venerdì 31 maggio 2013

Fuori dal coma dopo cinque anni, bimbo salvato da cura con cellule staminali

(AGI) - Washington, 23 maggio - Era in stato vegetativo da ben cinque anni: si e' risvegliato grazie alle staminali. Si tratta di un bambino che era in stato vegetativo persistente dovuto a paralisi cerebrale pediatrica. Si e' svegliato grazie un trattamento con staminali prelevate dal sangue del cordone ombelicale della madre. E' lo storico risultato ottenuto dai medici del Catholic Hospital di Bochum, in Germania.
A seguito di un arresto cardiaco con grave danno cerebrale, subito alla fine del 2008, il bambino di due anni e mezzo si trovava in stato vegetativo persistente e aveva minime possibilita' di sopravvivenza. Dopo due mesi di trattamento con cellule staminali del sangue del cordone ombelicale della madre, i sintomi del bambino sono migliorati notevolmente e nei mesi successivi, il bambino ha imparato a dire semplici frasi e a muoversi.

"Questo studio dissipa i dubbi, di lunga data, circa l'efficacia di questa nuova forma di terapia" ha commentato Arne Jensen, che ha condotto la ricerca pubblicata su Case Reports in Transplantation.
Alla fine di novembre 2008, il bambino, che aveva 2 anni e mezzo, aveva subito un arresto cardiaco che aveva comportato un grave danno cerebrale: era cosi' entrato in uno stato vegetativo persistente e il corpo si era paralizzato. Non esiste tuttora alcuna terapia per la paralisi cerebrale infantile.

''In una situazione disperata, i genitori hanno cominciato a cercare rimedi alternativi'' continua Arne Jensen ''e ci hanno contattato per chiederci a proposito della possibilita' di usare il sangue del cordone ombelicale congelato alla nascita''. Nove settimane dopo il danno cerebrale, a gennaio 2009, i medici hanno somministrato il sangue preparato per via endovenosa. In seguito, e' stato studiato il progresso del bambino a 2, 5, 12, 24, 30, e a 40 mesi dalla paralisi cerebrale.

Di solito, le possibilita' di sopravvivenza dopo un cosi' grave danno cerebrale sono minime e a distanza di mesi dal danno, i figli sopravvissuti di solito mostrano solo minimi segni di coscienza. Dopo la terapia con il sangue del cordone, il piccolo paziente ha tuttavia recuperato in tempi relativamente brevi. In due mesi, e quindi a quattro mesi dall'attacco cardiaco, la spasticita' era notevolmente diminuita ed era in grado di vedere, sedersi, sorridere, e parlare con parole semplici. Quaranta mesi dopo il trattamento, il bambino era in grado di mangiare autonomamente, camminare con un aiuto e formare frasi di quattro parole.
 

mercoledì 29 maggio 2013

Lavoro e disabilità: Simona difende i diritti dei disabili

Sono migliaia i disabili italiani laureati e specializzati, ma le aziende preferiscono pagare una multa piuttosto che assumerli

Simona Petaccia è una giornalista ed è presidente della onlus Diritti Diretti (http://www.dirittidiretti.it/), con la quale sostiene iniziative volte a garantire eguaglianza e dignità ai cittadini del nostro Paese. Simona ha una disabilità motoria e, pur essendo laureata e specializzata conosce bene le difficoltà che le persone disabili incontrano nel mondo del lavoro. Per questo si impegna in prima persona a promuovere la cultura dell’inclusione lavorativa e l’abbandono della cultura assistenzialistica, che in Italia regna sovrana.
Abbiamo intervistato Simona per capire con lei qual è la situazione lavorativa dei disabili italiani e per conoscere le sue esperienze e il suo impegno diretto.

Simona, hai recentemente preso parte al convegno nazionale Oltre l'Orizzonte per chiarire la situazione circa l'occupazione lavorativa delle persone con disabilità. Qual è la reale situazione attuale? Perché i disabili italiani sono disoccupati?

Ci sono 100mila posti di lavoro riservati ai disabili in Italia, ma il 66% dei cosiddetti diversamente abili è disoccupato. Ciò accade perché le aziende preferiscono pagare le multe piuttosto che assumere disabili. È quanto è emerso dalla ricerca ISTAT "La disabilità in Italia", così il mio intervento ha sottolineato la necessità di abbandonare l’attuale cultura “assistenzialistica” e di far capire ai datori di lavoro pubblici e privati che le norme vigenti non sono un’imposizione da combattere, ma offrono loro la possibilità di avvalersi di specialisti e, contemporaneamente, approfittare dei vantaggi fiscali e contributivi. Pertanto, ho voluto rivolgermi agli imprenditori e non agli uomini. Questo perché la cultura “assistenzialista” dell’inserimento lavorativo dei disabili ha minato e mina la giusta informazione che deve esserci sull’attuale livello culturale e professionale dei disabili, oltre che sui vantaggi fiscali e contributivi legati alla loro assunzione.

Quali pensi siano le azioni realmente utili per cambiare questa situazione?

Molti addetti ai lavori parlano ancora di “Formazione dei disabili”. Con il mio intervento, invece, ho cercato di dimostrare che ora serve una “Formazione ai manager pubblici/privati” affinché il cerchio si chiuda dato che nessuno sa (o si finge di non saperlo!) che migliaia di disabili italiani si sono già laureati e specializzati. Per assurdo, a me è capitato di sentirmi dire: “Lei è troppo qualificata per questo posto di lavoro!”.

Attualmente sei disoccupata, ma hai fatto molte esperienze lavorative. Hai mai vissuto in prima persona esperienze di discriminazione sul lavoro?

Discriminazione quasi mai, ignoranza quasi sempre. Mi spiego: È inutile negare che il corpo è il nostro primo biglietto da visita nella vita e che il mio è arricchito da 4 ruote. A parte qualche caso, nel quotidiano, credo che molti considerino ancora le persone con disabilità come individui da compatire e questo fa sì che i disabili debbano impegnarsi il doppio dei normodotati nel fare comprendere la propria professionalità. Io parto sempre dal presupposto che nei manager ci sia buona fede e mi adopero col sorriso affinché si abbatta questo muro d’ignoranza. Il mio Curriculum Vitae dimostra che spesso ci sono riuscita. Non sempre, però, questo è possibile. Attualmente, ad esempio, sono passata alle vie legali perché, dopo essere risultata idonea a una selezione pubblica, l’ente che ha bandito il concorso non ha applicato le relative quote di riserva. Ai giudici l’ardua sentenza…

Quando e perché hai deciso di metterti in gioco in prima persona nel sostenere i diritti dei disabili italiani?

Nella tua domanda c’è un errore fondamentale, scusami. Diritti Diretti è aperta a tutti, non solo ai disabili. Questo perché, credo che chi non voglia essere escluso non debba escludere. La nostra onlus mira a essere il punto di riferimento di chi crede che la carità debba essere rimpiazzata da diritti concretizzati… non solo scritti sulla carta. Per questo, opera a favore delle categorie svantaggiate per condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari (anziani, minori, persone con disabilità temporanea o permanente, famiglie con passeggini, donne in stato di gravidanza, individui con esigenze dietetiche e/o con problemi di allergie ecc.). Il suo obiettivo? Contrastare la diffusione di pregiudizi o stereotipi e incoraggiare la presa di coscienza delle abilità degli svantaggiati e del loro contributo sociale. "It's up to you!", cioè: "Dipende da te!". Su questa convinzione è nata Diritti Diretti Onlus. Questo perché i soci fondatori credono che chi pensa che non è giusto e resta a guardare è, allo stesso modo, responsabile di ciò che accade.

FONTE: disabili.com
http://www.disabili.com/lavoro/articoli-lavoro/24417-lavoro-e-disabilita-simona-difende-i-diritti-dei-disabili


Disabilità e lavoro, questo è un altro dei problemi da affrontare e risolvere nella nostra Italia perchè, come spiega efficacemente Simona Petaccia, per errate convinzioni e una cultura troppo "assistenzialistica", gli imprenditori preferiscono pagare delle multe piuttosto che assumere persone con disabilità come invece prescrive la Legge. E questo è SBAGLIATO, perchè in questo modo si sminuiscono le capacità delle persone disabili relegandole ad un ruolo secondario nella nostra società e si incentiva una cultura assistenzialistica che invece andrebbe cambiata.
C'è da augurarsi che anche in questo si possa cambiare rotta, presto e bene, abbattendo certi pregiudizi e stereotipi, e dando alle persone con disabilità o con un qualsiasi tipo di svantaggio, la possibilità di lavorare e di ritagliarsi il proprio ruolo nella società odierna.

