lunedì 27 febbraio 2012

Aiutiamo il piccolo Mattia Salamone

MATTIA è affetto da una gravissima forma di disabilità (Tetraparesi Spastica, e con una rara forma di Epilessia, la Sindrome di West che conta un caso su 150.000 bimbi) e, se sara' possibile... dovra' essere sottoposto a varie cure, un tipo di fisioterapia che non esiste purtroppo qui in Italia.

Queste terapie sono eseguite sia in Slovacchia, che negli STATI UNITI d'AMERICA, e da uno scienziato in Israele.
Il costo di entrambi i cicli di terapia e' molto alto, le spese comprendono appunto le terapie, il pernottamento e tutti i mesi che dovremmo affrontare.
Spese NON rimborsabili dalla Regione Siciliana!

Purtroppo queste spese sono molto alte, ed impossibili da affrontare dalla sua famiglia; il padre è in cassa integrazione, la moglie non lavora e, con un solo stipendio e un mutuo sulle spalle da pagare di oltre 900 euro al mese per 35 anni, per loro diventa un impresa assai ardua poter curare il proprio figlio.

Per questo il piccolo Mattia e la sua famiglia hanno bisogno del nostro aiuto, della nostra solidarietà e generosità.

Si può aiutarli facendo loro un offerta a queste coordinate:

CONTO CORRENTE INTESTATO A:

COMITATO AIUTIAMO MATTIA

COORDINATE IBAN:

IT70V0577216907000000000665

BIC/SWIFT: PSANIT3P


FONTE: gruppo Facebook "Sosteniamo il piccolo Mattia Salamone"


Per maggiori informazioni si può visitare il portale di Mattia:

http://www.ilportaledimattia.com/main/

Questi sono i gruppi Facebook di Mattia:

https://www.facebook.com/groups/180874238598175/
https://www.facebook.com/groups/51644759119/


 


Cari amici,
ancora e sempre le sorti di questi piccoli "angeli" dipendono anche da noi. Tocchiamoci il cuore e aiutiamo il piccolo Mattia e la sua meravigliosa famiglia facendo un offerta alle coordinate sopraindicate, ciascuno secondo le proprie possibilità. Non dimentichiamoci mai che tante gocce formano l'oceano e noi possiamo essere quell'oceano d'Amore di cui Mattia ha tanto bisogno.
Un Grazie di cuore a tutti coloro che lo vorranno aiutare.

Marco

sabato 25 febbraio 2012

“Ho la SLA, aiutatemi!” Barbara racconta il suo dramma

LA STORIA - Ha 37 anni, una figlia di 9, e lo scorso marzo ha scoperto di essere malata. Con grande determinazione sta affrontando il calvario e lancia un appello attraverso Cronache Maceratesi: "Si finanzi la ricerca, non abbandonateci"

«E’ una tragedia». Bastano poche parole a Barbara Giuggioloni per descrivere in maniera fin troppo chiara la situazione in cui si trova. Le pronuncia però con grinta e determinazione e dalla sua voce non appare neanche un minimo di rassegnazione.
Barbara ha 37 anni, ancora da compiere, vive col marito Carlo, col quale ha gestito una pizzeria al taglio, e con la figlia di 9 anni Corinne. La sua vita è completamente cambiata da quando, lo scorso marzo, ha scoperto di avere la SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica. L’abbiamo incontrata a casa sua, con i suoi cari. C’è anche la mamma Fernanda. A vederla è la Barbara di sempre, bellissima nei suoi capelli biondi e negli occhi dolci ed espressivi, sfrontata ma con classe. Si cura in ogni dettaglio, ha una bella collana al collo e con lo smalto di un rosso fiammante alle unghie, sembra farsi beffa della malattia che si è già manifestata rendendole difficoltosi i movimenti e limitandola anche nella parola. Barbara però non ci pensa per niente a lasciarsi andare, anzi consola la mamma commossa.

«Tutto è iniziato a marzo – ci racconta – quando ho iniziato ad avere problemi alla mano sinistra, non riuscivo a stringere. Poi ho iniziato ad inciampare e a perdere forza anche alla mano destra. All’ospedale di Macerata mi dicevano che probabilmente era uno stato d’ansia, ho fatto anche una cura per prendere peso ma la situazione peggiorava. All’ospedale di Ancona il dottor Logullo in quattro giorni mi ha diagnosticato la SLA ed è proprio una tragedia». Barbara ha dovuto lasciare ogni attività e vendere la pizzeria per dedicarsi alla terribile malattia. «Io ero una persona che difficilmente chiedeva aiuto – ci dice – ora invece…».
Ora invece ha bisogno di assistenza costante ma, nonostante tutto è pronta a lottare. Ha lanciato un appello su Facebook e ora lo ripete con forza sulle pagine di Cronache Maceratesi: «Chiedo, vi prego, la ricerca e la cura per la SLA. Se volete la cura viene fuori ma i tempi devono essere velocissimi perchè è una tragedia». La sua richiesta, pur non essendo rivolta a nessuno in particolare, è talmente decisa che sembra essere stata pronunciata proprio per essere colta da interlocutori specifici e consapevoli.
A fine gennaio Barbara andrà a Novara per tentare con le cellule staminali poi a Torino, col dottor Chiò che attualmente la segue, inizierà ad aprile una sperimentazione. «C’è pochissima conoscenza e informazione sulla malattia – sottolinea – noi siamo disposti a tutto – e i suoi familiari condividono le sue parole – purchè si trovi una soluzione. Gli interessi devono essere messi da parte per il bene dei malati».
Al momento non sono disponibili dati specifici sul numero dei malati ma indicativamente l’incidenza annua è di 2 pazienti ogni 100.000 abitanti mentre i pazienti sono circa 6-8 su 100.000. In totale nelle Marche ci sono circa 31.2 nuovi casi ogni anno con una lieve preponderanza maschile. Secondo la delibera della Regione i pazienti esistenti sono circa un centinaio.
Che i malati di SLA siano tanti o pochi, quello che conta è che abbiano una risposta e che chi può faccia in modo di dar loro delle risposta.

di Alessandra Pierini

12 gennaio 2012

FONTE: cronachemaceratesi.it
http://www.cronachemaceratesi.it/2012/01/12/ho-la-sla-aiutatemi-barbara-racconta-il-suo-dramma/





Mi unisco anch'io all'accorato appello di Barbara affinchè la ricerca vada avanti e si possa trovare al più presto qualcosa che possa curare, o quantomeno fermare, questa terribile malattia degenerativa.
Auguri per tutto Barbara !!!

Marco

mercoledì 22 febbraio 2012

Dean Du Plessis, il telecronista cieco che “sente” il cricket

E' pensabile che un uomo cieco possa fare, come professione, il telecronista sportivo? Umanamente parlando verrebbe spontaneo rispondere di no.... ma per Dean Du Plessis non è così.
Dean Du Plessis, cieco dalla nascita, lavora per la radio e la televisione dello Zimbawe e segue e commenta in diretta le partite di cricket, non sbagliando nulla, grazie ad un microfono inserito nel terreno di gioco e ad udito sensibilissimo che gli consente di distinguere il rumore della palla e intuirne velocità e rotazione.
"Sono nato con tumori su entrambe le retine - racconta - sarei dovuto sopravvivere solo 4 o 5 mesi e invece ho 35 anni e sto ancora giocando un buon inning" (cit. Tmnews.it)

La forza di volontà di Dean e la sua passione per lo sport sono encomiabili, permettendogli di fare ciò che probabilmente non sarebbe logico fare. Dean per adesso è secondo commentatore sportivo nell'emittente in cui lavora, ma lui sogna di poter vivere la sua passione a tempo pieno commentando le partite per una grande emittente televisiva. Noi, con tutto il cuore, gli auguriamo che questo desiderio possa concretizzarsi.


Marco

Febbraio 2012

lunedì 20 febbraio 2012

Simona che sublima la realtà, la danza a Sanremo e quel giorno che la Rai tagliò la sua arte. Con un pensiero a Candido


Tutto comincia da un sogno”. E da quella telefonata, un giorno, di Eleonora: “Ti aspettano in Francia per provare, si danza su un vero palcoscenico”. A Eleonora, ballerina e amica, Simona aveva confidato quel sogno: “Danzare su un vero palcoscenico”.

Chissà se ha pensato al sogno, quando era lì, sul palco di Sanremo, a danzare sulle – bellissime – coreografie di un maestro come Daniel Ezralow, con musiche che ogni generazione fa sue come quelle dei Nirvana, se poi il violino lo suona David Garret diventa incantesimo: lei, nata senza braccia, ad aprire il festival danzando.

“Cosa ti manca per essere felice?”: la domanda è il titolo del libro scritto da Simona Atzori. Chi si è accorto, in quella danza che le mancava una parte del corpo? Chi non ha visto le braccia e invece ha ammirato quei movimenti, quel corpo, quel talento e quella armonia?

L’unicità di Simona è quello che è: nascondere che non ha le braccia è sbagliato. Ci pensa la danza. A far capire che la diversità è in tutti. Simona è fantastica per quello. Oscar Pistorius non è il migliore, è fra i primi 15 sprinter del mondo sui 400 metri. Chi si ricorda anche uno solo degli altri 14? Oscar è conosciuto nel mondo perché fa quello che fa in maniera straordinaria senza gambe. Questa è la sua grandezza. Senza vergogne. Questa è la grandezza di Simona. Non nascondere la realtà. Sublimarla.

Vederla e pensare a Candido che, lassù, era commosso, al “…le sue braccia sono rimaste in Cielo, ma nessuno ha fatto tragedie…” scritto come sa fare lui, alla passione per Simona, a quella copertina di “E li chiamano disabili” voluta dalla moglie, Franca, ballerina splendida, che ben sa come la danza non fa differenze, esalta ciò che c’è e ciò che manca.

La danza di Simona all’Ariston ha mostrato che qualcosa sta cambiando. Grazie a lei e a quelli, testardi e pieni di talento, come lei. Morandi non ha raccontato la sua storia, ha detto il suo nome. Un ricordo personale per spiegare meglio. Era il 2006, Simona è la protagonista della Cerimonia di apertura della Paralimpiade di Torino, una delle più belle della storia dei Giochi, trasmessa in mondovisione, per la prima volta nella storia paralimpica in tutti i continenti, centinaia di milioni di persone a vederla. Per averla in diretta sulla Rai fu necessario un compromesso. Ero nel Comitato organizzatore della Paralimpiade, al quinto piano di viale Mazzini ci (oltre a me, fra gli altri, c’erano Luca Pancalli, presidente del Comitato paralimpico, e Tiziana Nasi, presidente di Com.Par.To.) ricevettero l’allora Presidente della Rai e un dirigente tuttora in auge. “Se la fate in prima serata non la mandiamo in diretta”: questo disse quel dirigente. Non volle sapere nulla di quello spettacolo fantastico, non volle sapere di Ligabue (qualche settimana prima lo avevano inutilmente implorato di andare a Sanremo) e Zanardi, di Messner e di quella freccia di Paola Fantato (prima al mondo a partecipare nello stesso anno a Olimpiade e Paralimpiade, un vanto mondiale dello sport) che abbatteva le barriere. Niente. Si parlava di Giochi per disabili, la prima serata non andava bene. Ripeteva solo: “O partite alle 18 o niente diretta”. Un incompetente (che naturalmente ora è salito di grado). Anche perché, fra le 18 e le 20, la Cerimonia coinvolse oltre 2 milione di spettatori. Figurarsi fosse stata in prime time. Cedemmo, fu spostato l’orario: caso più unico che raro in una cerimonia olimpica e paralimpica, si cominciò nel tardo pomeriggio in un evento nato per il buio e i giochi di luce. Inizio non promettente.

