domenica 27 novembre 2011

L’uomo allergico alle onde (magnetiche)


HALLSTAVIK. L’uomo allergico alla modernità vive rintanato in un bosco senza tempo. Due ore a nord-est di Stoccolma, in una via che il navigatore satellitare non ha mai sentito nominare, ma che il becchino di un vicino cimitero del ‘500 sa indicare al primo colpo. Inerpicato su una strada che diventa subito sterrata, con numeri civici dalla logica indecifrabile. «Vedrà delle vecchie Volvo parcheggiate nel verde» aveva detto Per Segerbäck. È lì che sua moglie scende a prenderti, si sincera, come da accordi, che tu abbia lasciato il cellulare in macchina («ma è spento: neppure per registrare o scattare una foto?»), e ti conduce per una salitina tempestata di funghi preistorici, tra ciocchi di legno ammassati per il lungo inverno. Prima di incontrare lui verrò disarmato anche della chiave dell’auto, che è di quelle elettroniche e anche inattive, dicono, possono dare problemi. È una «bolla di sicurezza» come quella delle basi militari. D’altronde anche la sua è una guerra. Di difesa contro l’invasione dei campi elettromagnetici che, a sentir lui, hanno segnato l’inizio della sua fine.

Perché quest’ingegnere di 55 anni, ex-workaholic non pentito, è un elettrosensibile. Come circa altre 250 mila persone in Svezia, circa il 3 per cento della popolazione, unico Paese al mondo che riconosce la sindrome Ehs (electromagnetic hypersensitivity) come «disabilità funzionale» e riserva a chi ne soffre gli stessi diritti di altri handicap. Compresi i rimborsi delle laboriose bonifiche delle loro case. Un risultato straordinario dal momento che, per l’ortodossia medica, questa malattia non esiste. O meglio, per dirlo con le parole dell’Organizzazione mondiale della sanità, «i sintomi sono certamente reali e possono variare nelle loro gravità» però «non esistono criteri diagnostici chiari né basi scientifiche per metterli in relazione all’esposizione ai campi elettromagnetici». Circostanza che non ha impedito al Consiglio d’Europa, in una raccomandazione recente, di invitare gli stati membri a prendere «speciali misure per proteggerli, incluse zone libere da onde» in cui possano abitare senza pregiudizio. «È stato un riconoscimento importante» dice Segerbäck, «ma la lotta è ancora lunga».

La sua, in particolare, inizia nel 1989. Capo di un laboratorio di ricerca di una controllata Ericsson, progetta circuiti integrati per velocizzare la trasmissione dei dati. Ovvero le infrastrutture che avrebbero reso possibile la nascita di internet. «Eravamo venti ingegneri, con una media di 2,5 schermi a testa, i computer più potenti in circolazione, e una grande antenna per le telecomunicazioni proprio fuori dalla finestra». In quei giorni gli sembra la descrizione di un luna park per adulti. Ma presto cambierà idea. «Cominciai ad avvertire arrossamenti cutanei, poi emicranie, un senso di stordimento quando non di nausea. Poi scoprì che tutti, tranne due, avevamo provato disturbi analoghi». Tutta quell’elettronica finisce sul banco degli imputati.

L’azienda si comporta benissimo. Sposta gli uffici, fodera le pareti di rame e alluminio e modifica computer, monitor e tastiere in maniera da ridurne al minimo le emissioni. «Divenimmo il posto di lavoro più elettronicamente sicuro del Paese». È un dipendente strategico, ci tengono molto a lui e, dal momento che mostra i segni più gravi, si sobbarcano anche la ristrutturazione isolante della sua casa. I medici aziendali non sanno che pesci prendere nei confronti di quella strana patologia. Lui però è stanchissimo, gli capita di avere dei mancamenti, guidare diventa troppo pericoloso. Così per circa sei mesi lavora da casa, nel suo piccolo rifugio anti-elettromagnetico. Quando finalmente torna in ufficio le cose vanno meglio. Nel ’93 Ericsson pubblica un rapporto interno in cui racconta la vicenda dei suoi ricercatori e ammette che «l’elettrosensibilità può essere una minaccia seria per gli affari. Abbiamo cominciato a chiederci se siamo di fronte a una piaga moderna…». È il ’97 quando il paesaggio urbano cambia e, lungo le strade per andare in ufficio, cominciano a moltiplicarsi i ripetitori. Se si fossero spalancate delle voragini, sarebbe stato meno terribile per lui. «Mi bastava passarci accanto per riacutizzare tutti quei sintomi che ero riuscito a tenere a bada. Provai a cambiare tragitto, ma mi accorsi di non avere scampo: non esistevano più vie libere dalle radiobase». I suoi capi gli concedono di lavorare a distanza. Vicino a Stoccolma c’è un’isoletta dove, essendo parte dei possedimenti reali, non si possono piantare antenne. Potrà mettere lì un camper, dove lui e i tre figli resteranno meno di un anno. «Nel frattempo cercai di individuare una zona relativamente incontaminata dalle radiofrequenze». Nel ’99 l’azienda lo licenzia: l’interazione è ormai troppo complicata e un dipendente ammalatosi per il suo stesso prodotto non è il testimonial che sognano. «Trovai questo posto, non lontano da dove ero nato, e nel 2000 comprai queste tre piccole capanne».

Ci vive da allora. Sopravvive, è il caso di dire. Il principio generale è che, dove sta lui, non deve esserci elettricità né apparecchi attaccati alla corrente. Quindi la seconda moglie Ingers, come un’attendente, lo precede sempre e stacca gli interruttori. Gli elettrodomestici sono concentrati in uno stanzone di legno, dove cucinano e mangiano. Per terra enormi batterie industriali, che nottetempo lei mette a ricaricare. Proibita anche la tv, l’hanno sostitutita con un proiettore collegato a un pc modificato. È la loro fonte principale di svago. «Non usciamo quasi mai, perché è troppo complicato: la società attuale è una trappola costante per quelli come me. Ogni tanto andiamo giusto a trovare altri amici malati. Prendono le stesse precauzioni e non c’è da spiegare niente». Sì, perché anche solo raggiungerli diventa un’esperienza anacronistica. L’unica auto su cui può salire è un rudere di trent’anni fa, diesel e senza accensione elettronica. I due cloni comprati dallo sfasciacarrozze e lasciati a fare il muschio sotto casa servono per i pezzi di ricambio introvabili. Ha esclusivamente un telefono fisso. Qualche tempo fa, incrociando un vicino, si era messo a fare due chiacchiere. A un certo punto però aveva cominciato a stare male («era come se il mio cervello si stesse gonfiando nella scatola cranica») e si era subito allontanato. Dopo pochi secondi il cellulare dell’altro aveva cominciato a suonare. «Arrivato a casa ero quasi svenuto. Ma è qualcosa di più simile al blocco del sistema di un computer. Sei acceso, ma nessun comando risponde».

A proposito di pc, li usa ancora. «All’epoca riuscì a farmi lasciare da Ericsson quelli che avevano modificato per me». Mi mette in mano una tastiera che, per tutto il metallo che contiene, pesa il triplo di una normale. «L’email è il canale rimasto di comunicazione col mondo. Mi spiace solo di non riuscire a rispondere a tutti quelli che mi scrivono per sapere come continuare a vivere in condizioni simili». La sera prima del nostro incontro Bbc World trasmette un servizio su Diane Schou, presentata come parte del 5 per cento di americani affetti da Ehs, che ha traslocato ai confini di una zona militare del West Virginia, radio quiet zone per non interferire con grossi telescopi e sistemi di spionaggio federali. «Anni fa era venuta sin qui a trovarmi. Si sviluppa ancor più solidarietà tra chi sta male per una cosa cui in tanti ancora non credono. Ma sono fiducioso che le cose cambieranno, stanno già cambiando».

Per festeggiare il raro ospite ha preparato un ciambellone esangue sul forno a legna. «Non è granché: uvetta e zucchero sono tra le poche cose che posso mangiare». Perché, come se non bastasse, da anni soffre di glumerolonefrite, una grave insufficienza renale. È magrissimo. Mortalmente stanco. A un certo punto si interrompe e si fa portare una medicina. Previene la mia domanda: «Non so dire se c’entri niente con l’Ehs, di certo lo stress per questa vicenda non ha giovato al mio sistema immunitario». Vivere in una grande gabbia di Faraday ti isola dalle scariche, ma non dall’ansia. Il confine tra precauzioni e paranoia può anche sfumarsi. Ma, dopo dieci anni nella foresta, siete davvero sicuri che reagireste meglio?

10 ottobre 2011

FONTE: la Repubblica.it
http://stagliano.blogautore.repubblica.it/2011/10/10/luomo-allergico-alle-onde-magnetiche/


Quella dell'elettrosensibilità è una grande piaga dell'era moderna e sono migliaia e migliaia le persone che soffrono di questo problema, a vari livelli di gravità. La cosa triste è che questa patologia viene spesso scambiata per una malattia psichiatrica e i malati vengono considerati troppo spesso come degli ipocondriaci, dei malati immaginari, dei visionari o altro ancora.... ed essi hanno ben poca possibilità di difendersi. Qui da noi la situazione è questa purtroppo, in altre nazioni come la Germania, la Svizzera e il Nord Europa in generale, le cose invece vanno decisamente meglio e gli elettrosensibili vengono trattati con molta più considerazione. In Svezia ad esempio, come dice l'articolo stesso, lo Stato provvede addirittura al rimborso delle laboriose e costose spese di bonifica delle case dei soggetti colpiti da elettrossensibilità, e queste persone sono considerate alla pari dei portatori di hanicap. Questo è un grande segno di civiltà e c'è solo da augurarsi che anche qui da noi, prima o poi, si possa arrivare a tale riconoscimento. Un altra cosa importante sarebbe quella di predisporre dei luoghi, magari dei parchi o delle zone protette, totalmente CEM free, cioè totalmente liberi da campi elettromagnetici, in cui le persone elettrosensibili possano ricaricarsi o, meglio ancora, possano proprio prender casa. Qui da noi, cosa recente, esiste solo una zona nel Parco del Carnè (provincia di Ravenna), ad essere totalmente CEM free, ma non ci sono case da abitare, quindi la situazione è ancora ben lontana dall'ideale.
Auguriamoci veramente che le cose possano cambiare, sopratutto con la prevenzione, ovvero limitando il più possibile la presenza di campi elettromagnetici, e che l'Italia possa prendere esempio dalla Svezia nel modo in cui trattare le persone affette da ipersensibilità elettromagnetica. Questa è la speranza per il futuro.