Marco
 

lunedì 27 maggio 2013

Quell’altalena che diffonde il “virus dell’accessibilità”

Sono stati infatti già in molti a prendere contatto con l’Associazione Diritti Diretti di Chieti, per “copiare” la bella idea che ha consentito – tramite una raccolta fondi – di donare un’altalena per bimbi con disabilità al Comune della città abruzzese, senza fare uscire nemmeno un centesimo dalle casse municipali. L’opera verrà realizzata, in un parco comunale, tra marzo e aprile


«Sono felice perché, oltre a essere riusciti nel nostro scopo di regalare un’altalena per bimbi con disabilità al Comune di Chieti, abbiamo raggiunto uno scopo ancora più “alto”: il “virus dell’accessibilità” si sta diffondendo anche in altre città, grazie alla nostra iniziativa. Finora, infatti, abbiamo ricevuto telefonate dalla Repubblica di San Marino, dalla Lombardia e dalla Sardegna. Hanno saputo della nostra altalena e vogliono “copiare” l’idea. È questo, dunque, il vero traguardo che abbiamo ottenuto».

Così Simona Petaccia, presidente dell’Associazione Diritti Diretti di Chieti, commenta con soddisfazione il risultato dell’iniziativa di raccolta fondi, per donare “chiavi in mano”, al Comune della città abruzzese, un’altalena per bimbi con disabilità, da collocare presso il parco giochi della Villa Comunale.
Ne avevamo riferito nelle scorse settimane, a raccolta in corso, quando cioè ancora non si sapeva se sarebbero stati coperti i costi – oltre che per l’acquisto e il montaggio – anche per la pavimentazione antitrauma e per la speciale piattaforma richiesta dal Comune, dopo la prima offerta di donazione. E invece, grazie alla generosità di alcune ulteriori elargizioni, l’obiettivo è stato raggiunto, cosicché l’operazione non costerà nemmeno un centesimo alle casse municipali. Non resta quindi che attendere la realizzazione dell’opera, prevista tra il mese di marzo e quello di aprile. (S.B.)

14 febbraio 2013

FONTE: superando.it
http://www.superando.it/2013/02/14/quellaltalena-che-diffonde-il-virus-dellaccessibilita/?fb_action_ids=10151310289718499&fb_action_types=og.likes&fb_source=aggregation&fb_aggregation_id=288381481237582


Articolo un pò diverso dal solito e anche un poco datato, ma che ci tenevo a mettere su questo blog. E' bello infatti constatare come da una bella idea come quella di realizzare un altalena per bimbi disabili, ne nasca un desiderio di emulazione, un "virus dell'accessibilità" come lo chiama la presidentessa dell'Associazione Diritti Diretti di Chieti, Simona Petaccia. Ecco che adesso allora, anche altri comuni, anche di altre regioni, vogliono copiare la bella iniziativa portata avanti dal comune di Chieti. 
Vedete come il Bene genera sempre altro Bene? Ora mi auguro che queste altalene (e non solo) per bambini disabili si diffondano sempre più nelle nostre città, segno di civiltà e di uguaglianza tra tutte le persone.

Marco

venerdì 24 maggio 2013

«Io, chirurgo, torno ad operare in sedia a rotelle»


Tornare a occupare la propria posizione lavorativa dopo un trauma, un incidente che lascia strascichi sul corpo o sulla mente, è per alcuni la realizzazione di un sogno. Quasi quell’evento rappresentasse una cesura tra il passato e il futuro che appare, soprattutto nelle prime fasi della riabilitazione, oscuro e inesistente. Eppure qualcuno riesce a coronare questa aspirazione. Come è accaduto il 28 aprile 2013 a Gianluca Toniolo, 56enne pisano autore del libro autobiografico Una vita in un attimo (http://www.pacinieditore.it/?p=13040): «Dopo 3 anni dall’incidente stradale (avvenuto a giugno del 2010, n.d.r) sono tornato in sala operatoria», racconta, «non per subire un altro intervento ma per eseguirne uno. Sono un chirurgo coloproctologo ed endoscopista presso l’Azienda ospedaliero universitaria di Pisa e opero da una sedia a rotelle».

Gianluca, con caparbietà, è riuscito in qualcosa che purtroppo per altri è stato impossibile, tornare al suo lavoro. Troppo volte sottovalutato, il reinserimento lavorativo ha un grande effetto riabilitativo: spinge a tentare nuove vie e nuove soluzioni, fa sentire indipendenti, fa riacquistare quella posizione nella società che spesso si pensa perduta. «Dietro quella scrivania in ambulatorio, in sala endoscopica o in sala operatoria, come per magia, mi dimentico dei miei problemi. Quando, con il camice bianco, percorro i lunghi corridoi o passo tra i letti dei pazienti mi dimentico delle mie ruote, anche se ancora ogni tanto – come diceva Gaber – di nascosto, vorrei vedere l’effetto che fa», prosegue Toniolo. «Ma forse la risposta me la sono già data: mi sono accorto “stranamente” che questa condizione  porta con se un’“aumentata sensibilità” e avvicina il paziente creando una sintonia speciale».

«Il passaggio da paziente a nuovamente medico mi è costato tanta fatica: dovevo recuperare l’autostima e la sicurezza indispensabili per essere io nuovamente di aiuto agli altri… Forse ancora più di prima sento vicine la sofferenza e il dolore perché ora fanno parte anche della mia vita e senza inutili protagonismi cerco di avvicinarmi al malato in punta di piedi (o di ruote…)», confessa il chirurgo. Un lungo percorso non certo privo di ostacoli. In primis quelli psicologici: «risalire dal fondo delle mie paure, dalla consapevolezza di limiti fisici evidenti non è stato facile».

Una bella storia in cui colleghi e l’azienda sanitaria si sono battuti a fianco del medico per fargli recuperare la sua professione sia abbattendo gli impedimenti burocratici-amministrativi sia acquistando una sedia particolare che consente al medico all’occorrenza di operare da in piedi. Un bell’esempio di come la persona con disabilità non sia considerata un vuoto a perdere, ma una risorsa da reinserire in organico. Una bella speranza in un momento in cui il lavoro è, sì, una chimera per tutti, ma lo è ancora di più per le persone con disabilità che secondo il rapporto Anmil presentato nel 2012 sono i più penalizzati nell’inserimento lavorativo: gli uomini disabili occupati sono solo il 29%, mentre le donne non superano l’11%.

di Simone Fanti


8 maggio 2013

FONTE: invisibili.corriere,it
http://invisibili.corriere.it/2013/05/08/io-chirurgo-torno-ad-operare-in-sedia-a-rotelle/


Una storia bellissima, che ci insegna una volta di più quelle che sono le possibilità delle persone con disabilità, in tutto e per tutto simili a quelle delle persone "normalmente" abili (e forse, aggiungo io, con un tocco di "sensibilità" in più), se messe nelle condizioni di poter lavorare come loro. Ed è bello vedere come i colleghi di lavoro di Gianluca nonchè la sua Azienda sanitaria, si sono battuti al suo fianco per fargli riavere il lavoro, con assoluta e totale fiducia nelle sue capacità di recupero. Un plauso va dato quindi anche a loro, per la loro amicizia, vicinanza e fiducia mai venute meno nei confronti dell'amico e collega disabile.

Marco

mercoledì 22 maggio 2013

Una vita in mascherina


Cassano - “Una vita in mascherina” potrebbe essere il titolo di un bel romanzo o un film strappalacrime ma purtroppo è l’esistenza che si trova a vivere una nostra concittadina, Pasqua Ritoli.
Nata e residente a Cassano, sposata, due figli, la sig.ra Pasqua è affetta da patologie molto diffuse ma poco conosciute che gli esperti da qualche anno cominciano a studiare ed a mettere in relazione con altre malattie ben più note. Per comprendere, potremmo chiamarle come “malattie ambientali” e costringono chi ne è colpito ad una vita apparentemente normale (agli occhi esterni, di chi ti guarda, magari con strano sospetto) ma in realtà irta di sacrifici, rinunce, costellata da mille attenzioni. Pasqua Ritoli ha accettato di parlare della sua vita con “CassanoWeb-La voce del paese” affinché la sua storia venga conosciuta e compresa anche da chi si sente apparentemente “sano” ma non sospetta di avere qualche problema.

Quali sono esattamente i suoi problemi di salute?