Finalmente, ecco Simona. Mancano pochi minuti ai fuochi d’artificio conclusivi. In tribuna c’era il Presidente Ciampi con la moglie. Diretta su Rai2, sto commentando insieme a Lorenzo Roata, colonna dello sport paralimpico in Rai. Sono le 20.15, mancano pochi minuti alla conclusione, è il momento più emozionante: Simona sta ballando un tango magnifico. In cuffia, ci comunicano: “Due minuti e chiudere”. Chiudere?!? Chiudere?!? Ma sta danzando Simona Atzori, come chiudere?!? Tentiamo di farlo capire. Niente: “Un minuto, 30 secondi…”. E Simona danzava. “Chiudere, 10, 9. 8…”. Un tango indimenticabile. “3, 2, 1…”. La gente era estasiata, Simona si muoveva come sa fare lei, come ha fatto davanti a Giovanni Paolo II al Giubileo 2000, come farà a Sanremo 2012. Ma quel funzionario, sconosciuto e probabilmente nemmeno redarguito, non se ne accorse. “Ok, siete fuori…”. Ci venne da piangere. Guardammo lo schermo: stavano andando in onda i cartoni animati di Tom&Jerry, mentre si attendeva il Tg della sera…

di Claudio Arrigoni

18 febbraio 2012

FONTE: invisibili.corriere.it
http://invisibili.corriere.it/2012/02/18/simona-che-sublima-la-realta-la-danza-a-sanremo-e-quel-giorno-che-la-rai-taglio-la-sua-arte-con-un-pensiero-a-candido/





Meravigliosa la storia di Simona Atzori, questa ragazza nata senza braccia, ma ricolma di talento (danza e pittura sono le sue passioni) e di un enorme Amore per la vita, che grazie a palcoscenici come quelli delle Paraolimpiadi 2006 di Torino e, cosa di pochissimi giorni fa, del Festival di Sanremo 2012, si è fatta conoscere, apprezzare ed amare dal grande pubblico.
Merita veramente conoscere la sua storia, e con grande gioia pubblico questo bellissimo articolo su di lei a pochi giorni dal suo trionfo di Sanremo. Un grande esempio per tutti. Grazie Simona.

Marco

sabato 18 febbraio 2012

Matteo , il disabile che studia da telecronista

Affetto da amiotrofia spinale fin dalla nascita, fa il commentatore sportivo su Telelombardia

MILANO - Vive a Appiano Gentile, a due passi dalla Pinetina dove si allena l'Inter, ma la sua fede calcistica è bianconera. Occhiali con la montatura nera, piercing alle orecchie e tatuaggi, Matteo Caronni ha 24 anni e un lavoro che molti tifosi pagherebbero per fare: il conduttore e commentatore sportivo di Telelombardia. Ma la sua presenza in video è anche una piccola rivoluzione: Matteo è l'unico conduttore disabile della tv italiana. Ci sono altri professionisti o ex atleti che collaborano con delle trasmissioni in veste di commentatori, ma si tratta di presenze sporadiche. Matteo, invece, da quasi due anni conduce tre trasmissioni e partecipa ad altre come esperto. A volerlo in diretta è stato il direttore di Telelombardia, Fabio Ravezzani, che lo ha assunto dopo un periodo di stage.

AMIOTROFIA - Matteo, che sta facendo il percorso per diventare giornalista professionista, soffre dalla nascita di amiotrofia spinale (SMA), una patologia genetica ereditaria, che comporta un gravissimo deficit della forza muscolare. Se anche la muscolatura respiratoria è compromessa, come nella forma più grave (detta SMA I ndr), la prognosi è infausta e la morte arriva, di solito, entro il primo anno di età. La forma di cui soffre Matteo, invece, seppur invalidante, è più lieve. «Ogni paziente fa storia a sé» spiega il conduttore. Gli sport di cui parla in tv, manco a dirlo, non ha mai potuto praticarli. Ogni mattina è sua madre a accompagnarlo al lavoro, dato che non può guidare. In redazione, invece, dove non ci sono barriere architettoniche, si muove agevolmente con la sua sedia a rotelle. I movimenti delle braccia e delle mani sono molto limitati, ma Matteo riesce a usare il mouse e altri supporti per rispondere ai tifosi nel suo blog di «Qui Studio a Voi Stadio». Per condurre, invece, i movimenti non occorrono. Ci vogliono flemma, preparazione, parlantina e un pizzico di ironia. «Per arrivare qui ho fatto come tutti i laureati quando escono dalle università. – sintetizza Matteo – Ho studiato scienze della comunicazione all'Università Bicocca di Milano e poi ho mandato curriculum dappertutto. Ho fatto un colloquio a Mediaset ma non mi hanno preso. Poi nel 2009 Fabio (Ravezzani, direttore di Telelombardia ndr) mi ha preso per uno stage e dopo due mesi mi ha proposto di condurre “Io Tubo”, trasmissione ideata da lui e in cui io e Valentina Protasoni mostriamo i video più curiosi caricati in rete o mandati dai telespettatori».

IN VIDEO - L'eventualità di finire davanti alla telecamera all'inizio lo ha spiazzato. «Non mi aspettavo né che me lo avrebbero chiesto, né che avrei avuto la forza di farlo – spiega il conduttore – Poi però ho capito che sarebbe stato un peccato limitarmi da solo, insomma aggiungere dei limiti a quelli che già ho. E così ho accettato». Nei tempi vuoti dà una mano alla regia durante il Tg, oppure prepara le grafiche. «La giornata comincia con la rassegna stampa e la lettura delle agenzie. Poi mi attacco al telefono. Insieme al collega Fabio Manfrida seguo la Juventus. Di solito finisco alle 20 oppure più tardi» spiega il giornalista. Ad aspettarlo fuori dalla redazione c'è sempre sua mamma Aliana. «E' lei che mi ha sempre sostenuto, sia negli studi che adesso. E lei è stata la prima a accorgersi della mia malattia». Alla nascita sembrava tutto a posto, ma poi all'età di un anno Matteo non andava a gattoni, né tentava di camminare. «È solo un po' pigro» la tranquillizzavano i pediatri. Purtroppo, invece, i suoi timori erano fondati. «Oggi non devo sottopormi a cure particolari. Faccio solo fisioterapia. So che in futuro forse alcuni movimenti non riuscirò più a farli, ma questo può accadere fra un anno o fra venti o mai. Quindi pensarci ora non avrebbe senso» sottolinea il conduttore. Nel blog capita che gli scrivano i genitori di ragazzi disabili, raccontandogli le loro storie e invitandolo a proseguire nella sua carriera. «Mi fa molto piacere, anche se non mi sento un portabandiera dei diritti di noi disabili, né una persona in grado di dare consigli, se non quello di non autolimitarsi. Certo, spero che la mia storia possa aprire delle porte anche a altri. Per il resto sono un ragazzo come tutti gli altri». Che s'imbarazza quando viene riconosciuto per strada e che giura di non aver cambiato look da quando fa il conduttore: «No, non mi faccio le lampade – scherza - Il piercing all'orecchio risale alle elementari e anche il tatuaggio l'ho fatto con un amico». I riflettori erano lontani.

Giovanna Maria Fagnani

31 marzo 2011 (ultima modifica: 13 aprile 2011)

FONTE: corriere.it
http://www.corriere.it/salute/disabilita/11_marzo_31/matteo-caronni-conduttore-disabile-telelombardia_382364f8-5b82-11e0-84a3-c33181ebdcc4.shtml


Una bellissima storia che dimostra come chi è colpito da disabilità possa fare mestieri che di solito vengono considerati solo per normodotati.
I miei più sinceri complimenti a Matteo Caronni, che non si è fatto "autolimitare" dalla sua malattia e con impegno e determinazione è riuscito a fare quello che desiderava, e cioè il telecronista sportivo, e a Telelombardia che si è dimostrata aperta mentalmente e senza alcun pregiudizio nei confronti dei disabili, valutando Matteo solo per la sua bravura e dandogli quindi il posto che gli spettava per le sue capacità.
E come Matteo stesso si augura, speriamo che la sua storia possa essere di esempio e servire ad aprire la porta anche ad altri malati e disabili, che ancora troppo spesso vengono limitati e discriminati nella nostra società.

Marco

venerdì 17 febbraio 2012

Romana, la forza gentile di chi ha ragione

Romana Blasotti Pavesi ha 82 anni e la scorza dura. L’ho incontrata l’altro giorno, alla libreria Rinascita di Roma, già sufficientemente edotto della sua storia: il marito Mario, la sorella Libera, il nipote Giorgio, una sua cugina Anna e la figlia Maria Rosa, le sono stati strappati via da tumori incurabili. In comune, queste persone, non avevano solo Romana, ma anche l’amianto, che a Casale Monferrato, nell’alessandrino, dove la donna vive da sempre, dal 1906 ha un solo nome: Eternit.

Romana Blasotti Pavesi, assieme ai sindacalisti Bruno Pesce e Nicola Pondrano, è tra i principali animatori della battaglia processuale che vede alla sbarra a Torino, per disastro ambientale doloso, i responsabili della multinazionale dell’amianto. I proprietari del colosso industriale svizzero, sono accusati di aver provocato (consapevoli dei rischi che le fibre d’amianto hanno sul sistema respiratorio) la morte di 1600 persone e un’ondata di tumori che avrà il suo picco nel 2020, vale a dire 34 anni dopo la chiusura della fabbrica di Casale, avvenuta nel 1986.

La controparte di Romana sono i discendenti Schmidheiny, Stephan e Thomas, e il barone belga Louis de Cartier de Marchienne. Sono rimasto colpito, nel leggere la biografia di Stephan Schmidheiny, che l’uomo è stato consigliere di Bill Clinton, rappresentante Onu per lo sviluppo sostenibile, docente di globalizzazione in università pontificie, fondatore del consiglio mondiale commerciale per lo sviluppo sostenibile, ideatore della Swatch, azionista dell’Ubs e della Nestlè, filantropo pluripremiato e recordman di beneficenza con 1,5 miliardi di dollari versati per questa o quella causa (le notizie le ricavo dal libro presentato a Rinascita l’altro giorno, La lana della salamandra, di Giampiero Rossi, edizioni Ediesse). Dovendo riassumere, Romana ha contro un ricco e potente “ambientalista”.

