lunedì 28 aprile 2014

Loretta ha un grande bisogno del nostro aiuto


Lei si chiama Loretta Facelli ed è una donna di 50 anni che abita a Vercelli. Il suo è un vero e proprio calvario doloroso che dura da diversi anni, ed in maniera particolare negli ultimi 3 anni, essendo colpita da un numero incredibile di problemi di salute.
Soffre di dolori inenarrabili in tutto il corpo (sopratutto gambe e pancia), soffre di endometriosi, ha la malattia di Lyme (borreliosi), ha l'utero fibromatoso, noduli alla tiroide, noduli al seno, linfonodi ingrossati, prolasso alla valvola mitrale e gli hanno trovato un adenoma focale di 5 cm sul fegato con rischio di sanguinamento. Soffree anche di diverticolosi, ha anse gonfie, osteopenia grave, flogosi intestinali, placche di Peyer all'ileo, seni paranasali, è elettrosensibile e celiaca. Gli è stata recentemente rilevata un intossicazione da metalli pesanti e da farmaci, con forte candidosi intestinale causata anche da carenze vitaminiche e malassorbilmento, ed inoltre ha diversi virus riattivati, sistema linfatico congestionato, ghiandole surrenali indebolite e problemi di parassitosi intestinale.
Loretta, a causa di tutti questi problemi, è sempre stanca, debole e senza forze e ha continue emicranie, vertigini, sudorazioni massiccie, sbalzi della pressione, tachicardie, fascicolazioni, svenimenti, senso di soffocamento, nausee e coliche frequenti. Ha anche perso tutti i denti e, in aggiunta a tutto questo, ha una forte depressione reattiva e piange continuamente. La sua è veramente una situazione di grandissima sofferenza.

Negli ultimi mesi Loretta è entrata ed uscita da diversi ospedali, senza però avere risultati, ma ora ha trovato un bravo medico, molto onesto, che si è preso a cuore il suo caso e che gli ha prescritto delle cure basate essenzialmente sull'assunzione di micronutrienti naturali, volti alla disintossicazione, all'estirpazione di qualsiasi forma patogena presente nell'organismo e al nutrimento e rigenerazione dello stesso.
Finalmente per Loretta si apre una speranza, la speranza di poter affrontare i suoi problemi e poter stare un po' meglio, ma le cure che dovrà affrontare sono costose e si dovranno protrarre per molto tempo. Oltre a questo Loretta dovrà anche seguire una dieta particolare e mangiare cibi adatti.

Purtroppo Loretta e la sua famiglia sono persone molto modeste, hanno tante spese (compreso un mutuo da pagare) e non sanno come fare per far fronte alle spese necessarie per intraprendere queste cure. Quello che Loretta e la sua famiglia chiedono è un aiuto, un aiuto economico che gli possa permettere di iniziare queste cure.

Per chi volesse e potesse aiutarla in questo senso, con un contributo libero, le sue coordinate sono:

Carta Postepay: 
N. 4023 6009 4304 3036   
Intestata a Gelli Antonio (il marito di Loretta)
Codice Fiscale:  GLLNTN66A17L750O

C/C Bancario:
Vercelli BNL
Intestato a Venesio Liliana (la madre di Loretta)
IBAN: IT10K0100510000000000520077
C/C 8100/520077

Tante gocce formano l'oceano diceva Madre Teresa di Calcutta.... aiutiamo Loretta ad uscire da questo calvario doloroso in cui è immersa da tanti anni, doniamo la nostra piccola goccia di Solidarietà e di Amore e diamole una speranza. Aiutiamola e supportiamola anche con la nostra preghiera.
Grazie di cuore a chi lo farà.

Marco

sabato 26 aprile 2014

Daniela si arrende alla terribile “Lafora”


È morta la ragazza di 20 anni di Molin Nuovo di Chiesina colpita da una rara malattia del sistema nervoso

MONTECATINI - È morta all'ospedale di Pescia, circondata dall'affetto dei suoi cari che non l'hanno mai fatta sentire sola negli anni della malattia. Dura e spietata, senza via di ritorno. Daniela Cerracchio aveva solo 20 anni, ma un male incurabile, la malattia di Lafora, che aggredisce il sistema nervoso in modo progressivo, non le ha dato scampo. Una malattia che genera alterazioni che colpiscono il cervello con conseguenti crisi epilettiche e purtroppo un deterioramento psichico che non perdona. Un male raro che necessita di cure costanti e mette in crisi le famiglie: un male, soprattutto, per il quale ancora oggi non esiste una cura.