I miei problemi più gravi, in quanto di problemi di salute ne ho sempre avuti, sono cominciati due anni e mezzo fa circa. Durante una terapia a dire di molti medici eccessiva per una forma lieve di morbo di Crohn. Cominciai ad avere dei disturbi di tipo neurologico, ma specie in una settimana di un medicinale chiamato aziatioprina non riuscivo a camminare, vedevo tutto chiarissimo quasi bianco, ero debole e avevo molte vertigini. Tornando dal medico che me lo aveva prescritto mi disse di sospenderlo e si sorprese dei forti disturbi che avevo avuto, ma anche il cortisone mi dava disturbi all'apparato urinario, così andai da un urologo ma mi derise per ciò che gli esposi, dicendomi che non gli era mai capitata una situazione del genere. Insomma, piano piano smisi completamente tutta la terapia ma dei lievi problemi neurologici persistettero così feci anche una consulenza neurologica e il medico mi prescrisse degli esami che risultarono entrambi fuori dalla norma. Si pensò inizialmente ad una sclerosi multipla, ma l'esito negativo della risonanza magnetica la smentiva, poi fra un ricovero e l'altro si pensò anche ad un Parkinson precoce, ma con il dat scan anche quello fu smentito, nel frattempo dai lievi disturbi che avevo inizialmente si affiancarono dei forti disturbi del movimento, delle paralisi momentanee, sanguinamenti, dolori atroci e altro tutto questo mentre i medici mi continuavano a prescrivere calmanti... La situazione continuò sempre più a precipitare con questi medicinali che cambiavano spesso e che non solo non mi facevano nulla, ma peggioravano il mio stato clinico. Preferisco non entrare nel merito di ciò che ho passato negli ospedali, per me sono ferite ancora aperte. Ma dopo più di un anno un medico mi consigliò di provare a fare una visita immunologica, che feci e cominciai a curare un'allergia agli acari che avevo da piccola. Con la terapia antiallergica in una settimana non avevo più sintomi, tranne alcuni lievi se entravo ad esempio in chiesa o andavo in ospedale. Credevo di essere guarita ma in due mesi di terapia ingrassai di dodici chili e avevo difficoltà a camminare e affanno.

Cos’è successo, dopo?

Il destino volle che dovendo fare il controllo dal medico un infermiere dell'ospedale dove lavorava mi disse che quest'ultimo era andato in pensione e non lavorava più così cambiai ospedale e prenotai un'altra consulenza allergologica al Policlinico di Bari, qui conobbi una dottoressa specializzanda che mi disse brevemente di queste patologie non riconosciute in Italia che avrebbero potuto spiegare la mia situazione. Non potette spiegarmi molto in quanto dai medici dirigenti queste teorie non erano ben accette. Appena potei mi informai in internet e rimasi di stucco a vedere che combaciava tutto così decisi di provare ad usare una mascherina ai carboni attivi per vedere cosa accadeva ai miei sintomi.

Funzionò?

I sintomi regredivano o in alcune circostanze sparivano.

I problemi sono continuati?

Ovviamente pensai a dove poter andare per la diagnosi e la scelta era fra il Policlinico di Bologna e l'Umberto I di Roma. Poi venni a sapere che avevano aperto un centro in Puglia, nei pressi di Lecce e grazie ad un'amica riuscii a prenotare, perchè per me anche stare troppo tempo al telefono è impossibile. In questo centro la prima visita la feci con una psichiatra che riteneva che l'MCS (Sensibilità Chimica  Multipla) non esiste... non ho mai capito che ci stava a fare lì dentro. Poi dopo un mese fui ricoverata dicendomi che avrei dovuto fare degli esami genetici per le intolleranze ai medicinali, ma non so se questi li ho mai fatti perchè gli esiti non li ho mai avuti. Il medico referente mi disse da subito che non avevo l'MCS ma una forte allergia al nickel dalla quale sarei guarita facendo un'apposita dieta priva di nickel. Ovviamente la mia contentezza e quella di mio marito e dei miei figli era al settimo cielo, uscii dall'ospedale consapevole di poter finalmente guarire, e i primi tempi stavo davvero meglio, la dieta mia aveva fatto andare via le ulcere intestinali e anche la sensibilità agli odori era migliorata molto, ma bisogna considerare che parlo dei mesi di gennaio e febbraio nei quali io ero quasi sempre a casa!
Verso la fine di febbraio o l'inizio di marzo pensai di dare una pulitina al forno di casa, e considerandomi guarita e avendo in deposito un detersivo di una nota marca per la pulizia dei forni usai quello anche con la maschera per sicurezza.... mi venne la febbre, si gonfiavano dei ponfi sulle tonsille e in gola poi si sgonfiavano e poi si rigonfiavano, le gambe completamente paralizzate, presi una compressa di Bentelan e il cuore galoppava, poi pensando che fosse influenza presi l'antibiotico e si formarono due enormi cisti una sotto il viso e una dietro la spalla.
Questa cosa mi lasciò perplessa, e mandai una mail al medico di Lecce ma non mi rispose, poi andai a visita e gli raccontai dell'accaduto ma fece finta di nulla. Qualche giorno dopo andai alla Posta; forse non tutti sanno che sotto i pannelli di alluminio c'è l'amianto e io da piccola, come tantissimi di noi, sono stata esposta anche all'amianto. La testa cominciò a muoversi da sola e dovetti indossare nuovamente la mascherina. Andai di nuovo alla visita a Lecce e raccontai l'accaduto al medico che fece finta di nulla e mi prescrisse un vaccino per l'allergia al nickel.
Dopo qualche altro giorno andai da un parrucchiere per tagliare i capelli, e cominciai subito a sentirmi male, mi misi la mascherina e aspettai quasi due ore dentro. Uscii che camminavo come i malati avanzati di Parkinson, la crisi non passava e a casa guardandomi allo specchio mi spaventai: avevo il volto gonfissimo, gli occhi sembravano bruciati e dalla nuca dove avevo appoggiato la testa per il lavaggio mi riempii di piccole bolle per tutto il corpo. Mandai altre mail al medico che come sempre non rispondeva.
Poi arrivò l'inizio del vaccino al nickel e in una settimana avevo anche di nuovo i dolori alle ulcere intestinali.
I sintomi sono andati via via riaffacciandosi man mano che passavano le giornate, oramai stare senza la mascherina in alcuni posti era diventato impossibile, e anche con la mascherina il minimo che passava mi creava disagi. Riprovai a contattare il medico e questa volta mandai un sms alla sua segretaria raccontando l'accaduto e chiedendo se avrei dovuto, come molte altre malate prima di me, lasciar perdere Lecce e andare a Roma per la diagnosi. Questa volta lui mi rispose, ma non per iscritto asserendo che lui non sapeva che malattia avessi, che non essendo un tossicologo avrei dovuto rivolgermi ad un medico del lavoro e fare altri esami, perché l'allergia la nickel poteva spiegare solo i problemi gastrointestinali ma non quelli neurologici. Ma come, se mi ero ricoverata specialmente per i problemi neurologici!

Cos’è successo, dopo?

Alla fine stufa fino all'ultimo di questo casino sono anche venuta a sapere che la mia cara regione ha anche riconosciuto l'MCS l'anno scorso, e quindi ora sono in attesa di una risposta dal centro malattie rare del policlinico di Bari in quanto esigo come cittadina italiana residente in puglia di sapere che malattia ho, se è curabile e non accetto più di fare terapie a tentativo. Insomma, dov'è la logica in tutto questo? Il ricovero a Lecce mi ha risolto almeno il problema delle ulcere intestinali ma tutto il resto no, anzi non utilizzando più la mascherina per un paio di mesi mi sono sensibilizzata anche agli ammorbidenti cosa che prima non avevo e quando passo già a cinquanta metri da un'abitazione col bucato steso mi sento il pavimento di muoversi sotto i piedi e l'aria che mi manca. Ora, quindi, sono ad un bivio: o rimanere senza diagnosi in Puglia o andare fuori e spendere di tasca mia tanto danaro, ma tanto per avere questa benedetta diagnosi e se fosse, come sembrerebbe evidente, conformata l'MCS che senso ha abitare in una regione che l'ha riconosciuta, che ho messo a disposizione di questi malati dei fondi, se poi la macchina non funziona? Oltretutto vere e proprie cure per questa malattia non esistono. Ci sono delle cure disintossicanti che sono a completo carico dei malati. Mi è stato detto che in media un malato di MCS per fare ogni anno esami e terapia, se funziona, spende di tasca sua cinquemila euro. Questo che diritto alla salute è?
Ci sono poi dei malati che si fanno sovvenzionare le cure all'estero dalla propria regione, per esempio in Inghilterra per fare un ciclo di terapia so che costa cinquantamila euro, parlo sempre di cifre a me riferite da gente che è nella malattia da molto prima di me. La cosa assurda è che questa terapia famosa inglese in Italia la pratica un medico romano novantenne che sta cercando dei "successori" vista la sua veneranda età, al fine che possa essere introdotta in tutti gli ospedali italiani per un costo irrisorio rispetto al costo della trasferta all'estero, ma come sempre in Italia la macchina non funziona!

