domenica 31 luglio 2011

Ha una malattia agli occhi, vede solo in bianco e nero. La storia di Tyla


Vede il mondo in banco e nero. Proprio come un film degli anni '30. Tyla Rich, otto anni, residente in Galles, ha una malattia che si chiama acromatopsia. Colpisce una persona ogni 33 mila. Lei ha preso la forma peggiore. Non degenera. Ma non migliora.

"Eppure Tyla è felice lo stesso" racconta la madre "Mi si crepa il cuore quando penso che non potrà mai vedere un tramonto, una rosa rossa o la faccia gialla dei Simpson. Poi la osservo giocare e ringrazio il cielo per avermela data. Non ha niente in meno degli altri. A volte mi sembra che abbia di più".

LA SUA STORIA - Il giorno in cui venne al mondo, Tyla aveva gli occhi che ballavano. E all’improvviso diventavano freddi. Immobili. Ci volle un po’ per capire cosa fosse. I suoi genitori, l’infermiera Kara e l’impiegato statale Grame Rich, la portarono all’ospedale per un controllo. "Ci dispiace, la bambina è cieca". "Ma dopo pochi mesi però ci accorgemmo che Tyla ci seguiva. Ci camminava attorno. Non aveva bisogno del nostro aiuto per trovare la strada. Erano i suoi occhi a guidarla. Pensammo che i medici si fossero sbagliati". Era vero. Ma solo in parte.

LE ANALISI - Nuove analisi portarono alla diagnosi definitiva: acromatopsia completa. Nella retina dell’occhio ci sono due tipi di cellule sensibili alla luce, i coni e i bastoncelli. I coni sono prevalentemente nella macula e il loro compito è regolare la visione diurna. Permettono di percepire i colori, di adattari alla luce e di distinguere i dettagli. I bastoncelli sono nella periferia della retina e consentono la visione notturna. Sono più sensibili ma si saturano rapidamente quando la luce aumenta. Nell’acromatopsia completa la funzione dei coni manca del tutto. "La notizia ci ha devastato. Non potevamo sopportare il fatto che si perdesse la parte colorata dell’esistenza. Temevamo che si sarebbe sentita isolata. In fondo chiedevamo solo che avesse una vita normale".

LA PRIMA DELLA CLASSE - Eppure il mondo in bianco e nero di Tyla non ha eguali. Ricettiva ai misteri, voleva sapere ogni cosa fino in fondo. A scuola era una fuoriclasse. E per i compagni una specie di mito. Bionda, pelle bianca, gli occhi chiari che stanno tra il verde e il grigio protetti da due lenti rosse studiate per ripararla dal sole troppo forte. Fragile e fortissima.

UN SITO INTERNET - "Un giorno è venuta a casa e mi ha detto: mamma voglio un mio sito Internet. Era decisa. Le ho chiesto solo: perché?". Lei ha spiegato che cercava bambini col suo stesso problema. Che voleva condividere. Che aveva già anche scelto la canzone da usare come sottofondo: "True Colors" di Cyndi Lauper. Colori veri. "Io qualcosa che assomiglia ai colori ce l’ho dentro". E infondo lei vede i suoi colori.

30 luglio 2011

FONTE: affaritaliani.libero.it
http://affaritaliani.libero.it/cronache/malattia_occhi280711.html?refresh_ce

venerdì 29 luglio 2011

Maria, affetta da MCS, una vita segregata



Un “invalida sociale”. Non può sentire odori, né venire a contatto con persone o cose trattate con agenti chimici.

di Nunzio Casabianca

In prigione senza sbarre. Maria Anna Scollo, 42 anni, è costretta ormai da due anni a vivere in isolamento nella sua casa di Valverde. E' affetta da una malattia che è racchiusa in una sigla arida e terribile allo stesso tempo. MCS (Sensibilità Chimica Multipla). Da allora ogni semplice gesto quotidiano è diventato un problema. Anche lavarsi, vestirsi, uscire a fare la spesa.
«Non posso usare saponi trattati, né deodoranti, né profumi o trucchi, né stare vicino a chi li usa. I vestiti devono essere lavati con prodotti naturali e anche le persone che mi stanno vicino devono essere decontaminate».

Signora Maria, quando è cominciato il suo calvario?

«Circa due anni fa. Per più di vent'anni ho lavorato in una serigrafia dell'hinterland etneo; ero caporeparto, una mamma e una moglie felice, attiva, facevo una vita normale. In ufficio purtroppo al tavolo della stampa si usavano molti materiali tossici (colori al piombo, benzene, vernici, diluenti, plastiche). Due anni fa ho cominciato ad avvertire i primi sintomi: principi di soffocamento, intorpidimento della lingua e dei denti, confusione mentale, perdita della cognizione spazio-temporale, alterazione dei sapori. Non riuscivo a reggermi in piedi, ero sempre più stanca. Ho dovuto lasciare il lavoro».

I medici?
«Nessuno ha potuto certificare la patologia. In Italia la MCS non è riconosciuta. In pratica, per lo Stato italiano... non esiste. Ma in Germania, negli USA, in Inghilterra sì. Qui, invece, siamo malati senza cittadinanza. O malati dimenticati da uno Stato “da terzo mondo”. Faccia lei...».

Com'è cambiata la sua vita?
«Ho cercato di avere chiarimenti dai medici, di trovare qualcuno che mi sapesse dire, spiegare. Molti classificavano la mia patologia solo come allergia. Qualcuno mi ha pure consigliato di andare da uno psicanalista. Pensavano che fossi uscita di senno...»

E il rapporto con gli altri? La famiglia, gli amici?
«E' cambiato tutto. La vita fuori da queste mura domestiche è diventata impossibile. Anche trascorrere il Natale in famiglia. Perchè chiunque mi sta vicino deve essere “decontaminato”. Rischierei crisi pericolose e degenerazioni degli organi interni dai quali non si può recedere».

Anche a casa, quindi, vivere non è certo facile.
«Grazie a Dio (perchè io sono credente, eccome, e non posso più – pensi – andare neanche a Messa...) ho un marito e una figlia, Angela, che sono due persone splendide, intelligenti, comprensive. Lo sottolineo perchè so bene quanti, affetti dalla mia stessa malattia, col tempo sono rimasti soli, abbandonati anche dal loro compagno. In casa ci siamo organizzati. Piano piano abbiamo trovato – grazie anche all'Associazione “Amica” che ha sede a Roma e con la quale sono in continuo contatto – quei prodotti naturali per la pulizia personale della casa».

Come ha ovviato a questi problemi?
«Mia figlia su internet ha trovato tante soluzioni. Per la pulizia delle stoviglie e di tutto ciò che mi circonda uso aceto, bicarbonato (ce ne vogliono 2 kg a settimana), saponi naturali (una scatola con 6 litri costa 80 euro!) e una mascherina che custodisco in un barattolo di vetro sterile».

Anche chi vive in casa con lei...
«Lo stesso. Pensi, mio marito per fare la barba usa lo stesso sapone che io uso per lavare i capelli. Lo facciamo noi. Ho avuto questa ricetta da una signora dell'entroterra siciliano: è a base di potassio, amido e olio extravergine d'oliva biologico. E' inodore, ma almeno pulisce. E poi faccio la sauna (che spesa!), almeno un ora al giorno. E' l'unico vero modo per “detossificare” il mio corpo».

E l'alimentazione?
«Tutto biologico, solo prodotti naturali. Dallo zucchero, al riso, al latte di soia, al pesce azzurro. E devo bere cinque litri di acqua al giorno. Ma devo evitare caffè, cioccolato e frutta secca».

Un grosso impegno economico.
«Tutto lo stipendio (uno solo, quello di mio marito, il mio è solo un ricordo) se ne va per comprare da mangiare per me. Mi sento quasi in colpa».

Farmaci?
«La malattia non è neanche riconosciuta, altro che farmaci. Per l'ordinario... preferibilmente niente, tranne i salvavita, i cortisonici».

La sua vita sociale?
«Dimenticata. Per me è diventato un problema anche andare in chiesa, alla posta o in banca. I miei amici sono diventati gli altri malati. Sono riuscita a contattarne alcuni in Sicilia (saremo in tutto una ventina al massimo) e qualcuno al Nord Italia (su tutto il territorio nazionale non più di 150). Ci scambiamo consigli e sostegno reciproco. Ma non è facile vivere, così, da segregati. Non ho più nulla, se non la mia Angela e mio marito. Anche al mare devo andare sola. Mio padre acquisto tanti anni fa una casa poco prima dell'Oasi del Simeto. Ci vado spesso, ma anche lì vivo da emarginata. Scendo alle 7, per evitare contatti. Poi quando la spiaggia si riempie, guardo gli altri da lontano. Presto vado via...»

Signora Maria, che cosa chiede?
«Che se ne parli, che si conosca l'MCS, che esistiamo anche noi. Non cerco né soldi, né sottoscrizioni, né compassione. Vorrei che questo timido “tam-tam” diventasse un rullo assordante di tamburi, che le istituzioni cominciassero col riconoscere questa malattia come in Germania, in Inghilterra e negli USA. La strada è lunga lo so e i malati di MCS troppo pochi per rompere il muro dell'indifferenza. Interessarsi a noi costerebbe troppo e non porterebbe voti o denaro nelle tasche di alcuno. Ma continuerò a lottare. Per chi verrà dopo di me».