Daniela ha lottato per anni, troppi anni, insieme alla sua famiglia di Molin Nuovo: il babbo Assunto, è dipendente del comune di Uzzanese, la mamma Paola è stata sempre con lei, aggiornando anche sulla sua pagina Facebook (si chiama “Daniela contro la malattia di Lafora, rara e progressiva”) amici e conoscenti sulla sua situazione di salute.

Ancora martedì, mamma Paola scriveva: “la febbre è sempre presente, e la piccola passa da un'infezione all'altra. A domani, siete favolosi”, ringraziando evidentemente i tantissimi amici della figlia. La pagina può contare su 2100 sostenitori che negli anni si sono avvicinati alle sorti della sfortunata ragazza chiesinese.

La situazione era diventata sempre più pesante nelle ultime settimane, tanto che la giovane aveva avuto bisogno di una trasfusione, e di cure ancora più urgenti. Anche se Daniela di fatto non aveva ripreso conoscenza da una settimana, facendo intuire agli stessi familiari la tragica fine che si è consumata nel pomeriggio di mercoledì.

Strazianti, da mercoledì 23 aprile, i primi commenti su Facebook postati dagli amici, appresa direttamente dalla madre la notizia della scomparsa di Daniela. “Vola, vola farfallina, Daniela è finalmente libera di volare. Il suo viso è sereno”, ha scritto la madre annunciando la sua scomparsa. Da quel momento il tam tam sulla pagina dedicata a Daniela, con preghiere, cuori disegnati, commenti toccanti tra cui “Ciao dolce angelo”, “Proteggi la tua famiglia da questo dolore”.

Giovedì 24 aprile, si è tenuto l’ultimo saluto con il corteo che è partito dall’abitazione di via Gramsci a Molin Nuovo fino a raggiungere la chiesa parrocchiale di Chiesina.


di Matteo Baccellini


Fonte: iltirreno.gelocal.it


Ero uno dei tanti, tantissimi amici che Daniela aveva sulla sua pagina facebook, con il nickname di "Farfallina Libera Di Volare". Ovviamente questa pagina non era gestita da lei, malata gravissima a causa di questa tremenda malattia senza cura che è la Malattia di Lafora, ma dalla sua encomiabile madre Paola. E quando ho appreso che Daniela non ce l'aveva fatta ed è tornata alla casa del Padre, ho provato, come tutti penso, una grande vuoto, una grande tristezza interiore, pensando sopratutto alla sua ancora giovanissima età. Ma a questo sentimento di dolore e di vuoto, si univa anche un sensazione di carattere opposto, di "leggerezza", di "pace".... di "liberazione". Ed ora Daniela è veramente Libera, è veramente una Farfalla libera di volare tra i verdi pascoli del Regno di Dio, avvoltà da quell'Amore di Dio che ci attende tutti, che è la nostra Destinazione Eterna. 
Vola Farfallina, Vola..... ora sì, Libera e Felice. E da Lassù aiuta e sostieni la tua amata famiglia e tutti coloro che sono colpiti da questa tremenda malattia. Ciao Farfallina.

Marco
 


giovedì 24 aprile 2014

La vita dietro una finestra

Informazioni sulla Sindrome da Sensibilità Chimica Multipla (MCS)

Dedicato ad un giovane amico per l’anniversario della sua dipartita avvenuta il 24 aprile


Queste immagini, tipiche del fumetto, sono state concepite per far comprendere in maniera rapida e semplice cosa significa essere colpiti dalla Sensibilità Chimica Multipla: una patologia cronica che insorge in seguito ad una esposizione tossica a dosi elevate di sostanze chimiche oppure per esposizione cronica a bassi livelli. Quando la sindrome insorge l’individuo non è più in grado di tollerare le sostanze esalate dai prodotti ad uso quotidiano, che sono invece normalmente tollerate dalla popolazione in generale. Non essendoci ancora cure efficaci a contrastare l’aggravamento della malattia, l’unica terapia valida è l’evitamento delle sostanze chimiche. Le persone possono essere colpite in modo leggero, medio, grave e totalmente disabilitante. Al malato MCS è consigliato di intraprendere un percorso di “bonifica” della propria casa, cambiamenti alimentari più salubri, che spesso coincidono con un cambio di stile di vita, provocando una riduzione o limitazione delle attività sociali e lavorative nel tentativo di abbassare il carico tossico totale del corpo, per esempio in diversi casi è necessario un allontanamento dal lavoro. Se la malattia è ad uno stadio molto severo e totalmente invalidante, può portare ad una morte civile.
Purtroppo nella nostra società, anche il malato che si rifugia “agli arresti domiciliari” nel tentativo di evitare le esposizioni chimiche, non si trova al sicuro da esalazioni tossiche che aggraveranno ulteriormente le sue condizioni. Lo scopo di queste immagini è di creare una coscienza sociale sui “pericoli e insidie” quotidiane, che il sofferente MCS deve affrontare anche se relegato in casa. Con l’augurio che queste immagini possano portare una maggiore comprensione e solidarietà nei confronti dei sofferenti di Sensibilità Chimica Multipla.