Sono anni che i casalesi, guidati da questa combattiva presidente dell’associazione vittime dell’amianto, conducono la loro battaglia. Per adesso hanno ottenuto la chiusura della fabbrica (1986), la messa al bando dell’amianto (1992), l’iscrizione dell’asbestosi e dei mesoteliomi come “malattie professionali” (1994) e la creazione di un fondo per le vittime (che però, con legge tutta italiana, finisce per coprire solo i lavoratori e non gli abitanti delle zone “infestate” dalle fibre, che si ammalano e muoiono allo stesso modo degli altri per asbestosi e mesoteliomi).

E’ incredibile pensare che queste poche persone siano riuscite a compiere una battaglia di consapevolezza e di civiltà epocali. Forse sarebbe stato utile, ai ragazzi di San Precario arrivati a protestare con la segretario della Cgil Susanna Camusso per alcune vertenze interne alla contruattalizzazione dei lavoratori della libreria Rinascita, ascoltarla questa storia. E imparare dalla forza gentile di Romana.

di Eduardo Di Blasi

26 marzo 2011

FONTE: ilfattoquotidiano.it
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/03/26/romana-la-forza-gentile-di-chi-ha-ragione/100289/


Con molto piacere riporto sul mio blog questo articolo che parla di Romana Blasotti Pavesi, questa signora ultraottantenne che con una tenacia e una combattività che farebbero invidia a un ventenne nel pieno delle proprie risorse fisiche e psichiche, ha ottenuto, assieme ad altre persone che l'hanno coadiuvata nel corso degli anni, risultati sorprendenti nella lotta contro il terribile "amianto", risultati a cui va aggiunto quello nel recentissimo processo di Torino in cui 2 ex dirigenti dell'Eternit sono stati condannati a 16 anni di carcere e a un maxi risarcimento a favore delle famiglie che hanno visto morire per tumore i propri cari.
E' veramente un grande esempio per tutti quello di Romana, una persona che è stata colpita essa stessa negli affetti più cari a causa delle terribili conseguenze che l'amianto ha sulla salute umana, ed è facile pensare che da tale dolore sia scaturita tutta questa forza e questa combattività che lei ha poi messo a disposizione di tutti.

Grazie Romana da parte mia e grazie a tutti coloro che si battono per nobili scopi come questi. Se tante ingiustizie vengono combattute nel mondo e talvolta anche vinte, lo si deve a persone come queste. A loro deve andare il ringraziamento di tutti.

Marco

mercoledì 15 febbraio 2012

Eternit, la fabbrica della morte


La Chernobyl italiana. Così viene definita la fabbrica di Casale Monferrato (Torino) della multinazionale Eternit. Tra il 1952 e il 2010 la procura di Torino ha accertato 2.991 morti, tutti vittime di tumori causati dell'amianto, ma il peggio non è ancora passato. Per i medici il picco di tumori del tipo mesotelioma arriverà nei prossimi anni, nel 2020 o poco prima. Perché l’amianto causa un tumore ben preciso, il mesotelioma della pleura, che a Casale è conosciuto a tutti: dal 10 febbraio 2008 ad oggi le vittime accertate sono 257, 107 i nuovi ammalati. A Casale Monferrato si continuerà a morire di amianto per almeno altri quindici anni, secondo Michele Di Vittorio, direttore regionale della sanità piemontese, uno dei testimoni a Torino al processo Eternit. Il problema è dovuto alla presenza di fibre, nel territorio, che non è stato possibile eliminare del tutto.

Ma come è potuto accadere? La fabbrica aprì a Casale nel 1907 e portò tanti posti di lavoro. All’epoca non si conoscevano i danni causati dalle polveri d’amianto, ma nella zona in 80 anni questo tipo di lavorazione ha causato la morte di migliaia di persone, sia lavoratori che hanno manipolato le fibre e respirato la polvere d'amianto, che cittadini comuni che vivevano nell'area contaminata. Il grosso problema è stato quello dell’indifferenza: è dagli anni '50 che si conoscono gli effetti dannosi dell'amianto, ma fino al 1986 (anno del fallimento) l'azienda non è mai intervenuta con provvedimenti per tutelare la salute dei propri dipendenti.

Il processo. 2.991 morti, 665 malati a causa di patologie correlate all'amianto, 6.400 richieste di costituzione di parte civile, quasi tutte accolte. Sul banco degli imputati ci sono lo svizzero Stephan Schmidhaeny e il belga Louis De Cartier, ai vertici della multinazionale, accusati di disastro ambientale doloso permanente. Un processo durato oltre due anni e di interesse internazionale, perché l’Eternit ha adottato la stessa politica (ovvero non fare niente) in tutti i paesi dove aveva i propri stabilimenti. La sentenza ha condannato i due dirigenti, che oggi hanno 64 e 91 anni, a 16 anni di carcere (l’accusa ne aveva chiesti 20) e a un maxirisarcimento a favore delle parti civili.

La legge. Dal 1992 (L.257/1992) in Italia non è più possibile utilizzare l'amianto, mentre a Casale Monferrato il sindaco ne vietò l'utilizzo già dal 1987. Ma vi sono molti paesi dove, ancora oggi, si lavora l'amianto: in America latina, Africa, India, Cina, Russia e Canada. Nel rapporto biennale del registro nazionale dei Mesoteliomi (Renam), si evidenzia come ancora ogni anno muoiano in Italia circa 3 mila persone a causa dell'amianto, e che mette in evidenza lo studio dei casi: il 69,8% delle persone colpite da malattia amianto-correlata presenta una esposizione professionale, il 4,5% familiare, il 4,7% ambientale, e l'1,4% dovuto a attività extra lavorativa. Un problema che non riguarda solo Casale Monferrato, ma più in generale tutte le zone ancora da bonificare dall’uso dell’amianto.

13 febbraio 2012

di Eleonora della Ratta

FONTE: notizie.yahoo.com
http://it.notizie.yahoo.com/cos-e-l-eternit.html


Pubblico questo articolo dopo la sentenza "storica" che si è tenuta l'altro giorno a Torino e che ha visto la condanna di Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier, dirigenti in tempi diversi dell'azienda svizzera Eternit, azienda che presentava filiali anche in Italia, tra cui, la più grande e "tristemente famosa", quella di Casale Monferrato.
E' una sentenza "storica" perchè per la prima volta sono stati condannati i vertici di una multinazionale, per i disastri provocati dalle loro filiali nel mondo. Disastri a cui non si è mai posto rimedio e, anzi, pur essendo a conoscenza da tempo (almeno dagli anni 50) dei rischi legati al contatto con la polvere di amianto, l'azienda non ha mai fatto nulla per contrastare il problema, arrivando addirittura a fare della contro-informazione. Fatti questi, di una GRAVITA' inaudita, dettati dai soliti interessi economici che evidentemente non guardano in faccia a nessuno, ma che ora hanno ricevuto per mezzo di questo processo un poco di Giustizia.

A me non piace gettare la Croce addosso a nessuno, questo lo specifico bene, e anche i colpevoli di questi atti dovranno comunque essere trattati da essere umani, vista anche la loro non tenera eta.... sono però molto felice che per la prima volta si sia arrivati a colpire nel cuore il potere forte di una multinazionale, sebbene dopo molto tempo. Questo è un precedente importantissimo, perchè significa che anche chi è forte, ricco e potente, non è inattaccabile, non è al di sopra di tutto e di tutti, Giustizia compresa. C'è quindi da augurarsi che questo processo non rimanga un caso isolato, ma che sulla scia di esso anche altre "brutte" vicende possano essere smascherate e quindi giudicate eticamente e senza condizionamenti.
Che qualcosa stia cambiando? Questo solo il tempo potrà dirlo. Ora è importante non fermarsi e continuare su questa strada, senza dubbi e senza paura, perchè chi agisce con Giustizia non deve avere paura di niente. E una Giustizia, lasciatemelo dire, deve esistere anche su questa Terra.

Marco

lunedì 13 febbraio 2012

Malata e senza una casa. L'appello di Marinella: "Aiutatemi"


La storia di una 52enne disperata: il Comune non le paga più l’affitto

BERGAMO - «Da metà novembre da quando cioè è scaduto il contributo economico straordinario del Comune, non ho più una casa. Continuo, però, a vivere nell’abitazione annessa al bed and breakfast “Villa Luna” di via al Pianone, in Città Alta, grazie al buon cuore dei proprietari, che ringrazio sinceramente per tutto quello che stanno facendo per me». È una storia drammatica, quella di Marinella Oberti, 52 anni, da 36 affetta dalla cosiddetta “Sindrome da Sensibilità Chimica Multipla’’, una malattia rara ancora poco conosciuta che provoca, in presenza di sostanze chimiche, gravi crisi simili, per certi versi, alle allergie (sono deleteri i detersivi, gli shampoo, ma anche le onde elettromagnetiche dei cellulari).

Circa un anno fa, nel novembre 2010, Marinella è stata costretta ad abbandonare il suo vecchio appartamento di via Piccinelli, nel quartiere di Boccaleone, per evitare di entrare in contatto con i materiali utilizzati dagli operai, che in quelle settimane avevano iniziato i lavori di ristrutturazione dell’immobile. Palazzo Frizzoni aveva allora stanziato un contributo economico straordinario, grazie al quale la donna era stata in grado di pagare l’affitto della nuova casa in Città Alta. Il 15 novembre 2010, però, è scaduto tale contributo, prorogato già due volte, e l’amministrazione comunale non lo ha più rinnovato.

«La signora Oberti - spiega l’assessore al Servizi Sociali, Leonio Callioni - soffre di una patologia riconosciuta nell’aprile dell’anno scorso dalla Corte di Appello di Brescia e questo implica l’intervento del sistema sanitario. In questi mesi abbiamo fatto di tutto per sostenerla: abbiamo fornito un contributo più che significativo per pagarle l’affitto e abbiamo scandagliato il territorio, anche grazie all’Aler, ad alcune associazioni e alla Caritas, per trovarle una nuova abitazione in cui vivere. Rinnovo l’appello agli enti del territorio, tra cui l’Asl e la Prefettura, affinchè non sia solo Palazzo Frizzoni a sostenere questa spesa che incide davvero troppo sulle casse del Comune, già in difficoltà a mantenere i servizi sociali basilari».