Una sindrome progressiva e irreversibile

La Sensibilità Chimica Multipla (MCS) è una sindrome immuno-tossica infiammatoria simile, per certi versi, all'allergia e molto spesso scambiata per essa, poiché i sintomi appaiono e scompaiono con l'allontanamento dalla causa scatenante, ma le sue dinamiche e il suo decorso sono completamente diversi, ovvero si perde per sempre la capacità di tollerare gli agenti chimici (questo dal 1° stadio). E' una sindrome multisistemica di intolleranza ambientale totale alle sostanze chimiche, che può colpire vari apparati ed organi del corpo umano: «Le sostanze chimiche danneggiano il fegato e il sistema immunitario sopprimendo la mediazione cellulare che controlla il modo in cui il corpo si protegge dagli agenti estranei; i sintomi si verificano in risposta all'esposizione a molti composti chimicamente indipendenti e presenti nell'ambiente in dosi anche di molto inferiori da quelle tollerate dalla popolazione in generale».
Il corpo «cede» e non tollera più qualsiasi piccola traccia di sostanze di sintesi nell'ambiente, come insetticidi, pesticidi, disinfettanti, detersivi, profumi, deodoranti personali o per la casa, vernici, solventi, colle e prodotti catramosi, preservanti del legno (come l'antitarlo), materiali dell'edilizia, carta stampata, inchiostri, scarichi delle auto, fumi di stufe, camini, barbecue, prodotti plastici, farmaci, anestetici, formaldeide nel mobilio, tessuti e stoffe sopratutto nuove, quindi tutto ciò che è di derivazione petrolchimica.
La MCS colpisce «tra l'1,5 e il 3% della popolazione» ed è causa di moltissime patologie disabilitanti che interessano vari sistemi fisiologici: sistema renale; gli apparati respiratorio, cardiocircolatorio, digerente, tegumentario; sistema neurologico; sistema muscolo-scheletrico ed endocrino-immunitario.
Nell'arco di pochi anni dalla manifestazione di MCS (stadio 1) i sintomi si cronicizzano e, senza un adeguato sostegno, la sindrome può avere conseguenze molto gravi sino a provocare emorragie, collassi, ictus o infarti. Ancora, l'infiammazione cronica, tipica dello stato di MCS, porta a sviluppare con alta incidenza forme tumorali e leucemiche. Può colpire chiunque a qualsiasi età e classe sociale, ma sopratutto alcuni lavoratori particolarmente esposti a sostanze tossiche, in un rapporto uomini/donne di 1 a 3. La MCS è irreversibile, progressiva e non esiste, al momento, una cura per il ritorno allo stato originario di tolleranza (stadio 0). Peggiorando nel tempo, in proporzione all'entità delle esposizioni chimiche e alla loro frequenza, si diventa inoltre «allergici» a molte sostanze naturali (es. legni resinosi, fiori) e intolleranti alla quasi totalità degli alimenti.

Le tre fasi

Sensibilizzazione
Si verifica quando una persona è sottoposta a una esposizione chimica acuta ad alte dosi o a una esposizione cronica insidiosa. I sintomi dei pazienti in seguito all'esposizione chimica, non sono rilevabili clinicamente in generale. I disturbi possono includere dolore alle articolazioni e ai muscoli, cefalea, affaticamento (stanchezza cronica), rossore, prurito, nausea, tachicardia, asma, insufficiente circolazione periferica, etc.

Infiammazione
L'esposizione chimica determina una infiammazione cronica dei tessuti, come ad esempio artrite, vasculiti, dermatiti, asma non allergico, coliti, miositi, riniti, circolazione periferica molto problematica. Sono presenti sia sintomi che segni obiettivi rilevabili clinicamente. La progressione avviene in seguito a nuove esposizioni in corso, ma se non si è ancora verificato il danno ai tessuti, il processo può essere invertito con l'evitamento chimico e specifiche cure di disintossicazione.

Deterioramento
L'infiammazione cronica causata dall'esposizione chimica produce danni del tessuto, come lesioni al sistema nervoso centrale, al rene, al fegato, al polmone, al sistema immune. Questo livello è irreversibile. Una volta che i tessuti sono danneggiati e la funzione dell'organo compromessa rimangono poche speranze – oggi – di invertire il processo. Patologie comuni in questo stadio sono ad esempio lupus, ischemie, cancro, autoimmunità, forme degenerative reumatiche, sclerosi multipla, porfiria.

FONTE: La Sicilia

14 febbraio 2007


Bell'articolo, molto completo, tratto dal quotidiano "La Sicilia" di Catania del 2007, nel quale Anna Maria (che ringrazio per la sua instancabile opera di divulgazione) espone con molta chiarezza tutti i disagi, i problemi e le limitazioni che la sua MCS impone alla propria vita. Tanti problemi e tanti limiti che tuttavia non intaccano la sua voglia di lottare e di far conoscere questa malattia a vantaggio "di chi verrà dopo".
Grazie Anna Maria.


Marco

mercoledì 27 luglio 2011

Salvatore e il viaggio della speranza: va in Israele per «risvegliarsi» dalla paralisi


Crisafulli è in stato vegetativo dal 2003, colpito dalla sindrome «locked-in»: cosciente, ma non si può muovere

CATANIA - «Speriamo vada tutto bene. Anche solo parlasse, per me sarebbe un grande risultato». Queste sono le parole di Angela Catania, madre di Salvatore Crisafulli, in stato vegetativo dal 2003, da quando un incidente stradale lo costrinse a «veder vivere». Già, perché Salvatore è perfettamente cosciente, afflitto dalla sindrome «locked-in», una condizione nella quale il paziente è sveglio ma non può muoversi oppure comunicare a causa della completa paralisi di tutti i muscoli volontari del corpo.

Infatti riesce solo a sorridere, muove la testa davanti alla telecamera. Vorrebbe dirci qualcosa. Ma non può. Giovedì 28 luglio inizierà il suo «viaggio della speranza». Andrà in Israele, a Tel-Aviv, per curarsi. Qui sarà sottoposto ad una assistenza farmacologica che ha come scopo il risveglio dal coma vegetativo. «Una cura a base di dopamina – ci racconta il fratello Pietro – su cui io e la mia famiglia poniamo molta fiducia. Ha permesso notevoli progressi per i tanti italiani che già vi si sono sottoposti, non si tratta di cellule staminali o di riabilitazione». Pietro ha fondato l'associazione «Sicilia risvegli Onlus» proprio con lo scopo di dare luce e visibilità ai «tanti Salvatore», e forse perché no, anche la speranza, la stessa che ha portato la famiglia Crisafulli a lottare, ad insistere, a cercare.

Ora si va all'estero, dopo i vari viaggi e le visite in diversi centri a Bologna, Arezzo e in Europa. Si va alla ricerca di chi sappia far cessare il dramma di un uomo e di una famiglia. Anche Salvatore non ha mai mollato, nel 2005 riesce a pronunciare la prima parola «Ma-ma». «Si emozionava quando lo coccolavamo – dice mamma Angela - e si disperava quando i medici dicevano che il suo pianto era solo provocato da riflessi incondizionati». Erano e sono i segni vistosi di un miglioramento, seppur graduale. È forte Salvatore, nel 2006 ha scritto una lettera a Piergiorgio Welby supplicandolo di non rinunciare alla vita, di combattere insieme a lui. Nel finale di quella lettera è diretto l'invito di Salvatore a Welby: «Mi piacerebbe incontrarti, guardandoci negli occhi, chissà, magari cambieresti idea». Oggi, a Catania, nell'abitazione di Salvatore si terrà una conferenza stampa. La famiglia Crisafulli ringrazierà la Regione Sicilia che ha autorizzato queste cure. Parteciperà anche Irene Sampognaro, moglie di Giuseppe Marletta, anche lui in stato vegetativo, anche lui pronto per un altro viaggio. Partirà successivamente.

Rosario Sardella

27 luglio 2011

FONTE: corrieredelmezzogiorno.it
http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/catania/notizie/cronaca/2011/27-luglio-2011/salvatore-viaggio-speranza-vain-israele-risvegliarsi-paralisi-1901184565084.shtml


Sono IMMENSAMENTE felice di riportare questa notizia che tutti aspettavamo. Oggi, 28 luglio 2011, Salvatore partirà per questo viaggio della speranza alla volta della clinica del famoso neuroendocrinologo russo, il Dott. Vitali Vassiliev, in Israele. Era tanto atteso, sperato, agognato questo viaggio.... ed oggi finalmente diverrà realtà. Cosa posso dire in proposito? Posso solo dire che l'Amore, la tenacia e la costanza sono state premiate, quelle di Salvatore certamente, ma anche quelle di Pietro, suo fratello, e di tutta la sua famiglia, che si sono instancabilmente spesi per fare in modo che questo viaggio divenisse realtà. E questo viaggio, possiamo proprio dirlo, è veramente la vittoria della tenacia, della costanza e dell'Amore.
Buona fortuna Salvatore, qualunque saranno gli esiti delle cure che intraprenderai, noi continueremo sempre ad esserti vicini, a seguirti e ad incoraggiarti, così come tu continuerai ad essere, non c'è alcun dubbio, un grandissimo esempio per tutti noi. Che il Signore ti benedica.

Marco

lunedì 25 luglio 2011

Le Leucodistrofie. Che cosa sono?

Si definisce leucodistrofia una degenerazione progressiva della sostanza bianca cerebrale, dovuta ad una perdita della mielina. La mielina è il rivestimento esterno delle fibre nervose, che consente che l'impulso nervoso non venga disperso e viaggi velocemente.
Le leucodistrofie sono causate da un difetto genetico che porta all' accumulo di sostanze che degradano la mielina o ne interferiscono con la sintesi.
Si tratta di malattie inizialmente asintomatiche, in cui si manifestano successivamente sintomi di rigidità muscolare, o ipotonia, deficit visivi e/o uditivi, ritardo psico-motorio, perdita di abilità acquisite.
La caratteristiche di ogni leucodistrofie dipendono dal tipo di difetto genetico, e quindi di metabolica tossico che si accumula.
Di seguito si riportano informazioni relative ad alcune delle leucodistrofie conosciute.


LEUCODISTROFIA DI PELIZAEUS-MERZBACHER

Conosciuta anche come leucodistrofia Sudano Filica, la leucodistrofia di Pelizaeus-Merzbacher è una malattia progressiva del Sistema Nervoso Centrale (aree affette: regioni sottocorticali cerebrali, cervello e tronco encefalico), con un deterioramento della sostanza bianca dell’encefalo, dovuta alla distruzione delle guaine mieliniche, a causa di un accumulo dei prodotti di degradazione della mielina.

