolata Multiple Chemical Sensitivity: Toxicological Questions and Mechanisms in cui vengono stabiliti 5 criteri scientifici inequivocabili che caratterizzano questa malattia: è una sindrome diffusissima; è causata da un esposizione a sostanze tossiche; il ruolo delle sostanze chimiche come causee scatenanti della MCS è confermato dagli studi genetici; la MCS è provocata da un circolo vizioso biochimico, responsabile anche di altre patologie che si sovrappongono spesso alla MCS, come la Fibromialgia e la Sindrome da Fatica Cronica (CFS); la vecchia tesi su una presunta origine psicologica della MCS è del tutto incompatibile con tutte le prove scientifiche sulla malattia. Sono sette i gruppi di sostanze chimiche in grado di causare la MCS: alcuni pesticidi, alcuni solventi organici e composti correlati, il mercurio, il solfuro di idrogeno e il monossido di carbonio. Studi su animali hanno dimostrato che queste sostanze producono nel corpo una risposta abnorme del recettore cerebrale Nmda, il cui aumento è ritenuto il meccanismo alla base della MCS. Altre ricerche, sempre su animali, lasciano sperare che sia possibile abbassare l’attività del Nmda. E in questo consiste la speranza di curare la MCS, e non solo i sintomi.

2 gennaio 2010

FONTE: Il Venerdì di Repubblica


La storia di Walter è un altra testimonianza dolorosa di quanto subdola e limitante sia la Sensibilità Chimica Multipla. Costretto a vivere barricato in casa, senza mobilio, con la possibilità di fare qualche fugace apparizione sul terrazzo di casa solo in presenza di vento.... e poi il pochissimo mangiare, l'impossibilità (o quasi) persino a leggere un giornale.... questa è l'MCS, per chi ancora non la conoscesse, malattia in costante aumento, secondo tanti la malattia del 21° Secolo.

Se da una parte ci sono i malati di questa patologia come Walter, da un altra ci sono i ricercatori come Martin Pall, che studiano i meccanismi genetici e biochimici della malattia, nella speranza di poterne trovare un rimedio. A tutti costoro va il mio sentito ringraziamento e la mia gratitudine, con la speranza che, nel tempo, si possano capire sempre meglio i meccanismi scatenanti di questa patologia e, di conseguenza, si possano trovare rimedi sempre più efficaci.

Marco

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