Marco

sabato 26 novembre 2011

Bambini ammalati di tumore, a Taranto il record nazionale


Nell'ultimo anno accertati quindici casi, il doppio della media italiana. In gran parte di tratta di leucemie o di neoplasie al cervello. E molti genitori preferiscono mantenere ancora l'anonimato

TARANTO - I bimbi di Taranto si ammalano più facilmente di tumore. E la malattia comincia ad aggredirli già durante la gestazione con effetti che possono avere ripercussioni per tre generazioni. L´allarme lo lancia il sindaco di Taranto Ippazio Stefàno nella duplice veste di primo cittadino e pediatria. Al suo fianco, nella conferenza stampa a Palazzo di città, due medici ionici conosciuti e stimati da tutti: Pino Merico, primario di pediatria, e Patrizio Mazza, primario di ematologia. Entrambi noti per essere in prima fila nel denunciare le conseguenze dell´inquinamento industriale.
Nell´ultimo anno sono quindici i bambini tarantini, di età compresa tra uno e quattordici anni, ricoverati per neoplasie. In larga parte si tratta di leucemie o tumori solidi al cervello. Il dato è esattamente il doppio della media nazionale e comunque va considerato per difetto. "Molti genitori - ha spiegato Merico - preferiscono ricoverare i figli in ospedali di altre Regioni. Questi casi sfuggono al nostro monitoraggio". In realtà in riva allo Ionio da tempo si invoca l´istituzione del registro tumori, strumento indispensabile per valutare con scientifica certezza l´incidenza di tumori nell´area tarantina. "Servono registri di incidenza visto che la cancerogenesi è cumulativa nel tempo per effetto dell´esposizione cronica agli agenti inquinanti. I realtà bisognerebbe chiudere tutti gli impianti industriali almeno per trent´anni" - ha aggiunto il dottor Mazza.
"Era necessario diffondere questi dati - ha poi detto il sindaco Stefàno - per richiamare l´attenzione sull´incremento dei tumori in età pediatrica". Il primo cittadino si è poi soffermato sulle possibili cause dell´incremento di neoplasie. E sul banco gli imputati ovviamente è finito l´inquinamento derivante dalla grande zona industriale proprio a ridosso del capoluogo. Ma Stefàno ha insistito anche sugli effetti dello smog prodotto dalle auto, chiudendo con un appello. "Occorre maggiore informazione e i genitori devono prestare attenzione anche nella vita quotidiana. E' sbagliato, per esempio, consentire ai bambini di giocare con i telefoni cellulari".

di Mario Diliberto

FONTE: espresso.repubblica.it
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/bambini-ammalati-di-tumore%3Cbr-%3Ea-taranto-il-record-nazionale/2112022


Cosa ci si poteva aspettare da una città in cui è presente il più grande complesso siderurgico d'Europa, l'Ilva, in cui è presente un enorme raffineria, quella dell'Eni, in cui vengono perpetrati ogni giorno ogni genere d'insulti ambientali? Queste sono le conseguenze di tali insulti, e teniamo ben presente che i dati riportati sono da prendere con le molle, perchè molti bambini malati vengono portati in centri fuori Taranto, quindi i valori sarebbero notevolmente più elevati. Non aggiungo altro, tranne dire che ogni errore, ogni insulto, ogni aberrazione, ogni azione dettata solo da interessi economici, si paga.... la cosa brutta è che spesso e volentieri a pagare sono gli innocenti.

Marco

mercoledì 23 novembre 2011

Federica vince la battaglia, Asl condannata a pagare le cure


La ragazza soffre di una malattia rara, la “Sensibilità Chimica Multipla”, non riconosciuta, che rischia di ucciderla. L’azienda coprirà le spese per il viaggio in un centro a Londra.

di Maddalena Brunetti

Il tribunale ha stabilito che Federica Cannas ha il diritto di curarsi anche se la malattia di cui soffre non è riconosciuta dal servizio sanitario nazionale. Per questo l’Asl 8 dovrà anticipare le spese necessarie a salvarle la vita e dovrà pagare il viaggio in un centro specializzato di Londra, l’unico in Europa che cura questa patologia: lo ha stabilito il giudice Maria Luisa Scarpa accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato Roberto Cao, che difende la ragazza.

Federica Cannas, 31 anni di Assemini, è affetta da “MCS” ossia “Sensibilità Chimica Multipla”, una malattia difficile da diagnosticare e da curare, ma soprattutto una malattia che il servizio sanitario italiano non riconosce. Federica è costretta a vivere in una sorta di campana di vetro: basta solo il fumo di una sigaretta o un profumo a scatenare violente crisi respiratorie. Un calvario durato anni quello per la ragazza e la sua famiglia. Sintomi sempre più acuti, corse al pronto soccorso, costose visite specialistiche, ma nulla. Lei si aggravava e nessuno riusciva a capire cosa avesse, gli esami erano negativi e la sua veniva scambiata per una malattia psichiatrica. Ma non era così e la prima a capirlo fu sua madre Rita Marongiu che, nell’aprile 2009, riconobbe i sintomi di sua figlia leggendo su un giornale la lettera aperta scritta da un medico di Roma: poche righe in cui descriveva la particolare situazione di alcuni malati. La madre di Federica si mise in contatto con quel dottore: l’immunologo Giuseppe Genovesi che le diagnosticò la “MCS”. Da qui ripartì la speranza di trovare una cura. «Il primo anno lo abbiamo passato a studiare e informarci, a cercare di capire come affrontare questa malattia e a chi rivolgerci», spiega la signora Marongiu. Pur di affrontare le visite, le cure e di acquistare i costosi medicinali la famiglia di Federica si è parecchio indebitata e oggi non riuscirebbe a pagare il viaggio che potrebbe salvarle la vita: servono oltre 60mila euro per un ciclo di cure al “Breakspear medical group” di Hemel Hempstead. Ma Federica non può aspettare, la malattia è arrivata al terzo stadio, l’ultimo e il più grave, e ha bisogno d’aiuto. Subito. Per questo lo scorso anno ha fatto domanda alla Asl per ottenere un anticipo o un rimborso dall’ufficio ricoveri all’estero. Domanda che per due volte la commissione ha bocciato. Così si è rivolta al tribunale che, lo scorso 11 novembre, le ha dato ragione.

Scrive il giudice: «Deve ritenersi provato con evidenza di fondatezza che la terapia oggetto di contestazione sia assolutamente indispensabile per salvare la vita della signora Cannas e che nel territorio nazionale non vi siano alternative possibili». E ancora: «Non può disconoscersi, invero, che a causa dell’ingiustificato rifiuto opposto dall’amministrazione convenuta, la ricorrente si troverebbe esposta a un concreto pericolo di vita». «Non ci speravamo più. In tutti questi anni una delle cose più brutte è stata la solitudine, il sentirsi abbandonati ma questa vittoria ci ha fatto capire che le cose stanno cambiando. Mia figlia è stata molto felice anche se subito dopo ha iniziato a preoccuparsi per la partenza e per suo figlio che ha solo sei anni», racconta la mamma di Federica.

22 novembre 2011

FONTE: regione.sardegna.it
http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_231_20111122092804.pdf


E' con immenso piacere che riporto questa felice notizia, una notizia in cui tutti speravamo da molto tempo.
Federica Cannas è stata la prima persona di cui ho parlato su questo blog, il primo caso di Sensibilità Chimica Multipla trattato in queste pagine on-line, seguito poi da numerosi altri. Conosco quindi bene la storia di Federica, tutte le vicissitudini che ha dovuto affrontare, le tante battaglie da lei sostenute, la ricerca disperata di fondi per poter partire per l'agognato centro specializzato in MCS di Londra, il
Breakspear medical group. E ora finalmente la tenacia di Federica e della sua famiglia è stata premiata, essendole stato riconosciuto il diritto SACROSANTO di potersi andare a curare in questo centro specializzato.
Sono naturalmente felice per questa lieta conclusione, ma non posso fare a meno di pensare che quello che ha ottenuto Federica dovrebbero ottenerlo TUTTE le persone che sono malate e bisognose di cure e non hanno la possibilità economica per poter provvedere alle proprie necessità. Insomma, quanto successo a Federica dovrebbe rappresentare la regola, secondo quanto recita l'articolo 32 della Costituzione Italiana, e non l'eccezzione. C'è speranza che questo accada? Sinceramente non lo so, però adesso si è creato un importante precedente, e da questo precedente mi auguro che anche altri malati in futuro possano curarsi come è nel loro pieno diritto. Tutto questo lo dico sempre nella speranza che la Sensibilità Chimica Multipla possa finalmente essere riconosciuta come malattia autentica, cronica e altamente invalidante dal nostro Sistema Sanitario Nazionale e che anche nel nostro paese possano sorgere centri specializzati nella cura di questa patologia.

Ma ora voglio gioire con Federica, anche se pensare che la sua situazione sia bella che risolta è una pia illusione. Quello di poter partire per il Breakspear medical group è un importantissima conquista, ma Federica in questi ultimi tempi si è aggravata molto e quindi avrà ancora bisogno dell'aiuto e del sostegno di tutti, perchè dalla MCS a un certo stadio non si guarisce, e anche quando Federica tornerà dall'Inghilterra avrà ancora bisogno dell'aiuto degli altri, per continuare a curarsi anche in italia.

Detto questo non posso esimermi dal ringraziare il giudice che ha emesso questa giusta e sacrosanta sentenza a favore di Federica, nonchè tutte le persone che in questi anni sono state vicine a Federica, aiutandola in tanti modi, sia economicamente che moralmente, a incominciare naturalmente dalla sua impagabile famiglia, per passare al Prof. Genovesi, al suo avvocato il sig. Roberto Cao, e a tutti i suoi numerosi amici di facebook.
Un grazie di cuore a tutti da parte mia.