La forma classica della Pelizaeus-Merzbacher è legata al cromosoma X e colpisce solo i maschi. Le manifestazioni cliniche compaiono nella I Infanzia, con sintomi che comprendono segni cerebellari, spasticità, tremore del capo, instabilità, contratture muscolari, ipostenia, demenza, atrofia ottica, nistagmo oculare e, a volte, deformità scheletriche e crisi epilettiche.
La forma acuta infantile è trasmessa in modo autosomico recessivo, avviene nelle prime settimane di vita con sintomi di ipostenia e spasticità, e colpisce entrambi i sessi.
La forma a esordio adulto, con tratto autosomico dominante, presenta sintomi tra i 30-40 anni (in genere lentamente progressivi), che vengono spesso confusi con la Sclerosi Multipla: atassia, spasticità, ipereflessia, ipostenia degli arti e perdite delle capacità acquisite. Colpisce entrambi i sessi.
Il gene responsabile della Pelizaeus-Merzbacher è stato isolato e localizzato sul braccio lungo del cromosoma Xq22. E’ possibile la consulenza genetica, la diagnosi biochimica, la diagnosi prenatale e l’individuazione del portatore.
Una forma clinicamente più lieve e’ caratterizzata da spasticità agli arti inferiori e normalità cognitiva (cioè intelligenza normale).

Trattamenti
Attualmente non ci sono cure. La terapia è sintomatica e di supporto. La consulenza genetica è indispensabile per le famiglie con pazienti affetti.


LEUCODISTROFIA DI CANAVAN


La leucodistrofia di Canavan è una malattia ereditaria autosomica recessiva.
Il disordine è causato da un'alterazione dell'aspartilacilasi, un enzima che degrada l'acido N-acetil aspartico con conseguente accumulo ed effetto nocivo. Ciò porta ad un deterioramento mentale progressivo con rigidità muscolare, scarso controllo del capo, megalencefalia, con aumentato volume del cervello, paralisi, perdita dell'udito e cecità.
C'è un'alta incidenza di questa malattia tra gli ebrei Ashkenazi, per cui sarebbe importante fare per questo gruppo etnico un esame del sangue che identifichi i portatori del gene difettoso.

Prognosi
I sintomi compaiono intorno ai 6 mesi di età e progrediscono rapidamente fino alla morte intorno ai 4 anni.

Trattamenti
La terapia è sintomatica e di supporto.
Attualmente, ci sono risultati promettenti con una terapia genica in studio con la dott.ssa Paola Leone. In paerticolare, la dott.ssa Paola Leone, della Robert Wood Johnson Medical School del New Jersey, ha sperimentato una terapia genica per il morbo di Canavan. Si è osservato un miglioramento dell’immagine della risonanza magnetica ed una diminuzione dell’n-acetile aspartato, il metabolica tossico che si accumula nel morbo di Caravan. Naturalmente, per ottenere risultati migliori, bisogna iniziare il trattamento il prima possibile.


LEUCODISTROFIA METACROMATICA

La leucodistrofia metacromatica è una malattia ereditaria a trasmissione autosomica recessiva.
E' caratterizzata dal deficit dell'enzima arilsulfatasi A, un enzima che degrada un gruppo di lipidi (sulfatidi) della mielina, con conseguente accumulo di tali sostanze tossiche. Ciò determina cecità, convulsioni, disturbi motori, demenza e perdita della mielina nel SNC.
E' la più frequente tra le malattie leucodistrofiche.
I primi sintomi sono una diminuzione della memoria e problemi posturali.

Prognosi
La prognosi è variabile in base all'età di insorgenza della malattia. Infatti, la forma infantile che insorge tra i 12 e i 18 mesi di vita, è la forma a decorso più rapido. La forma giovanile che insorge tra i 4 e i 12 anni ha un decorso più lento. C'è poi una forma adulta, che inizia dopo i 16 anni, con disturbi psichiatrici fino alla demenza.

Trattamenti
Per forme lievi e iniziali è stato sperimentalmente eseguito il trapianto di midollo osseo. Ci sono studi in corso per una possibile terapia genica.


MALATTIA DI ALEXANDER

L'Alexander è una rara malattia genetica, trasmessa in modo autosomico recessivo, caratterizzata da una degenerazione della materia bianca del Sistema Nervoso Centrale (SNC). Istologicamente, la distruzione della guaina mielinica è accompagnata da depositi di proteine fibrose chiamate Rosenthal. E' causata da mutazioni del gene per la GFAP (proteina gliale fibrillare acidica).
I primi sintomi compaiono tra i sei mesi e i due anni di vita e includono ritardo mentale, spasticità, tremori, crisi epilettiche.
Si distinguono anche una forma giovanile ed una adulta, con progressione più lenta, e clinicamente simili alla sclerosi multipla.

Prognosi
La prognosi è scarsa. Generalmente nella forma infantile non si arriva ai sei anni di vita. Le forme ad esordio tardivo hanno una progressione molto più lenta.

Trattamenti
Non ci sono trattamenti curativi. La terapia è sintomatica e di supporto.


ADRENOLEUCODISTROFIA

L'Adrenoleucodistrofia (ALD) è una malattia ereditaria legata al cromosoma X), con progressiva demielinizzazione cerebrale e atrofia delle ghiandole surrenali.
E' caratterizzata da una diminuita capacità di degradare acidi grassi a catena molto lunga (VLCFA) con conseguente accumulo nel plasma e nei tessuti. Ciò porta ad una demielinizzazione progressiva. I sintomi sono iperattività, instabilità dell'umore, diminuzione della vista e dell'udito, convulsioni.
La malattia può manifestarsi fenotipicamente in modo molto variabile anche all'interno di una stessa famiglia.
Sono colpite tutte le razze, con un'incidenza stimata 1:20.000 - 1:25.000 maschi.

Prognosi
Si distinguono forme differenti con caratteristiche cliniche diverse che si manifestano con un decorso a prognosi variabile.
- ALD Infantile (la più comune con 80% dei casi), ad esordio tra i 4 egli 8 anni. Progredisce rapidamente fino allo stato vegetativo e morte.
- ALD Adolescenziale, a progressione più lenta, insorge prima dei 20 anni.
- AMN (Adrenomieloneuropatia), ad insorgenza tra i 21 e i 35 anni, in cui sono coinvolti principalmente il midollo spinale e il nervo periferico (in genere non sono coinvolte le ghiandole surrenali). Progredisce lentamente con incontinenza, impotenza, spasticità degli arti inferiori, qualche volta demenza.
- Addison only, con iposurrenalismo, senza alterazioni neurologiche.
Queste forme colpiscono solo i maschi.
Infine, esiste una variante a trasmissione autosomica recessiva, la LD Neonatale, che colpisce entrambi i sessi.

Trattamenti
Quando c'è insufficienza surrenalica, si attua terapia sostitutiva.
Ci sono studi in corso che stanno dimostrando l'efficacia dell'"olio di Lorenzo" (olio glicerol-trioleato e glicerol-trierucato) nel normalizzare i livelli di VLCFA, anche se non porta ad una regressione dei sintomi neurologici.
In casi lievi e precoci, è stato eseguito il trapianto di midollo osseo.
Sono in corso sperimentazioni sulla levostatina (una sostanza che abbassa le concentrazioni di colesterolo).
Anche per questa malattia sono in corso studi di terapia genica.


SINDROME DI REFSUM

E' una malattia ereditaria autosomica recessiva, caratterizzata da accumulo di acido fitanico nel plasma e nei tessuti, per un disordine del metabolismo dei lipidi.
I sintomi includono retinite pigmentosa e nistagmo (movimento involontario e rapido degli occhi), ipotonia, epatomegalia (ingrossamento del fegato), ipocolesterolemia (diminuzione del colesterolo nel sangue), elevato contenuto di proteine nel liquido cefalorachidiano, e dimorfismi facciali (anormalità nella forma e nella struttura del viso).

Prognosi
L'età d'inizio dei sintomi è variabile dalla prima infanzia al 5° decennio di vita. La prognosi della forma infantile è scarsa.

Trattamenti
Si può togliere dalla dieta l'acido fitanico. Gli effetti si evidenziano dopo lungo tempo e comprendono l'interruzione della progressione dei sintomi neurologici e la scomparsa dell'ittiosi.
La plasmaferesi sembra efficace nel trattamento dei sintomi neurologici e può essere associata alla dieta. Anche per questa malattia sono in corso studi di terapia genica.


SINDROME DI ZELLWEGER

E' una rara malattia genetica a carattere autosomico recessivo caratterizzata dall'assenza di perossisomi (organelli cellulari che distruggono le sostanze tossiche dell'organismo) nel cervello, fegato e reni.
Caratteristiche tipiche della malattia includono fegato ingrossato, alti livelli di ferro e rame nel sangue.
I sintomi comprendono tratti grossolani della faccia, ipotonia, difficoltà di alimentazione, convulsioni, problemi cardiaci, epatomegalia, emorragie gastroenteriche.

Prognosi
La prognosi è scarsa. La morte avviene entro il primo anno di vita, causata soprattutto da complicazioni respiratorie e problemi gastroenterici.

Trattamenti
Non esistono cure. Il trattamento è sintomatico e di supporto.


LEUCODISTROFIA DI KRABBE

E' una rara malattia ereditaria autosomica recessiva, degenerativa, metabolica, con un disordine del sistema nervoso centrale e periferico. Tale disordine è causato da un deficit enzimatico (galattosilcerebrosidasi), per cui si accumulano dei metabolici tossici; in particolare, lo sfingolipide galattosilcerebroside e la psicosina. Tali sostanze si accumulano nella sostanza bianca cerebrale, causando una demielinizzazione. Il quadro clinico include ritardo mentale, paralisi, cecità, sordità, paralisi pseudobulbare e morte.

Prognosi
L'inizio dei sintomi, nel 90% dei casi, avviene fra i tre e i sei mesi di età (forma infantile). E' stata identificata una forma più tardiva con un esordio fra i sei e i diciotto mesi. La forma di tipo giovanile è più rara, con un esordio intorno ai 13 anni.
I primi sintomi sono: irritabilità e ipercettibilità. Possono esistere anche episodi di vomito e parziale perdita di coscienza. A questi, seguono: contratture spastiche dell'estremità inferiore, disfalgia , deterioramento mentale, atrofia ottica e in alcuni casi sordità.
Nella forma infantile, la morte avviene nel secondo, terzo anno di vita.

Trattamento
Il trattamento è sintomatico, è possibile la diagnosi prenatale. Il trapianto di midollo è una possibile terapia per casi lievi e precoci. Sono in corso degli studi per una possibile terapia genica.