Pronta la replica dell’Asl: «Il pagamento dell’affitto non è di nostra competenza - sottolinea il direttore generale Mara Azzi -. Sarebbe come chiedere all’amministrazione comunale di pagare i farmaci. L’Asl ha competenze sanitarie, non sociali». Il proprietario dell’appartamento in cui vive Marinella Oberti, Donatello Domenici, titolare anche del b&b, non si dà però per vinto. «Non lascerò che la signora Oberti muoia per strada».
Intanto prosegue la battaglia legale intrapresa dalla 52enne. Dopo la sentenza della Corte d’Appello di Brescia e la decisione del presidente della Repubblica, che le ha riconosciuto il diritto di curarsi all’estero perchè per questa malattia in Italia non esistono terapie, l’Asl ha accertato sì l’invalidità, con una diagnosi che però pone l’accento sui disturbi psicologici causati dalla sensibilità chimica.

di Michele Andreucci

8 febbraio 2012

FONTE: ilgiorno.it
http://www.ilgiorno.it/bergamo/cronaca/2012/02/08/665073-malattia-casa-appello.shtml


In tempi di crisi e di tagli un pò in ogni settore (non ultimi quelli sociali e sanitari) come quelli in cui siamo entrati, sono sopratutto le persone deboli, anziane e malate a pagare lo scotto più alto. Tra questi purtroppo ci sono anche i malati di MCS, com'è il caso di Marinella, il cui futuro, appare sempre più nebuloso e incerto.
Anch'io da questo blog invito chi può, ad aiutare Marinella a trovarle una casa. Ringrazio di cuore chi finora l'ha aiutata, ma bisogna fare di più.... bisogna darle una sistemazione dove possa stare stabilmente, senza la preoccupazione di rimanere per strada da un momento all'altro.
Mi auguro veramente che questa situazione si possa risolvere felicemente, per il bene di tutti.

Marco

domenica 12 febbraio 2012

Il falso mito dei cementifici-inceneritori

La combustione di rifiuti nei cementifici, pratica che si vorrebbe nel nostro paese sempre più diffusa, consente secondo chi la propone di limitare la costruzione di nuovi inceneritori, la sostituzione parziale con i rifiuti di parte dei combustibili fossili di solito utilizzati per alimentare questi impianti, la riduzione delle emissioni di CO2, il recupero totale delle ceneri di combustione (inglobate nel clinker) e, in ultimo, una minore produzione di diossine rispetto ai “classici” impianti di incenerimento dei rifiuti.
Se così fosse, questa pratica sarebbe davvero da considerare l'optimum nella gestione dei rifiuti residui. Tuttavia, questa soluzione presenta numerosi e pesanti limiti per i rischi alla salute umana, ancora maggiori rispetto agli inceneritori. I limiti di legge per le emissioni dei cementifici, infatti, sono enormemente superiori rispetto a quelli degli inceneritori (solo gli NOx, inceneritore 200 mg/Nmc, cementificio tra 500 e 1800 mg/Nmc).
I cementifici sono impianti industriali altamente inquinanti già senza l’uso dei rifiuti come combustibile, e andrebbero drasticamente ridotti e contingentati, specie nel nostro Paese.
L’Italia è infatti la nazione europea con più cementifici, con i suoi 59 impianti (22% del totale degli impianti europei). La Germania, che è al secondo posto in classifica, ne ha 38, 21 in meno dell’Italia.
Secondo il registro europeo delle emissioni inquinanti i soli cementifici italiani (molti dei quali bruciano rifiuti) hanno prodotto nel 2009 13.8 Kg di PCB (la pericolosità di questa sostanza si misura in nanogrammi), 21.237.000 tonnellate di CO2, 12 Kg di cadmio, 53.4 Kg di mercurio, 115 Kg di Nickel, 13.643 tonnellate di CO, 369 tonnellate di ammonio, 49.930 tonnellate di ossidi di azoto, 2.917 tonnellate di ossidi di zolfo, 6,76 tonnellate di benzene e quantità incalcolabili di particolato, dannoso per la salute anche a minime concentrazioni (Ware 2000) e tramite particelle di dimensioni nanometriche (le UFP, Ultra-Fine Particles), impossibili da trattenere con i filtri comunemente utilizzati. Il limite giornaliero per le emissioni di particolato è di 50 μg/m3 e tale limite non può essere superato per più di 7 giorni all’anno dal primo gennaio 2010 (DM 2 aprile 2002, n.60 allegato III).
È stato calcolato che le concentrazioni medie di particolato in prossimità di un cementificio variano da 350μg/m3 (un Km dall’impianto) a 200μg/m3 (a 5 Km dall’impianto) e che la maggior parte delle particelle emesse hanno dimensioni nanometriche e sono dunque estremamente rischiose per la salute umana.
La letteratura medico-scientifica ha dimostrato aumentati livelli di alluminio e cromo nel sangue di chi lavora in un cementificio, che è a rischio elevato di tumore maligno del polmone, aumentati livelli di particolato e metalli pesanti nell'aria e nei terreni circostanti e aumentati livelli di metalli pesanti nel sangue di chi vive in prossimità di un cementificio.
I sostenitori della co-combustione di rifiuti sono soliti affermare che l’utilizzo di CDR nei cementifici può consentire una riduzione dell’uso di combustibili fossili e, di conseguenza, una riduzione della produzione di CO2.
Ciò che di solito viene taciuto è che un cementificio produce di solito circa il triplo di CO2 rispetto ad un inceneritore. La sola cementeria COLACEM di Galatina (LE), ad esempio, nel 2007 ha prodotto 774.000 tonnellate di CO2, circa il triplo delle emissioni di un inceneritore di grossa taglia come quello di Brescia (228.000 tonnellate di CO2 nello stesso anno).
Considerata la abnorme produzione annua nazionale di CO2 da parte di questi impianti, una minima riduzione è dunque una goccia nel mare, per giunta pagata a caro prezzo, soprattutto se si considera la sottrazione di rifiuti alla raccolta differenziata, al riciclo, al riuso (la vera valorizzazione dei rifiuti) e la sommazione degli inquinanti già prodotti dai cementifici a quelli tipicamente prodotti dalla combustione dei rifiuti.
Non a caso la normativa nazionale permette limiti di emissioni da 3 a 7 volte superiori a quelle concesse ad un inceneritore.
Molto propagandata è inoltre la minore produzione di diossine rispetto agli inceneritori “classici”, grazie alle elevate temperature raggiunte dai forni dei cementifici.
Le diossine sono tra i più potenti veleni noti in farmacologia e la loro pericolosità è dovuta alla non biodegradabilità (persistenza) e dunque a fenomeni di accumulo nel suolo, nella catena alimentare e negli organismi viventi nei quali, se esposti per lungo tempo, possono prodursi tumori maligni (principalmente linfomi e sarcomi), difetti di sviluppo del feto e varie alterazioni ormonali e metaboliche.
L’affermazione che le alte temperature diminuiscano o addirittura eliminino le emissioni di diossine è invalidata da evidenze che mostrano come, sebbene le molecole di diossina abbiano un punto di rottura del loro legame a temperature superiori a 850°C, durante le fasi di raffreddamento esse si riaggregano e si riformano.
I limiti di emissione delle diossine sono identici per cementifici a co-combustione e inceneritori (0.1 ng/Nmc).
Considerato che il tempo di dimezzamento delle diossine nell’uomo è ancora più lungo (da 12 a 132 anni (Geyer et al. 2002), è facilmente comprensibile come le presunte “basse emissioni” di questi impianti siano una favola che difficilmente può lasciare tranquilli dal punto di vista sanitario ed epidemiologico.
Nei cementifici a co-combustione di rifiuti, inoltre, la riduzione quantitativa delle emissioni di diossine rispetto agli inceneritori è compensata da un significativo incremento delle emissioni di metalli pesanti (in particolare mercurio), altrettanto pericolosi per la salute umana.
Nello studio di impatto ambientale di un cementificio proposto dalla “Apricena Leganti”, gli stessi proponenti scrivono che “i metalli relativamente volatili, quale ad esempio il mercurio, non vengono trattenuti durante il processo”.
Il documento europeo di riferimento dei cementifici (BREF europeo) riporta che gli impianti europei possono produrre sino a 1300 Kg/anno di mercurio. Questa sostanza, accumulabile nell’ambiente e nel ciclo alimentare, è estremamente tossica e pericolosa per la salute umana. L’esposizione prenatale a questo metallo può causare nel bambino deficit neurologici, vertigini, paralisi, disturbi della vista e dell’udito, anomalie dell’eloquio, difficoltà nella deglutizione e nella suzione.
Per questi (e altri) motivi, l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia europea per aver assimilato il CDR-Q a materie prime come i combustibili fossili. La corte ha ribadito nella sue sentenza che “il CDR-Q, anche se corrisponde alle norme tecniche UNI 9903-1, non possiede le stesse proprietà e caratteristiche dei combustibili primari. Come ammette la stessa Repubblica italiana, esso può sostituire solo in parte il carbone e il coke di petrolio. Il CDR-Q e la sua combustione presentano rischi e pericoli specifici per la salute umana e l’ambiente, che costituiscono una delle caratteristiche dei residui di consumo e non dei combustibili fossili”.
In ultimo, riguardo al presunto vantaggio della “scomparsa” delle ceneri tossiche prodotte dalla combustione, è da ricordare che essa è semplicemente dovuta al loro inglobamento nel clinker prodotto (“nulla si crea e nulla si distrugge”, Antoine Lavoisier, 1789), materiale utilizzato per gli impieghi più vari e, a fine vita delle opere, trasformato in materiale di risulta da smaltire in discarica, con il suo carico "nascosto" di pericolosi inquinanti, con buona pace dei propositi di
sostenibilità.
Dal punto di vista strettamente sanitario (escludendo dunque ogni considerazioni di tipo economico e sociale, che pure avrebbe grande valore), una corretta gestione del ciclo dei rifiuti non dovrebbe assolutamente prevedere il loro incenerimento.
Che si tratti di inceneritori “classici” o di cementifici, tale pratica è dannosa per l’ambiente e per gli esseri umani che lo popolano, come documentato da ormai innumerevoli testimonianze scientifiche.
La proposta di co-combustione dei rifiuti nei cementifici come alternativa più “sostenibile” e meno pericolosa all’incenerimento in impianti dedicati, è al tempo stesso da considerare una dichiarazione indiretta della pericolosità degli inceneritori e un ulteriore sacrificio del bene comune sull’altare di interessi privati.
Chi sceglie la sostenibilità ambientale e la sicurezza sanitaria dovrebbe percorrere altre e più proficue strade.

A cura di Agostino Di Ciaula,
in collaborazione con Manrico Guerra, Vincenzo Migaleddu,
Maria Grazia Petronio, Giovanni Vantaggi.
Isde Italia (Associazione Internazionale Medici per l'Ambiente)

FONTE: ambienteparma.blogspot.com
http://ambienteparma.blogspot.com/2011/09/il-falso-mito-dei-cementifici.html

Testo integrale qui: http://gestionecorrettarifiuti.it/pdf/Ilfalsomito.pdf

12 settembre 2011


Non solo traffico veicolare, grandi complessi industriali e inceneritori sono tra le maggiori cause d'inquinamento nel nostro paese e in ogni parte del mondo, ma anche i cementifici, e ancor più i cementifici che bruciano rifuti, comportandosi quindi come veri e propri inceneritori. I cementifici, come esposto esaurientemente in questo articolo, godono tra l'altro di limiti di emissioni assai più ampi rispetto agli stessi inceneritori, risultando quindi, in proporzione, persino più inquinanti. E l'Italia, neanche a dirlo, è il paese europeo con il più alto numero di cementifici, un triste primato che certo non rappresenta un vanto per il nostro paese.