Come sarà il futuro? L’aumento d’inquinamento porterà ad un incremento di cancro, asma, allergie e nuove malattie come la Sensibilità Chimica Multipla, Sindrome dell’Edificio Malato, …


A causa d’esalazioni provenienti dalle attività di vita quotidiana dei vicini o dei confinanti: come il bucato steso al sole, che libera nell’aria odori di detersivi, ma soprattutto le fragranze “iperprofumate” degli ammorbidenti, che hanno il potere di profumare grandi volumi d’aria e costituiscono una gravissima minaccia alla sopravvivenza del malato.


Impiego nei terrazzi, nelle scale, aree comuni e nei giardini adiacenti le abitazioni di pesticidi, insetticidi e diserbanti, con grande leggerezza,come se non si trattasse di sostanze tossiche e nocive alla salute umana.


Fumi della combustione di legna che provengono da barbecue, camini e forni a legna, ma anche il semplice incendio delle sterpaglie del giardino o dei campi coltivati.


Esposizioni ad attività nell’area di residenza per lavori di ristrutturazione e manutenzioni annuali come catramature di tetti e vialetti, tinteggiature, verniciature con impiego di solventi, trattamenti per la conservazione del legno e dei metalli.


La vicinanza con altri residenti, che fanno uso nelle proprie abitazioni di prodotti intensamente odorosi, come deodoranti e profumatori d’ambienti, candele profumate, incensi, spray per la persona come deodoranti, lacche e profumi e ammorbidenti del bucato, ma anche fumo di sigarette, sigari e pipe.


Parcheggi di automobili nelle immediate vicinanze espongono ai gas di scarico, e maggiormente nei periodi più caldi, alle esalazioni di deodoranti dell’abitacolo, odore di gomma provenienti dai copertoni e di plastica dell’automezzo.


La qualità dell’aria è molto influenzata dagli scarichi industriali, inceneritori, camini delle abitazioni (nel periodo invernale), smog da traffico autoveicolare, asfaltature di strade, ma anche eventi accidentali come incendi ambientali e incidenti industriali.


Un impiego continuativo nel territorio di sostanze, non solo dannose alla salute, ma con un alto potere ambientale inquinante, come gli insetticidi (ad esempio per la lotta alle zanzare, ecc. erogati all’aperto, ma anche per formiche, ecc. in edifici al chiuso), pesticidi nei campi coltivati e diserbanti, questi ultimi impiegati anche sui binari ferroviari e sui marciapiedi cittadini per impedire la crescita d’erba spontanea.


Con la speranza, che un giorno si ottenga una riduzione delle sostanze inquinanti, a vantaggio della salute pubblica e che anche le finestre dei malati di MCS possano aprirsi su una qualità dell’aria migliore.


Progettato da Stocchi Donatella e disegnato da Mario Linari. Realizzato con la collaborazione di Occhiali Fausto e Stocchi Luca.
Copyright: tutti i diritti riservati Marzo 2005



Ringrazio di cuore Donatella Stocchi per avermi permesso di postare sul mio blog questo bellissimo documento informativo, corredato da tavole di fumetto, che espone in maniera semplice, chiara ed esauriente, quella che è la Sensibilità Chimica Multipla (MCS) e cosa significa esserne colpiti.

Questo documento lo dedichiamo col cuore ad un giovane amico malato di Sensibilità Chimica Multipla, che il 24 aprile 2013, esattamente un anno fa, ci lasciava.   

Donatella e Marco

martedì 22 aprile 2014

L’Invenzione di una mamma che fa camminare i bimbi paralizzati

L’invenzione di una mamma che ha dato a suo figlio in sedia a rotelle la possibilità di camminare, è stata lanciata sul mercato mondiale. Una società dell’Irlanda del Nord ha trasformato l’idea di Debby Elnatan in una imbracatura che può cambiare radicalmente la vita di tantissimi bambini disabili. 



La signora Elnatan, musicoterapeuta, stava cercando di pensare a qualsiasi modo per aiutare il suo giovane figlio Rotem, che è affetto da paralisi cerebrale, a provare il piacere di camminare. Ha quindi progettato una cintura di sostegno che aiuta Rotem a stare in piedi e, collegandola a se stessa, permette a lei e a suo figlio di camminare insieme.