FONTI: www.intellisystem.it, lastoriadichristian.wordpress, progettomielina.it

sabato 23 luglio 2011

Tutti insieme al piccolo Christian


Ciao a tutti i lettori,

Il mio nome è Christian, sono nato a Senigallia, e sono un bambino disabile.
Non parlo, non sono in grado di stare seduto autonomamente e di camminare. Nonostante tutto ciò, sono molto felice, perchè ho dei genitori meravigliosi, mamma Emily e papà Sergio, che mi trasmettono tanto amore, gioia, forza e serenità, gli elementi giusti per poter affrontare questa lunga e dura lotta.
Ora vi racconto la mia SPECIALE storia, un pò lunga, ma ricca di AMORE.
La mia mamma quando è rimasta incinta, ha fatto una sorpresa al mio papà, entrambi erano emozionati e gioiosi per la bella notizia; trascorsero 9 mesi e poi il 13 Gennaio 2005 decisi di farmi conoscere da loro.
Inizialmente, dopo essere nato, le mie condizioni sembravano perfette, ma al quinto mese di vita sono apparsi sintomi strani: il collo ciondolante, il tronco poco stabile e le manine spesso chiuse. Tutto ciò sembrò un pò strano ai miei genitori, preoccupati, chiesero alla prima pediatra se fosse normale, lei ci rispose di si, così mamma e papà sospettosi di ciò, decisero di cambiarla; difatti il successivo pediatra mi visitò e notò qualche stranezza, così mi prescrisse esami particolari e noiosi e anche un ricovero in ospedale. Da qui iniziò il nostro calvario, insieme alla mia mamma andammo all’ospedale regionale e dopo una settimana uscimmo senza una diagnosi precisa; i dottori furono molto scettici e sospettarono che si trattasse di Paralisi Cerebrale Infantile.
Altri dottori mi fecero accertamenti, visite specialistiche con esami, analisi, risonanze in diversi ospedali italiani e la diagnosi fu sempre la stessa. L’unico consiglio fu di farmi eseguire tanta fisioterapia, consigliandoci il centro di riabilitazione situato nelle nostre vicinanze.
La mia mamma e il mio papà dopo 2 anni di frequenza in questo centro, stanchi della superficialità e delusi dai miei pochi miglioramenti decisero di provare con la medicina alternativa, precisamente l’osteopatia. Vedendo i primi risultati in me, i miei cari genitori decisero di provare all’estero in quanto in Italia l’osteopatia, purtroppo, è poco riconosciuta e apprezzata.

All’età di 3 anni, andammo in California a San Diego, per 1 mese di prova da una luminare dell’osteopatia, la D.ssa Viola Frymann, molto anziana, difatti era soprannominata dai miei genitori “nonnina”. BEH’… è stata una buona idea, poiché ho potuto percepire ulteriori miglioramenti e fui contento di ciò.
Il mese di permanenza finì, così tornammo di nuovo a casa, ma i miei genitori determinati e innamorati di me continuarono a portarmi da bravi osteopati con la promessa di ritornare a San Diego.

Nonostante avessi avuto dei risultati con questa tecnica, la mia mamma e il mio papà insoddisfatti della diagnosi data dai dottori in Italia, decisero tramite i miei zii residenti in Canada di recarci a Toronto in un ottimo ospedale, il “Sick Children”, qui mi visitarono con attenzione ed ebbero subito dei sospetti, così per essere sicuri mi eseguirono un prelievo del sangue per esaminare il mio Dna.
Nell’attesa della risposta mamma e papà mantennero la promessa, con notevoli sacrifici e grazie alla solidarietà della gente potemmo realizzare di nuovo il viaggio della speranza e cioè ritornare a San Diego ed eseguire trattamenti con l’intera equipe della D.ssa Frymann avendo ancora risultati positivi.

Fummo tutti molto entusiasti poiché riuscivo a muovermi meglio, a vedere dei bagliori di luce nella mia crescita. I miei genitori seguivano qualsiasi consiglio dei dottori alla perfezione occupandosi di me a 360 gradi. Dopo 4 mesi purtroppo arrivò una spiacevole notizia da Toronto e cioè che non si trattava di Paralisi Cerebrale Infantile come diagnosticato nei vari ospedali italiani, ma bensì di una leucodistrofia (malattia genetica demielinizzante), il nome preciso è Malattia di Pelizaeus-Merzbacher ed il mio caso specifico è rarissimo.

I miei genitori distrutti e tristi della notizia non si arresero, anzi in seguito si attivarono per cercare di conoscere ricercatori specializzati nel settore genetico i quali ci indicarono dei bravi medici in Italia, consigliandoci di tornare in quanto allo stato attuale non ci sono cure in nessuna parte del mondo e di procedere con le stimolazioni e trattamenti di vario genere.
Noi comunque ci affidiamo a Dio e alla ricerca sulle cellule staminali con la speranza che prima o poi trovino una cura. Al nostro ritorno in Italia a fine Marzo 2009 ci recammo da un bravissimo neurologo di Roma che è rimasto senza parole nell’apprendere la nostra odissea, poichè attraverso le risonanze magnetiche che mi erano state fatte precedentemente, si vedeva benissimo la carenza di mielina nel cervello e di conseguenza diagnosticare questa malattia.

Da inizio Gennaio 2010 non sono più seguito dal centro riabilitativo, ma solo da terapisti di vario genere nelle vicinanze a pagamento. Oltre al mio disagio i miei genitori hanno perso anche il lavoro (fortunatamente recuperato da mamma Emily a Gennaio 2010), per colpa dell’ignoranza dei vari dottori in Italia che non hanno saputo riconoscere la malattia attraverso le risonanze eseguite precedentemente al viaggio in America. A marzo 2010, uno dei ricercatori conosciuti a San Diego, ci ha contattato dicendoci che a San Francisco stavano sperimentando una possibile cura proprio per la mia malattia http://neonatology.ucsf.edu/nbri/pmd-trial/ e così i miei genitori decisero di provare a farmi entrare in questa sperimentazione e dopo aver ricevuto altro aiuto attraverso la solidarietà, a settembre 2010 partì con mamma e papà con destinazione San Diego dove nell’attesa di una chiamata da San Francisco, continuavo a fare le terapie con l’equipe della “nonnina” D.ssa Frymann. Purtroppo da San Francisco ricevetti una brutta notizia e cioè quella di non poter entrare nella sperimentazione perchè prima di potermi dire se ero idoneo o no attraverso molteplici esami, avrei compiuto 6 anni e la sperimentazione andava dai 0 ai 5 anni. Fu un brutto momento, ma i medici ci dissero che in caso di successo in questa prima fase sperimentale, avrebbero cercato nel tempo di inserire i bambini più grandi e quindi che ero in lista per un eventuale chiamata. Così mamma e papà decisero di rientrare in Italia per capodanno 2011.
Al nostro rientro mamma ricominciò a lavorare, ma a fine maggio 2011, abbandonò il suo posto di lavoro per problemi di salute e per occuparsi a tempo pieno di me.
Fortunatamente, l’azienda dove lavorava mamma, comprendendo la nostra particolare situazione, ha assunto papà, disoccupato da 3 anni a luglio 2011, consentendoci comunque l’entrata di uno stipendio. Nonostante ciò, i miei genitori, hanno deciso di mettere in vendita la casa perchè con solo uno stipendio part-time è impossibile poter pensare di continuare a pagare un mutuo e vista la crisi senza fine di questa nazione, (nessuno sembra interessato a comprarla) attualmente le nostre condizioni sono in bilico. In conclusione, per certo, sono convinto che finora la mia vita è stata tormentata dalla presenza continua di dottori, analisi, aghi, macchine, esami, ma grazie alla tenacia dei miei genitori, tutti e tre abbiamo raggiunto un obbiettivo e continueremo in futuro a cercare di raggiungere altri traguardi.


Chi volesse aiutarci e sostenerci economicamente potrà farlo tramite:

BONIFICO BANCARIO intestato a CIALONA SERGIO IGNAZIO e IAVASILE EMILY;
CODICE IBAN: IT 84 F 05308 37320 000000011154.

Dall’Estero:

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Grazie di cuore a tutti voi.


FONTE e SITO: http://lastoriadichristian.wordpress.com/


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Bella anche se dolorosa la storia del piccolo Christian, affetto dalla rarissima Leucodistrofia di Pelizaeus-Merzbacher. Invito tutte le persone che ne avessero la possibilità, ad aiutare Sergio ed Emily con un offerta o partecipando agli eventi benefici che vengono organizzati a favore di Christian (vedi pagine Facebook) per permettergli di intraprendere quelle cure di cui ha tanto bisogno. La sua splendida famiglia sta veramente facendo i miracoli per dare al loro piccolo un futuro migliore e anche noi, nel nostro piccolo, possiamo aiutarli donando, partecipando e divulgando.
Non perdiamo l'occasione per fare del Bene... e questa è certamente una di queste occasioni.


Marco

venerdì 22 luglio 2011

Parma non ha bisogno di un inceneritore

Lo afferma van Gansewinkel, uno dei 5 players europei dei rifiuti

Frans Beckers, responsabile del settore Materiali, Ricerca e Infrastrutture di VGW, era stato ospite a Parma al convegno, organizzato da Gcr all'interno della Festa dell'Europa, dal titolo “L'Alternativa: un'Europa a rifiuti zero”, assieme all'altro relatore della serata, l'ingegner Massimo Cerani.