Quanti "insulti" alla nostra bella ma deturpata Italia..... i cementifici, e ancor più i cementifici-inceneritori, rappresantano uno di questi "insulti", uno dei tanti, uno dei peggiori.... e questo è bene che la gente lo sappia.

Marco

venerdì 10 febbraio 2012

Buzzi Unicem a Barletta: 3 inquinanti superano la soglia di inquinamento


Perché bruciare plastica anziché riciclarla? E’ questo uno degli interrogativi sollevati dal coordinamento No biomasse ed inceneritori che ha posto e continua a porre sul tavolo di discussione da un lato la cementeria Buzzi Unicem di Barletta ad alto impatto ambientale, dall’altro la “necessità che l’amministrazione intervenga seriamente con un consiglio comunale monotematico in seduta di seconda convocazione in cui si decida per il no all’aumento dei rifiuti da bruciare nella cementeria”.

Proprio questa è infatti la contestazione mossa dal coordinamento pro ambiente nei confronti dello stabilimento Buzzi Unicem che chiede di aumentare la quantità di rifiuti da incenerire da 40mila a 80mila tonnellate l’anno. E’ secco il niet da parte del coordinamento No biomasse ed inceneritori che, denunciando la combustione di plastiche, gomme sintetiche, fibre artificiali, ossia di rifiuti perfettamente riciclabili, chiede da un lato di ritirare l’iter per l’autorizzazione ad aumentare la quantità di rifiuti da bruciare e, dall’altra, di aprire un tavolo tecnico, con esperti e con la Regione, che salvaguardi sia la produzione di cemento da parte dell’azienda, che l’ambiente.

«La cementerai brucia plastica presa dalla raccolta differenziata, mentre è necessario – dichiara Alessandro Zagaria, a capo del comitato – chiudere il ciclo dei rifiuti, dunque differenziare e rigenerare la plastica, come le gomme sintetiche ed altri rifiuti che, ad oggi, vengono inceneriti nella cementeria di Barletta, sita nel tessuto urbano cittadino». Risale al 2003, infatti, l’autorizzazione concessa alla società Buzzi Unicem, prorogata negli anni, a produrre cemento attraverso l’incenerimento di rifiuti speciali non pericolosi. “Dal 2005 – si legge in una nota diffusa dal coordinamento No biomasse ed inceneritori – la proroga avviene in regime transitorio in attesa dell’autorizzazione definitiva”. A sostegno della posizione assunta dal coordinamento pro ambiente parlano i dati, quelli che riferiscono delle emissioni della cementeria dal 2003 al 2006, l’ultimo anno in cui si è effettuato il monitoraggio sul territorio.

Diffusi dal Registro INES e ripresi dall’ARPA Puglia, i numeri parlano di emissioni di monossido di carbonio della cementeria di Barletta con un andamento crescente dal 2003 al 2006, quando le emissioni arrivavano a 1555,0 Mg/a. Sarebbero tre le categorie inquinanti riferite alla cementeria di Barletta dichiarate nel Registro INES sino all’anno 2005: Anidride carbonica (650549,0Mg/a a fronte del limite di 100000,0 Mg/a), Ossidi di azoto (1639,0 Mg/a su un limite di 100,0 Mg/a) e Ossido di carbonio (1216,0 Mg/a contro il valore limite di 500,0 Mg/a).

«Tra le esalazioni più pericolose che la cementeria ha sprigionato tra il 2003 ed il 2006 – spiega il dott. Oncologo Dino Leonetti, del coordinamento Andria città sana – c’è il particolato PM10, PM2,5, PM0,1, PM0,2, ossia pericolosissime polveri ultrafini, che non sono monitorate per legge né tantomeno possono essere filtrate». Dal Piano Regionale di Qualità dell’Aria emerge che Barletta ricade tra i comuni nei quali vanno adottate misure per gli impianti industriali con notevole potenziale inquinante, soggetti cioè alla normativa IPPC sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.

di Adriana Quacquarelli

FONTE: ambienteambienti.com
http://www.ambienteambienti.com/top-news/2010/12/news/buzzi-unicem-a-barletta-3-inquinanti-superano-la-soglia-di-inquinamento-24014.html


Questo articolo si collega idealmente con l'ultimo postato su questo blog, ovvero la testimonianza di una signora di Barletta malata di Sensibilità Chimca Multipla (MCS), che accusa vivacemente il forte inquinamento ambientale della sua città come causa principale dei suoi mali e di quelli di tante altre persone.
Purtroppo ormai so per esperienza che dove ci sono casi di MCS, lì è presente un forte inquinamento ambientale, vuoi per l'onnipresente smog causato dal traffico veicolare, vuoi per la presenza di grandi complessi industriali ed inceneritori. Barletta naturalmente non fa eccezzione e, anzi, essa risulta essere una delle città più inquinate del sud Italia e questo anche e sopratutto per la presenza di 2 "mostri" altamente inquinanti: la suddetta cementeria-inceneritore Buzzi Unicem e l'azienda chimica Timac.

Se dovessi mettere in rassegna tutti gli orrori ecologici presenti sul nostro territorio italiano dovrei creare un blog a parte e lo dovrei ricolmare di post quasi ad ogni ora per farci stare dentro tutto.... diverse cose le ho già fatte vedere (inceneritori, Ilva ecc...), altre conto di farle vedere in futuro, perchè trovo sia giusto mostrare alla gente tutto quello che di altamente inquinante è presente nel nostro belpaese (e lo faccio con dolore, perchè ogni "insulto" ecologico all'ambiente e all'uomo è causa di grande dispiacere in me).
Detto questo, il mio blog è e rimarrà sopratutto un mezzo che vuole raccontare le storie della gente, vicende umane di uomini e donne alle prese con la malattia e la disabilità, con tutto il loro carico di Valori veri, come l'Amore, il dolore, la speranza, il desiderio, la solidarietà, il coraggio.... e tanto, tanto altro ancora. Per questo ho pensato il mio blog, per questo l'ho chiamato "La Voce della Verità".... la Voce della Verità non è la mia voce, ma quella di tutte le persone, malate e disabili, che scrivono e raccontano le loro particolari, intensissime storie di vita. A tutti costoro, che io considero i veri "salvatori" del mondo, va tutta la mia sincera riconoscenza.

Marco

martedì 7 febbraio 2012

«Il mio nemico invisibile? L'aria»


SOS lanciato da una nostra lettrice, «sentinella della mal d'aria» suo malgrado

BARLETTA.
«Il mio nemico invisibile è l'aria. L'aria è irrespirabile, da anni ormai stiamo assistendo ad un lento ed agonizzante declino ambientale. La città invivibile è soffocata dal traffico veicolare, dall'inquinamento di origine industriale, dagli effetti tossici del bruciare i rifiuti, da immissioni intollerabili degli inceneritori e cementeria».
Attacca così una lettrice, la cui identità è nota alla Gazzetta, autodefinisce
«sentinella della mal d'aria».
«In città – prosegue – nell'aria c'è un accumulo di sostanze altamente tossiche, tali sostanze persistono a lungo nell'ambiente e si accumulano nell'aria, nell'acqua e nel suolo, contaminandoli: “i danni non sono da poco, gli effetti cronici sulla salute dell'uomo sono drammatici” e questo quotidiano odore della plastica fusa è dappertutto, cercare di sopravvivere non è facile. Respirare aria pulita è un diritto o è un diritto per pochi? Il problema esiste, non è solo “mio”... tutti siamo esposti all'inquinamento ambientale, non solo la causa, bensì l'effetto».
«A Barletta – continua la lettrice – purtroppo respiriamo non solo aria, per molti potrebbe risultare, ad una prima valutazione distratta, soltanto fastidiose sgradevoli puzze, per me sono veleni, infatti le sostanze inquinanti stanno mettendo a serio rischio la mia esistenza. Sono costretta a subire notevoli disagi e il mio stato rende impossibile qualsiasi convivenza con le abitudini quotidiane tossiche. Affetta da Sensibilità Chimica Multipla (M.C.S. acronimo inglese Multiple Chemical Sensivity) è una sindrome correlata all'inquinamento ambientale che si sviluppa per effetto di esposizioni anche a bassissime intensità a sostanze chimiche. MCS non è una crociera, non è un allergia, non è una sindrome psichiatrica. MCS è una sindrome immunotossica infiammatoria, si sviluppa in seguito ad un' esposizione acuta o continua a sostanze tossiche».
Ancora:
«E' una malattia progressiva, irreversibile e gravemente invalidante, cronica, dovuta alla perdita di tolleranza.
L'MCS dilaga perchè l'inquinamento chimico cresce, l'MCS è una malattia in costante aumento, tutta colpa dell'ambiente sempre più inquinato. Presento una spiccata iperosmia, ho perso le capacità di tollerare gli agenti chimici presenti nell'ambiente e nei prodotti di uso comune, anche in piccole quantità. I sintomi sono tanti: l'infiammazione cronica causata dall'esposizione chimica produce danni a più organi e sistemi, se non correttamente curata si aggrava progressivamente conducendo a gravi danni al sistema nervoso centrale, al rene, al fegato, ai polmoni, al sistema immune, al sistema muscolo-scheletrico e al sistema endocrino. Il mio livello è irreversibile, le funzioni degli organi compromessi e sfocia in un quadro clinico grave
».
Conclusione:
«La situazione è inaccettabile... Diventa a dir poco tragica e umiliante... Ti ritrovi a combattere i pregiudizi dei familiari e della gente.
L'insufficiente conoscenza da parte di molti medici (non la conoscono) e prendono sottogamba i tuoi sintomi, consigliano terapie sbagliate e la situazione degenera: stai sempre più male, a questo si aggiunge l'indifferenza delle istituzioni e l'inadeguata tutela da parte delle amministrazioni. In Italia l'MCS è stata riconosciuta nella regione Lazio: per ottenere una diagnosi ci tocca arrivare a Roma, per una cura a Londra o a Dallas. Non riusciamo a curarci per gli elevati costi economici delle cure all'estero. Gli effetti sulla salute sono drammatici, a breve termine: avvelenamento e neurotossicità; a lungo termine: effetti cancerogeni e/o mutageni; danni estremi: rinunciare alla stessa vita.
La mia vita è nelle vostre mani, ognuno di voi si senta responsabile
».