Marco

lunedì 21 novembre 2011

Sosteniamo Giorgio Pagano: solo, malato e in uno stato disumano


Dall’omonima pagina Facebook

Solo, Malato e in uno Stato Disumano – Sosteniamo Giorgio Pagano

Chiedo a tutti voi di mandare una mail ai telegiornali a questi indirizzi per far si che mandino le loro telecamere, tutti devono sapere, aiutatemi in questo, una mail mandata a questi indirizzi da tutti voi, potrebbe darmi un aiuto grandissimo, grazie in anticipo per il supporto

tg1.segreteria@rai.it,tg3cronaca@rai.it,tgr.lazio@rai.it, carabarbara@mediaset.it, newsmediaset@mediaset.it, articolo3@rai.it,
unomattina@rai.it, lavitaindiretta@rai.it, mattinocinque@mediaset.it


basta fare copia in colla per voi sono pochi minuti per me una vita

Il mio nome è Giorgio Pagano sono nato a Caserta il 14/01/1979 risiedo a sant’ Agata Bolognese in provincia di Bologna. Fino a due anni fa circa stavo bene, poi e’ cominciata la stanchezza che in poco tempo e’ diventata cronica, poi dopo poco sono cominciate le cadute. Allora lavoravo tantissimo tra impresa edile e i negozi così giustificavo questa stanchezza e le cadute con il fatto che stessi lavorando moltissimo. Poi una mattina di un anno fa mi sono svegliato che non riuscivo più a parlare, in ospedale mi hanno detto che avevo avuto un ictus e per questo mi hanno curato.

Dopo vari ricoveri hanno finalmente capito che la diagnosi era sbagliata ed il mio era un problema muscolare. Da li e’ cominciata un odissea fatta di biopsie, studi genetici, visite specialistiche in giro per l’ Italia, fino a quando, un anno fa un treno lanciato ad alta velocità mi travolge: ho la distrofia.

Lo scorso Settembre mi trovavo già sulla sedia a rotelle e a Dicembre sono iniziate le aritmie maligne, che mi hanno fatto finire in terapia intensiva. Il 28 Gennaio mi hanno impiantato un defibrillatore ed un pacemaker. Defibrillatore che il 19 Febbraio riavvierà il mio cuore per 12 volte. Ad Aprile sono di nuovo in ospedale, questa volta sono le apnee notturne che mi colpiscono e mi danno il respiratore a pressione positiva. A Giugno la storia si complica ulteriormente: mio fratello, l’unico che mi aiutava, finisce in carcere perché trovatosi disperato e costretto ad aiutare me si mette a spacciare per trovare i soldi necessari a portarmi in America, tenendomi allo scuro, sapendo che mai glielo avrei permesso.

In quel momento sono caduto in depressione, non riuscivo ad accettare la sedia a rotelle. Quando mi sono trovato al settimo piano del ospedale Gemelli dove un dottore mi diceva che la mia era una malattia incurabile e di non rifugiarmi dietro a false speranze, ho desiderato che quel medico mi ci buttasse giù da quel settimo piano. In quel periodo mi è scaduto il contratto d’ affitto, non rinnovatomi proprio a causa della mia malattia.

Trovatomi in mezzo ad una strada sono andato dall’assistente sociale Floriana del comune nel quale abito per raccontare la mia storia, lei mi promise che mi sarebbe stata data una casa d’emergenza, promessa che poi non e’ stata mantenuta, mi sono trovato costretto a farmi prestare 800 euro, che non so come restituire, per prendere un appartamento, dovendomi poi far carico anche delle spese dell’agenzia. Rimasto solo con mio fratello in carcere, fortunatamente un amico, Fabio Petrangelo, un vero angelo, che per quello che ha potuto, mi e’ stato vicino e mi ha aiutato.

Così ho fatto tutte le domande e le visite che questo strano meccanismo richiede per avere l assegno d’invalidità ed accompagnamento, che all’inizio mi e’ stato concesso, poi mi è stato revocato, ed intanto io continuavo a fare affidamento sugli arretrati che non si sono mai visti. Ammetto a volte ho perso la pazienza, a volte sono stato maleducato e volgare con gli assistenti sociali ed i dottori dell’inps, ma come si fa? Come devo fare per sopravvivere? perché questo non è nemmeno sopravvivere, ma è morire lentamente in solitudine. Il mio nuovo contratto di affitto scadrà a Dicembre, e naturalmente sarò di nuovo sbattuto fuori perché non pago l’affitto dato che ho dovuto scegliere se pagare quello, oppure il piccolo aiuto che Fabio mi da nelle 4 ore in cui sta con me.

L’ultima biopsia di qualche giorno fa mi ha dato l’ennesima pugnalata: i miei muscoli primitivi si stanno consumando troppo velocemente, si stanno consumando perché non riesco a fare la terapia che dovrei visto che non posso permettermi i farmaci (creatinina pura, carnitina, acido lipoico), e spesso invece di cinque pastiglie quando va bene ne prendo una.

Ho già provato a farla finita, ma non riesco a fare nemmeno quello, la vita pare volermi come io voglio lei, ma vivere così e’ per me una condanna.

Forse non riuscirò nemmeno a rivedere mio fratello fra 4 anni e otto mesi quando uscirà dal carcere. Lunedì e Martedi’ mattina saro’ a Roma per protestare per far sentire la mia voce, ed ho bisogno che la mia voce sia amplificata perche’ il mio appello non rimanga inascoltato, in Piazza Montecitorio a Roma.

21 novembre 2010

FONTE: laconoscenzarendeliberiblog.wordpress.com
http://laconoscenzarendeliberiblog.wordpress.com/2010/11/21/sosteniamo-giorgio-pagano-solo-malato-e-in-uno-stato-disumano/


Pagina Facebook di Giorgio:
https://www.facebook.com/giorgio.pagano

Gruppo creato per sostenere Giorgio:
https://www.facebook.com/pages/Solo-Malato-e-in-uno-Stato-Disumano-Sosteniamo-Giorgio-Pagano/103916246346135?sk=wall


Per aiutare concretamente Giorgio si può fare una ricarica postepay a queste coordinate:


Numero carta: 4023 6005 9191 9586
Intestata a: Pagano Giorgio



Tristissima la storia di Giorgio Pagano, malato di distrofia muscolare, che si trova nella dolorosa sutuazione di non sapere come fare per pagare le tante spese che il suo stato di salute comporta.
Già essere malati di distrofia è una croce pesantissima, ma trovarsi ad essere soli senza la possibilità concreta di potersi pagare le spese di affitto, di assistenza e le cure di cui si necessita è una cosa orribile, ed è sconcertante il comportamento delle istituzioni che dovrebbero aiutarlo, per esempio pagandogli l'affitto o l'assistenza domiciliare o dandogli una casa nella quale possa abitare serenamente, e invece non lo fa.
Le parole di Giorgio, ricolme di amarezza, descrivono bene la sua triste situazione, col fratello in carcere, con le sue manifestazioni di protesta come quella di andare a Roma a protestare, di fare lo sciopero della fame o di volersi incarenare di fronte al comune del suo paese. Sono tutte manifestazioni di un stato di malessere profondo per una situazione che di certo non avrebbe mai voluto, ma che gli è toccata, e a cui non sa come far fronte. Ma se per la malattia probabilmente non c'è nulla da fare, almeno per le spese di cui abbisogna, si può, anzi si DEVE fare qualcosa, e le istituzioni hanno il dovere di aiutarlo secondo quanto recita l'Articolo 32 della Costituzione Italiana che dice: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti".

Invito tutte le persone che leggeranno questo post a diventare amico di Giorgio attraverso le sue pagine Facebook e ad approfondire la sua storia leggendo gli articoli usciti su di lui, facilmente trovabili su internet, o guardando i vari video che ci sono su di lui. Sopratutto invito tutti ad aiutare concretamente Giorgio segnalando la sua storia ai vari organi d'informazione, inviando mail e lettere, o offrendo tangibilmente un aiuto in denaro operando una ricarica postepay alle coordinate sopraindicate. Ogni offerta ricevuta è molto importante perchè può aiutare Giorgio a pagare tutto quello che con la sua sola pensione d'invalidità non è in grado di coprire. Questo nella speranza che in futuro, auguriamoci il più prossimo possibile, le istituzioni intervengano concretamente in suo aiuto e Giorgio possa vivere serenamente la sua vita, anche se come malato, ma non più assillato da incombenze economiche come invece avviene ora.

Marco

domenica 20 novembre 2011

Castelfranco, malato di distrofia muscolare: “contributo o mi incatenerò”

(Adnkronos) – Se venerdi’ non ricevera’ quanto richiesto, cioe’ un contributo economico necessario per pagare affitto e assistenza domiciliare, la sera stessa si incatenera’ in Comune. Non una minaccia ne’ un ricatto, solo l’ultimo grido di protesta di Giorgio Pagano, 32enne di Castelfranco Emilia, malato da 3 anni di distrofia muscolare. Dopo aver tentato il suicidio, lo scorso 24 ottobre aveva intrapreso lo sciopero della fame e dei farmaci per provocare le istituzioni, ma dal sindaco ancora nessun contributo economico per pagare affitto e assistenza domiciliare.

Uno spiraglio sembrava potesse aprirsi lo scorso 3 novembre quando l’uomo era stato invitato a un incontro con il sindaco e l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Castelfranco, il direttore sanitario della usl del Comune emiliano e l’assistente sociale che sta seguendo il caso. “Avevano detto che avremmo trovato insieme una soluzione – racconta arrabbiato Pagano all’Adnkronos – ma l’unica cosa che sono riusciti a concedermi sono stati 500 euro per pagare l’affitto a novembre e dicembre”.

Nessun aiuto, dunque, per l’assistenza domiciliare, lamenta Giorgio Pagano che riferisce i dettagli della conversazione. “Dicono di non avere soldi per l’assegno di cura – spiega – Di chiedere al mio amico che ogni tanto viene a casa ad aiutarmi di continuare a farlo magari riducendo il suo lavoro ad un part-time. Altrimenti secondo loro potrei non pagare luce e gas”.

E un altro incontro con la psichiatra e l’assistente sociale e’ fissato per il prossimo venerdi’. Ma Giorgio Pagano ha smesso di nutrire speranze. Non ne vede più il senso, cosi’ annuncia il suo blitz. Alla casa comunale di Castelfranco, sulla sedia a rotelle, con il respiratore e una valigia di vestiti. “Se venerdi’ non cambiera’ nulla – avverte – mi trasferiro’ in Comune. Mi fermero’ davanti alla porta del sindaco finche’ non mi daranno una mano, quella sara’ la mia nuova residenza. E se qualcuno provera’ ad allontanarmi – assicura – mi incatenero’. Se poi mi vorranno denunciare mi faranno solo un piacere, almeno avro’ l’assistenza degli altri carcerati”.

Venerdi’ proporro’ anche una petizione per chiedere le dimissioni del sindaco – avverte – perche’ ci sono tante persone che si lamentano. Ieri ho parlato anche con il prefetto di Modena Bruno Scognamiglio che si attivera’ chiamando il Comune e aprendo una procedura per fare chiarezza sul caso”.