Dopo una ricerca globale di una azienda che producesse in serie “Upsee, la mamma israeliana ne ha scelta una con sede in Irlanda del Nord, la Leckey, che ha una lunga esperienza nella realizzazione di equipaggiamento per bambini con bisogni speciali.
Dopo il successo delle prove con le famiglie del Regno Unito, Stati Uniti e Canada, Upsee, della linea Firefly, è stato lanciato oggi a livello mondiale.

"E’ meraviglioso vedere questo prodotto a disposizione delle famiglie in tutto il mondo", ha detto la signora Elnatan, che era alla presentazione ufficiale presso lo stabilimento della Leckey a Lisburn. "Quando mio figlio aveva due anni, mi è stato detto dai medici che 'non sapeva cosa fossero le sue gambe e non aveva coscienza di averle'. Quella è stata una cosa incredibilmente difficile da sentirsi dire per una madre. Ho cominciato a camminare con lui giorno dopo giorno, ma era un compito molto faticoso per entrambi. Dal mio dolore e dalla mia disperazione è nata l’idea per Upsee e sono molto felice di vedere che è andata a buon fine".


Upsee permette ai bambini piccoli di stare in piedi con il supporto di un adulto. E’ composto da una imbracatura per il bambino, che si attacca alla cintura indossata da un adulto, e da sandali appositamente ingegnerizzati che permettono al genitore e al bambino di camminare contemporaneamente, lasciando loro le mani libere per il gioco e altre attività. Progettisti, ingegneri, esperti tessili e terapisti del team Firefly della Leckey hanno lavorato al progetto dal 2012.

Maura McCrystal, madre di Jack, un bimbo disabile di cinque anni, di Draperstown in Irlanda del Nord, è stata uno dei primi genitori del Regno Unito a provare il prodotto. "Domenica scorsa è stato un giorno molto significativo per noi come famiglia perché era la prima volta che nostro figlio Jack è stato in grado di giocare a calcio nel giardino sul retro con suo padre, i suoi fratelli e il nostro piccolo cane Milly", ha detto la mamma. "Vedere Jack giocare come qualsiasi altro bambino di cinque anni, mi ha fatto commuovere. Jack e i suoi fratelli erano contentissimi".

La responsabile della ricerca clinica e terapista di Firefly, Clare Canale, ha detto che il prodotto potrebbe aiutare le famiglie di tutto il mondo. "Nell’immediato Upsee migliora le esigenze particolari delle famiglie e della qualità della vita, mentre a lungo termine la ricerca suggerisce che ha il potenziale per aiutare lo sviluppo fisico ed emotivo del bambino", ha detto la ricercatrice. "E’ stato commovente vedere i progressi e la felicità che Upsee sta creando, guardare i bambini fare le cose semplici per la prima volta, come calciare una palla o giocare con un fratello, è veramente entusiasmante per tutti i soggetti coinvolti, ma soprattutto le famiglie".

di Fabiana Cipro

25 marzo 2014

FONTE: Leggilo.net


Questo post non intende certamente essere una pubblicità, quanto piuttosto essere un chiaro esempio di come l'Amore e l'inventiva di una madre possa portare a un invenzione che è al tempo stesso semplice e geniale.

Marco

giovedì 17 aprile 2014

In volo dopo la caduta

Nino Baglieri, nato a Modica nel 1951, è la prima persona disabile che ha ottenuto il nulla osta della Congregazione delle Cause dei Santi che lo porterà a diventare Beato e quindi Santo.

La Causa di Canonizzazione del Servo di Dio Antonino Baglieri è stata aperta dal Vescovo di Noto. Baglieri era un siciliano di Modica (RG), nato nel 1951, faceva parte della famiglia salesiana e dal 2004 emise la professione perpetua tra i Volontari con Don Bosco (CDB).
Nino Baglieri quando aveva diciassette anni si trovava a lavorare su un’impalcatura al quarto piano in un palazzo nei pressi di casa sua, all’improvviso la tavola di legno sotto i suoi piedi si spezzò facendolo cadere. “Un grido di terrore uscì dal mio petto – racconta Nino - mi sentii sbattere tra le tavole, tanto rumore e intanto precipitavo giù, un volo di diciassette metri, un metro per ogni anno della mia età, un tonfo al suolo. Poi non ho sentito più niente. In pochi istanti insieme a me sono crollati tutti i miei sogni.”
L’uomo a causa della caduta riportò le fratture della quinta e della settima vertebra cervicale e una rottura del femore destro. Dopo due anni di ricoveri in vari ospedali finalmente fu dimesso, ma Nino era diventato un tetraplegico, a parte la testa non muoveva nessuna parte del suo corpo.

