venerdì 1 luglio 2011

Carlo Calcagni, vittima dell’uranio e della burocrazia

Carlo Calcagni, leccese, è stato in missione in Bosnia dove si è ammalato per l’uranio impoverito. L’esercito lo ha scaricato ed è stato dichiarato deceduto il 30 ottobre 2007. E invece… Durante la guerra nell’ex Jugoslavia degli anni ’90, l’allora capitano dell’esercito Carlo Calcagni veniva inviato in missione internazionale in Bosnia Erzegovina in qualità di pilota elicotterista, l’unico del primo contingente italiano per attività operativà in zone di guerra e recuperi sanitari. La base era a Sarajevo, e in quella regione martoriata dove si combattevano le diverse etnie che convivono nei Balcani il capitano pilota soccorreva feriti e recuperava salme di caduti, in missioni di guerra per oltre 50 ore di volo. Correva l’anno 1996 e l’uso di munizionamento con uranio impoverito da parte degli eserciti in armi era pratica accettata e diffusa. Si decollava e si atterrava con gli elicotteri respirando polveri contaminate disperse sui campi di battaglia, prodotte dalle esplosiosi dei proiettili con uranio impoverito che per le altissime temperature prodotte, ben oltre 3000 gradi, trasformava in aerosol qualsiasi materiale su cui impattava. Calcagni si ammala e nel 2002, ricoverato per accertamenti, scopre di essere contagiato da sostanze radioattive. Con referto medico dell’ospedale militare di Bari del marzo 2005 si certifica per la prima volta la patologia: «Nel 1996, operando in regioni belliche, il capitano Calcagni è stato esposto verosimilmente a uranio impoverito». La sua infermità, invalidità permanente del 100%, è ritenuta dipendente da causa e fatti di servizio nell’ottobre 2007. Si tratta d’invalidità permanente riportata «per le particolari condizioni ambientali e operative di missioni fuori area», per cui viene riformato ottenendo il riconoscimento dello status di vittima del dovere. Vittima a tal punto che Carlo Calcagni, promosso nel frattempo maggiore, è dichiarato, nella graduatoria nazionale delle vittime, deceduto in data 30 ottobre 2007.

Maggiore Calcagni, quando le è stato comunicato il suo decesso?


Solo di recente. Nella graduatoria delle vittime del dovere, aggiornata dal ministero dell’interno, risultavo deceduto dal 30 ottobre 2007, data che invece corrisponde a quella in cui sono stato riformato. Questo credo sia dipeso da un banale errore da parte del ministero.

Carlo Calcagni, nato a Guagnano nel leccese e oggi 43enne, lo troviamo spesso degente a Londra presso il Breakspear hospital medical group, unico Centro di Altissima Specializzazione in Europa, per sottoporsi a cure e terapie salvavita impossibili in Italia.
Le condizioni di salute sono precarie ed è in attesa di trapianto allogenico al midollo osseo. Dalla diagnosi dell’ospedale londinese appuriamo che il corpo dell’ufficiale italiano «ha riportato una massiccia contaminazione da uranio impoverito, da metalli pesanti, persino la presenza di nitrosamine e di benzoati all’interno del DNA, tutti ad alta tossicità dal punto di vista fisico-chimico e altamente cancerogeni. I sintomi sono in relazione alle esplosioni ad elevata temperatura di ordigni bellici con uranio impoverito mentre svolgeva attività di pilota di elicottero dell’esercito italiano in Bosnia». Le cure cui si sottopone non sono trattate da strutture sanitarie in Italia, né sono rimborsate le spese dal servizio sanitario nazionale, sebbene è competenza dell’ASL di appartenenza, quella di Brindisi, farsi carico dell’80% delle spese sostenute per i ricoveri all’estero, come previsto dalla normativa vigente. Nel Breakspear Hospital giunge per la prima volta nel gennaio 2010. Il programma terapeutico prevede per almeno tre anni un mese di ricovero in Inghilterra, ogni tre mesi di terapie quotidiane da effettuare in Patria. Intanto è appena rientrato dal quinto ricovero in Inghilterra e bisogna dare merito ai medici Inglesi che stanno curando nel migliore dei modi “Mister” Calcagni, come dimostrato clinicamente.

Lei, Calcagni, avrebbe dovuto partecipare, prima di ricoverarsi a Londra, a una trasmissione televisiva di Canale 5, ma glielo hanno impedito.


Ero stato invitato alla trasmissione Mattino 5 come testimone ‘vivente’ del problema uranio impoverito. Presentavano il film in uscita a maggio ‘Le ultime 56 ore’ con Gian Marco Tognazzi che parla proprio dei gravi danni alla salute causati dalla contaminazione di uranio. Così ho chiesto all’ufficio preposto del ministero della difesa l’autorizzazione a partecipare in divisa alla trasmissione, ma… autorizzazione negata!


Perché è soggetto a censura, da parte del ministero, se parla della sua malattia?

I testimoni, quelli che ci mettono la pelle in prima persona, sono sempre personaggi scomodi; specialmente quando non si vuole far conoscere la verità.

Non dovrebbe neppure rilasciare dichiarazioni alla stampa?

E cosa resterebbe di me, se domani dovessi morire anch’io? Fin quando respiro e sono in grado di parlare io racconterò la verità: è mio dovere di cittadino italiano, di uomo e di soldato nei confronti dei militari che non ci sono più, anche per questo motivo mi onoro di far parte della Commissione Parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito del Senato della Repubblica, offrendo il mio contributo e la mia esperienza personale.