29 gennaio 2012

FONTE: la gazzetta del mezzogiorno

lunedì 6 febbraio 2012

Muove i primi passi dopo il trapianto di gambe

Ventenne spagnolo operato a luglio da Pedro Cavadas, il «Dottor Miracolo»: mai nessuno aveva osato tanto

MILANO - Un ventenne spagnolo è stato sottoposto il 10 luglio scorso al trapianto di entrambe le gambe, primo trapianto del genere in tutto il mondo. Ora il ragazzo, la cui identità è rimasta segreta per questioni di privacy, sta registrando le prime reazioni motorie. La prima volta che muove le ginocchia, il primo bagno nella piscina del La Fe Hospital di Valencia, i primi timidi movimenti, le prime speranze di poter tornare a camminare o forse anche a correre. Nonostante gli specialisti continuino a sottolineare che il recupero sia all’incirca al 50 per cento delle funzioni originarie.

L’INTERVENTO - L'operazione è durata quattordici ore ed è stata condotta da un team di cinquanta medici guidati dallo spagnolo Pedro Cavadas-Rodriguez, celebre chirurgo che opera nella ricostruzione microchirurgica dal 1994. Prima le ossa, poi i tendini, le arterie e infine i nervi: pezzo dopo pezzo, elemento dopo elemento, due gambe nuove sono state attaccate al corpo del giovane. Cavadas di recente ha dichiarato che il decorso post-operatorio sta procedendo molto bene, ma anche che saranno necessari diversi mesi prima che il giovane possa riprendere a camminare senza sostegni.

LA RIABILITAZIONE - In effetti bisogna tenere conto di tutte le incognite di un intervento così pionieristico, anche se il bilancio può già dirsi positivo. La riabilitazione è simile a quella prevista per gli arti superiori, con l’unica e significativa eccezione che gli arti inferiori devono poi poter sopportare l’intero peso corporeo. Il monitoraggio dei nervi e dei muscoli è continuo e la riattivazione delle terminazioni nervose è seguita passo dopo passo. Il giovane uomo aveva subito un’amputazione delle gambe sopra il ginocchio in seguito a un gravissimo incidente che ne aveva determinato l’assoluta impossibilità di recupero. L’unica alternativa alla sedia a rotelle è stata da subito il trapianto di entrambe le gambe. Ma nel mondo la microchirurgia ancora non aveva osato così tanto.

IL DOTTOR MIRACOLO - Il dottor Pedro Cavadas non è certo nuovo a queste imprese e aveva dichiarato al quotidiano britannico Independent di essere pronto a realizzare un trapianto di entrambi gli arti inferiori. È stato il primo in Spagna, e il secondo al mondo, a effettuare, su una donna colombiana, il trapianto di entrambi gli arti superiori nel mese di ottobre 2008. E nel 2009 si è cimentato con l’ottavo trapianto facciale nel mondo (primo in Spagna), ma il primo a includere la lingua e l’osso della mascella inferiore. In Africa, Paese che frequenta spesso e dove ha creato una fondazione nel 2003 (la Fondazione Cavadas), lo chiamano «Dottor Miracolo». La sua è anche una storia di sofferenza. Cresciuto tra gli agi, a un certo punto perde il fratello in un incidente durante un viaggio in Kenya. Si innamora dell’Africa, rinuncia al lusso e vende le sue macchine sportive. Cambia la propria prospettiva di vita e mette le sue abilità e il suo talento al servizio dei bisognosi. Con la sua Fondazione si dedica alle persone che hanno subito ferite da arma da fuoco e machete e non hanno accesso ai medicinali. A loro e ai tanti casi che ha già affrontato nel mondo Cavadas regala il suo talento. E le sue mani preziose.

di Emanuela Di Pasqua

28 dicembre 2011

FONTE: corriere.it
http://www.corriere.it/salute/disabilita/11_dicembre_28/trapianto-gambe-primi-passi_b1f69b5e-3158-11e1-b43c-7e9ccdb19a32.shtml

sabato 4 febbraio 2012

Una ragazza molto malata e la sua Atena


Ecco cosa ci racconta Daniela Celano, la sua storia, il suo calvario e la forza che le dà il suo cane.
Questa è Atena, un dalmata abbandonato che ho adottato due anni fa, quando era un cucciolo di 11 mesi. Io sono una ragazza di 32 anni allettata e invalida al cento per cento, sotto oppiacei, morfina, altri farmaci pesanti e con un neuromodulatore sacrale impiantato dentro al corpo. A 25 anni sono stata rovinata per un banale intervento chirurgico, mi è stato lesionato il nervo. Ho subito altri interventi inutili e disastrosi e da 7 anni soffro di dolori neuropatici atroci. Ho sempre preso colpi e cinghiate fin da piccola, ma a 20 anni quando ho detto in famiglia che stavo uscendo con un ragazzo la violenza è aumentata, mi sono debilitata dalla tensione che c'era in casa, dalla paura e mi sono beccata due virus mononucleosi e citomegalovirus durati 4 anni e diagnosticati tardi. Purtroppo sia per antibiotici dati a casaccio, mi si è formata una ragade e da un banale intervento chirurgico definito di routine la mia vita è finita.
Da più di due anni e mezzo vivo in un monolocale di 30 mq, freddo e umido per cui pago 400 euro da una pensione di invalidità di 758 euro, gli altri 300 euro li spendo per cibo, bollette, detersivi per la casa etc. Non ho nessun aiuto economico, abbandonata da parenti e amici. Solo il pranzo mi viene portato dalla caritas e ogni tanto mi viene dato un aiuto dal comune. Mi assiste il mio ragazzo, che non ha lavoro e ovviamente pensa anche ad Atena.
Atena mi dà la forza di vivere, quando l'ho presa era magrissima, piena di micosi in tutto il corpo, impaurita. Me ne aveva parlato un'assistente domiciliare che mi mandava il comune per un ora al giorno e io l'ho voluta subito. Non le faccio mancare niente, fa i vaccini regolarmente, per qualsiasi cosa viene portata dalla veterinaria. Io già mangio poco a causa degli oppiacei e della morfina ma se c'è bisogno mangio ancora meno per lei. La veterinaria ha chiamato Atena, la principessa dell'ambulatorio perchè è sempre perfetta, delicata e io nonostante le mie condizioni le ho insegnato i comandi, anche a dare la zampa. Atena è sempre con me nel letto, se mi vede piangere mi lecca, se mi vede alzare il tono della voce e piangere mi lecca, ma se qualcuno entra in casa nonostante ci sia Simone e mi stringe la mano, o mi abbraccia, o si avvicina a letto, o alza il tono della voce, lei ringhia e prova a mordere. Eppure è sempre buona con tutti. Mi dà la forza di sopravvivere al mio calvario, è l'unico essere vivente che non mi ha mai fatto del male. In questa foto non è a casa mia, ovviamente non la faccio stare sempre con me ne letto, la faccio portare fuori da Simone. Atena è la mia forza, prima di pensare a me io penso sempre a lei. Il mio ragazzo e l'assistente che viene qualche ora al giorno mi dicono che la vizio troppo ma lei è dolce, affettuosa e mi vuole difendere da tutti. Grazie Atena... questi due natali non li ho passati da sola, c'era lei con me nel letto. E' il mio angelo.
Se qualcuno volesse darci un aiuto economico, può chiedere l'iscrizione a questo gruppo: "Aiutate Daniela Celano e la sua Atena": https://www.facebook.com/groups/211934152268947/


Ultima modifica: 16 agosto 2012

FONTE: bauboys.tv
http://www.bauboys.tv/post/una-ragazza-molto-malata-e-la-sua-atena

 

Triste e dolorosissima la storia di Daniela, sopratutto perchè i suoi gravissimi problemi di salute sono stati determinati da banale intevento chirurgico (l'asportazione di una ragade) andato male. Un tristissimo caso di malasanità di cui ora Daniela paga il prezzo, un prezzo tremendo e senza avere nessuna colpa!
Meravigliosa invece la storia d'Amore che è nata tra lei e la sua Atena, una splendida dalmata, presa e accudita con tanto Amore e che ora è diventata la sua compagna inseparabile, il suo angelo custode che le dà forza e voglia di andare avanti.
E' proprio vero che il cane è il miglior amico dell'uomo e tante, tante volte noi uomini abbiamo solo da imparare dagli animali e dall'Amore incondizionato e fedele che loro hanno per noi.

Faccio un abbraccio immenso a Daniela, con l'augurio più vivo che si possa fare concretamente qualcosa per lei e che la sua situazione possa migliorare. Invito tutte le persone che volessero aiutare Daniela economicamente o in altro modo, a prendere contatti con lei tramite il suo gruppo di facebook.
Tanti auguri per tutto Daniela, ti abbraccio fortissimamente e ti auguro ogni Bene.

Marco

giovedì 2 febbraio 2012

Miastenia gravis. Che cos'è?

Miastenia è un termine che deriva dal greco e, tradotto, significa “debolezza muscolare” (uno dei principali sintomi che caratterizzano la malattia).
La miastenia gravis (spesso abbreviata in MG, dal greco myastheneia, “debolezza muscolare”, μύς - muscolo, ά - privativo, σθενος - forza, e dal latino gravis, "grave”) è una malattia del sistema immunitario (autoimmune) il quale non riconosce più come “perfettamente propria” una parte di una struttura normalmente presente nel nostro organismo: la giunzione neuromuscolare. Questa struttura, in condizioni normali, realizza il passaggio dell’impulso nervoso dal nervo al muscolo (ecco perché viene detta giunzione neuromuscolare) e consente quindi al muscolo di contrarsi nelle diverse situazioni. In questo modo possiamo camminare, correre, saltare, fermarci improvvisamente, sollevare le palpebre, ridere, piegare le braccia, girare il capo, pettinarci e così via.
Nella miastenia il sistema immunitario, per cause che non sono state ancora del tutto chiarite, mette in atto una reazione “anomala” nei confronti della giunzione neuromuscolare producendo anticorpi diretti contro di essa. Gli anticorpi “attaccano” una parte di questa struttura e non le consentono di funzionare correttamente il che determina una contrazione muscolare meno efficace. Ossia la contrazione del muscolo inizia “normalmente” ma si esaurisce facilmente, recuperando solo dopo un periodo di riposo.


NOTE STORICHE

Secondo numerose fonti storiche fu Willis nel 1672 a descrivere per primo questa entità nosologica. Ma i primi a descrivere la presenza in tali malati di una paralisi bulbare senza riscontro di alterazioni anatomiche furono Erb eGoldflam nella seconda metà del 1800 e per molti anni la malattia venne chiamata Sindrome di Erb e Goldflam.
A coniare il termine Miastenia Gravis pseudoparalitica (per l’assenza di alterazioni anatomiche all’autopsia) fu invece Jolly nel 1895. Tale autore dimostrò che il deficit di forza miastenico del muscolo poteva essere riprodotto dalla stimolazione faradica ripetuta del nervo motore (ponendo così le basi di una delle tecniche strumentali di diagnosi della Miastenia ovvero la stimolazione ripetitiva del nervo messa a punto da Demstet). Nella prima metà del secolo scorso vennero messi a punto da Remen e Walker i primi farmaci attivi contro la malattia ovvero gli anticolinesterasici. Le alterazioni timiche nel corso di Miastenia Gravis furono descritte nel 1949 da Castleman e Norris.
La natura autoimmune della malattia venne definita da Patrick, Lindstrom Fambrough, Lennon ed Engel nei primi anni settanta del secolo scorso.