9 novembre 2011

FONTE: bologna2000.com
http://www.bologna2000.com/2011/11/09/castelfranco-malato-distrofia-muscolare-contributo-o-mi-incatenero/


Queste sono notizie che non si vorrebbero mai leggere. Possibile che un malato di distrofia muscolare non sappia come fare per pagare le spese che ha (affitto, assistenza e cure) e poter vivere un esistenza serena? Non esiste l'Articolo 32 della Costituzione Italiana, a tutela degli indigenti? Il Comune, la Provincia, la Regione o lo Stato stesso DEVONO poter garantire una copertura delle spese per quest'uomo, se egli non è in grado di poterle sostenere da solo o non ha nessuno che possa farlo per lui. Questo è ciò che deve avvenire, perchè l'Italia non è l'ultimo dei paesi del mondo, e anche se siamo in tempi di crisi non si può abbandonare un malato a sè stesso.
Mi auguro davvero che si possa arrivare al più presto a una soluzione di questo caso, per il bene di tutti, per dimostrare che l'Italia è ancora un paese civile e che la Costituzione Italiana esiste perchè essa sia messa in opera.

Marco

venerdì 18 novembre 2011

La storia di Davide, malato di Mcs: vive escluso dal mondo


SAN GIUSEPPE VESUVIANO - Non poter usare il telefonino, non poter andare a casa di amici per una pizza, non poter lavorare nella stessa stanza con gli altri colleghi, non poter neanche andare in ospedale. Quello che per tutti gli altri è la vita normale per chi è affetto da MCS (Sensibilità Chimica Multipla) e EHS (Sensibilità Elettromagnetica) è impossibile.
E´ il caso di Davide Belgarbo, 47 anni, che vive a San Giuseppe Vesuviano con la moglie e la figlia di 17 anni, ma lavora in un´azienda privata di Somma Vesuviana. In Italia i casi riconosciuti di MCS sono circa 5mila, ma è difficile che la malattia venga diagnosticata correttamente, molti medici la confondono con una semplice allergia o nel peggiore dei casi pensino si tratti di un problema psicologico.
La MCS è riconosciuta dall´organizzazione mondiale della sanità, passaggio fatto qualche giorno fa anche dalla regione Puglia. Un passo importante per Belgarbo che spera accade presto anche in Campania. "Mi sono ammalato da circa un anno e mezzo", racconta Davide, "e da allora ogni gesto quotidiano è diventato un vero problema: anche lavarmi, vestirmi per uscire di casa, non posso utilizzare saponi trattati, deodoranti, profumi, ne posso stare vicino a chi li usa. I vestiti debbono essere lavati con prodotti naturali senza profumazione ed anche le persone che vivono con me o che si trovano a starmi a contatto, devono essere "decontaminati"".
Una vita da segregato che è cominciato con dei sintomi comuni. "Prima di accorgermi della malattia ero una persona attiva", aggiunge, "Con soddisfacenti relazioni sociali poi i primi sintomi: problemi di respirazione, asma, intorpidimento muscolare debolezza fisica, tachicardia, alterazione degli odori e de sapori. Ho cominciato a fare diverse visite specialistiche, ma la maggior parte dei medici non è preparata a riconoscere la mia sindrome. Eppure in Italia siamo oltre 5000 malati di MCS senza considerare quelli che, loro malgrado, non sanno di averla. Ne scaturiscono diagnosi e cure sbagliate. Per fortuna ad assisterci c´è l´associazione Amica, che ci informa e ci supporta. Purtroppo la nostra malattia non è ancora riconosciuta dal sistema sanitario nazionale, mentre lo è da poche regioni italiane, come nel Lazio dove opera il professor Giuseppe Genovesi che rappresenta il punto di riferimento per tutti gli ammalati".
All´estero, la situazione è ben diversa. Negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Germania dove la malattia è riconosciuta ci sono diversi Centri in grado di effettuare la diagnosi e stabilire la cura per le terapie di desensibilizzazione alle sostanze. In Italia gli ammalati sono costretti a grosse spese economiche, per mangiare solo determinati cibi, e solo ed esclusivamente biologici, per comprare prodotti che non siano nocivi sia per la pulizia della persona che dell´ambiente dove vivono, sia per fare gli esami ed affrontare le cure.
Nel lavoro, invece, la fortuna di Davide è aver trovato un´azienda comprensiva, ma non è escluso che in un futuro non troppo lontano debba rinunciarvi soprattutto se i disagi legati alla sensibilità elettromagnetica aumenteranno. "Lavoro come contabile dal 1983 e per il momento riesco ancora a continuare anche se tra mille difficoltà", spiega ancora, "mi è stata concessa la possibilità di avere un ufficio dove posso stare da solo, con un purificatore d´aria, gestendo tutte le problematiche che ne derivano, soprattutto legate all´elettrosensibilità per la quale non basta segregarsi per annullare tutti gli effetti nocivi. I miei strumenti di lavoro computer e telefono ed altre apparecchiature alimentari a corrente che purtroppo soprattutto in alcun giorni non tollero, ma lo stesso vale anche per Wifi e telefoni cordless".
Ma la vita normale è fatta, però, anche di amici e famiglia, una vita che Davide ha dovuto dimenticare a malincuore: "E´ cambiato tutto. La vita fuori dalle mura domestiche è diventata impossibile. Grazie all´aiuto di mia figlia Alessandra e di mia moglie, che sono coinvolte in prima persona come se fossero ammalate anche loro, riesco ad andare avanti e non nascondo che la cosa mi crea anche un senso di colpa. In casa e bandito l´uso di qualsiasi prodotto chimico, detergenti vari e prodotti per la cura della persona tutto deve essere rigorosamente naturale e senza profumazioni, condizioni che non possono essere chieste anche agli amici o agli altri familiari e quindi rinuncio".
Disagi ai quali le autorità sanitarie, ma anche politiche dovrebbero dare una risposta, questo chiede Belgarbo. "Ho scritto al direttore dell´ospedale di Nola, al presidente della Regione sono passati mesi e nessuno mi ha risposto", dice, "Chi come me è affetto da MCS vorrebbe che la malattia fosse riconosciuta, combattiamo ogni giorno con l'indifferenza".

di Gabriella Bellini

16 novembre 2011

FONTE: metropolisweb.it
http://www.metropolisweb.it/Notizie/Cronaca/storia_davide_malato_mcs_vive_escluso_mondo.aspx


La dolorosa storia di Davide, affetto da MCS ed Elettrosensibilità, ci ricorda ancora una volta la necessità che queste patologie vengano riconosciute al più presto dal nostro Sistema Sanitario Nazionale e che vangano allestiti dei centri di cura adeguati come già sono in opera in Inghilterra, Germania e negli Stati Uniti. Senza questo chi è affetto da MCS è lasciato solo a sè stesso (e meno male che esiste il Prof. Genovesi), senza possibilità di cura e di assistenza.
Non mi scorderò mai di rimarcare le necessità di questi malati, vittime di una patologia che ti toglie tanto, ma veramente TANTO, sentinelle di un mondo inquinato che ha bisogno di cambiare, di migliorare, di progredire verso una società più umana e rispettosa dell'ambiente e dell'essere umano.

Marco

mercoledì 16 novembre 2011

Autismo: in 20 anni casi decuplicati, oggi un bambino ogni 200

(AGI) - Roma - I casi di autismo sono sempre piu’ frequenti nel nostro paese: se venti anni fa la patologia colpiva un bambino ogni 2.000, oggi colpisce un bambino ogni 200, con i casi che quindi in due decenni sono addirittura decuplicati. Una crescita esponenziale di un disturbo, segnalano gli esperti, che ancora oggi viene troppo spesso diagnosticato in ritardo e affrontato con terapie non idonee. Eppure la possibilita’ di migliorare la qualita’ di vita di questi bambini autistici e delle loro famiglie dipende in maniera diretta dal tempismo con il quale si riesce ad effettuare una valutazione e, di conseguenza, dall’adozione di terapie mirate al singolo caso. “Un unico metodo non funziona per tutti”, osservano Federico Bianchi di Castelbianco e Magda Di Renzo, rispettivamente direttore e responsabile del servizio Terapia dell’Istituto di Ortofonologia che di fatto propongono due progetti distinti - uno relativo all’individuazione del disturbo, l’altro alla terapia - evidenziando che circa il 70% dei bambini in cura ha migliorato la propria diagnosi passando da una situazione di autismo ad una di spettro autistico, mentre il 24% e’ addirittura uscito dall’autismo a dimostrazione che questo disturbo e’ una gabbia da cui si puo’ anche uscire.
Nate e promosse dall’IdO, le due iniziative, dal carattere “innovativo”, sono al centro del convegno scientifico dal tema “Autismo Infantile. La centralita’ della diagnosi precoce per un progetto terapeutico mirato”, presentato oggi al convegno ‘Direfuturo-Il Festival delle giovani idee’ e promosso dallo stesso Istituto, in collaborazione con la Fondazione Telecom Italia e la casa editrice Magi Edizioni.
Il primo obiettivo raggiunto dall’istituto, e’ stato quello di distinguere all’interno della “disomogenea categoria dei bambini con disturbi autistici” due sottogruppi definiti con sintomatologia lieve e severa in base alla gravita’ dei punteggi ottenuti con le scale standardizzate: Autism diagnostic observation schedule Generic (Ados-G) e Childhood autism rating scale (Cars). Cio’ che e’ emerso in modo sorprendente e’ stata la presenza di intenzionalita’ nel sottogruppo con sintomatologia lieve, ovvero il fatto che esista la possibilita’ che il bambino possa comprendere le intenzioni dell’altro. Si tratta di una scoperta che ha messo “in discussione la ‘teoria della mente’ come spiegazione della maggior parte delle bizzarrie del bambino con autismo”, spiega Di Renzo nel sottolineare che “l’esperienza clinica ha evidenziato che lo sviluppo del bambino autistico segue le stesse linee di quello normodotato ma con tempi molto piu’ lenti”. (AGI)


12 novembre 2011

FONTE: disabili-oggi.it
http://www.disabili-oggi.it/archives/0002850.html

martedì 15 novembre 2011

Costretta a vivere in auto per allergie, Ester avrà un sussidio e cure a Londra

Il vicesindaco interviene a favore della ragazza che viveva in auto causa la «sensibilità chimica multipla» Lanciata sottoscrizione per le terapie in Inghilterra

ROMA - Per due anni la sua casa è stata un’automobile, la doccia una fontanella dell’ospedale San Giovanni. Ma adesso tornerà a vivere una vita «quasi normale», grazie alla solidarietà di chi ha conosciuto la sua storia dopo la denuncia di Corriere.it. Ester Lupo, per anni costretta a una vita da nomade a causa dell’MCS - una malattia che provoca la progressiva intolleranza a qualsiasi sostanza chimica - avrà un sussidio del Comune di Roma e potrà curarsi in un centro specializzato a Londra. Un lietofine per la giovane romana che aveva dovuto abbandonare il suo appartamento per 20 mesi e, in quel periodo di vita in strada, aveva collezionato 4.000 euro di multe per divieto di sosta.