Era così stato possibile ascoltare direttamente dai protagonisti la strategia condotta da un grande gruppo europeo che ha deciso, già dal 2007, di investire sul recupero dei materiali invece che sul loro smaltimento e immissione in discarica o in fornace.
Nel corso del soggiorno parmigiano Frans Beckers aveva anche potuto incontrare tutti gli attori della gestione dei rifiuti di Parma: dal comune a Iren, ai riciclatori di carta, plastica, metalli.
Uno sguardo di insieme che ha visto il focus concentrato sulla possibilità e/o opportunità di far adottare anche a Parma il modello olandese e considerare sulla base di dati certi, se la soluzione di costruire un inceneritore sul nostro territorio sia davvero l'unica strada possibile.
La van Gansewinkel ha fatto i suoi conti ed in questi giorni è giunto il verdetto: con le quantità di scarti prodotte dal nostro territorio, non c'è bisogno di costruire nulla, ma semplicemente ottimizzare quello che c'è.
In questa ottica per Parma rivoluzionaria Frans Beckers ha invitato in questi giorni ufficialmente il sindaco Vignali e Iren ad una visita di studio e di confronto in Olanda, presso la sede della sua azienda.
Tema della trasferta il discutere con la multiutility italiana e con il comune che produce la metà degli scarti del nostro territorio, in merito alla soluzione alternativa al forno di Ugozzolo, incluso il percorso di dismissione e collocamento dei macchinari già montati nel costruendo inceneritore.
VGW ha elaborato uno scenario che prevede il suo porsi come figura di consulente ed accompagnatore di una nuova strada nella gestione dei rifiuti da parte di Parma, come loro stessi hanno intrapreso con successo oltre 4 anni fa.
Il masterplan include la riflessione sullo stato attuale dei lavori e sulle vie d'uscita che ci possono essere in questo momento per non mettere in difficoltà i territori ne con una gestione emergenziale ne con problemi di tipo economico.
Ma l'importante affermazione è che per VGW non c'è la necessità di costruire alcun inceneritore a Parma, visto che in Europa vi è una sovra capacità di incenerimento rispetto ai materiali disponibili.
E questa conclusione la trae una azienda che si colloca i vertici europei del trattamento dei materiali di scarto ed è tuttora azienda leader nei Paesi Bassi.
Il giudizio insomma di un esperto ai massimi livelli, difficile da indicare come sognatore, fenomeno di nicchia, anticipatori di tempi non odierni, spacciatore di bufale.
Questa presa d'atto di un osservatore esterno alla realtà di Parma dovrebbe far riflettere i nostri amministratori in modo serio ed approfondito.
Siamo certi che l'invito a verificare con serietà una ipotesi alternativa di gestione dei rifiuti verrà presa da Iren e dal comune di Parma in massima considerazione e che la Provincia non potrà a questo punto rifugiarsi nelle solite giustificazioni per bollare l'ennesimo spiraglio.
Difficile dare del dilettante a van Gansewinkel.

Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse di Parma - GCR

Parma, 21 luglio 2011


FONTE: ambienteparma.blogspot
http://ambienteparma.blogspot.com/2011/07/parma-non-ha-bisogno-di-un-inceneritore.html


Quello dell'inceneritore di Parma è un argomento che mi tocca molto da vicino e per il quale mi auguro di tutto cuore che il buon senso prevalga su ogni interesse di tipo economico; e per "buon senso" mi riferisco al fatto che tale inceneritore non venga MAI realizzato, per il bene di migliaia di persone.
"Parma non ha bisogno di un inceneritore", lo ha detto anche la van Gansewinkel, e credo che il suo parere sia particolarmente autorevole. In verità nessuna città ha più bisogno degli inceneritori, che portano solamente tanto inquinamento e malattie, perchè al giorno d'oggi esistono dei procedimenti, attraverso trattamenti di estrusione a freddo, che trasformano quella parte ancora recuperabile dell'indifferenziato in preziosa sabbia sintetica, col quale si possono fare una moltitudine di cose. L'incenerimento è una pratica superata, obsoleta, e sopratutto DANNOSA, che non ha più ragione di esistere. Veramente mi auguro che questo il comune di Parma, la Provincia e la Regione lo capiscano e che i lavori di costruzione dell'inceneritore non riprendano MAI.

Marco

giovedì 21 luglio 2011

Greenpeace denuncia: il tessile cinese avvelena il Fiume Azzurro

L'associazione ecologista invita le aziende occidentali a imporre «l'eliminazione dell'uso delle sostanze pericolose»

MILANO - I fornitori di importanti multinazionali occidentali sono i principali inquinatori del Fiume Azzurro e del Fiume delle Perle, due dei più grandi corsi d'acqua che attraversano la Cina. La denuncia arriva da Greenpeace che per oltre un anno ha analizzato le acque degli affluenti e in essa avrebbe riscontrato la presenza di diversi agenti chimici altamente tossici proibiti sia Europa sia negli Stati Uniti. L'associazione ecologista nel rapporto intitolato Dirty Laundry: Unravelling the corporate connections to industrial water pollution in China (Panni sporchi. Il segreto tossico dietro l'industria tessile) accusa il Textile Complex di Youngor e il Well Dying Factory Ltd di Hong Kong, due complessi industriali cinesi del tessile, di scaricare nei corsi d'acqua sostanze velenose e svela il legame commerciale che unisce i due impianti con celebri brand sportivi e dell'abbigliamento occidentali come Nike, Adidas, Puma, Converse, Calvin Klein, Lacoste e Abercrombie & Fitch.

LA RICERCA - I risultati presentati da Greenpeace dimostrano «un inquinamento diffuso di questi fiumi da alchilfenoli e composti perfluorurati», sostanze che possono alterare il sistema ormonale. Inoltre nelle acque è stata riscontrata «la presenza di altri tipi di contaminanti pericolosi per l'ecosistema e per la salute umana fra cui metalli pesanti come cromo, rame e nichel e composti organici volatili quali il dicloroetano, il tricloroetano (cloroformio) e il tetracloroetano». I due fiumi forniscono acqua potabile a milioni di cinesi (solo il Fiume Azzurro è la principale risorsa idrica per 20 milioni di cittadini) e la presenza di questi veleni è altamente dannosa per la salute di tantissime persone.

DIVIETI - Greenpeace dichiara che molte multinazionali considerate «leader della sostenibilità» in Occidente, non si preoccupano di come sono realizzati i loro prodotti a livello locale e sebbene abbiano identificato una lista di composti prioritari pericolosi esse le limitano solo nei loro prodotti finiti. Alla fine del rapporto l'associazione ecologista invita le multinazionali a esercitare la propria influenza economica e chiede di imporre ai due complessi industriali cinesi «l'eliminazione dell'uso delle sostanze pericolose» come già avviene nei paesi occidentali.

REPLICA - A poche ore dalla pubblicazione del rapporto multinazionali citate nello studio hanno replicato: «La possibilità che vi siano alte concentrazioni di prodotti chimici è davvero bassa», è scritto nel comunicato Adidas. Mentre Nike, dopo aver confermato di acquistare prodotti dai complessi tessili, nega che i suoi fornitori orientali utilizzino sostanze inquinanti. Da parte sua Greenpeace che già l'anno scorso aveva denunciato il disastroso inquinamento del Fiume Azzurro e la presenza di pesce tossico nelle sue acque, condanna l'atteggiamento poco collaborativo delle multinazionali occidentali. «Nessuna delle grandi aziende citate nel nostro rapporto ha una politica chiara e trasparente che impone ai propri fornitori l'eliminazione dell'uso di questi agenti chimici pericolosi - dichiara Li Yifang, la ricercatrice dell'associazione ecologista che ha guidato la ricerca - Queste multinazionali fanno grandi affari con gli inquinatori. Non le accusiamo certamente di essere il diavolo, ma senza il loro intervento, i complessi tessili cinesi continueranno a scaricare nei fiumi orientali sostante inquinanti e tossiche».

Francesco Tortora

13 luglio 2011


FONTE: corriere.it
http://www.corriere.it/ambiente/11_luglio_13/tortora-greenpeace-fiumi-cinesi_56544088-ad43-11e0-83b2-951b61194bdf.shtml


Classico esempio di inquinamento ambientale causato dall'uso indiscriminato di sostanze chimiche per scopi commerciali. La cosa brutta è che i "mandanti" di questo inquinamento fluviale sono delle grandi multinazionali occidentali come Nike, Adidas, Puma e altre ancora. Che poi non siano loro direttamente a causare questo inquinamento, ma complessi industriali locali a cui queste multinazionali si rivolgono, cambia poco.... alla fine l'effetto è lo stesso. Se queste multinazionali che si considerano "leader della sostenibilità" tengono veramente a mantenere questa etichetta ecologista (che, probabilmente, si sono date da sole), allora devono vegliare sull'operato delle ditte a cui esse si rivolgono, per fare in modo che non accadano cose come queste, denunciate prontamente da greenpeace.
Se si vuole veramente fare le cose nel rispetto dell'ambiente e della salute pubblica, bisogna farlo a tutti i livelli, dall'estrazione delle materie prime al prodotto finito, senza "saltare" nessun passaggio. Questo è quello che si deve fare.... diversamente sono solo chiacchiere e nient'altro.


Marco

sabato 16 luglio 2011

I veleni di Furtei, il Klondike sardo

Oggi dell'Eldorado sardo sono rimasti una collina sventrata e un lago di cianuro. Più quarantuno minatori in mobilità e oltre quattro milioni e mezzo di euro messi sul piatto dalla Regione per tamponare il disastro ambientale. Che non basteranno: secondo le previsioni ne serviranno almeno trenta, di milioni, per evitare che l'acqua contaminata finisca nelle falde del Campidano.

L'allarme è già scattato circa un anno fa, quando una pompa di rilancio si era bloccata e sono stati proprio gli operai in cassa integrazione – che da volontari hanno continuato a vegliare la miniera – ad intervenire per evitare che la diga tracimasse, avvelenando i campi. Loro soli, perché i manager della società mineraria, primi gli australiani della Sardinia Gold Mining, poi i canadesi della Buffalo Gold, erano fuggiti a gambe levate dichiarando fallimento e lasciando in eredità all' isola una bomba a orologeria difficile da disinnescare.

Ma quella della miniera di Santu Miali, a Furtei, non è la storia di un Klondike abortito. È la cronaca di una morte annunciata che vede comparire, insieme ad anonime sigle di investitori stranieri, anche nomi di primo piano della politica locale. Come Ugo Cappellacci, che fra il 2001 e il 2003, quando era ancora un semplice commercialista cagliaritano, fu nominato presidente della Sardinia Gold Mining, la società per azioni concessionaria della miniera. O Giampiero Pinna, ex Ds passato ai Verdi, che da presidente della Progemisa, il braccio operativo dell'Ente Minerario Sardo, sostenne con entusiasmo il miraggio aureo in Sardegna. E' la storia di uno sfregio paesaggistico, di una rapina ambientale e di una speculazione sapientemente architettata in cui sono cascati in molti ed in pochi, invece, hanno fatto affari. A rivelarlo è Giuseppe Pipino, geologo a cui sul finire degli anni Ottanta l'Agip miniere chiese di effettuare uno studio per verificare se in Sardegna fosse presente l'oro.