CHI COLPISCE?

L'incidenza della miastenia grave è di 200-400 casi per milione di abitanti. Si stima che in Italia ci siano dai 15.000 ai 20.000 pazienti, anche se non è mai stato condotto alcun studio epidemiologico.
La miastenia si può riscontrare in uomini e donne di qualunque età e razza. Tuttavia si osserva più frequentemente nelle giovani donne (tra i 20 e i 30 anni) e negli uomini adulti (tra i 50 e i 60 anni). Più del 50% dei pazienti ha una età inferiore ai 35 anni, tra questi raramente (circa il 10% dei casi) vengono colpiti i soggetti di età inferiore ai 10 anni.


L’EREDITARIETA'

La miastenia non è una malattia ereditaria ma acquisita. L’acquisizione può avvenire in qualunque momento della vita. E’ possibile che la madre miastenica, durante la gravidanza (nel 15% dei casi), trasmetta al neonato gli anticorpi della miastenia. In questo caso la malattia è presente nel neonato ma si risolve spontaneamente mano a mano che gli anticorpi materni vengono eliminati (solitamente nel primo mese di vita).


I SINTOMI

Solitamente la miastenia si presenta in maniera improvvisa, senza alcun preavviso, con i sintomi di una strana, “incomprensibile” debolezza e stanchezza muscolare. Stanchezza che nulla ha a che vedere con quella avvertita nei soggetti normali, in seguito ad uno sforzo fisico, soprattutto se prolungato. Il miastenico infatti non si sente globalmente “stanco”, avrebbe voglia di fare, muoversi, ma non trova la forza adeguata per farlo. Soprattutto è caratteristica del miastenico l’esauribilità muscolare ossia la progressiva perdita di forza muscolare che aumenta con il prolungarsi dello sforzo e che ritorna normale con il riposo.
Pertanto, mentre sta svolgendo occupazioni assolutamente “normali” il soggetto miastenico si accorge di non essere più in grado di continuarle in maniera adeguata. Per esempio, nel portare una borsa, neanche tanto pesante, non riesce più a sostenerla, mentre si sta pettinando deve fermarsi perché le braccia sono “stanche”, nel lavarsi i denti, improvvisamente lo spazzolino scivola dalla mano.


Oltre questi sintomi i più comuni sono:

• ptosi palpebrale (ossia abbassamento di una o entrambe le palpebre legato alla difficoltà “muscolare” di tenerle sollevate);
• diplopia (il vedere “doppio”);
• difficoltà a masticare;
• disfagia (difficoltà a deglutire);
• difficoltà a parlare (da alterazioni minime a gravi per esempio: non comprensibilità del linguaggio).

Altra caratteristica è che debolezza ed esauribilità muscolare non sono costanti, variano da soggetto a soggetto e anche in base ai diversi momenti della giornata.
Più raramente l’improvvisa e strana “debolezza” muscolare può comparire in concomitanza ad altre condizioni che possono facilitare la comparsa dei disturbi riferibili alla miastenia. Tali situazioni sono rappresentate principalmente da:

• Infezioni (per esempio virali come una “banale” influenza)
• Ciclo mestruale
• Gravidanza e allattamento
• Stress fisici e/o psichici
• Interventi chirurgici
• Somministrazione di farmaci (per esempio alcuni antibiotici, anestetici come i curarici).

Può essere interessato qualsiasi distretto muscolare, anche quelli che regolano la deglutizione e la respirazione (in quest'ultimo caso una ventilazione assistita può essere necessaria per mantenere il paziente in vita).
Non sono invece coinvolti né il cuore né la muscolatura liscia (per esempio quella che regola i movimenti gastrici e intestinali che servono anche a far progredire il cibo all’interno dell’organismo).
Si è osservato inoltre che le alterazioni dell’umore (depressione, ansia ecc.) possono influire negativamente sull’andamento della patologia.


EZIOLOGIA E PATOGENESI

La patogenesi della Miastenia Gravis è da ricondursi ad un attacco autoimmune anticorpo-mediato che soddisfa i criteri di diagnosi di malattia autoanticorpo mediata (Drachman 1978) diretto contro il recettore dell’acetilcolina (Ach-R).
Il Recettore dell’acetilcolina è una proteina transmembrana composta da quattro subunità (2alfa, beta e gamma nell’adulto) la cui attivazione da parte dei quanti di aceticolina rilasciati dalla terminazione nervosa sinaptica determina l’attivazione di una cascata di eventi che porta alla contrazione muscolare. In genere l’anticorpo riconosce un epitopo sito sulla Main Immunogenic Region (MIR) dell’AchR e ciò determina il blocco, l’internalizzazione e la distruzione dello stesso recettore. Gli anticorpi diretti contro il recettore dell’acetetilcolina sono presenti in circa l’85% dei pazienti affetti dalla forma generalizzata e nel 50-60% dei pazienti con la forma esclusivamente oculare.

La trasmissione neuromuscolare può essere compromessa in diversi modi:

1) l’anticorpo può bloccare il legame tra acetilcolina e il suo recettore
2) si è dimostrato che le IgG sieriche dei pazienti miastenici sono in grado di incrementare il tasso di degradazione del recettore di due/tre volte e ciò può essere dato dalla capacità degli anticorpi di formare legami crociati con i recettori che vengono raggruppati sulla membrana muscolare e successivamente internalizzati tramite un processo di endocitosi e quindi degradati
3) gli anticorpi possono causare una distruzione complemento-mediata delle superfici post-sinaptiche

In alcune gravi forme di Miastenia (cosiddette oculo-bulbari) sieronegative è stata recentemente dimostrata la presenza di anticorpi anti MUSK una tirosin chinasi sita nella vicinanza del Ach-R (A. Vincent Nature Medicin 2001).
Secondo i dati più recenti circa il 50% dei miastenici sieronegativi sarebbe anti MUSK positivo.


ANATOMIA PATOLOGICA

Riguarda principalmente il Timo che è la sede dove vengono educati i linfociti T. Nel 10-15% dei pazienti si osserva una neoplasia della ghiandola.
L’iperplasia timica e la persistenza dei follicoli linfoidi con centri germinativi attivi confinanti con la midollare del timo, sono presenti almeno nel 65% dei pazienti specialmente quelli giovani. I follicoli sono caratterizzati dalla presenza di istiociti al loro centro circondati da linfociti T-helper, linfociti B e plasmacellule. Da segnalare che vi sono nel timo delle cellule di sostegno cosiddette mioidi che esprimono il recettore per l’acetilcolina. A livello della giunzione neuromuscolare solo la microscopia elettronica rivela una semplificazione della placca nel versante postsinaptico.


DIAGNOSI

La diagnosi di Miastenia Gravis rimane ancora principalmente clinica e tutt’ora, specialmente in alcune regioni italiane la malattia è sottodiagnosticata o la diagnosi viene posta con ritardo e questo per due motivi:

1 - I sintomi e segni specialmente all’esordio, essendo fluttuanti e potendo essere discreti possono non essere riconosciuti dal medico curante che non invia il paziente dallo specialista.
2 – E’ una malattia che si vede molto raramente.

La caratteristica che si deve ricercare e che deve mettere in allarme è l’esauribilità. Il paziente riferisce di avere una visione sdoppiata dopo un po’ che legge, riduzione del tono della voce dopo lungo o breve colloquio e con il riposo vi è recupero delle forze.
Vi sono comunque anche dei segni che aiutano ad ipotizzare la presenza clinica di una Miastenia Gravis; vi sono muscoli che possono rimanere sempre deboli anche in presenza di adeguata terapia anticolinesterasica ed immunosoppressiva. Ad esempio l’ipostenia della muscolatura flessoria del collo è considerato un hallmark della malattia, spesso rimane ipostenia di grado variabile nelle prove contro resistenza dei muscoli orbicolaris oculi o della muscolatura addominale. Vi sono, però, delle prove di sensibilizzazione estremamente utili, ad esempio se viene riferita ptosi palpebrale fluttuante non presente al momento dell’esame; un test di provocazione consiste nel far guardate il paziente verso l’alto per almeno 30 secondi. Un’altra prova potrebbe essere quella di far eseguire al paziente 15 piegamenti.
E’ come sempre l’esperienza clinica che da le informazioni giuste per porre il sospetto di malattia o in presenza di negatività degli esami strumentali (e purtroppo quest’ultima evenienza non poi così infrequente) di porre una corretta diagnosi.

Da ricordare, infine, che la Miastenia Gravis si associa con frequenza che varia con le casistiche dal 2,3 al 24,2% (media 12,9%) ad altre malattie autoimmuna; la più frequente è la tiroidite con presenza di anticorpi anti tiroide, segue l’artrite reumatoide e meno frequentemente il LES e via via tutte le altre malattie sistemiche autoimmuni.

Esami strumentali

EMG con stimolazione ripetitiva
Stimolazione sovramassimale a 3Hz di un nervo periferico e registrazione di un potenziale di unità motoria (CMAP) dal rispettivo muscolo utilizzando elettrodi di superficie. Il reperto tipico nella Miastenia Gravis è un decremento del CMAP con raggiungimento del minimo dell’ampiezza al quarto CMAP. Tale test viene sensibilizzato se è preceduto da esercizio muscolare di almeno 60” o da ischemia.
L’assunzione di anticolinesterasici normalizza il test che comunque non è così frequentemente positivo anche in forme chiare e generalizzate di MG.

L’EMG a singola fibra sembra più sensibile nel supportare la diagnosi della malattia ma è gravato da difficoltà di esecuzione dipendenti sia dall’esperienza del Neurofisiologo sia dalle capacità di comprensione e di collaborazione del paziente.

Più controversa ancora e ormai in disuso in molti centri è la prova all’edrofonio (Tensilon) tra l’altro non più disponibile in Italia.
La prova consiste nell’iniettare prima 1 mg di Tensilon seguito a distanza di 45 secondi da altri 3-6 mg dopo avere testato la forza di taluni muscoli cranici e valutando obiettivamente l’eventuale miglioramento della stenia degli stessi.
Bisogna ricordarsi di tenere a disposizione dell’atropina per gli effetti muscarinici dell’edrofonio.

La presenza di anticorpi diretti contro il recettore dell’acetilcolina (ACh-R Ab) repertati con metodo radioimmunologico è un test sensibile ed altamente specifico.
Il numero di sieropositivi varia a seconda delle casistiche. Newsom-Davis ed A. Vincent hanno riscontrato la presenza di ACh-R Ab nel 85-90% delle forme generalizzate di MG e nel 60% delle forme puramente oculari. Lo stesso gruppo ha recentemente scoperto quegli anticorpi anti MUSK di cui ho parlato nella patogenesi della MG.