L’APPELLO DI CORRIERE.IT - La sua storia, dopo l’appello lanciato l’8 settembre da Corriere.it per cancellare le sanzioni, ha sollevato l’interesse del Campidoglio. E qualche cosa di concreto, di positivo è accaduto. Il vicesindaco di Roma ha deciso di incontrarla personalmente: «Non sapevo nulla di questa patologia – ha spiegato Sveva Belviso – pensavo che alcuni elementi di questa storia fossero addirittura esagerati. Ma dopo aver visto le sue cartelle cliniche e averla conosciuta non abbiamo avuto dubbi e ci siamo subito attivati».

ANNULLATE MULTE, ARRIVA SUSSIDIO - Il Campidoglio, attraverso il comando dei vigili urbani, ha richiesto al Prefetto che vengano annullate tutte le sanzioni. Le multe accumulate in quei due anni saranno cancellate entro dicembre 2011. Per aiutare Ester, che a causa dell’MCS anni fa ha perso il lavoro, il vicesindaco ha anche stabilito che le venga corrisposto un sussidio mensile di circa 1.000 euro. Questa sovvenzione, però, da sola non basterebbe a coprire le spese sanitarie per una terapia adeguata. Per questo, l’Amministrazione Comunale ha lanciato una sottoscrizione in suo favore.

GARA DI SOLIDARIETA’ - I fondi raccolti ( C/C Postale n. 64306814, IBAN presso Banca Bnl IT48S0100503222000000000710 ) serviranno per finanziare un ciclo di immunoterapia di desensibilizzazione di 27 mila sterline a cui Ester si potrà sottoporre presso il Breakspear Hospital di Londra. Un centro all’avanguardia in Europa che consente di ridurre fino all’80 per cento i sintomi di questa patologia. «Spero che così Ester possa tornare ad avere una vita di relazione normale e trovare anche l’amore», ha commentato la Belviso.

UNA NUOVA SPERANZA - Oltre a Ester, a Roma sono diverse decine le persone che convivono con la sindrome da Sensibilità Chimica Multipla (MCS). «Ci risulta che nella nostra città ci sia un altro caso grave come quello della signora Lupo – ha sottolineato il vicesindaco -. Se questa persona ci contatterà applicheremo la stessa procedura». Dopo anni di sofferenze e una vita da nomade, Ester è incredula: «Devo ancora prendere coscienza di tutto, ma sono molto felice. Quindici giorni fa sono stata costretta a tornare in macchina perché i vicini di casa avevano inconsapevolmente usato vernici e solventi. Ora mi sembra un sogno, spero che si realizzi presto».

Sofia Capone
Giuseppe Cucinotta

28 ottobre 2011

FONTE: corriere.it
http://roma.corriere.it/roma/notizie/cronaca/11_ottobre_28/storia-di-ester-sara-curata-lietofine-1901977159791.shtml


Ecco una di quelle notizie che fa davvero piacere riportare su questo blog.
Invito tutte le persone che ne hanno la possibilità, ad aiutare Ester con un contributo alle coordinate riportate nell'articolo, affinchè il sogno di poter partire per il Breakspear Hospital di Londra possa diventare realtà.
Naturalmente la speranza di tutti è quella che i malati di Sensibilità Chimica Multipla in futuro possano curarsi anche in casa propria, senza difficili e dispendiose trasferte all'estero, ma per fare questo è necessario allestire anche da noi delle cliniche altamente specializzate come questa o come quella del Dott. Rea a Dallas. Auguriamoci che questo possa veramente avvenire, per il bene di tanti malati.

Marco

domenica 13 novembre 2011

Allergica a tutto: è in Città Alta, ma ora la sua casa è a rischio

C'è un angolo di Città Alta che sembra incantato, affossato com'è nel verde appartato di Castagneta. Anche il nome profuma di quiete: Villa Luna. Per molti è solo un nome di uno dei tanti bed and breakfast che proliferano con fortuna in Città Alta e sui Colli. Per Marinella Oberti, invece, 53 anni, e per suo marito Bardhyl Canaku, Villa Luna è il nome dell'esilio.

E non è un esilio dorato, come potrebbe sembrare. I coniugi Canaku a Villa Luna sono finiti per necessità ormai quasi un anno fa, all'ultimo atto di una vicenda senza tregua iniziata sei anni fa quando Marinella scoprì che il male che la attanagliava fin da quando era bambina aveva un nome: MCS, Sensibilità Chimica Multipla, una malattia rarissima e sulla quale il dibattito scientifico è ancora aperto.

Si manifesta con una generale, progressiva intolleranza a qualsiasi sostanza chimica. Il che significa, nel nostro mondo, un'intolleranza alla vita di tutti i giorni: detersivi, smog, tessuti sintetici, profumi... Non è stato facile convincersi di avere una patologia così invalidante. Ma ancor meno facile è stato convincere la sanità italiana.

Le vicende giudiziarie avviate in questi sei anni da Marinella non potrebbero essere contenute in un libro. Nel frattempo, però, per Marinella e Bardhyl c'è un altro problema da risolvere: la casa. I coniugi Canaku abitavano a Boccaleone, ma la vita di condominio era diventata impossibile e in più pendeva uno sfratto esecutivo. Castagneta è stato un approdo d'emergenza, raggiunto grazie alla disponibilità dei proprietari e a un contributo straordinario del Comune, prorogato già due volte. E la prossima scadenza è il 15 novembre.

30 ottobre 2011

FONTE: ecodibergamo.it
http://www.ecodibergamo.it/stories/Cronaca/243397_allergica_a_tutto__in_citt_alta_ma_ora_la_sua_casa__a_rischio/

Video con la storia di Marinella Oberti:
http://www.ecodibergamo.it/videos/Video/14541/

giovedì 10 novembre 2011

Kamikatsu: il paese senza spazzatura

A Kamikatsu, 2.000 abitanti, non esistono cassonetti, ne rifiuti, tutto viene riciclato dagli abitanti



KAMIKATSU (GIAPPONE) - A Kamikatsu, piccolo paese giapponese di poco più di 2 mila abitanti situato nell’isola di Shikoku, non c’è neanche un cassonetto per le strade, né camion che ritirano la spazzatura, come riferisce la Bbc.

ZERO WASTE – I residenti sono obbligati a dividere i rifiuti in 34 diverse categorie e a consegnarli in apposti centri di recupero che si chiamano appunto Zero Waste Centre (Centro per l’azzeramento della spazzatura). Anche il compostaggio dei residui organici va effettuato a monte: ogni cittadino provvede autonomamente a smaltirli e in questo modo ognuno si sente responsabilizzato nel produrre meno spazzatura. La gente ha anche imparato a utilizzare i cosiddetti avanzi, lanciandosi in fantasiose ricette svuota-frigo.

GLI ALTRI RIFIUTI – Per ogni tipo di involucro e di residuo non organico è previsto invece il trasporto a un negozio locale, previa un’operazione domestica di lavatura e asciugatura. Vengono staccate a una ad una le etichette e successivamente i rifiuti vengono suddivisi nelle varie categorie. In cambio dell’onere che viene loro chiesto, gli abitanti di Kamikatsu, ricevono dei biglietti della lotteria.

QUASI TUTTI CONTENTI – Chiaramente si tratta di un lavoro non da poco, ma è anche vero che i cittadini dichiarano mediamente di sentirsi molto coinvolti e questo tipo di partecipazione dal basso li aiuta a rendersi conto delle proporzioni del problema, sentendolo di propria pertinenza. Stando ai risultati di un sondaggio, il 60% degli intervistati si dichiara soddisfatto dell’iniziativa, tanto da tollerare il disturbo che questa comporta. E per risolvere il problema di quel 40% che partecipano svogliatamente e turandosi il naso (è proprio il caso di dirlo), il sindaco Kasamatsu Kasuichi prevede semplicemente di convincerli della bontà dell’iniziativa: un camion dei rifiuti sarebbe più inquinante rispetto ai viaggi brevi dei singoli individui, per non parlare dell’inceneritore. Dunque per amor di patria e con il tempo, sostiene Kasuichi, anche i più indolenti si convinceranno.

L’ESEMPIO NIPPONICO – Non a caso questo esperimento d’eccellenza, studiato anche in altre parti del mondo, nasce in Giappone, paese notoriamente all’avanguardia quanto a immondizia. Già da tempo, esistono a questo proposito leggi molto severe e vige la regola di lasciare la spazzatura in angoli prestabiliti, in giorni prestabiliti e in sacchi prestabiliti, che devono avere un apposito colore.

15 luglio 2008

FONTE: youkosoitalia.net
http://www.youkosoitalia.net/2008/07/15/kamikatsu-il-paese-senza-spazzatura/


Questo è il nono articolo di seguito che dedico al problema rifiuti-discariche-inceneritori, ed ora credo che per un pò mi fermerò, anche se certamente in futuro tornerò sull'argomento.
L'articolo in questione è un pò datato, ma quanto mai attuale, e mostra il singolare caso di questo villaggio giapponese in cui viene praticata una raccolta differenziata spinta ai massimi livelli, in cui tutto viene differenziato e quindi riciclato. Questo è davvero un bell'esempio di civiltà e rispetto per l'ambiente, ma vorrei altresì ricordare l'importanza di cercare di produrre il minor quantitativo di scarti possibile, anche per preservare le risorse del nostro pianeta, e da parte delle industrie quello di cercare di produrre ogni cosa in materiale riciclabile (o biodegradabile laddove questo è possibile). Se questo avverrà, non ci sarà bisogno di aprire nuove discariche o costruire altri inceneritori, ma anzi, queste potranno essere chiuse, con grandissimo vantaggio per l'ambiente e la salute dell'uomo, e grande risparmio delle risorse della nostra cara madre Terra.

Marco

lunedì 7 novembre 2011

Come riciclare al 99%: il Centro Riciclo Vedelago



Al Centro Riciclo di Vedelago non si butta via niente. Qui il rifiuto non più riciclabile diventa risorsa riutilizzabile. Grazie ad un'intuizione tutta italiana...