«Io indicai che sì, l'oro c'era, ma in quantità così scarsa da risultare un investimento antieconomico». Perché allora si procedette comunque con l'estrazione? «Per speculazione – spiega Pipino –. Funziona così: la società mineraria lancia la notizia di aver scoperto un giacimento redditizio, si quota in borsa ed attira i capitali dei piccoli, ingenui investitori: nel caso di Santu Miali, abboccarono molti emigrati sardi in Australia. In realtà i ricavi andavano a coprire nient'altro che i lauti stipendi dei manager, più le spese di gestione, con una buona iniezione di soldi pubblici». Soldi arrivati principalmente tramite la legge 221 del 90, finalizzata a sostenere lo start up nelle regioni in difficoltà economica (dalla relazione annuale del 2000 della Sgm risultano 7,6 miliardi di vecchie lire) e tramite la 752 del 1982, per promuovere la ricerca dell'oro a Furtei (2,9 miliardi di lire) e a Osilo (2,5 miliardi), dove il progetto non passerà anche per il successivo veto della giunta Soru.

Tutto legale, intendiamoci. «Ma affari veri non ne sono stati fatti – spiega Pipino – era una macchina che alimentava se stessa». Per essere redditizia, la coltivazione dell'oro sarebbe dovuta durare due o al massimo tre anni: «I piani iniziali – conferma l'ex direttore dei lavori Sandro Broi – prevedevano 42 mesi di lavoro». Oltre, l'operazione diventava eccessivamente costosa. Ma allungare i tempi, secondo il geologo permetteva di continuare a fare speculazione in borsa. Infatti il gruppo australiano aveva nel frattempo tentato di rastrellare soldi sulla piazza di Londra, senza successo, per poi approdare a quella di Vancouver, in Canada, intossicata da centinaia di piccole società minerarie che promettono nuovi Klondike. E quando il vero giacimento - i soldi pubblici - si è esaurito, i cercatori d'oro stranieri hanno abbandonato Santu Miali. Il ripristino del territorio, 510 ettari fra Furtei, Serrenti e Segariu, di cui 75 seriamente compromessi, è rimasto a carico dell'unico azionista che non poteva fuggire all'estero: la Regione Sardegna. Con solo il 10 per cento delle quote, l'ente pubblico è oggi l'unico sopravvissuto alla partita che si dovrà accollare gli oneri della bonifica.

«In oltre dieci anni di attività della miniera, che ha partorito il suo primo lingotto nel '97, sono state estratte sei tonnellate e mezzo di oro, 22 mila tonnellate di rame e 6.000 chili d'argento» fa il conto Broi. In compenso, sono stati erosi almeno due milioni di tonnellate di roccia, macinata, passata nel cianuro e trattata con lo zinco per ottenere il precipitato d'oro. Gli sterili, ovvero i materiali che non contenevano preziosi, sono stati venduti alle aziende impegnate nel nuovo tracciato della statale 131. Con il sospetto che anche l'arsenico sia finito nell'asfalto. La società australiana ha così ottenuto il diritto a sventrare una montagna e realizzare un invaso al cianuro guadagnandoci sopra almeno 10 milioni di euro e versando, di contro, alla Regione Sardegna la simbolica cifra di 20.000 euro annui e neanche un soldo ai Comuni della zona, quelli che stanno vivendo sulla propria pelle i costi ambientali dell'operazione.

Peccato che a pagare la bonifica, ora che gli investitori stranieri si sono volatilizzati, saranno i contribuenti sardi: dal palazzo di via Roma sono già stati stanziati 4 milioni e mezzo, con cui l'Igea (Interventi geoambientali), società in house della Regione, ha messo in piedi il piano di caratterizzazione, approvato pochi giorni fa dall'Assessorato all'Ambiente. Quanto ai minatori, passati dai settanta degli anni d'oro ai quarantuno attuali, hanno dovuto condurre una piccola, epica battaglia insieme alle istituzioni locali per far sì che la loro storia e quella di Santu Miali non fossero dimenticati: «Abbiamo occupato la Regione e presidiato la miniera per oltre due mesi» racconta Emanuele Madeddu, rappresentante rsu, una delle anime della lotta operaia. Ora, dopo aver concluso i corsi di riqualificazione, saranno loro a doversi occupare della bonifica, sotterrando il sogno del Klondike sardo.

11 luglio 2011

di Paola Medde


Triste esempio di speculazione economica legalizzata che ha portato come conseguenza un disastro ambientale difficilmente recuperabile, se non a costo di ingentissime cifre. Ora tocchera proprio alla Regione Sarda, che ha incautamente partecipato a questo malaffare, a doversi accollare l'onere della bonifica ambientale al costo di molti milioni di euro.
Questo è il classico esempio di come la speculazione e l'interesse economico incontrollato porta solamente a nefaste conseguenze, e a doverci rimettere saranno sopratutto le popolazioni del luogo che rischiano seriamente di trovarsi con le falde acquifere inquinate dall'acqua contaminata del luogo causa i lavori di estrazione.
Onore e merito invece agli ex minatori sardi che, vegliando sulla miniera ormai dismessa, hanno evitato un possibile disastro ambientale per la tracimazione di una diga.

Marco

giovedì 14 luglio 2011

Diossine. Che cosa sono?


Le diossine costituiscono un gruppo di prodotti chimici. Il loro nome scientifico è "composti aromatici policlorati" la cui struttura base consta di un anello con quattro atomi di carbonio e due di ossigeno. Non si tratta di composti creati volutamente, le diossine si formano in seguito a processi chimici: fenomeni naturali (come eruzioni vulcaniche, incendi boschivi) o di origine umana (inceneritori, fabbricazione di prodotti chimici, pesticidi, acciaio, pitture, emissioni di gas di scarico…). Per questo le diossine non possono essere "proibite": sono un sottoprodotto indesiderato dell'attività industriale.
I diversi composti che rientrano nella famiglia delle diossine sono circa 210, dei quali 17 presentano rischi per la salute.
La più nota e pericolosa di esse, per contaminazioni ambientali e alimentari, è la 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina, spesso indicata con l'abbreviazione TCDD.

Alcuni tra gli appartenenti a un altro gruppo di prodotti chimici, i PCB (policlorobifenili), sintetizzati per uso industriale, presentano rischi per la salute simili a quelli provocati dalle diossine e sono quindi frequentemente qualificati come "PCB diossinasimili". Il loro uso è stato molto ristretto per legge, ma sono ancora presenti come inquinanti.

Tossicità e cancerogenicità

Le diossine, nel loro insieme sono molecole molto varie a cui appartengono composti cancerogeni. A esse vengono ascritti composti estremamente tossici per l'uomo e gli animali, arrivando a livelli di tossicità valutabili in ng/kg, sono tra i più potenti veleni conosciuti.
Viene classificata come sicuramente cancerogena e inserita nel gruppo 1, Cancerogeni per l'uomo dalla IARC, dal 1997 la TCDD.
Anche secondo le norme giuridiche di molti paesi molte diossine sono ormai agenti cancerogeni riconosciuti.

Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare, poco o nulla solubili in acqua (circa 10−4 ppm), ma sono più solubili nei grassi (circa 500 ppm), dove tendono ad accumularsi. Proprio per la loro tendenza ad accumularsi nei tessuti viventi, anche un'esposizione prolungata a livelli minimi può recare danni. Le diossine causano una forma persistente di acne, nota come cloracne; sugli animali hanno effetti cancerogeni e interferiscono con il normale sviluppo fisico.
È stato inoltre dimostrato che l'esposizione alla diossina può provocare l'endometriosi.
Test su animali da laboratorio hanno mostrato un legame tra l'assorbimento di diossine e disturbi della salute come problemi dello sviluppo, disturbi neurologici, problemi dell'apparato riproduttivo (calo del numero di spermatozoi, malformazioni), effetti sul sistema immunitario. Questi effetti possono comparire a livelli di esposizione alla diossina nettamente inferiori a quelli che provocano l'aumento del rischio di tumori.

Fonti di diossine

È dimostrato che i composti della famiglia delle diossine si formano durante la fase iniziale della combustione dei rifiuti, quando la combustione genera HCl gassoso, in presenza di catalizzatori, quali il rame e il ferro. Possiamo ritrovarle in: industrie chimiche, siderurgiche, metallurgiche, industrie del vetro e della ceramica, nel fumo di sigaretta, nelle combustioni di legno e carbone (potature e barbecue, camini e stufe), nella combustione (accidentale o meno) di rifiuti solidi urbani avviati in discarica o domestici, nella combustione di rifiuti speciali obbligatoriamente inceneribili (esempio rifiuti a rischio biologico, ospedalieri) in impianti inadatti, nei fumi delle cremazioni, delle centrali termoelettriche e degli inceneritori.
In questi ultimi, negli ultimi anni l'evoluzione tecnologica ha permesso un abbattimento delle emissioni gassose da queste fonti, ma non l'emissione di pericolose nanoparticelle che possono trasportare diossine in forma non gassosa.
Tuttavia, per quel che riguarda gli aspetti sanitari finali, la stragrande maggioranza degli studi epidemiologici, anche recentissimi, basati su campioni molto vasti di popolazione, rilevano una correlazione tra le patologie diossina-correlate e la presenza di inceneritori nelle aree soggette a indagine; viceversa sono pochi o nulli gli studi che non rilevano correlazioni.
Si conferma che il settore siderurgico di seconda fusione (dove possono essere trattati anche materiali di recupero contaminati), considerando anche gli alti valori assoluti della produzione, è insieme all'incenerimento uno dei massimi responsabili della produzione di diossine, e inoltre che la combustione non controllata di legna, rifiuti e biomasse varie – contrariamente a quanto si può pensare – è molto pericolosa.
L'Unione Europea, in un corposo e dettagliato documento intitolato Inventario europeo delle diossine, stima che il trattamento dei rifiuti (e in particolare l'incenerimento) e il settore industriale (in particolare il siderurgico) sono i massimi responsabili dell'emissione in atmosfera di diossine: «Nonostante i considerevoli sforzi degli ultimi anni per ridurre le emissioni degli inceneritori di rifiuti solidi urbani questo tipo di fonte continua a dominare l'immissione di diossine in atmosfera».