In conclusione comunque si può dire che combinando i vari dati strumentali e di laboratorio si può arrivare ad una buona confidenza diagnostica.


LA TERAPIA

Se la malattia viene riconosciuta precocemente le terapie attuali consentono di restituire l’80-90% dei pazienti ad un’esistenza pressochè normale.
Le donne, ad esempio, possono avere figli (c'è un indebolimento che in genere si presenta un mese dopo il parto) anche se vi può essere peggioramento della sintomatologia nella fase premestruale.

La terapia della miastenia si propone oggi due obiettivi: il primo, puramente sintomatico, ha lo scopo di migliorare la trasmissione neuromuscolare e quindi il sintomo “debolezza”; il secondo mira a modificare lo squilibrio immunitario alla base dell'aggressione autoimmune responsabile della malattia.
Qualunque trattamento venga scelto, esso si protrae per lunghi periodi (non bisogna dimenticare che la miastenia è una malattia cronica) sotto il controllo dello specialista neurologo.

I farmaci sintomatici utilizzati per migliorare la forza muscolare sono rappresentati dagli anticolinesterasici (Mestinon) che costituiscono quasi sempre il primo approccio terapeutico e rappresentano un aiuto prezioso per la maggior parte dei pazienti miastenici. Il Mestinon è disponibile in compresse divisibili da 60 mg a rapido rilascio e in compresse da 180 mg a rilascio prolungato. Le compresse da 60 mg hanno una durata media d’azione di circa 4 ore mentre quelle da 180 mg coprono un intervallo di 8 ore La durata d’azione delle due formulazioni è del tutto indipendente dalla dose assunta. Il Mestinon Retard va utilizzato quasi esclusivamente per la somministrazione notturna.

I presidi terapeutici che agiscono sulle cause della malattia e quindi sul meccanismo autoimmune responsabile della miastenia sono invece rappresentati dal cortisone, dagli immunosoppressori (Azatioprina, Ciclosporina A, Ciclofosfamide, Micofenolato mofetil, Tacrolimus), dalla plasmaferesi e dalle Immunoglobuline in endovena.

Anticolinergici
I primi ad essere impiegati; essi hanno drasticamente ridotto la mortalità per MG.
La più usata è la piridostigmina (Mestinon). Spesso risultano inefficaci nella diplopia delle forme puramente oculari di MG.
La formulazione pronta ha una durata di circa 4 ore. Gli effetti collaterali sono quelli muscarinici. Fare attenzione al sovradosaggio da anticolinesterasici che somiglia alla crisi da miastenia. E' ancora una volta la presenza degli effetti muscarinici (nausea, vomito, salivazione, pallore, sudorazione, coliche, bradicardia e miosi pupillare) che aiuta nella diagnosi differenziale.

Immunoterapie a breve termine
Hanno il pregio di agire sui sintomi e segni miastenici in breve tempo.
Si tratta della Plasmaferesi e delle Immunoglobuline ad alte dosi. L’efficacia dei due trattamenti è risultata simile e si rivelano particolarmente utili nel trattare le “crisi miasteniche”, le esacerbazioni con segni “bulbari” della malattia.
Il limite di tali trattamenti è la limitata durata nel tempo del beneficio clinico (durata media circa 20 giorni), motivo per il quale devono essere supportate da altri farmaci, in particolare lo steroide in grado di essere efficace in pochi giorni sul controllo dei sintomi e segni.
Alcuni medici utilizzano le immunoterapie a breve termine per stabilizzate i pazienti da un punto di vista sintomatologico per l’intervento di timectomia.

Cortisone (Prednisone)GrassettoCome già indicato, è efficace in pochi giorni ma per motivi non ancora ben chiariti può dare un peggioramento clinico nei primi giorni di trattamento. Il dosaggio è quello immunosoppressivo cioè relativamente elevato; alcuni medici iniziano con bassi dosaggi per ridurre l’incidenza del deterioramento da inizio terapia ma non vi sono prove certe di questo ed altri autori iniziano subito con i dosaggi immunosoppressivi.
Il problema dello steroide sono gli effetti collaterali: aumento della P.A., della glicemia, depauperazione di potassio, rischio di miopatia da steroide, aumento del tono oculare e comparsa di cataratta, specie nelle donne dopo la menopausa, osteoporosi, in più irsutismo, acne e faccia a luna piena. Per tali motivi è buona regola passare a giorni alterni l’assunzione del farmaco ed arrivare alla dose minima efficace per tenere sotto controllo la sintomatologia.

Azatioprina
E’ un farmaco che se ben tollerato può in alcuni casi sostituire completamente lo steroide, mentre più spesso è usato in associazione per ridurne il dosaggio.
Tra gli immunosoppressori dopo il Prednisone è considerato di prima scelta. Entra in funzione nel controllo clinico non prima di 5-6 mesi ed è in genere ben tollerato. Bisogna monitorare la funzionalità epatica e l’emocromo. Va interrotto per breve periodo in caso di infezione e se la conta dei G.B. arriva ad essere inferiore a 2500/mm^3.

Micofenolato
E’ attualmente considerato di seconda scelta in caso di non controllo o intolleranza ad azatioprina.
Non vi sono ancora su di esso studi randomizzati in doppio cieco ma studi anedottici hanno evidenziato una efficacia simile all’azatioprina di cui condivide tempi di entrata in funzione ed effetti collaterali. Dosaggio 2 gr/die.
E’ un farmaco molto costoso e distribuito solo da alcuni centri.

Ciclosporina
Meno pazienti rispondono a questo farmaco che comunque nei responder si dimostra efficace già nel giro di qualche settimana. Dosaggio 6mg/Kg/die.
Controindicazioni: grave ipertensione arteriosa, nefropatia.

Ciclofosfamide
Usato solo nelle gravi Miastenie che non rispondono agli altri immunosoppressori. Dosaggio 2,5-3 mg/Kg/die aggiustato per mantenere la conta dei G.B. tra 2500 e 4000 mm^3 e la percentuale dei linfociti sotto al 10%.

Farmaci controindicati

Evitare quei farmaci che possono provocare debolezza miastenica o aumentarla. Ricordando comunque che la controindicazione è nella maggior parte dei casi solamente relativa.

Questo è l'elenco dei farmaci che, stando alle conoscenze attuali, risultano assolutamente o parzialmente controindicati in caso di miastenia.

D-Penicillamina
Clorochina
Alfa-Interferone
Tossina Botulinica

Farmaci potenzialmente pericolosi

Succinilcolina, vecuronio (usati nel corso di anestesia)
Lidocaina, procaina (se usati per via endovenosa; non ci sono problemi al loro uso odontoiatrico)
Chinina, chinidina, procainamide
Antibiotici
a) Aminoglicosidici
Tobramicina
Netilmicina
Amikacina
Gentamicina
Kanamicina
Neomicina
Streptomicina
b) Ciprofloxacina
c) Tetracicline
d) Penicilline
e) Clindamicina
f) Lincomicina
Beta bloccanti
Calcio antagonisti
Antiepilettici
Dintoina
Barbiturici
Etosuccimide
Carbamazepina
Gabapentina
Analgesici
Morfina
Codeina
Alcaloidi dell’oppio
Antipsicotici
Fenotiazine
Litio

E' bene che il paziente e/o i famigliari siano istruiti sugli effetti collaterali dei farmaci antimiastenia, sia su quei sintomi o segni miastenici che richiedono almeno un consulto con lo specialista.

Terapia chirurgica

Esiste anche la terapia chirurgica della miastenia, che è rappresentata dall'asportazione della ghiandola del timo (timectomia) che, in questi pazienti, risulta essere spesso iperfunzionante (iperplasia) o portatrice di un tumore (timoma), nel 15% dei casi.
La timectomia non sempre risolve la malattia ma spesso ne determina un consistente miglioramento. L’indicazione alla timectomia va valutata caso per caso anche se, in particolare nei pazienti giovani, è quasi sempre consigliata, mentre ne viene sconsigliata se:
I sintomi sono lievi
I sintomi coinvolgono solo gli occhi
Si ha più di 60 anni

In generale si può dire che la terapia della miastenia va modellata su ciascun soggetto a seconda delle caratteristiche cliniche della malattia e deve essere proprio come un vestito che va cucito addosso al paziente.
Risulta quindi fondamentale il ruolo dell’esperto che, proprio come un bravo sarto, dovrà, ogni qual volta sarà necessario, “rimodellare” la terapia a seconda delle variazioni cliniche della miastenia.


IGIENE ALIMENTARE

Non vi sono vere e proprie limitazioni assolute nella dieta del paziente miastenico ma più che altro delle sostanze che andrebbero evitate perché potrebbero peggiorare la sintomatologia o interferire con il trattamento in atto. Se possibile andrebbe evitata, in tutte le fasi della malattia, l’ingestione di liquirizia e di analcolici o di altre bevande contenenti il cosidetto “amaricante” (ossia l’estratto di china).
Se il paziente è sottoposto a terapia cortisonica è invece pressochè obbligatoria una dieta povera di sale di sodio (il sale da cucina), priva di farinacei e zuccheri e con un basso contenuto di grassi. Questo perché la terapia cortisonica prolungata può dar luogo a una eccessiva ritenzione di sodio con, a volte un eccessivo aumento della pressione, a un eccessivo aumento dello zucchero nel sangue (iperglicemia) fino ad arrivare a delle forme di diabete e, infine ad un possibile aumento dei “grassi” nel sangue (colesterolo, trigliceridi).
Vanno infine evitati i cibi e le bevande calde nelle fasi della malattia in cui vi siano difficoltà nella masticazione e nella deglutizione. In questi casi i cibi e le bevande fredde si rivelano sicuramente di più facile ingestione.


LE MIASTENIE RARE

Oltre alla Miastenia autoimmune acquisita e alla Miastenia neonatale esistono anche altre forme riferibili alla miastenia ma molto più rare.
Le Miastenie congenite sono legate ad alcuni difetti genetici e interessano principalmente i muscoli extraoculari e scheletrici, e spesso sono limitate ad un periodo della vita e vanno incontro a una remissione spontanea. La Sindrome Miasteniforme di Lambert Eaton è una miastenia associata tumori polmonari ed caratterizzata da un profilo neurofisiologico ed immunologico differente dalle miastenie gravis.

Esistono infine forme di Miastenia rare legate all’uso di farmaci come ad esempio:

la penicillamina: (utilizzata per l’artrite reumatoide)
i beta-bloccanti (farmaci usati in alcune malattie cardiache e nell’ipertensione),
la chinidina (farmaco che serve nei disturbi del ritmo cardiaco-aritmie),
la clorochina
i sali d’oro


FONTi: miastenia.it, miasteniabergamo.it, viverelamiastenia.it, informazionimediche.com, wikipedia.org