Il trevigiano è la zona del Veneto, se non d'Italia, dove la raccolta differenziata funziona e bene. In certi comuni, i dati parlano di un 70% di raccolta, ma c'è chi punta al 90% e oltre. E a Vedelago esiste un centro di raccolta definito 'a rifiuti zero'.

Qui arrivano decine e decine di autoarticolati, ogni giorno. Ci accoglie la titolare del centro, Carla Poli, madre di Alessandro Mardegan, l'ideatore del macchinario che trasforma il rifiuto non più riciclabile in materia prima seconda.

La raccolta
La prima parte dell'impianto tratta la frazione secca riciclabile proveniente dalla raccolta differenziata dei comuni limitrofi (ma arriva pure da Belluno e da Imola). Il bacino di utenza serve più di un milione di abitanti. Qui viene effettuata una prima divisione del rifiuto: carta, vetro, metallo e le varie tipologie di plastica.

Molti sono gli oggetti merceologici composti da polimeri diversi, spesso inutilizzzabili da parte di chi raccoglie o li tratta. Dopo la prima cernita, che toglie pezzi di ferro, scarpe, vestiti di ogni genere (sì, la gente ce li infila pure nella plastica), vengono raccolti i vari imballaggi.

In questo punto dell'impianto avviene una suddivisione definita da Mardegan 'di alta qualità', perché fatta tutta a mano dai dipendenti del centro, la maggior parte immigrati. Di qualità perché, più il prodotto è omogeneo, cioè dello stesso polimero, più diventa valorizzabile. Ad esempio, il PET in commercio, lo si trova di tre tipi diversi: trasparente, leggermente colorato, molto leggero.

Alla fine di quella che pare una catena di montaggio di una qualsiasi fabbrica, esce una quantità enorme di plastica di tutti i tipi, dai sottovasi ai giocattoli, dal polistirolo a frammenti ormai irriconoscibili. E questa montagna, che fine fa? Alessandro sottolinea che, di tutto il raccolto, questo risulta essere il 25/30% del totale in volume, che come consuetudine, diviene C.D.R. (carburante da rifiuto). In pratica viene bruciato negli inceneritori o finisce nelle discariche.

L'idea
Perché non trovare il modo di trasformare ciò che viene definito (dalla legge) come rifiuto secco non riciclabile, in materia prima seconda? E come?

Per capire meglio ci si deve spostare nella seconda parte dello stabilimento, dove la matrice secca viene tritata meccanicamente, per essere trasformata alla fine del ciclo in sabbia sintetica.

L'idea di Alessandro parte dalla modifica di un macchinario già in commercio - sembra un 'tritacarne gigante'. Tramite la semplice forza meccanico-fisica (processo definito di estrusione), i granuli di plastica vengono prima compressi e alla fine, grazie agli attriti all'interno del 'tritacarne', vengono fusi, dando vita ad un nuovo materiale. Tutto senza alcun tipo di combustione o di utilizzo di combustibile.

Niente emissioni quindi. Ma dall'interno della macchina si vede uscire del fumo: "È semplice vapore acqueo - assicura Martegan - l'ultima frazione umida residua presente nella plastica".

Il prodotto finale
Una sabbia sintetica eterogenea, di varie dimensioni granulometriche, che troverà utilizzo per i prodotti più disparati. Si và dall'edilizia ai vari stampati in plastica. Panchine, sedie, dissuasori di velocità, vasi per le piante, cestini per i rifiuti e altro ancora.
Uscendo, Alessandro mostra orgoglioso il giardino che spesso ospita le varie scolaresche che vengono a visitare il Centro: l'unico materiale utilizzato è la sabbia sintetica da loro prodotta, letteralmente il rifiuto che torna a nuova vita.

07/10/2010

FONTE: lifegate.it
http://www.lifegate.it/it/eco/profit/impatto_zero/interviste/il_centro_di_raccolta_che_ricicla_al_99.html



http://www.centroriciclo.com/


ESTRUSORE
DI COSA PARLIAMO?

A valle di una raccolta indifferenziata efficiente, che vuole dire come minimo che l'80% dei rifiuti vengono portati a riciclo e riuso, il progetto alternativo prevede una macchina chiamata estrusore ed un processo certificato dall'Università di Padova: vediamo com'è fatto.

La frazione residua secca (“secco” significa che la parte umida è stata già separata grazie alla raccolta dell'organico) viene ulteriormente selezionata per recuperare materiali riciclabili erroneamente introdotti (metalli, carta, plastiche, tessuti...)

La parte residua che rimane dopo questa selezione viene introdotta nell'impianto di estrusione.

La macchina, attraverso un processo di omogeneizzazione che prevede una triturazione e poi uno sfregamento meccanico dei materiali (quindi senza alcuna combustione e con temperatura di circa 150 gradi), produce in uscita un granulato a base plastica stabile, nella forma di un salsicciotto sanificato che viene poi raffreddato e macinato in due misure.
• La più grossolana ne fa una materia utilizzata nello stampaggio di plastiche nella produzione di mattonelle, barriere stradali, dossi riduci velocità.
• La più fine viene venduta al comparto edilizio, che la utilizza nella produzione di calcestruzzi, che risultano, con l'apporto di questa sabbia sintetica al posto della sabbia naturale, più resistenti, elastici e leggeri rispetto ai laterizi tradizionali.

La tecnologia di estrusione è stata messa a punto al Centro Riciclo Vedelago,
una società privata che dal 1999 è in grado di generare utili senza alcuna sovvenzione pubblica, azienda che si occupa del trattamento dei rifiuti per un bacino di oltre 1 milione di utenze in Veneto.
Questa procedura è esportabile ovunque ed ha la peculiarità di potersi adattare secondo le necessità del territorio di utilizzo. Anche i costi di realizzazione sono piuttosto interessanti.
Si è calcolato che un centro riciclo tarato sulle esigenze del territorio di una provincia di medie dimensioni, abbia un costo che non supera i 10 milioni di euro.

Anche sul fronte del rientro dei capitali la soluzione Vedelago permette un piano economico non indifferente:
in 3 anni l'impianto è in grado di pagarsi l'investimento e di arrivare all'utile.

Sul fronte emissioni il match estrusore contro inceneritore non comincia neppure.
Il centro riciclo non possiede camino perché non brucia nulla.
Meglio ripetere il concetto: non brucia nulla.
Ciò che esce dalle sue lavorazioni a freddo è materia riciclabile reimmessa nel ciclo produttivo in un cerchio che continuamente si chiude, e che può non avere fine.
La materia, una volta utilizzata, torna a essere materia da utilizzare un'altra volta.

I rifiuti, trattati a freddo, non producono alcuna sostanza tossica,
non ci sono fumi ne emissioni in atmosfera, il bilancio ecologico prima e dopo trattamento è uguale a zero, perché qui si “trattano” i rifiuti, non si “bruciano”. La materia rimane tale e non viene trasformata, come ad esempio fa l'inceneritore, che trasforma i rifiuti dallo stato solido a quello gassoso, andando semplicemente a spostare il problema dal suolo all'aria che respiriamo.

L'estrusione quindi è una delle soluzioni possibili, per gestire l'ultima parte residua, fattibile oggi.
E' quella al momento più studiata, ed impianti similari a quello attivo a Vedelago sono già in funzione in Sardegna (Tergu) ed in Lazio (Colleferro).

Questi centri hanno inoltre il merito di gestire in casa i propri rifiuti chiudendo quel cerchio che invece l'inceneritore non è in grado di fare, avendo bisogno comunque di una discarica di servizio per seppellire le proprie ceneri e scorie prodotte (30% dei rifiuti in entrata).
Una discarica che anche Enia prevede nel suo piano e considera indispensabile, con tanti saluti all'affermazione che con gli inceneritori non ci vorranno più le discariche!

FONTE: gestionecorrettarifiuti.it


Dopo aver postato in cosa si caratterizza la "Strategia Rifiuti Zero", ecco qui di seguito spiegato quello che avviene nel Centro Riciclo Vedelago di Carla Poli, nel quale vengono ulteriormente trattati i rifuti, (li chiamiamo "rifiuti" per comodità, ma in realtà sono semplicemente materiali che che possono e DEVONO essere riutilizzati), quelli del residuo secco che purtroppo, ahinoi, vengono solitamente conferiti in discariche o, peggio ancora, bruciati in dannosissimi inceneritori, mentre in questo centro vengono ulteriormente selezionati e, la parte residua di essi, viene trasformata in preziosa sabbia sintetica, molto ricercata sul mercato, attraverso un processo di estrusione a freddo. In questo modo si riesce a riutilizzare quasi il 100% dei nostri materiali di scarto, materiale inerte che diviene altro materiale inerte, pronto per essere riutilizzato in varie modalità.
E' un processo tanto semplice, così elementare che capirebbe anche un bambino, ma sopratutto è un processo ecologico, sensato e naturale... naturale perchè è naturale aver cura di riutilizzare ciò che abbiamo creato dalle materie prime che la nostra Madre Terra ci offre (e che non sono infinite), anzichè pensare di buttarle o incenerirle provocando un enorme danno ambientale e a noi stessi.
E ora che tutti gli uomini capiscano questo, e sopratutto le Amministrazioni.... tutti noi ci dobbiamo impegnare a tutelare le risorse che la nosta Terra ci offre, per creare un mondo e una società migliore, un mondo che daremo nelle mani dei nostri figli affinchè anch'essi possano contribuire a migliorarlo ulteriormente.

Quindi BASTA INCENERITORI, BASTA DISCARICHE, questa è la strada da seguire, quello che avviene a Vedelago, quello che potrebbe avvenire dovunque sol che lo si voglia! Il centro riciclo Vedelago ha tracciato la strada da seguire per il trattamento dei rifiuti residui e ora è compito di ognuno (e lo ribadisco, sopratutto delle Amministrazioni a cui va fatta conoscere questa strada se ancora non la conoscono) impegnarsi a seguire questa via per un mondo più pulito e quindi migliore.

Marco

mercoledì 2 novembre 2011

Strategia Rifuti Zero. Che cos'è?



Nei paesi industrializzati, ognuno di noi in una sola giornata produce in media 1,5 kg di rifiuti, per un totale di tonnellate e tonnellate di materiale inutilizzato che quotidinamente finisce in discarica o peggio, in dannosissimi impianti d'incenerimento. Ma esistono alternative oppure siamo destinati per sempre a procedere con questo sistema dal gravosissimo impatto ambientale?

Albert Einstein diceva che “I problemi non possono essere risolti con gli stessi schemi mentali che li hanno generati”. La soluzione all’emergenza rifiuti va dunque cercata con nuove idee e con una crescita culturale di amministratori e cittadini.