Nella sua terra natia a Modica, Nino si richiuse nel suo dolore, non usci più di casa per dieci lunghi anni. L’inverno lo trascorreva quasi sempre a letto, era nella disperazione più totale, non accettava la sua disabilità.
Conobbe un gruppo di Rinnovamento dello Spirito, si raccontava che durante i loro momenti di preghiera ci fossero state delle guarigioni. Nino si aggrappò a quella speranza di guarigione fisica e partecipò alla preghiera con questo gruppo e si accorse che qualcosa in lui era cambiata.
In quel momento dissi sì al Signore - spiega Baglieri - accettai la mia croce e rinacqui a vita nuova, diventai un uomo nuovo. Dieci anni di disperazione cancellati in pochi istanti, perché una gioia sconosciuta entrò nel mio cuore. Io desideravo la guarigione del mio corpo e invece il Signore mi graziava con una gioia ancora più grande: la guarigione spirituale”.

L’uomo non era guarito nel corpo, era rimasto tetraplegico, ma da quel momento divenne fonte gioia, di speranza, per tutti quelli che lo incontravano.
Egli nel pomeriggio aiutava quattro ragazzini a svolgere i compiti, in una di quelle lezioni, prese una matita in bocca per fare un disegno e ci riuscì. In seguito provò a scrivere con la penna in bocca e cominciò con esercitarsi con la grafia, si appassionò al punto di elaborare poesie, preghiere.
Ebbe l’opportunità di leggere i suoi lavori in una radio di Modica e poi in una di Ragusa, le sue parole parlavano al cuore e tanta gente cominciò a cercarlo. Arrivarono le prime telefonate, le lettere e numerose visite di persone che lo volevano conoscere per ascoltare la sua testimonianza.
Ogni giorno a casa sua andavano ottanta persone e poco a poco la sua testimonianza di gioia arrivò ovunque, da ogni continente gli scrivevano e lui rispondeva a tutti, regalando speranza, conforto.
Egli rispose a più di settemila lettere, face tanti viaggi per rilasciare dinanzi a centinaia persone la sua testimonianza di vita: da com’era passato dalla disperazione alla gioia di vivere!
Scrisse anche diversi libri, quando era a letto perché non si poteva muovere a causa di vari malanni scriveva e ancora oggi ci sono sessantanove quaderni che devono essere pubblicati.
Tanti i giornali, le radio le tv che parlarono di lui, anche la trasmissione "A Sua Immagine" su Rai Uno.

Un uomo che cambiò radicalmente modo di pensare, tanto che il giorno del suo incidente, il 6 maggio, diventò da giorno di disgrazia a giorno della Grazia. Ogni anno festeggiava la data del suo incidente, denominandolo "il giorno della Croce", con una santa messa a cui partecipavano centinaia di persone.
Se non era per quella caduta dal quarto piano – racconta Nino - forse il Signore non l’avrei mai incontrato; la mia croce dà valore alla mia testimonianza, perché le parole di un sofferente arrivano direttamente al cuore della gente. La mia croce mi fa sentire utile a tanti, soprattutto ai missionari che amo molto e che sono sempre presenti nella mia preghiera e nella mia offerta”.

Il 2 marzo del 2007 Nino morì il suo funerale fu celebrato da vescovi, dai massimi vertici salesiani e da sessanta sacerdoti, parteciparono migliaia le persone.
Dopo la sua morte sono stati pubblicati diversi libri di autori che analizzano la figura di Nino Baglieri, tra questi l’Ispettore dei Salesiani in Sicilia Don Giuseppe Ruta che gli ha dedicato due volumi (Sulle Ali della Croce; Nino Baglieri a 360 gradi…).
Numerosi sono i frutti della testimonianza di Nino: un gruppo di preghiera a Modica, un dispensario medico in Madagascar, un musical che parla della sua vita (Sulle ali dell’amore) e ora sta nascendo anche un film.
C’è una casa famiglia a Pedara “Oasi della Divina Provvidenza” che ispirata dalla vita di Nino Baglieri ha accolto tre giovani in sedia a rotelle, due di essi sono vittime di fratture alle vertebre cervicali.
Il responsabile della casa famiglia ha un desiderio: accogliere e reinserire socialmente tutte quelle persone che da anni vivono a causa di una invalidità fisica in strutture ospedaliere, dando loro la possibilità di migliorare la qualità della loro vita e di lavorare; la nuova costruzione sarebbe dedicata proprio a Nino Baglieri.