Lei è stato riammesso in servizio presso la scuola di cavalleria di Lecce nel gennaio 2010, ma se è stato riformato con il 100% d’invalidità nel 2007 come può tornare a indossare l’uniforme?

Proprio perché riformato con la prima categoria per invalidità permanente dipendente da causa e fatti di servizio sono stato iscritto nel ruolo d’onore; questo mi ha permesso di produrre istanza di reimpiego nel ruolo d’onore, senza assegni, per mia espressa volontà di rendermi ancora utile alla forza armata e a quanti avessero bisogno della mia consulenza ‘gratuita’ riguardo alle pratiche di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio: vera e propria opera di volontariato. Così sono stato reimpiegato presso la scuola di cavalleria di Lecce dall’1 gennaio 2010. Sono partito per la prima volta il 17 gennaio scorso per il ricovero in Inghilterra, dove sono in cura ancora oggi ma autorizzato solo dalla Direzione Generale della Sanità Militare del Ministero della Difesa che mi sta sostenendo per tutto quanto di competenza, sebbene è una situazione difficile da affrontare, visto che sono costantemente costretto a contrarre debiti per affrontare le costose cure e terapie, non avevo ottenuto l’autorizzazione dall’ASL di Brindisi, ma la salute è la mia e non posso interrompere il percorso iniziato.

Il Breakspear Hospital di Londra è l’unico per la sua malattia?


Di certo è uno dei pochi ospedali al mondo che tratta queste malattie; è l’unico in Europa così come è stato “anche” attestato dal Consolato Italiano in Londra.


Non ha percepito alcun risarcimento economico per i gravi danni che le hanno causato?

No, ancora no. Non voglio fare causa allo Stato che nel mio caso ha riconosciuto tutto, quindi non ho bisogno di dimostrare nulla; rimango in attesa di una transazione bonaria, come previsto dalla legge, evitando ulteriori e inutili spese sia per me che per il ministero. Il 10 maggio 2010 ho inviato una lettera al ministro della difesa Ignazio La Russa per raccontargli la mia storia. Ad oggi, nessuna risposta. Purtroppo anche altri colleghi o famiglie vivono storie difficili e spesso drammatiche; anche per questo io affronto a petto in fuori ed a testa alta il problema, rappresentando una categoria di vittime, che ha avuto l’onore di rappresentare l’Italia nel Mondo dando lustro alle Forze Armate Italiane nei contesti di guerra internazionale, ma che nella sofferenza deve subire “anche” l’indifferenza delle Istituzioni. La causa di servizio del capitano di fregata della marina Stefano Cappellaro, stroncato rapidamente da un male incurabile, non è stata riconosciuta. Come molti altri, è morto con la consapevolezza di essere stato dimenticato dal suo paese, ed è questa la pena più grande. L’iter procedurale per il riconoscimento sarebbe di urgenza, ma l’uranio è un argomento che scotta e affossa i tempi.

Non ci sono funerali di stato per i soldati morti da uranio…

Le vittime dell’uranio rientrano con le proprie gambe dalle aree di conflitto per poi soffrire in un silenzio assordante, mentre quelli sfortunati che saltano sulle bombe rimpatriano come eroi di guerra. A noi nessuno aveva mai detto che durante le missioni si potevano contrarre malattie mortali. Lo Stato però era a conoscenza del pericolo reale derivante da uranio impoverito fin dal 1978, quando gli americani ne testarono il pericolo letale e di questo informarono i vertici militari e politici italiani. I responsabili verranno mai perseguiti e puniti? I soldati invece continuano a morire… per avere adempito al proprio dovere!

Riccardo Rastelli


Tenente Colonnello Carlo Calcagni


FONTE: lenovae.it
http://www.lenovae.it/carlo-calcagni-vittima-delluranio-e-della-burocrazia/

Carlo Calcagni su Facebook: http://www.facebook.com/carlo.calcagni


Bella e anche coraggiosa la testimonianza di Carlo Calcagni, Maggiore dell'esercito italiano che, per aver prestato servizio nel 1996 in Bosnia-Erzegovina come pilota elicotterista specializzato in interventi sanitari, si è gravemente intossicato per le costanti inalazioni di uranio impoverito, causate dal pulviscolo emesso dall'esplosione dei vari ordigni utilizzati in questa guerra sanguinosa.
Ho scritto "coraggiosa" perchè il Maggiore Calcagni non è certamente l'unica persona ad essere vittima dell'uranio impoverito, anzi.... ma è uno dei pochi ad aver parlato di questo GRANDE problema di cui sia l'esercito che le istituzioni erano a conoscenza da molto tempo e hanno sempre taciuto (ma questo lo scrivo, sia chiaro, con il massimo rispetto verso coloro che, pur vittime dell'uranio impoverito, hanno deciso di non parlarne).
I responsabili di questa omertà saranno mai perseguiti penalmente? Personalmente ne dubito fortemente. Però sono felice che si parli del problema dell'uranio impoverito, dei pericoli che corrono coloro che prestano la loro generosa opera in questi campi di battaglia, perchè così si apre una breccia in questo muro di omertà e la verità emerge sempre più nitidamente. E al Maggiore Carlo Calcagni va dato merito di aver parlato di questo problema, di averlo fatto conoscere al pubblico, troppo spesso ignaro di queste gravose tematiche.

Marco

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