Fortunatamente esistono una serie di azioni che, se adottate contemporaneamente, sono in grado di risolvere anche questo problema di cui noi uomini siamo direttamente responsabili. Un personaggio in particolare, vale a dire Paul Connet (Prof. emerito in chimica alla St. Lawrence University di New York) si è impegnato al fine di ideare una strategia mirata alla riduzione, al riciclaggio ed al riutilizzo dei prodotti in commercio. La cosidetta “Strategia Rifiuti Zero” o “Zero Waste Strategy”.

La "Strategia Rifiuti Zero” si propone di dare un valore e un’utilità agli oggetti che hanno esaurito la fase del consumo. In questo modo il concetto stesso di "rifiuto" non esiste più, in quanto tutto dovrebbe poter essere riutilizzato o riciclato.

La considerazione iniziale alla base di Rifiuti Zero è la seguente: il trattamento dei rifiuti non è un problema tecnologico (le soluzioni tecniche ci sono già o si possono trovare incentivando la ricerca e stimolando il mercato e le aziende), né di managerialità (i consulenti non sono quasi mai politici ma tecnici, esperti, e manager già ora e questo non evita lottizzazioni politiche, malaffare, sprechi), ma di strategia, organizzazione, educazione e progettazione industriale e, naturalmente, di corretta amministrazione pubblica.

Quando in una comunità il 75-80% del problema della gestione dei rifiuti è risolto, per mezzo della raccolta differenziata porta a porta, la parte che resta può essere considerata come causata da un “errore di progettazione” delle imprese. Cosa significa? Che per completare davvero il ciclo virtuoso dei rifiuti bisogna agire sulla produzione dei beni e impedire alle industrie di concepire e produrre materiali NON RICICLABILI. Solo così riusciremo ad arrivare davvero a Rifiuti Zero.
Per fare qualche esempio concreto, i piatti, i bicchieri, le posate, i tovaglioli, gli asciugamani e i fazzoletti usa e getta dovrebbero scomparire, per i primi tre si può al massimo optare per quelli biodegradabili, per gli ultimi tre si dovrebbero usare solo quelli in tessuto.

La politica deve fare la sua parte e promuovere iniziative legislative che obblighino le industrie ad interrompere la produzione dei materiali non riciclabili per arrivare ad una esclusiva produzione di materia facilmente riciclabile.
In questo modo tutto quello che arriva ai consumatori diventa facilmente recuperabile come materia prima seconda dalla quale ricavare nuovo prodotti.
E' la strada che da anni è stata intrapresa con il vetro, che può essere riciclato innumerevoli volte.
Chi butterebbe oggi del vetro nel cassonetto?
Perché ancora lo facciamo con la plastica?
Tutte le plastiche devono diventare completamente riciclabili e riutilizzabili “n” volte dall'industria di produzione.
Con vantaggi per tutti:

• Economici perché questi materiali costano meno della materia vergine.

• Ambientali perché riciclando i materiali si utilizza meno energia, si inquina di meno l'ambiente, non si brucia nulla.

• Sanitari perché la materia non viene trasformata dagli inceneritori in nanoparticelle che noi respireremmo nell'ambiente circostante.

• Culturali perché finalmente riusciremmo a trasmettere ai cittadini il concetto di risparmio delle energie e delle materie, il concetto di ambiente finito e fragile, il concetto della responsabilità sociale di tutti davanti al resto del mondo.

Naturalmente ognuno di noi deve fare la propria parte. I nostri piccoli gesti quotidiani possono veramente cambiare il mondo, è necessario solo impegnarsi un pò, cambiare la nostra cultura, la nostra mentalità e anche i nostri comodi modi di fare che purtroppo, troppo spesso, non vanno nella direzione della tutela dell'ambiente. Questo lo dobbiamo fare per il nostro pianeta, di cui noi uomini dovremmo tutti considerarci come i custodi (e non come scellerati padroni che possono permettersi di fare tutto quello che vogliono), per noi stessi e per le generazioni future.


DIECI MOSSE PER UNA STRATEGIA "RIFIUTI ZERO"

Il Progetto Rifiuti Zero si basa su 10 step o mosse, esposta più volte da Paul Connet, anche recentemente presso la Commissione per la sostenibilità ambientale dell’ONU. Vediamo quali sono i 10 punti chiave di questa strategia.

Prima mossa: organizzare la raccolta differenziata. La gestione dei rifiuti non è un problema tecnologico, ma organizzativo dove il “valore aggiunto” non è quindi la tecnologia ma il coinvolgimento della comunità chiamata a collaborare.

Seconda mossa: organizzare una raccolta differenziata porta a porta. L’unico sistema efficace di raccolta differenziata in grado di raggiungere in poco tempo e su larga scala quote percentuali superiori al 70%. Il sistema migliore è quello dei ‘magnifici 4’. Quattro contenitori per quattro tipologie di flusso di scarti: organico, carta, multi materiale (vetro, metallo, lattine, plastiche), frazione non riciclabile. Il ritiro va previsto secondo un calendario prestabilito.

Terza mossa: realizzazione di un impianto di compostaggio da prevedere prevalentemente in aree rurali e quindi vicine ai luoghi di utilizzo da parte degli agricoltori.
Compostaggio significa ottenere fertilizzanti naturali dalla frazione umida dei rifiuti solidi urbani (1/3 dei rifuti solidi giornalieri che noi produciamo) dagli scarti di produzione agricola e industriale biodegradabili.

Quarta mossa: realizzazione di piattaforme impiantistiche per il riciclaggio per recuperare e valorizzare i materiali cartacei, i metalli ferrosi e non ferrosi, il vetro, le plastiche.

Quinta mossa: iniziative per la riduzione alla fonte dei rifiuti con la diffusione dell’autocompostaggio familiare, con la sostituzioni delle stoviglie e bottiglie di plastica nelle mense pubbliche dove utilizzare acqua di rubinetto, con la sostituzione dei pannolini usa e getta con pannolini riutilizzabili, introduzione e diffusione di sistemi alla spina nella vendita di latte, bevande, detergenti, prodotti alimentari, sostituzione dei sacchetti di plastica con borse riutilizzabili per la spesa.

Sesta mossa: realizzazione di centri per la riparazione, il riutilizzo, la decostruzione degli edifici, in cui beni durevoli, mobili, porte, finestre, materiali in legno, in ceramica e manufatti edilizi vengono riparati, riutilizzati e venduti. Questa tipologia di materiali, che costituisce circa il 3% del totale degli scarti, riveste un grande valore economico, che può arricchire le imprese locali, con un'ottima resa occupazionale dimostrata da molte esperienze in Nord America e in Australia.

Settimana mossa: introduzione di sistemi di tariffazione che facciano pagare le utenze sulla base della produzione effettiva dei rifiuti non riciclabili inviati a raccolta/smaltimento. Questo meccanismo premia il comportamento virtuoso dei cittadini e li incoraggia ad acquisti piu' consapevoli.

Ottava mossa: a ) realizzazione, possibilmente in fronte discarica, di un impianto di selezione e recupero dei rifiuti residui in modo da recuperare ancora materiali riciclabili sfuggiti alla raccolta differenziata, impedire che materiali tossici possano essere inviati nella discarica transitoria e per stabilizzare la frazione organica residua eventualmente sottoposta anche a recupero energetico attraverso la digestione anaerobica.
Con questa selezione se ne va, come recupero di materia, il 50% del rifiuti secco residuo, la prova che anche nell'indifferenziato residuo c'è ancora una quota importante di materia recuperabile.
Questo materiale può essere ulteriormente trattato dall'estrusore: un macchinario che omogeneizza per sfregamento il materiale residuo (che è composto in massima parte ancora da plastiche) per farne uscire una sabbia sintetica che viene poi venduta al comparto delle costruzioni e dei manufatti plastici: guadagnandoci.
b) realizzazione di un “Centro di ricerca Rifiuti Zero” situato tra l’impianto di recupero e selezione e la discarica con gli scopi di studio del residuo e di riprogettazione industriale.

Nona mossa: il “Centro di ricerca Rifiuti Zero” attiva una serie di sinergie con gli altri aspetti della sostenibilità ambientale quali il risparmio e il recupero energetico tramite digestione anaerobica, la promozione dell’agricoltura biologica attraverso l’impianto di produzione di compost e il ricorso ai prodotti derivanti dalla filiera corta, della bioarchitettura, attraverso le pratiche di risparmio energetico e del riutilizzo di manufatti derivanti dalla decostruzione degli edifici.

Decima mossa: raggiungimento entro il 2020 dell’azzeramento dei rifiuti, ricordando che la Strategia Rifiuti Zero si colloca oltre il riciclaggio dei rifiuti. In questo modo Rifiuti Zero, innescato dal "trampolino" del porta a porta, diviene a sua volta "trampolino" per un vasto percorso di sostenibilità, che in modo concreto ci permette di mettere a segno scelte a difesa del pianeta.


Attraverso questi 10 mosse possiamo arrivare a una riduzione dei rifiuti prossima al 100%.
La piccolissima parte che rimane è una briciolina di materia stabile (non fa più reazioni nè odori) che, per questo, possiamo tranquillamente accantonare.
La differenza?
Questa minima parte è enormemente inferiore ai residui che produce un inceneritore, che oltre ad essere molti di più, non sono residui stabili ma instabili e tossici, per cui pericolosi e con un costo elevatissimo di smaltimento, e necessitano di discariche speciali perché talmente inquinanti che nessuno in Italia è in grado di trattare e devono prendere (a spese nostre) la via della Germania, della Cina o dei Balcani.


DOVE VIENE APPLICATA LA STRATEGIA RIFIUTI ZERO?

La strategia Rifiuti Zero è stata abbracciata da nazioni come la Nuova Zelanda, l'Australia, il Canada e la California. L'emblema di quest'ultima è San Francisco, una citta da 850mila abitanti, non ideale da un punto di vista territoriale per questa strategia, a causa dei tanti grattacieli, del poco spazio disponibile e delle tante etnie presenti, ma che nel corso di pochi anni è arrivata a un trattamento dei rifiuti del 75%, con l'obiettivo di arrivare vicini al 100% nel 2020.
Anche in Olanda, la società Van Gansewinkel Groep, il locale gestore dei rifiuti, ha abbracciato una filosofia simile, denominata “Dalla culla alla Culla”, che porterà, tra l'altro, allo smantellamento degli inceneritori in gestione.