La più grande virtù che è in noi è la carità – spiega Baglieri - la possediamo come dono prezioso da mettere a frutto per acquistare la Vita Eterna. Di fronte a Dio saremmo giudicati solamente sull’Amore. Non ci sarà chiesto quante preghiere abbiamo recitato o a quante messe abbiamo partecipato. Dobbiamo invece rendere conto su quanto abbiamo amato”.

Quest’uomo ci insegna quanto sia bella la vita, anche nelle situazioni più difficili e che l’unica strada che dobbiamo percorrere è quella di amare i più deboli.

di Riccardo Rossi

21 marzo 2014

FONTE: goleminformazione.it



Articolo bellissimo, firmato dal bravissimo Riccardo Rossi, che riporto con grande piacere sul mio blog.
Che bella figura questa di Nino Baglieri.... e quanti insegnamenti che ci da. Come da una disgrazia come quella che gli è accaduta, possa scaturire tanta Grazia, fino a cambiarti completamente la vita! Ed è proprio bello sapere che si è aperta la sua causa di beatificazione, quindi, se tutto va come deve andare, presto sarà fatto Beato. 
Beh, direi proprio che questo è l'articolo giusto prima della Pasqua..... e allora tanti auguri a tutti per una ricca, serena e felice Santa Pasqua !

Marco

lunedì 14 aprile 2014

Ha una malattia ambientale: va in coma con l’odore di bucato

La storia di Mariagiovanna affetta da MCS (Sensibilità Chimica Multipla): intollerante a profumi, detersivi e alimenti non biologici. Vive con la mascherina nella Terra dei fuochi

Mariagiovanna Liguori è nata a Napoli quarantasei anni fa, alle spalle di Poggioreale poi, vent’anni fa, si è trasferita a San Felice a Cancello, in provincia di Caserta, a pochi passi da Acerra: “È lì che è cominciato tutto”, dice.

Dopo pochi mesi dal suo trasferimento, infatti, ha iniziato ad avere problemi di salute: “Stanchezza continua, un aborto, strane allergie – racconta – Ho iniziato a girare per medici, fino a quando, nel 2012, mi hanno diagnosticato la malattia”. MCS, Multiple Chimical Sensitivity, Sensibilità Chimica Multipla, una malattia correlata alla presenza di sostanze chimiche e tossiche nell’ambiente. Irreversibile, progressiva, tra le meno conosciute al mondo: una malattia ambientale.

Vivo a 2,7 km dall’inceneritore di Acerra – spiega Mariagiovanna – San Felice a Cancello è, per lo studio Sentieri, del ministero della Salute (2010), uno dei 44 luoghi più inquinati di Italia. Nella cava della frazione Vigliotti per anni hanno sversato illecitamente di tutto e di più e si continua a sversare e ad appiccare roghi. C’è un altissimo tasso di diossina. Se non mi fossi trasferita qui, vent’anni fa, non avrei mai contratto la malattia: avevo una predisposizione genetica, ma l’inquinamento ambientale l’ha fatta esplodere”.

Ma cos’è la MCS? Il primo a parlarne fu il padre dell’ecologia clinica, Theron G. Randolph: negli anni 50 scoprì che esistevano soggetti apparentemente allergici ma con sintomi anomali e multisistemici e correlò questi sintomi alle sostanze ambientali chimiche e tossiche. Scoprì inoltre che collocando i pazienti in un ambiente privo di sostanze chimiche e tossiche i sintomi sparivano.
Il meccanismo della malattia fu spiegato poi dal biochimico Martin Pall, ammalato egli stesso di MCS: le nostre cellule, normalmente impermeabili alle sostanze che non servono al loro funzionamento ma che lo danneggiano, esposte all’inquinamento subiscono ossidazione, cioè la loro membrana di protezione viene intaccata e ciò permette a sostanze che non dovrebbero, di entrarvi: in pratica, rende permeabili le cellule anche ai veleni. Ecco perché i malati di MCS presentano alti livelli di calcio intracellulare e altre sostanze dannose che non permettono alle cellule di funzionare bene e il primo organismo a risentirne è il mitocondrio, l’organo cellulare che permette l’ossigenazione dei tessuti e la presenza di energia, e per questo tra i primi sintomi della malattia c’è la stanchezza cronica. Man mano che la cellula si danneggia, si riempie di sostanze che le dovrebbero essere estranee e che causano altri danni tra cui la mutazione epigenetica del Dna: per questo motivo, non vengono più prodotti una serie di enzimi necessari, si verificano carenze vitaminiche e più sistemi dell’organismo smettono di funzionare o funzionano male. In questo modo, chi è malato di MCS si ritrova con vari sintomi, che riguardano diversi sistemi e apparati del corpo, come quello cardiovascolare, il sistema nervoso centrale, il sistema immunitario, ecc.