Quanto sono diffuse le patologie di questo tipo?

In Italia mi dicono che ci sono fra i quattromila e i cinquemila casi di MCS, io esattamente non saprei. Ho letto che in America, dove la l'MCS è studiata da anni e anni, la percentuale della popolazione malata è in netto aumento, anche purtroppo fra i bambini, so che anni fa dalla Puglia partì per l'America una bambina molto piccola che però non conosco e so anche che questa patologia è stata spesso riscontrata fra i militari italiani, causata dai proiettili all'uranio impoverito. A Cassano non credo che ci siano casi eclatanti come il mio, ma purtroppo nessuno di noi può stare tranquillo, perchè la gente, come me prima, ignora le sostanze inquinanti che ci sono nell'aria e che provocano tantissime patologie. Certo l'MCS colpendo innanzitutto il cervello rende evidente subito la correlazione fra sostanza chimica e crisi, ma anche le allergie comuni o malattie cancerogene sono spesso causate dagli agenti inquinanti. Ultimamente è stato riscontrato un notevole aumento dei malati di SLA fra i contadini, causa l'uso dei diserbanti. La SLA come saprete non da molto tempo di vita.
Mi piacerebbe, in questa mia situazione, oltre a cercare un pò di giustizia per il mio diritto alla salute che fin'ora è stato troppo calpestato, poter consigliare, non obbligare per carità, la gente a cambiare stile di vita. Il mondo è stato creato prima dell'uomo, e quindi senza di esso noi non potremmo vivere. Che cosa stiamo dando in eredità ai nostri figli, ai nostri nipoti... un mondo inquinato! La gente crede che basta fare la raccolta differenziata per preservare l'ambiente, ma anche se questa è importantissima non è l'unica cosa da farsi. Ogni volta che acquistate un prodotto leggete la targhetta della composizione e pensate se è il caso di metterlo.
La mia battaglia non è una battaglia per avere delle cure all'estero o andare chissà dove in Italia. Io voglio stare a casa mia con i miei figli ed avere il diritto di essere curata qua, nella mia regione, nell'ospedale a me più vicino, e non dover più fare le code che mi causano forti crisi in ambienti tipo ospedali dove mi sento malissimo.

di Giovanni Brunelli

10 maggio 2013

FONTE: La voce del paese


"PRIGIONIERA IN CASA PER UNA MALATTIA SCONOSCIUTA"


l'odissea di una mamma 39enne


Ha trascorso mesi in casa o negli ospedali, ma la mamma-coraggio di Cassano non ha ancora scoperto la malattia che le sta distruggendo la vita. Questa è la storia di una donna di 39 anni che lotta contro i mulini a vento.
Sono sposata e ho due figli – racconta – ma da due anni e mezzo sono gravemente ammalata. Di una patologia al momento sconosciuta”.
Il calvario comincia con una terapia carica di medicinali per una forma lieve di morbo di Crohn. “Cominciai ad avere dei disturbi di tipo neurologico – dice la donna – non riuscivo a camminare, vedevo tutto bianco e avevo le vertigini. Sospesi la cura e ne cominciai un altra. Gli esami fecero pensare a una Sclerosi Multipla, smentita dalla risonanza magnetica”. Passano i giorni, qualche medico ipotizza un Parkinson precoce, i dolori si fanno più forti: “Ho avuto paralisi momentanee, sanguinamenti e i medici mi continuavano a dare calmanti”.
La situazione precipita. Riferisce la donna: “Dopo più di un anno un medico mi consigliò di provare a fare una visita immunologica. Così ho iniziato a curare un allergia agli acari. Con la terapia antiallergica in una settimana non avevo più sintomi, tranne alcuni in forma lieve se entravo, ad esempio, in chiesa o andavo in ospedale. Credevo di essere guarita ma in due mesi di terapia ingrassai di dodici chili e avevo difficoltà a camminare e affanno. Il destino volle che dovendo rifare il controllo dall'immunologo, un infermiere dell'ospedale mi disse che quest'ultimo era andato in pensione e non lavorava più. Cambiai ospedale e prenotai un altra consulenza allergologica al Policlinico, dove conobbi una dottoressa specializzanda che mi raccontò in breve di queste patologie non riconosciute in Italia. Non mi disse molto in quanto dai medici dirigenti queste teorie non erano ben accette”.
Su internet la signora scopre che avrebbe potuto trattarsi di un allergia. La mascherina ai carboni attivi è l'unico sollievo.
Spiega: “Non esiste un esame per diagnosticare questa malattia, né è chiaro come si manifestano i sintomi e come questi spariscono o regrediscono. Ho saputo in seguito che in Puglia c'è un centro per diagnosticare la Sensibilità Chimica Multipla. Sono stata ricoverata per fare degli esami, ma gli esiti non li ho mai avuti. Il medico referente mi disse che non avevo la Sensibilità Chimica Multipla, ma una forte allergia al nickel dalla quale sarei guarita facendo un'apposita dieta priva di nickel. Invece non sono guarita
.
Lo sfogo: “Ho fatto la cavia in molti ospedali, ho sperimentato sulla mia pelle cure e medicinali. Poi ho finalmente saputo che anche la Regione Puglia lo scorso anno ha riconosciuto la Sensibilità Chimica Multipla. Ora sono in attesa di una risposta dal Centro Malattie Rare del Policlinico: esigo di sapere che malattia ho, se è curabile e non accetto più di fare terapie a tentativo. Ho scoperto che molte persone vivono barricate in casa perchè non tollerano ormai più nessun odore. Ci sono malati che si fanno sovvenzionare le cure all'estero dalla propria regione, per esempio in Inghilterra per fare un ciclo di terapia che costa cinquantamila euro. La cosa assurda è che questa famosa terapia inglese, in Italia la pratica un medico romano 90enne che sta cercando “successori” vista la sua veneranda età. La mia battaglia non è una battaglia per avere delle cure. Ma ho il diritto di sapere cosa è questa patologia che mi ha distrutto la vita”.

15 maggio 2013

FONTE: La Gazzetta del Mezzogiorno

lunedì 20 maggio 2013

«La leucemia di mia figlia? Non è colpa del destino»

Daniela Spaggiari ha caricato un video su You Tube e pubblicato un e-book «La presenza di un inceneritore e di una ceramica vicino a casa non è casuale»


«In questo momento vorrei essere una mosca e vedere i vostri sguardi per capire se qualcosa di questo messaggio vi è entrato nel cuore... Buona vita a tutti». Con queste parole si conclude un video di incredibile intensità, crudo e toccante, nel quale Daniela Spaggiari, madre di una ragazza malata di leucemia, lancia su YouTube (vedi sotto) un messaggio che non può lasciare indifferenti. Un messaggio nel quale si parla di inceneritore, di sostanze inquinanti, di stili di vita sbagliati. E della necessità di dire basta, «perché il nostro benessere dipende dalle scelte che quotidianamente facciamo. E smettiamola di considerare la malattia un destino crudele, perché non è così».

«Ci si può ammalare - afferma nel video Erica Francia che tre anni fa ha scoperto di essere stata colpita dalla leucemia - quando si vive in un’ambiente ostile perché contaminato da elementi inquinanti e cancerogeni». Erica dice queste parole con un tono di voce pacato. Ma non rassegnato. Così come non rassegnata è la madre che, oltre a girare il video, ha pubblicato un e-book intitolato “Oltre la soglia” (sottotitolo “introspezione di una mamma bastone a sostegno della guarigione della figlia”). Al centro una storia che potrebbe essere quella di ognuno di noi.
 
Erica abita con la madre e il padre a Cadelbosco Sopra. Una vita tranquilla. Una famiglia come tante. I genitori lavorano, lei studia. Ma è proprio tre anni fa, quando sta partendo per un viaggio studio con Erasmus, che tutto cambia. Nel luglio 2010 Erica inizia a stare male e, a settembre, arriva la diagnosi: leucemia.
 