Le emissioni più rilevanti di diossina, tuttavia, non sono quelle in atmosfera ma quelle nel terreno: oltre 35000 g/a contro 20000 al massimo. Su questo versante, i massimi responsabili sono i pesticidi, in fase di produzione ma anche di uso; seguono a una certa distanza i fuochi accidentali, nonché ancora una volta lo smaltimento dei rifiuti. Queste stime sono generalmente molto incerte, per la difficoltà e rarità delle misurazioni su fenomeni assai poco controllati e controllabili; i fuochi accidentali sono in particolare un elemento di estrema incertezza, mentre l'incenerimento è una fonte più studiata e si sa che, come per i pesticidi, l'attenzione che ha attirato e attira sta facendo diminuire le sue emissioni.
Da tenere in conto è anche l'immissione di diossine nelle acque. I dati disponibili sono pochissimi, e relativi solo alla produzione di carta, all'incenerimento e allo smaltimento degli olii usati, le cui emissioni anche nella peggiore delle ipotesi sono però molto inferiori a quelle in aria e terra. Poco si sa invece su pesticidi, settore chimico, fuochi accidentali, discariche di rifiuti, che pure sono stimati essere i massimi responsabili delle emissioni nelle acque.

Le diossine si generano anche in assenza di combustione, ad esempio nella sbiancatura della carta e dei tessuti fatta con cloro e nella produzione di clorofenoli, specie quando la temperatura non è ben controllata.

Diossine e catena alimentare

Mediamente il 90% dell'esposizione umana alla diossina, eccettuate situazioni di esposizione a fonti puntuali (impianti industriali, inceneritori, traffico ecc...), avviene attraverso gli alimenti.
Il suolo costituisce un luogo di accumulo naturale: oltre alle ricadute atmosferiche, le diossine possono accumularsi a causa di fanghi di depurazione, discariche non controllate, erosione da zone contaminate.
Il trasporto atmosferico e la ricaduta sono la principale fonte di inquinamento di verdure a foglia, di pascoli e di foraggio. Le foglie sono poi consumate direttamente dagli animali al pascolo o conservate per produrre fieno o insilati (alimenti per bestiame conservati in appositi silos). L'utilizzo di fanghi come concimanti può in alcuni casi aumentare l'esposizione alla diossina degli animali.
Le diossine si concentrano nei tessuti grassi di bovini, ovini, suini, pollame e frutti di mare. In linea di massima, più è lunga la durata di vita dell'animale, più è facile che le diossine si accumulino nel suo organismo.

Alimenti a rischio

In generale, gli alimenti di origine animale contribuiscono tutti insieme all'80% dell'esposizione umana globale alle diossine. La contaminazione può variare molto a seconda dell'origine degli alimenti. La carne, le uova, il latte e derivati, il pesce di allevamento possono avere livelli di diossina superiori a causa della diossina presente nei mangimi.
La dose di diossina assorbita individualmente varia molto a seconda del tipo di alimentazione seguito. Per esempio una dieta incentrata su un solo tipo di cibo proveniente da zone molto inquinate (come il pesce del Baltico) comporterà un esposizione maggiore di una dieta ricca di cibi di origine vegetale e in generale molto variata.

Come si rilevano le diossine - analisi e questioni collegate

Il problema dell'analisi delle diossine è piuttosto complesso, e meriterebbe un approfondimento separato.
L'elevatissima tossicità porta alla necessità di sensibilità piuttosto elevate, con la risoluzione di livelli dell'ordine del picogrammo (10−12 g o meglio 10−15kg per il sistema internazionale), e dalla processazione in ambienti straordinariamente puliti e controllati (camere bianche o clean room), tenuti costantemente in pressione dell'aria positiva (contenimento dinamico), per evitare contaminazioni. Le tecniche fondamentali si basano principalmente sulla gascromatografia di estratti dei campioni, seguite dalla rilevazione dei composti eluiti con rivelatori di massa (o a cattura di elettroni in casi specifici). Il Reg. (CE) 19/12/2006, n. 1883/2006 stabilisce come metodi strumentali di conferma, quelli in cui sono impiegati gascromatografi ad alta risoluzione accoppiati a spettrometri di massa ad alta risoluzione (HRGS/HRMS).
A livello legale, tali analisi sono normate dal Decreto del Ministero Della Salute del 23 luglio 2003 in recepimento della direttiva Europea 2002/69/CE, del 26 luglio 2002, che stabilisce i metodi di campionamento e d'analisi per il controllo ufficiale di diossine e la determinazione di PCB diossina-simili nei prodotti alimentari.

Disastri ambientali relativi alle diossine, causati dall'uomo

Germania - BASF 1953
Un primo caso largamente reso pubblico avvenne il 17 novembre 1953 negli impianti tedeschi della BASF, a Ludwigshafen, su una linea di produzione di Triclorofenolo. Su quell'episodio si fecero successivi e pionieristici studi epidemiologici

Vietnam - 1961-1975
Sono stati condotti studi sia sui veterani della guerra del Vietnam che sulla popolazione vietnamita per verificare quanto l'esposizione all'Agente Arancio (Agent Orange, un defoliante che produce diossine per combustione e può contenerle se impuro) è stata responsabile di decine di migliaia di nascite di bambini malformati e di disturbi alla salute che hanno riguardato circa un milione di persone.

Italia - Seveso 1976
Grandi quantità di diossine sono state rilasciate nell'aria di Seveso nel 1976 in seguito a un incidente agli impianti della ICMESA di Meda.
Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità sarebbe fuoriuscito un quantitativo elevato ma non definito. Benché non si siano avuti morti per intossicazione acuta, la zona attorno agli impianti è stata evacuata ed è stato necessario rimuovere un consistente strato di suolo dell'area contaminata. Fatto da notare, nell'agosto 1982, gran parte dei residui contaminati prelevati dal sito e diretti alla decontaminazione alla Ciba-Geigy di Basilea scomparvero al confine di Ventimiglia con la Francia, e furono ritrovati solo dopo otto mesi. In molti paesi del mondo la diossina TCDD è nota come diossina di Seveso.
Tra gli studi più recenti, si rileva come ancora a 25 anni di distanza dal disastro, gli effetti, misurati su un campione statisticamente ampio di popolazione, 1772 esposti e altrettanti controlli, siano elevati. Nello studio, in sintesi, la probabilità di avere alterazioni neonatali ormonali conseguenti alla residenza in zona A delle madri è 6.6 volte maggiore che nei controlli. Le alterazioni ormonali vertono sul TSH, la cui alterazione, largamente studiata in epidemiologia ambientale, è causa di deficit fisici e intellettuali durante lo sviluppo

Stati Uniti, Love Canal - 1978
Incidenti simili si sono verificati negli Stati Uniti nella zona delle cascate del Niagara nel 1978.
Nel 1890 veniva creato nei pressi delle cascate un canale artificiale per usi idroelettrici, mai entrato in attività, da William T. Love, e chiamato appunto Love Canal. Dal 1942, il sito venne utilizzato dalla Hooker Chemicals and Plastics (adesso Occidental Chemical Corporation (OCC)) per lo stoccaggio di 21 mila tonnellate di prodotti e rifiuti chimici, compresi clorurati e diossine. L'attività venne interrotta nel 1952, e dal 1953 il sito venne interrato.
La Hooker nel 1953 vendette il canale per $1 al Board of Education (città di Niagara Falls, New York) e scrisse nell'atto un diniego della responsabilità di danni futuri dovuti alla presenza dei prodotti chimici sepolti. La zona si sviluppò, venne estesamente abitata, sorsero scuole e servizi. Problemi di strani odori, anche da stillamenti dai muri degli scantinati delle case, sorsero fin dagli anni '60, aumentarono nel decennio successivo, evidenziandosi anche nell'acqua potabile, contaminata dalla falda freatica inquinata. In seguito avvennero percolazioni fino a portare gli inquinanti nel fiume Niagara, tre miglia sopra i punti di prelievo degli impianti di trattamento acque. Le diossine passarono dalla falda a pozzi e torrenti adiacenti.
Nel 1978 e 1980, il Presidente Jimmy Carter promulgò due emergenze ambientali per la Love Canal area. Circa 950 famiglie furono evacuate da una vasta area circostante. la Federal Emergency Management Agency (FEMA), fu direttamente coinvolta. Problemi vennero evidenziati per tutta l'area (77000 abitanti) servita dal bacino idrico.
Nel rapporto federale del novembre 1979 si indica che le probabilità di contrarre il cancro da parte dei residenti è di 1/10. Sono stati numerosi i danni teratologici. Il 17 maggio 1980 EPA annuncia danni cromosomici a 1/3 dei soggetti esaminati.

Stati Uniti, Times Beach, Missouri 1971 - 1983
Per contenere problemi di polverosità dei 38 km di strade che la collegano, e a scarso di fondi, la città di Times Beach conferì al trasportatore di reflui Russell Bliss l'incarico di ungerle nel 1971. Dal 1972 al 1976, vennero spruzzate con olii di rifiuto. Russell Bliss si aggiudicò contemporaneamente un contratto con Northeastern Pharmaceutical and Chemical Company (NEPACCO), operante nella produzione di esaclorofene a Verona, Missouri per il ritiro di olii minerali di scarto. Parte dell'industria aveva contribuito alla produzione di Agent Orange durante la guerra del Vietnam.
I problemi iniziarono con una moria di 62 cavalli dopo un trattamento con olio nei pressi di una scuderia. In seguito il problema si estese enormemente, con vaste contaminazioni territoriali, rilevando tassi nel terreno 100 volte superiori ai limiti. Nel 1982 un'inondazione allagò l'area disperdendo i clorurati su di un vasto territorio. Nel 1985 si è arrivati a una evacuazione pressoché totale della città, con la rimozione di oltre 250.000 tonnellate di terreno.