Sono pochissimi i medici italiani che conoscono l’MCS e che quindi sono in grado di diagnosticarla e ciò fa sì che, ogni giorno, ammalati di MCS muoiano per mancata diagnosi o che spesso i medici scambino i loro sintomi per sintomi psicosomatici, prescrivendo loro psicofarmaci che peggiorano la situazione, contenendo sostanze altamente tossiche anche per le persone sane e che per gli ammalati di MCS diventano velenose.

A Mariagiovanna Liguori la malattia è stata diagnosticata nel 2012 dal prof. Giuseppe Genovesi, specialista in Endocrinologia, Psichiatria e Immunologia al Policlinico Umberto I di Roma. Nella diagnosi a sua firma scrive: “La paziente è affetta da una Sindrome immuno neuro tossica ambientale suggestiva della Multiple Chimical Sensitivity o Sensibilità Chimica Multipla o definibile anche come ‘intolleranza a xenobiotici ambientali’ classificabile come disturbo respiratorio non specificato in relazione all’esposizione ad agenti chimici, gas fumi vapori, complicata da una sintomatologia asmatiforme, da Fatica Cronica o Encefalomielite Mialgica, da Sindrome Fibromialgica e da Artrite psoriasica”.

Da Genovesi, Giovanna è arrivata con l’analisi tossicologica fatta in Inghilterra e da cui risulta che il suo sangue contiene diversi metalli pesanti e altri elementi chimici, ma soprattutto un’alta percentuale di mercurio (205), formaldeide (290) e cromo esavalente (245), oltre a livelli superiori alla norma di nickel e alluminio, oltre che una gran porzione di calcio intracellulare.

Nella sua diagnosi Genovesi chiarisce che le sostanze che sono alla base dei sintomi presentati dalla paziente sono molteplici ma che possono essere ricondotte ad alcune categorie biochimiche ben definite, tra cui: saponi, acidi, bromuro, nanoparticelle derivate dalla plastica ed emesse da termovalorizzatori, chemioterapici, idrocarburi, resine e vernici e spore fungine. Ciò significa, specifica Genovesi, che la paziente deve evitare ogni tipo di sapone, detersivo, candeggine, vernici, profumi, nano particelle emesse da caldaie e bruciatori e nano particelle derivanti da termovalorizzatori, vernici, solventi, xenobiotici alimentari, “con gravissimo condizionamento della vita quotidiana ed assoluta necessità di utilizzare alimenti biologici con le intuibili conseguenze economiche”. Non solo, la paziente deve, sempre a detta del prof. Genovesi, utilizzare mascherine specifiche per “intolleranza a xenobiotici ambientali, un filtro d’aria negli ambienti in cui vive, un depuratore dell’acqua per cucinare e per diversificare l’acqua da bere, un’alimentazione biologica, la sauna e una terapia detossicante cronica per evitare l’aggravamento della patologia”. Chiarisce, infine, che la condizione di Mariagiovanna al tempo della diagnosi “limita significativamente la sua vita di relazione e configura, oltre che un danno biologico, anche un evidente danno morale da quantificarsi nelle opportune sedi medico legali”.

Fino a quando ha potuto, Mariagiovanna è stata una musicista, flautista e soprano, organista di musica liturgica. Adesso, la sua malattia è all'ultimo stadio, quello terminale (la MCS presenta tre stadi, numerati da 0 a 3) e non le è più possibile svolgere alcun lavoro: “È un miracolo che sia ancora viva”, dice.

Anche sua figlia Miriam si è ammalata, ma per fortuna è ancora al secondo stadio: la malattia le è stata diagnosticata a 15 anni.
Ho subito un danno epigenetico che mi ha bloccato la trascrizione nel Dna di tre cromosomi, l’1, il 4 e il 17. Quando ho concepito Miriam, ho trasferito a lei il danno epigenetico insieme ai miei danni genetici. Da quando è nata non ha mai preso farmaci perché fortunatamente è sempre stata allergica – racconta Mariagiovanna – mangia cibi senza additivi, conservanti e coloranti. Ci sottoponiamo a cure molto particolari, soprattutto medicina alternativa. Non possiamo usare neppure il kit salvavita perché ha i solfiti nella fiala di adrenalina. Utilizziamo cibo biologico, integratori e vitamine disintossicanti, integratori naturali, biancheria non trattata chimicamente. Mia figlia va a scuola in un ambiente controllato, che deve rispettare i parametri ambientali per la MCS fissati dal Ministero”.