«Forse per il mio carattere che mi spinge ad andare in fondo alle cose - ci spiega Daniela Spaggiari - e probabilmente grazie alla fede che mi porta a non arrendermi, quando a mia figlia è stata diagnosticata la leucemia, non mi sono fermata ad aspettare gli eventi. Ho letto, mi sono informata, sui libri e su internet. E sono approdata al San Raffaele di Milano dove io e mia figlia siamo vissute per due anni e mezzo. Ero stata obbligata a lasciare il mio lavoro, avevo dei debiti da pagare, la situazione economica non era facile, ma non mi sono arresa». Anni difficili, quelli trascorsi a Milano, ma nei quali madre e figlia si trovano a condividere una situazione terribile e insieme eccezionale. Perché l’obiettivo è sempre stato “capire”. «Mia figlia - prosegue Daniela - a Milano aveva iniziato a stare meglio. Certo, merito delle cure, ma non solo. E io volevo capire se la sua malattia poteva dipendere dalle condizioni ambientali in cui aveva vissuto. Mi sono rivolta a Stefano Montanari, ricercatore e studioso di nanopatologie, direttore scientifico dell'azienda modenese Nanodiagnostics. La biopsia del midollo di Erica ha portato alla presenza di polveri di diversi metalli pesanti ad altissima concentrazione». E’ stato immediato, per Daniela, pensare a “dove” Erica e la sua famiglia erano stati fino a quel momento: «Per dieci anni mia figlia ha vissuto a ridosso dell’inceneritore e a due chilometri da una ceramica che recentemente è stata chiusa. Chiaramente non ci sono prove che possano indicare con certezza delle responsabilità. Ma da quel momento, ho capito che era anche colpa mia. E di quanti sono indifferenti di fronte a scelte e situazioni considerate scontate. Certo, pensiamo al benessere, ma nell’accezione sbagliata: prima viene il denaro. Ed era così anche per me, prima che Erica si ammalasse: lavoravo per guadagnare, per aiutare mio marito a pagare il mutuo e fare studiare nostra figlia. E non mi rendevo conto che c’era qualcosa di più importante».
 
Ma nella quotidianità, come si è trasformata la vita di una donna che non ha paura di andare fino in fondo? «Sono le scelte quotidiane che cambiano - ci dice Daniela - per esempio sono diventata quasi vegetariana, compro biologico, sono attentissima alla raccolta differenziata mentre prima la consideravo solo una perdita di tempo. E mi faccio bastare quello che ho. Perché ho scelto di pubblicare un e-book? Ho risparmiato il 30%, non ci saranno camion che lo trasporteranno, e non sono stati tagliati alberi».

Lei le chiama piccole scelte. In realtà si tratta di stravolgere una vita... «Ciò che è accaduto - ammette Daniela - ha fatto sì che la mia fede, assopita dalla quotidianità, abbia avuto un sussulto e mi abbia fatto vedere le cose con una maggiore lucidità». Forse è necessario che la vita ti cambi per riuscire a vedere un futuro diverso. Ed è quello che è capitato a Daniela. «Nel mio libro - spiega - per definire il mio ruolo mi definisco un bastone. Ma forse anche Erica è stata un bastone per me: se lei si fosse arresa forse l’avrei fatto anch’io. Perché vivere con un malato oncoematologico è un’esperienza totale. Erica ha perso la sua vita e io ho perso la mia. O meglio le nostre vecchie vite... Erica non ha difese immunitarie quindi non può frequentare i luoghi pubblici, deve sempre indossare la maschera sterile, non può viaggiare su bus o treni, non può nemmeno cucinare perché potrebbe restare contaminata da ciò che tocca».
 
A questo punto chiedere come sta Erica non è un tabù, ma la tappa di un difficile percorso. «Erica ha già subito due trapianti, per il momento non è previsto un terzo tentativo. Si sta curando, sempre a Milano, con una terapia chemioterapica. La nostra battaglia continua».




25 aprile 2013 

FONTE: gazzettadireggio.gelocal.it
http://gazzettadireggio.gelocal.it/cronaca/2013/04/24/news/la-leucemia-di-mia-figlia-non-e-colpa-del-destino-1.6942117



Una testimonianza veramente forte quella di Daniela ed Erica (il video è da vedere), una testimonianza che ci dice in maniera concreta come gli errori che noi uomini perpetriamo all'ambiente che ci circonda con le nostre scelte errate, prima o poi ci torna indietro sotto forma di tumori o di malattie di varia natura.
Chi di noi non ha o ha avuto nella propria famiglia o tra la schiera delle proprie amicizie almeno un caso di persona colpita da tumore? Io penso nessuno! Ebbene.... nessuno di noi si è mai chiesto perchè questo tumore ha colpito quella o quell'altra persona? Perchè proprio a lui? Daniela ed Erica si sono poste questa domanda, e la risposta non ha tardato ad arrivare: altissima concentrazione di metalli pesanti nel proprio organismo, probabilmente causati sopratutto dalla vicinanza di un inceneritore e da una fabbrica di ceramiche. Vedete che a cercare bene una risposta si trova sempre.... e quando ci sono di mezzo i metalli pesanti, potete star sicuri che il primo responsabile è l'inquinamento ambientale (sopratutto quello da nanoparticelle) o le esalazioni che una persona può avere sul lavoro o, aggiungo io, le dannosissime amalgame dentali. E' chiaro poi che c'è chi è maggiormente predisposto ad ammalarsi e c'è chi lo è di meno, diversamente ci ammaleremmo tutti e nello stesso modo.... ma chi si può dire al sicuro da tutto questo? Ecco che allora diventa DOVEROSO da parte di ognuno di noi fare delle scelte responsabili, come quelle che Erica e Daniela hanno fatto, e passare a uno stile di vita diverso, più rispettoso della natura e di noi stessi. Basta poco, un pò di impegno e di attenzione, per poter operare dei GRANDI cambiamenti, e questo, lo ribadisco, lo può fare ognuno di noi, senza eccezzioni. Mangiare biologico, usare il meno possibile l'automobile (magari acquistandola a metano, o elettrica o comunque ibrida), operare un attenta raccolta differenziata cercando di riutilizzare il più possibile i propri avanzi (che sono sempre un importantissima risorsa), acquistare prodotti biocompatibili, piantare degli alberi negli spazi verdi delle proprie abitazioni..... sono tante, tante le cose che si possono fare e a tutti i livelli. Se tutti noi ci comportassimo in questo modo, sapete di quanto migliorerebbero le cose? Se tutti noi, per fare un esempio, iniziassimo a mangiare solamente biologico, le grandi industrie agro-alimentari sarebbero "costrette" a convertirsi anch'esse al biologico per non vedre crollare le proprie vendite..... e da questo ne deriverebbe un grandissimo beneficio a livello ambientale (oltre che per la nostra salute) per il cessato utilizzo dei dannosissimi pesticidi di cui si fa così largo consumo. Certo, anche i Governi dovrebbero fare la loro parte, con norme restrittive a tutela della salute e dell'ambiente e controlli rigorosi.... ma il "grosso" viene dal basso, viene da ognuno di noi con il proprio stile di vita.
E allora... iniziamo a prenderci cura della nostra cara Madre Terra, cerchiamo ciascuno di noi di fare la nostra parte..... e poi, ne sono sicuro, il nostro buon esempio si propagherebbe alle altre persone come una macchia d'olio. Praticare uno stile di vita rispettoso della natura e di noi stessi è un Bene che, oltre a far stare meglio noi (in tutti i sensi, anche spirituale), fa star meglio anche gli altri, e già questo è un motivo di grande soddisfazione personale e non solo. Questo significa anche lasciare in eredità ai nostri figli un mondo migliore, più pulito, più sano, più ricco di valori.... e siccome l'esempio trascina sempre, i nostri figli si comporterebbero allo stesso modo con i loro futuri figli e via di seguito di generazione in generazione. Dal Bene scaturisce sempre dell'altro Bene, ricordiamocelo sempre, così come dal male scaturisce dell'altro male.... sta a noi scegliere da che parte stare, come impostare la nostra vita. Daniela ed Erica, con la loro testimonianza forte e veritiera, ci hanno dato un bellissimo esempio in questo senso.... ora sta a ognuno di noi "raccogliere" e fare tesoro delle loro parole ed iniziare (per chi ancora non lo avesse fatto) ad avere uno stile di vita migliore nel rispetto di sè stessi, dell'uomo e della natura. E questo, per il bene di tutti !!!

Marco
 

domenica 19 maggio 2013

Inceneritore di Parma: da sabato 18 maggio l’esercizio provvisorio con i rifiuti, dal 1 agosto il pieno regime


Il fumo si vede già e dei primi rifiuti non resta che cenere. Dopo la prova del 29 aprile, Iren elenca le tappe che porteranno il termovalorizzatore a dare il meglio di sè, mostrare i muscoli ed entrare in pieno regime.