In Italia, fino ad ora, sono 58 i Comuni (numero certamente destinato a salire) che hanno aderito alla Strategia Rifiuti Zero, per un totale di quasi 2 milioni di persone.
Ecco, di seguito, l'elenco di questi Comuni:

01. CAPANNORI (Lucca) 45.855 abitanti
02. CARBONIA (Carbonia Iglesias) 29.821
03. AVIANO (Pordenone) 9.277
04. GIFFONI SEI CASALI (Salerno) 5.271
05. VINCHIO (Asti) 677
06. COLORNO (Parma) 8.979
07. SERAVEZZA (Lucca) 13.449
08. CALCINAIA (Pisa) 11.396
09. MONSANO (Ancona) 3.223
10. MONTIGNOSO (Massa Carrara) 10.553
11. LA SPEZIA 95.641
12. VICO PISANO (Pisa) 8.417
13. CORCHIANO (Viterbo) 3.796
14. SOMMA VESUVIANA (Napoli) 35.097
15. BOSCOREALE (Napoli) 26.920
16. MONTE SAN PIETRO (Bologna) 10.976
17. MAIORI* (Salerno) 5.649
18. COLLESANO (Palermo) 4.254
19. FORTE DEI MARMI (Lucca) 7.760
20. SASSO MARCONI (Bologna) 14.719
21. MARINEO (Palermo) 6.814
22. VILLA BASILICA (Lucca) 1.789
23. PIETRASANTA (Lucca) 24.833
24. BORGO A MOZZANO (Lucca) 7.381
25. PORCARI (Lucca) 8.121
26. MASSAROSA (Lucca) 22.933
27. VILLA VERDE (Oristano) 384
28. ALESSANO (Lecce) 6.552
29. CORSANO (Lecce) 5.693
30. GAGLIANO DEL CAPO (Lecce) 5.485
31. MORCIANO DI LEUCA (Lecce) 3.460
32. PATU' (Lecce) 1.740
33. SALVE (Lecce) 4.708
34. TIGGIANO (Lecce) 2.931
35. MIRABELLO MONFERRATO (Alessandria) 1.399
36. CALATAFIMI SEGESTA (Trapani) 7.258
37. SAN SEBASTIANO AL VESUVIO (Napoli) 9.561
38. PORTICI (Napoli) 53.981
39. TRECASE (Napoli) 9.311
40. TORRE DEL GRECO (Napoli) 87.197
41. BOSCOTRECASE (Napoli) 10.645
42. UMBERTIDE (Perugia) 16.890
43. ALCAMO (Trapani) 45.835
44. BUSETO PALIZZOLO (Trapani) 3.095
45. CASTELNUOVO CILENTO (Salerno) 2.614
46. ANGUILLARA (Roma) 18.882
47. BRACCIANO (Roma) 18.889
48. CERVETERI (Roma) 36.229
49. LADISPOLI (Roma) 40.855
50. MANZIANA (Roma) 6.951
51. ORIOLO ROMANO (Roma) 3.759
52. TREVIGNANO ROMANO (Roma) 5.949
53. BIANCAVILLA (Catania) 23.947
54. SENIGALLIA (Ancona) 45.027
55. CARRARA (Massa-Carrara) 65.573
56. NAPOLI 959.574
57. VENAFRO (Isernia) 11.545
58. CASTELBUONO (Palermo) 9.301

Totale abitanti 1.945.271


ALCUNI CONSIGLI UTILI PER EVITARE DI FARE RIFIUTI

Per poter arrivare ad avere un mondo senza rifiuti e per risparmiare al massimo le risorse del nostro pianeta, che non sono certamente infinite, è necessario che ognuno faccia la propria parte, e questo non solo operando un attenta differenziazione dei nostri materiali di scarto, ma anche e sopratutto cercando di ridurli.
Questo è un elenco di consigli per ridurre la nostra produzione di rifiuti, che chiunque con un po' d'impegno e di attenzione può fare senza problemi.

Una delle cose più importanti da fare sarebbe quella di acquistare prodotti con il minor imballaggio possibile.
Il massimo ci sarebbe se gli imballaggi fossero del tutto evitati e questo si potrebbe fare evitando di portare con sé oltre le buste sopra citate, contenitori per mettere i prodotti del banco fresco, la macelleria e la pescheria, e con l'aiuto dei negozianti che dovrebbero installare dei distributori: contenitori per detersivi e prodotti per l'igiene personale, latte, ma anche pasta, cereali ecc. Insomma, si dovrebbe tornare a quella che in passato veniva definita: drogheria. D'altra parte i rifiuti sono un prodotto moderno e se vogliamo migliorare le cose non sarebbe male fare qualche passo indietro tornando alle sane abitudini di una volta.

Abbandoniamo sacchetti e contenitori usa e getta di plastica o di carta, sostituendoli con buste e contenitori riutilizzabili, possibilmente in tela o vetro.

Acquistiamo sempre frutta e verdura freschi, al posto di quella impacchettata con vaschette e pellicole varie. Oltre a risparmiare una notevole quantità di materiali si mangia anche più sano.

Se ci piacciono biscotti, snack o merendine, acquistiamo quelle sfuse contenute in un unica grande confezione, piuttosto che quelle che hanno ciascuna la propria confezione in plastica.

Per sigillare piatti e scodelle, utilizziamo coperchi o piatti al posto della pellicola trasparente, molto comoda ma poco sostenibile.

Utilizziamo piatti di ceramica, bicchieri di vetro e stoviglie di metallo (o di ceramica) al posto di piatti, bicchieri e stoviglie di plastica.


Prediligiamo attrezzi manuali come temperamatite, grattugie, apriscatole, spremiagrumi semplici al posto di quelli elettrici.

Utilizziamo tovaglie e tovaglioli in tessuto al posto di quelli di carta usa e getta. In questo modo si risparmia un enorme quantità di spazzatura.

Usiamo dei teli di cotone, lavabili e riutilizzabili al posto della carta assorbente.

A meno di un bruttissimo raffreddore, utilizziamo fazzolettini in tessuto al posto di quelli di carta usa e getta. Sono più delicati e sostenibili sia per il nostro naso che per l’ambiente.

Utilizziamo l'acqua del rubinetto al posto di quella venduta in bottiglie di plastica e vetro. Molti studi dimostrano che l'acqua in bottiglia non è migliore di quella di rubinetto, e se proprio non ci si fida, si può ricorrere ai depuratori da collegare al nostro rubinetto. Oltre ad evitare un enorme spreco di plastica e vetro (comunque riciclabile) si risparmieranno anche molti soldi.
Per gli amanti delle bottiglie, le bottiglie di vetro sono sicuramente migliori di quelle di plastica, in quanto non rilasciano sostanze nocive (sopratutto ftalati).
Ultimamente sono entrate in commercio bottiglie di materiale vegetale biodegradabile, non ottenuto ovviamente dall'utilizzo di petrolio, che possono essere una validissima ed ecologica alternativa alle bottiglie di plastica e possono essere conferite nell'organico.

Per le pulizie utilizziamo dei panni riutilizzabili in tessuto al posto di quelli usa e getta. Il panno usa e getta cattura la polvere e poi va dritto nel cestino dell’indifferenziata, semplificandoci la vita ma accrescendo, nello stesso tempo, la nostra produzione quotidiana di rifiuti. I panni riutilizzabili in tessuto invece si possono utilizzare un infinità di volte avendo soltanto la piccola necessità di essere lavati o sciacquati prima del loro riuso.

Acquistiamo sempre, quando possibile, batterie ricaricabili: sul lungo periodo, l’investimento iniziale verrà completamente compensato, con grande gioia sia dell’ambiente che del nostro portafoglio.

Evitiamo di ricevute le comunicazioni bancarie cartacee. Al giorno d'oggi, grazie all'internet banking si può consultare il proprio estratto conto direttamente on-line: tutte le banche si sono attrezzate per offrire questo tipo di servizio, che fà anche risparmiare tempo.

Alcuni esempi per l'igiene della persona

Utilizziamo rasoi che durano nel tempo, quelli in cui si devono sostituire solo le lame, al posto di quelli usa e getta.

Utilizziamo spazzolini da denti con la testina spazzolino intercambiabile al posto di quelli fissi.

Teniamo la scatolina del filo interdentale e compriamo solo il rotolino di filo.

Utilizziamo assorbenti e tamponi usa e getta organici, in cotone biologico, più rispettosi del corpo e molto meno inquinanti rispetto agli assorbenti e tamponi “tradizionali” oppure, meglio ancora, la coppetta mestruale in silicone, riutilizzabile e quindi più economica, oltre che più sostenibile.

Utilizziamo pannolini lavabili in tessuto al posto di quelli tradizionali usa e getta, poco sostenibili e che costituiscono una delle porzioni più importanti dei rifiuti che non possiamo riciclare. Si deve lavorare un pò per via dei lavaggi, ma sono anche più delicati e prevengono possibili allergie.

Non utilizziamo il cotton fioc che non serve a niente.

Se abbiamo un bisogno urgente di pulirci le mani e non si ha a disposizione un lavandino, non utilizziamo delle salviette igienizzanti usa e getta, ma piuttosto un gel igienizzante che è decisamente più sostenibile e produce meno rifiuti, anche se non bisogna abusarne.

Cosa fare in ufficio?

Utilizziamo i fogli sempre fronte e retro, sia quelli per scrivere, sia quelli da stampare, sia quelli da fotocopiare.
La carta, andrebbe utilizzata solo quella riciclata, senza sbiancanti ottici e senza cloro, da evitare soprattutto la carta chimica per registratori di cassa o calcolatrici e la carta plasticata che non sono riciclabili.


Altre considerazioni

Un cosa molto importante che bisognerebbe fare e che esige un piccolo cambio di mentalità, ma che si rende quanto mai necessaria in questi tempi di crisi e di ristrettezze economiche, è quella di tornare ad aggiustare oggetti o elettrodomestici guasti, ma ancora perfettamente recuperabili e riutilizzabili, anziché buttarli via per comprarne dei nuovi. Questo discorso vale soprattutto per i prodotti elettronici.

Infine, una mentalità che genera zero rifiuti, è anche una mentalità che non vuole utilizzare prodotti dannosi per l'ambiente, perciò è sempre meglio comprare prodotti alimentari biologici (se tutti lo facessero cesserebbero di esistere coltivazioni OGM e l'utilizzo di pesticidi altamente dannosi per l'uomo e per l'ambiente) e prodotti per l'igiene personale e delle cose che non inquinano e quindi rispettosi di noi stessi e dell'ambiente.

4 novembre 2011

FONTI: qualenergia.it, legambientepse.org, gestionecorrettarifiuti.it, zerosilenzio.splinder.com, greenme.it