Italia - Taranto, Il caso Ilva
In Italia desta preoccupazione l'emissione di diossina dell'impianto di agglomerazione dell'Ilva di Taranto, oggetto di numerose e protratte campagne di informazione dell'associazionismo locale basate sui dati del registro INES delle emissioni e delle loro sorgenti. La proprietà non ha effettuato i necessari investimenti per la riduzione delle emissioni di diossina e fino al 2007 non sono state condotte delle misurazioni pubbliche. Nel giugno 2007 sono state realizzate dall'Arpa Puglia coadiuvata dal Consorzio INCA e dal Cnr (per la controparte ILVA) delle misurazioni sul camino dell'impianto di agglomerazione che per l'occasione ha beneficiato di elettrofiltri puliti e rinnovati (gli ambientalisti hanno polemicamente parlato di «effetto Mulino Bianco»); in tal modo si sono diminuite le emissioni o diluendole con aria (la concentrazione di ossigeno nei gas in uscita è molto simile a quella atmosferica, mentre dovrebbe essere molto minore) o eseguendo i processi più inquinanti in momenti in cui l'impianto non è controllato, tipicamente di notte. Gli ambientalisti avevano in precedenza denunciato che le emissioni di fumo e polveri raggiungevano un picco fra le 2 e le 3 di notte.
Nonostante i campionamenti siano stati realizzati in condizioni ottimali rispetto alla conduzione ordinaria dell'impianto di agglomerazione, i dati emersi hanno fatto discutere. Dalle misurazioni dell'Arpa Puglia risultano 277,1 ng/m3 di concentrazione totale, contro i 10000 di limite per il decreto legislativo 152/06; questa concentrazione rientrerebbe nei limiti di legge. Tuttavia, il rispetto degli standard europei, fissati dal protocollo di Aahrus, recepito dall'Italia con legge 125/06, potrebbe legittimare la previsione di differenti e più cautelative soglie di emissione, come accaduto nel caso dell'acciaieria ex Lucchini di Trieste. In quel caso la Regione Friuli-Venezia Giulia ha modificato l'autorizzazione all'emissione in atmosfera fissando per le diossine il limite di 0,4 ng/m3, espresso in tossicità equivalente. Tornando al caso Taranto, le misurazioni dell'Arpa Puglia del giugno 2007 hanno dato infatti una media di 3,9 ng/m3 espressi in tossicità equivalente. I dati rilevato sono stati: 2,4 nanogrammi a metro cubo normalizzato il 12/6/2007, 4,3 nanogrammi il 14/6/2007, 4,9 nanogrammi il 16/6/2007. Questi valori sono stati pubblicati a p. 18 della relazione Arpa Puglia diffusa il 17/9/2007.
Tali misurazioni si sono ripetute nel febbraio 2008 e hanno registrato un aumento della diossina emessa (l'Arpa Puglia ha riportato sul suo sito web i valori che forniscono una media di 6,9 ng/m3 espressi in tossicità equivalente). I nuovi dati del monitoraggio del febbraio 2008 sono stati: 4,4 nanogrammi a metro cubo il 26/2/2008, 8,3 nanogrammi 27/2/2008, 8,1 nanogrammi il 28/2/2008. La stima complessiva di tali emissioni fornisce un ammontare di diossine - in valori assoluti per anno - pari a 271 grammi totali stimati dal camino E312 dell'impianto di agglomerazione dell'Ilva. Secondo l'associazione PeaceLink tale dato assoluto annuo, proiettati su 45 anni di funzionamento dell'impianto di agglomerazione, fornirebbe un ammontare di oltre 7 chili e mezzo di diossine, ossia tre volte il quantitativo fuoriuscito da Seveso, con problematiche sanitarie connesse all'esposizione cronica. Oltre a questi dati sulle emissioni, hanno fatto molto discutere le analisi fatte sugli alimenti locali, che in alcuni casi hanno fatto registrare livelli di diossine al di sopra dei valori di legge, come nel caso del formaggio fatto analizzare da PeaceLink, o del latte e dell'acqua di pozzo fatti analizzare dal dipartimento di Prevenzione dell'Asl di Taranto.

Contaminazioni delle derrate

1999 l'allarme riguarda prodotti alimentari di origine belga e esportati nel resto dell'Unione europea, Italia compresa, che mostrarono un elevato contenuto di diossine. Carne di pollame e uova in primo luogo ma anche derivati, animali e carne suina mostrarono elevati contenuti del composto tossico. Imputato principale risultò essere grasso immesso legalmente nei mangimi animali per aumentarne il contenuto calorico, contaminato dalla diossina di olii industriali della ditta Verkest, ma successivamente la responsabilità ricadde principalmente sulla Fogra, società di Bertrix, nel sud del Belgio, che condivideva le autocisterne con la Verkest. Problemi seguirono in Olanda e in molti altri prodotti di origine animale, come latte, burro, carni bovine.

2002 Ancora diossina in mangimi per pesci. Sempre nel 2002 si scoprono supplementi di fish oils contaminati.

2003 Una inchiesta su mangimi tedeschi rivela di nuovo contaminazioni da livelli di diossina fino al 17 volte più elevati rispetto alla soglia accettabile. In Italia sequestrate migliaia di capi tra bovini, bufale e ovicaprini, nell’ambito dei controlli disposti dalla Regione Campania per la ricerca di tracce di diossina nel latte.

2004 All’inizio di novembre un nuovo allarme alimentare colpisce Olanda, Germania e Belgio,dove si scoprono mangimi contaminati.

2005 E’ coinvolta la Francia, ancora diossina in mangimi per pesci.

2006 Di nuovo supplementi di fish oils contaminati, provenienza Svizzera e Francia.

2007 Un ingente quantitativo commercializzato dell'addensante alimentare Gomma di guar (guar gum) è stato all'origine di un iniziale blocco della distribuzione di yogurt, avvenuta ad agosto 2007 a cura della Danone rumena, e a seguito di controlli effettuati intorno al 12 luglio dalla commissione europea per la sicurezza alimentare. Successivamente, risalendo nella catena produttiva si è passati dal produttore svizzero dell'addensante (Unipektin, branded Vidocrem), che era commercialmente quasi monopolista per l'Europa, e in un secondo momento per il fornitore di materia prima, di origine prevalentemente indiana (India Glycols Limited company). L'addensante veniva usato per una vastissima tipologia di alimenti, gelati industriali, dolci confezionati, surgelati, ketchup, maionese, alcune carni, e soprattutto, in quantità elevate negli alimenti dietetici: per diabetici, senza glutine, dimagranti. S'è stabilito che la contaminazione copriva un periodo di circa due anni, i livelli di contaminazione raggiungevano i 156 pg di diossina/g di prodotto contro i 6 pg tollerati. Si sono rilevati congiuntamente alti livelli di pentaclorofenolo e di furani.

A conseguenza dell'Emergenza rifiuti in Campania e della cronica cattiva gestione dei rifiuti sia urbani che industriali sono state rilevate alte dosi di Diossine e Policlorobifenili sia nei terreni che nell'uomo e negli animali. Vi sono casi di mutazioni e di avvelenamenti letali in molte zone della regione ma non vengono riconusciute dallo stato. La principale fonte di inquinamento è dovuta alle attivita di recupero del rame nei cavi elettrici che avviene tramite combustione dei cavi e delle loro guaine in pvc, dalla combustione dei rifiuti e degli imballaggi in aree urbane e dallo smaltimento irregolare di fanghi industriali sui terreni per uso agricolo.

2008 Sono 25 i Paesi coinvolti nell'allarme diossina proveniente dalle carni suine e bovine, ma non solo, in primo accertamento di origine irlandese.
All'origine della contaminazione sembrano esserci mangimi, di origine da definire (fonti ministeriali italiane parlano di mangimi extraeuropei), contaminati. Tra le diverse ipotesi al vaglio si esaminano il processo di asciugatura degli stessi mangimi con l'uso di oli combustibili industriali, e l'asciugatura a caldo di residui di pane alimentare umano ancora avvolto negli originali sacchetti di plastica. I mangimi erano usati in nove diversi allevamenti dell'Irlanda del Nord da cui venivano parecchi esemplari macellati dopo il 1º settembre 2008 e nei quali è stata rilevata una presenza di diossina da 80 a 200 volte superiore ai livelli massimi consentiti dalle normative dell'Unione Europea.

2009 Ai primi dell’anno di nuovo diossine in mangimi per pesci in Danimarca. Nei mesi successivi ricompare la diossina in olio di fegato di merluzzo proveniente dalla Polonia e in campioni di fegato di coda di rospo (Lophius piscatorius) dagli USA.

2010 A febbraio diossine vengono rilevate in olio di palma idrogenato dalla Spagna. A giugno è la volta delle uove biologiche in Germania. La diossina viene trovata anche nel palmitato della vitamina A proveniente dalla Cina e usato per integrare mangimi in Germania.
In Italia si scoprono semi contaminati di girasole destinati alla produzione di mangimi. Alert per uova contaminate in Francia, un mese prima erano proseguiti gli alert sull’olio di fegato di merluzzo proveniente dalla Polonia e in sardine congelate.

2011 Le autorità sanitarie di otto Länder della Germania settentrionale sono state avvisate della contaminazione da diossina dal 28 dicembre 2010 in quanto è stato scoperto che circa 527 tonnellate di mangime contaminato da diossina, prodotto dalla società Harles & Jentzsch, erano state distribuite in almeno mille allevamenti di polli e maiali. La magistratura tedesca aveva poi aperto un'inchiesta e ha individuato le aziende che hanno utilizzato i prodotti della Harles & Jentzsch addizionati in modo fraudolento con residui di olio biodiesel per aumentare il tasso di proteine. Secondo il il ministro della Sanità tedesco «la percentuale di diossina contenuta nelle uova è 3-4 volte superiore alla soglia consentita ma non pericolosa per la vita umana» e inoltre «il livello di contaminazione è relativamente basso». Tuttavia nei giorni successivi ai primi ritrovamenti, nel gennaio 2011, si scopre che la contaminazione si è in realtà estesa ai polli e anche ai suini, espandendosi dalla Germania anche ad altri paesi verso i quali sono state esportate le merci contaminate.

FONTI: wikipedia.org, altroconsumo.it, ilfattoalimentare.it