Quello del 29 aprile è stato un assaggio di cui la multiutility ha dato qualche informazione in più in un comunicato stampa del 14 maggio:
"Si è svolta nei giorni tra il 29 e 30 aprile, nei limiti delle 50 ore autorizzate dagli Enti di Controllo, l’attività di test delle apparecchiature e degli apparati del ciclo termico e del sistema impiantistico di produzione energetica (turbina e alternatore), effettuata a caldo attraverso la combustione di rifiuti solidi urbani selezionati. L’attività realizzata in questa ha consentito di effettuare le verifiche necessarie e prodromiche alla messa in esercizio provvisorio dell’impianto".

L’indomani, in una conference call organizzata per presentare agli azionisti i risultati del gruppo nel primo trimestre, il direttore generale Andrea Viero si è spinto oltre.

Da sabato 18 maggio prenderà il via la fase di esercizio provvisorio con l’incenerimento dei rifiuti, che andrà avanti fino a sabato 27 luglio. Qualche giorno di pausa ed ecco lo start dell’impianto a tutta forza dal 1 agosto.

di Fabio Manenti

17 maggio 2013

FONTE: ilmattinodiparma.it
http://www.ilmattinodiparma.it/?p=60228



Grande, profonda tristezza da parte mia per questa notizia che oramai era nell'aria. L'inceneritore di Parma è ufficialmente entrato in funzione e dal mese di agosto sarà a pieno regime (se verranno trovati così tanti rifiuti da dargli "in pasto").
Questa è una grande sconfitta per la città di Parma, la mia città, quindi per tutti i parmigiani (e non solo) e per l'ambiente. Si è cercato di bloccarlo, di fermarlo (e sono sicuro che ancora si proverà a farlo), ma non c'è stato nulla da fare. Purtroppo, temo, la nocività di questo impianto non tarderà a manifestarsi, e già nelle prove preliminari, per chi abita o si trovava nei paraggi, è stato avvertito un odore, un effluvio decisamente "strano" che non prometteva nulla di buono.
Grande, profonda tristezza.... per me, per Parma, per tutti !

Marco

giovedì 16 maggio 2013

Reinventarsi la vita


Mi chiamo Francesca P., sono nata e vivo a Roma, ho 37 anni. Vorrei raccontarvi la mia storia per diffondere la conoscenza dei sintomi della connettivite e della MCS.
La mia odissea è cominciata mentre frequentavo la seconda media, avevo da poco cominciato un vaccino per l'asma (interrotto dopo alcune settimane perchè mi faceva stare peggio) e mentre ero a scuola alcune dita della mano destra diventarono improvvisamente blu e fredde. Andai in infermeria e successivamente dal medico, dato che mi capitava sempre più spesso, ma mi dissero che erano problemi di circolazione (...a 12 anni?). Qualche anno più tardi (avevo 16 anni) mi comparsero delle calcinosi al gomito destro, questa volta mi dissero che avevo "xantomi da colesterolo". Questi erano invece i primi sintomi della mia connettivite indifferenziata. Negli anni seguenti cominciai sempre più spesso a sentirmi stanca, avevo secchezza agli occhi ed alla cute, a volte avevo teleangectasie (irritazioni della pelle) sul corpo e sul viso. Un grande peggioramento lo ebbi dopo aver frequentato un corso triennale di computergrafica pubblicitaria dove sono entrata in contatto con toner delle stampanti, colori della serigrafia, acidi della fotografia e, ciliegina sulla torta, uno dei docenti che fumava in aula (purtroppo non esisteva ancora la legge sul fumo).
Alla fine nel 2003 quando cominciai ad avere reflusso gastro-esofageo mi fecero prima una diagnosi di sospetta "sclerodermia", in seguito modificata in "connettivite indifferenziata" dato che presentavo sintomi di più connettiviti tra cui la tiroidite di hashimoto. Non potete capire cosa significhi passare anni sballottati da un medico all'altro senza capire esattamente cosa sta accandendo.
Comicio a prendere medicine per la tiroide, medicine per lo stomaco, altre per gli occhi, altre per la pelle, aereosol per l'asma. Siamo al 2008 ma sto sempre peggio. Comincio a sentire fastidi in gola mangiando alcuni alimenti e non tollero parecchi odori forti (come varechina e spray per zanzare). In autunno del 2008 ero ad una fiera, ricordo che non potevo entrare nel bagno per l'odore del detersivo con cui avevano lavato i pavimenti. Vedevo le altre persone entrare ed uscire da questo bagno senza problemi e non capivo perchè solo a me dava così tanto fastidio, bastava che mi avvicinassi alla porta e mi sentivo nausea e giramenti di testa. Nel 2009 la situazione precipita, sempre più cose mi danno fastidio, comincio a dimagrire fino a 43kg, non ho la forza di uscire e resto in casa a letto per diversi mesi con continua nausea, malessere, mal di stomaco, debolezza. Nessuno capisce che cosa succede, mi danno antiacidi per lo stomaco che mi fanno stare sempre peggio (che poi scoprii contenevano alluminio). Alla fine del 2009 una signora amica di mia zia le dà il contatto del professor Genovesi. La mia vita migliora. Su suo consiglio elimino le medicine per lo stomaco, elimino qualsiasi alimento che contiene conservanti e coloranti, mangio solo cibi freschi e mai confezionati e compro alimenti biologici. Elimino da casa detersivi, profumi, cosmetici, saponi, ecc...
L'analisi del DNA conferma che mi manca un allele che serve per permettere al corpo di disintossicarsi in modo naturale, si tratta di Sensibilità Chimica Multipla (MCS). Grazie a tutte queste accortezze riesco a stare un pochino meglio e forse sono riuscita a rallentare un poco la malattia. Riprendo un pò di peso e mi tornano un pò di forze.
Purtroppo devo sempre fare un compromesso tra connettivite e sensibilità chimica multipla. Tante medicine mi intossicano, ma sono costretta a prenderle come l'eutirox, il salmeterolo per l'asma e dall'aprile 2010 la connettivite ha colpito gli occhi con la sindrome di sjogren, devo mettere in continuazione colliri e cortisonici senza i quali mi vengono cheratiti, infezioni ed edemi oculari (molti di questi colliri contengono conservanti che invece dovrei evitare).
Su consiglio del professor Genovesi nel 2012 sono stata qualche giorno in Valle Aurina (Trentino), lì con l'aria non inquinata e pochissimi allergeni il corpo si è disintossicato un pochino e per tutto luglio-agosto-settembre-ottobre mi sono sentita abbastanza bene e vedevo decisamente meglio. Con l'inverno purtroppo è ripeggiorato tutto: allergie, asma, occhi, reumatismi. Non appena tornerà il caldo spero di riuscire a tornare in trentino per riprendermi un pò.
Nel corso della mia vita ho sempre cercato di conservare la speranza e la positività, anche nei momenti peggiori. Ho sempre cercato di coltivare i miei interessi e le mie passioni artistiche che erano anche il mio lavoro. Realizzavo illustrazioni, lavori di grafica, siti internet, fotoritocchi, lavori al computer. Quando mi mancarono le forze cominciai a lavorare da casa, ma ora con i problemi agli occhi non posso più neanche lavorare. Vivo in casa con i miei genitori che tra mille difficoltà e sacrifici cercano di non farmi mancare nulla.
Purtroppo vivere con una persona che ha l'MCS è come averla, anche loro hanno dovuto rinunciare all'uso di qualsiasi prodotto chimico. Mio padre si fa la barba con una saponetta vegetale il cui odore non mi fa stare male. I miei amici per venirmi a trovare sanno che non devono mettere profumi, dopobarba, ecc... Prendere mezzi pubblici è praticamente impossibile per me. Andare a mangiare al ristorante, al cinema ed al centro commerciale diventano un continuo dribbling tra odori e profumi.
Attualmente in Italia non esiste un centro specializzato per l'MCS e per le persone che hanno questo problema è difficile recarsi in strutture pubbliche ospedaliere ed ambulatori, io stessa che ho una forma ancora iniziale di MCS, ho avuto gravi difficoltà quando mi sono dovuta recare al pronto soccorso. Ogni giorno ho paura che la connettivite peggiori e di non potermi curare per via della MCS. In America esistono camere iperbariche speciali per MCS che aiutano a disintossicarsi e tanti altri tipi di trattamenti che da noi non sono mai arrivati. Il professor Genovesi ogni giorno si batte per aiutarci tra mille ostacoli che incontra. Spero tanto che questa situazione migliori. Spero sopratutto che la mia vista migliori, mi basterebbe anche solo questo per essere felice e potrei riprendere un pochino a lavorare. Attualmente mi sono creata un mondo tutto mio, reinventando le mie giornate ed approfittando dei giorni in cui vedo meglio o mi sento in forze per dedicarmi alle mie passioni.
Se qualcuno desidera contattarmi per scambiare pareri/aiuti/suggerimenti (ad esempio quali tipi di prodotti naturali o per la casa usiamo o tipi di alimentazione) mi fa molto piacere. La mia email è: kyasuka@tiscali.it

Francesca



Ringrazio di cuore Francesca per avermi permesso di postare la sua storia, una storia certamente non priva di disagi, difficoltà e limitazioni a causa della connettivite indifferenziata e della Sensibilità Chimica Multipla da cui è colpita. Ciò nondimeno traspare dalle sue parole una positività di fondo e la speranza di poter dedicare più tempo ed energia alle sue grandi passioni qualora la salute glielo permettesse.
Da parte mia faccio i miei più calorosi auguri a Francesca, di poter stare meglio come salute, sopratutto con la sua vista così importante per lei, e di veder realizzati in pieno tutti i suoi desideri. Auguroni per tutto !!!

Marco 
 

lunedì 13 maggio 2013

Staminali, il Tribunale autorizza le cure per il catanese Marletta


Una buona notizia arrivata dopo una estenuante battaglia per la vita. La voce di Irene Sampognaro, al telefono, svela la gioia per la speranza ritrovata. La battaglia continua, ma con l’arma che potrebbe essere decisiva, le staminali mesenchimali del metodo Stamina, somministrate agli Spedali Civili di Brescia.

Il marito di Irene, l’architetto catanese Giuseppe Marletta, 45 anni, ignora quanto abbia dovuto soffrire e lottare la sua sposa per dare a lui, in coma vegetativo da 3 anni, una speranza di cura, la possibilità di condurre un’esistenza dignitosa.

Dopo gli appelli e le interminabili giornate trascorse tra le aule giudiziarie, il Tribunale di Catania ha deciso: Giuseppe Marletta potrà sottoporsi alle staminali mesenchimali. Il provvedimento del giudice arriva a seguito del reclamo presentato dai legali Desirée Sampognaro e Silvio Camiolo contro la sentenza del 26 marzo scorso con la quale si autorizzavano le cure per Giuseppe ma soltanto in una delle 13 cell factory autorizzate dall’Aifa. Una sorta di terapia tradizionale “più sicura” per il Ministero della Salute, ma i cui benefici sarebbero inferiori al metodo Stamina.

La richiesta del provvedimento ex art.700 che disciplina le cure compassionevoli è stata accolta e Giuseppe potrà curarsi a Brescia.Abbiamo riproposto la domanda di cura con il metodo Stamina – spiega l’avvocato Silvio Camiolo – e il collegio giudicante ci ha dato ragione. C’è voluto tempo affinché approfondissero le motivazioni del ricorso ma alla fine abbiamo ottenuto ciò che più ci sta a cuore, una possibilità per Giuseppe”.

Sinora – aggiunge l’avvocato Desirée Sampognaro - ogni nostro appello era caduto nel vuoto. I giudici hanno capito la gravità della situazione di Giuseppe, si sono preparati, hanno studiato le carte, hanno valutato con tutta l’umanità possibile. Appena ho saputo della sentenza ho avvisato Davide Vannoni, il presidente di Stamina. La sua gioia è stata incontenibile, mi ha ringraziato per la telefonata dicendomi "questa notizia mi illumina la giornata"”.

La moglie di Giuseppe Marletta quasi stenta a crederci.
Adesso – dice Irene – possiamo di nuovo sperare. Dopo anni qualcuno ci ha ascoltato. E’ stato riconosciuto il diritto di Giuseppe a curarsi. I prossimi mesi non saranno facili, bisogna organizzare i suoi spostamenti, attendere il prelievo delle staminali ed il tempo di coltura. Ma adesso abbiamo più energia per lottare”.

Giuseppe Marletta vive in un centro per lungodegenti a Viagrande. E' stata raccontata la sua storia più volte. Giuseppe è una delle tante vittime di malasanità. Apprezzato architetto, padre di bue bimbi amatissimi, piomba nel tunnel di chi vive inconsapevolmente l’1 giugno 2010. Doveva essere una giornata come tutte le altre ma lui non è più tornato a casa dai suoi bambini.

Quel giorno Giuseppe entra in coma irreversibile dopo essere stato sottoposto, all’ospedale Garibaldi del capoluogo etneo, ad un banale intervento di rimozione di due punti di sutura metallici. Giuseppe soffre di sinusite e i medici imputano proprio a quei punti la causa del suo problema. Un semplice intervento di chirurgia maxillo-facciale si trasforma in tragedia: Giuseppe subisce un arresto cardiaco, dal quale viene rianimato solo dopo sette minuti. Il risultato: gravissimi danni cerebrali permanenti e la diagnosi, terribile: coma vegetativo.

Gli anni successivi sono trascorsi tra richieste di aiuto e rivendicazione del diritto alle cure. Proprio a BlogSicilia, sei mesi fa, la moglie Irene non aveva esitato a dichiarare, per l’ennesima volta: “O le staminali o l’eutanasia per mio marito”.

La battaglia è stata vinta. Grande gioia anche per Pietro Crisafulli, presidente di Sicilia Risvegli Onlus – l’associazione catanese che sostiene le famiglie di pazienti affetti da gravi malattie neurodegenerative e stati comatosi – e fratello di Salvatore, il disabile morto il 21 febbraio scorso dopo 9 anni trascorsi completamente immobilizzato a seguito di un gravissimo incidente stradale. Salvatore non ce l’ha fatta, è morto mentre attendeva che il giudice decidesse in merito alla sua richiesta di cura, presentata unitamente a quella di Giuseppe Marletta.

Sono felicissimo per Giuseppe – commenta Crisafulli – ma non posso non rivolgere un pensiero a Salvatore. E’ morto sperando nelle cure che non ha mai ricevuto”.

I tempi lunghi della giustizia non sempre coincidono con quelli di chi chiede soltanto di vivere.

di Veronica Femminino

9 maggio 2013
 
FONTE: blogsicilia.ithttp://catania.blogsicilia.it/staminali-il-tribunale-autorizza-le-cure-per-il-catanese-marletta/185568/


Una splendida notizia che da tanta speranza alla famiglia Marletta, ma anche alle famiglie di tanti malati o disabili gravissimi che vorrebbero sottoporsi alla somministrazione di cellule staminali masemchinali (cellule staminali adulte) secondo il Metodo Stamina.
E' vero che le certezze sono ancora poche e che una vera sperimentazione con questo metodo non è ancora stata fatta, tuttavia se esiste una speranza di miglioramento, fosse anche molto piccola, perchè negarla? Le ragioni del cuore e della speranza devono superare quelle della semplice ragione scientifica, sopratutto in casi gravissimi come questi.  Personalmente quindi approvo in pieno la sentenza del Tribunale di Catania, con la speranza che anche ad altri casi simili a questo vengano aperte le porte a questa metodologia di cura.


Marco

sabato 11 maggio 2013

Daniela vive reclusa per una rara allergia


ESCLUSIVO – SANTA GIULETA - Daniela Davilla è affetta da Sensibilità Chimica Multipla: “E'’ una sindrome immunoneurotossica che non permette a chi ne è affetto di liberarsi delle tossine presenti nell’'organismo. I sintomi variano da un forte mal di testa a choc anafilattico nei casi peggiori. In poche parole sono allergica a tutte le sostanze chimiche, dai solventi ai profumi, dai detersivi alla benzina. Mi posso nutrire solo di sette alimenti e sono costretta a vivere chiusa in casa, con una macchina che pulisce l’'ossigeno all’'interno della stanza in cui sto.
La malattia ha iniziato a manifestarsi quando avevo dieci anni, i medici non hanno mai capito cosa avessi e hanno sempre cercato di curarmi come se il mio fosse un problema psichiatrico. Negli ultimi cinque anni il mio male si è aggravato in modo particolare e ora sono costretta a vivere segregata in casa, per timore di stare male. Ho dovuto eliminare quasi tutti i mobili e schermare alcune pareti con l'alluminio, perché l'odore delle vernici mi fa svenire. Nei casi peggiori la degenerazione della mia malattia può portare a ictus, tumori e ad altre patologie mortali. E’ molto dura, anche per mio marito e i miei tre figli, che sono costretti a convivere con la mia difficile situazione.


23 aprile 2013

FONTE: kikapress.com

http://www.kikapress.com/kika/video/?idv=174613&pag=1&search=SANTA+GIULETTA


Oggi, 12 maggio 2013, è la Giornata Mondiale dei Malati di Encefalomielite Mialgica/Sindrome da Fatica Cronica (ME/CFS), Fibromialgia (FM) e Sensibilità Chimica Multipla (MCS), e per questo ho pensato di postare questa nuova testimonianza di una persona malata, l'amica Daniela, affetta da MCS.
Passano gli anni, si succedono le testimonianze ma non ci si abitua mai a queste storie..... per ognuna si prova sempre un dolore, un disagio, un senso d'impotenza.... e per tutte queste persone si vorrebbe alleviare il loro dolore, si vorrebbe fare qualcosa di concreto, ma non è neppure semplice sapere cosa fare. A tutti questi malati, portatori di una croce davvero pesante, c'è tutta la mia piena solidarietà e il mio caloroso abbraccio, con la speranza che nel tempo queste patologie possano essere riconosciute e affrontate meglio e i malati non siano più lasciati soli a loro stessi come spesso succede. Questo è il mio augurio per tutti questi malati, in questa Giornata speciale dedicata a loro.

Marco

giovedì 9 maggio 2013

"Ora Federico riesce a stare in piedi". La speranza di mamma Tiziana

La sua storia ha commosso e mobilitato mezza Italia. Dopo la prima infusione di cellule staminali, il piccolo sta meglio: "Dorme tutta la notte e riesce a dire qualche parola"


FANO (Pesaro-Urbino) - “Le cose vanno molto bene: dopo la prima infusione, i miglioramenti sono stati molto evidenti”. Cosi’ Tiziana Mezzina, la mamma di Federico, il bimbo affetto dal morbo di Krabbe e sottoposta alle infusioni di cellule staminali secondo il protocollo Stamina presso gli ospedali riuniti di Brescia.

Mamma Tiziana si e’ fatta vedere questa mattina, insieme al piccolo Federico, al tribunale di Pesaro, dove piu’ forte si era fatta sentire la protesta della gente in favore della sentenza del giudice del lavoro che aveva proibito il metodo Stamina e dove, un mese fa, era ripartito il viaggio della speranza verso Brescia, grazie a una seconda sentenza, di revisione del primo giudizio. “Una presenza qui per testimoniare direttamente che le cose vanno molto bene - ha spiegato -: ora Federico riesce a dormire tutta la notte, riesce a stare in piedi, ricomincia a dire qualche parola”.

Segnali evidenti che “i progressi ci sono stati”. “Bisogna spettare le altre infusioni - ha aggiunto la mamma -. Nel frattempo speriamo e preghiamo”. L’auspicio della donna e’ rivolto al parlamento: “Speriamo che la Camera approvi il decreto ‘anti-Balduzzi’ esattamente come e’ stato modificato dal Senato, senza cambiare una virgola”.

17 aprile 2013

FONTE: ilrestodelcarlino.it
http://www.ilrestodelcarlino.it/fano/cronaca/2013/04/17/875265-federico-morbo-krabbe-metodo-stamina-miglioramenti.shtml



E' impossibile non voler bene a Federico, questo bimbo che, assieme alla sua splendida famiglia, sta lottando con le unghie e con i denti contro una terribile malattia degenerativa quale è il Morbo di Krabbe. Con gioia quindi riporto sul mio blog questa notizia sui suoi ultimi miglioramenti, dopo che la famiglia di Federico ha fatto di tutto affinchè il loro piccolo potesse sottoporsi al protocollo di cura Stamina, basato sulla somministrazione di cellule staminali adulte, unica e ultima "àncora" di salvezza per il loro bambino. E dopo un primo diniego da parte dell'Istituto Superiore della Sanità, è arrivato il "sì" da parte della Magistratura che ha avvallato questo metodo di cura per Federico, come "cura compassionevole". 

Per chi volesse seguire il percorso di cura e di vita del piccolo Federico, consiglio di entrare nella sua pagina di Facebook "una Speranza per Federico" https://www.facebook.com/pages/Una-speranza-per-Federico/550013651686723
nel quale è raccontato passo passo l'iter di cura che il bambino sta seguendo. 

Marco

domenica 5 maggio 2013

La storia di Emma: dal cuore malato alla vita ritrovata

 

La bimba di 3 anni e mezzo ha commosso l’Italia: da un anno in ospedale in attesa del trapianto di cuore aveva chiesto e ottenuto di poter stare nella camera di isolamento con il suo meticcio nero

TORINO - «Voglio ancora un gelato». Quando ieri mattina papà e mamma hanno detto a Emma che era finalmente ora di tornare a casa, la bimba, che per 475 giorni ha vissuto in isolamento in Cardiochirurgia, ha detto no. «No, voglio stare qui».
Per quasi un anno e mezzo questa stanza d’ospedale al sesto piano dell’Infantile è stata la sua «casa». E ora - per quanto possa sembrare impossibile - è difficile per lei lasciarla. Forse per paura, forse perché la casa vera, Emma, non la ricorda più, e in ospedale si sente più sicura, certamente coccolata.
Ma è davvero ora di andare, adesso. Adesso che la paura è passata, adesso che Emma, 3 anni e mezzo, ha dimostrato ancora una volta di essere fortissima, più forte dei mesi legata a una macchina più grande di lei, più forte delle 11 ore di trapianto di cuore, più forte del rigetto che l’ha costretta a restare in isolamento anche dopo l’operazione.


Fuori dall’ospedale Infantile c’è un sole caldo e una leggera aria. Sole e aria che Emma ha potuto soltanto immaginare, dietro le finestre chiuse, durante i quasi 500 giorni di ricovero in ospedale. È viva grazie a un cuore sano donato da un bimbo ligure di 5 anni, morto d’improvviso. La sua storia ha commosso l’Italia: quando - dopo un anno legata al cuore artificiale - sembrava che tutto potesse precipitare prima di arrivare al trapianto, Emma ha chiesto e ottenuto di poter giocare in stanza con il suo cagnone nero Black, uno spinone nero da 24 chili che ieri pomeriggio ha potuto riabbracciare a casa. 

«Emma non poteva più stare in ospedale, si stava lasciando andare», spiega il cardiochirurgo che l’ha operata, Carlo Pace Napoleone. Restare lì, in isolamento anche dopo il trapianto, evidentemente le ha fatto pensare che nulla fosse cambiato rispetto a prima. «Non rispondeva più alla fisioterapia, era sempre più stanca e triste, collaborava meno alle cure. Stando a casa capirà invece di essere guarita e riprenderà sicuramente la fisioterapia».

La vicenda di Emma è molto più di un caso concluso felicemente, benché un altro bambino non ce l’abbia fatta. «Emma - concorda anche la dottoressa Gabriella Agnoletti, primario di Cardiologia che ha seguito la piccola - ha ricordato a tutti che ogni giorno c’è chi aspetta un trapianto per continuare a vivere, bambino o adulto che sia». E di consensi alla donazione che hanno salvato altri bimbi malati di cuore, al Regina Margherita, ne sono arrivati ben due in pochi giorni, dopo che la storia di Emma e del suo cane Black è diventata pubblica. 

«Voglio ancora un gelato», ha chiesto Emma prima di uscire dal reparto. Glielo hanno portato immediatamente, poi una giovane dottoressa l’ha presa in braccio e insieme, medici e infermieri, l’hanno accompagnata con gli occhi lucidi fuori dall’ospedale.

di Marco Accossato

2 maggio 2013

FONTE: lastampa.it 
http://lastampa.it/2013/05/02/cronaca/la-piccola-emma-torna-a-casa-oggi-dopo-un-anno-e-mezzo-in-isolamento-sgx7swO93RuiQQ4nS67xaM/pagina.html 


La storia della piccola Emma, trasmessa su giornali e televisioni, ha commosso tutt'Italia, ed anche io, nel mio piccolo, ho pensato bene di postarla su questo blog.
Essere malati è sempre una cosa dolorosa, ma esserlo da bambini è qualcosa di diverso, di particolare, qualcosa che tocca veramente il cuore di tutti. La piccola Emma, nella sua ancora breve vita, ha già dovuto affrontare prove durissime, e anche se ora il peggio sembra passato, sicuramente l'attende un futuro non facile. Da parte mia posso solo augurare alla piccola e alla sua famiglia tutto il Bene possibile e immaginabile, con la speranza che la vita possa riservarle tante bellissime cose, il tutto condito dall'affetto dei suoi cari e delle tante persone che sono venute a conoscenza della sua storia.
Tanti Auguri di vita Felice cucciola.... te la meriti davvero.

Marco