Esistono oltre 500 studi internazionali (circa 20 italiani) sulla MCS e tutti dicono che i soggetti che possono contrarre più frequentemente la MCS sono: i lavoratori dell’industria, gli occupanti di edifici chiusi; i residenti in comunità con elevato inquinamento idrico o atmosferico; individui esposti nell’ambiente domestico a pesticidi, farmaci e prodotti di consumo. Mariagiovanna non ha svolto alcuna professione “pericolosa”, per cui è abbastanza chiaro che la sua malattia dipenda dall’ambiente in cui vive.

A confermare il legame con l’inquinamento ambientale c’è il fatto che i malati di MCS sono considerati “sentinelle dell’ambiente”, poiché attraverso le loro ricadute e reazioni è possibile immediatamente capire se in quel particolare ambiente ci sono sostante chimiche e tossiche. Non a caso, il simbolo della malattia è un canarino in gabbia: un tempo i minatori portavano i canarini in miniera perché i piccoli uccelli avvertivano subito le fughe di gas e riuscivano a dare l’allarme e a permettere ai minatori di salvarsi. Allo stesso modo, i malati di MCS indicano che si è in presenza di un ambiente malato.

Sono poche le nazioni in cui la MCS è una malattia riconosciuta: Canada, Giappone, Cina, Australia. Per quanto riguarda l’Italia, non esistono dati ufficiali: stando ai dati non ufficiali (e insufficienti) derivanti dalle diagnosi accertate, sono più di 300 i casi di MCS in Italia, di cui 100 solo in Campania, ma migliaia non sono censiti o sono in fase di accertamento. Non esiste una raccolta di dati epidemiologici da parte del ministero della Salute o dell’Istituto Superiore di Sanità, tutto ciò che si sa della malattia deriva da parziali informazioni fornite dai centri di diagnosi e dai contatti diretti dell’associazione di riferimento con i malati. In Italia, la MCS non è inserita tra le malattie riconosciute come esenti dal nostro sistema sanitario nazionale: solo alcune regioni, come la Toscana, l’Emilia Romagna e l’Abruzzo le hanno dato questo conferimento. A un’interrogazione parlamentare formulata nel luglio 2013 da Daniela Sbrollini in merito alla possibilità di riconoscere la MCS, Balduzzi rispose che data l’assenza di evidenze nella letteratura internazionale non era possibile considerare la malattia come individuabile nosologicamente e che comunque il Servizio Sanitario Nazionale era già in grado di fornire un’adeguata assistenza nei casi di intolleranza a sostanze chimiche. Peccato che i malati di MCS neppure possano andare in ospedale, visto che anche lì ci sono sostanze che possono farli andare in coma. In Campania, dove i malati con diagnosi scritta sono un centinaio (ci spiega Mariagiovanna), l’Asl non la riconosce come patologia invalidante, nonostante, di fatto, ai suoi ammalati sia preclusa una vita normale.

I sintomi della malattia si scatenano al momento dell’esposizione alle sostanze tossiche: “Se cammino per strada e a una finestra è steso il bucato fresco di lavatrice, vado in coma, perché nel detersivo per il bucato ci sono sostanze tossiche – racconta Mariagiovanna – Se qualcuno viene a casa mia con il profumo o odora di bucato, mi sento male. Siamo in ossigenoterapia, viviamo in un ambiente controllato, non possiamo aprire nemmeno le finestre. Quando esco, devo portare una serie di mascherine, per cui finisce che raramente mi allontano da casa. Non posso stare in ambienti chiusi con altre persone, niente teatro, cinema, convegni, a meno che l’ambiente in questione e le persone con cui entro in contatto non vengano decontaminati. A casa mia non puoi venire anche se ti fai uno shampoo o usi un bagnoschiuma qualsiasi”.

Esiste un vero e proprio vademecum per entrare in contatto con Mariagiovanna e con chi, come lei, è affetto da MCS: evitare di indossare indumenti lavati con normali detersivi, poiché devono essere inodori e non rilasciare alcuna sostanza chimica volatile; evitare l’uso di saponi, shampoo, gel, lacca, profumi, creme o pomate di qualsiasi natura, e per diversi giorni, perché ne rimane traccia sul corpo; non usare detergenti o deodoranti per ambienti nei luoghi condominiali e neppure stendere il bucato lavato con ammorbidente o detersivo non naturale; evitare di portare in dono cibi e bevande, perché un malato di MCS può mangiare solo pochi cibi e tutti biologici; non portare con sé libri o giornali, ma solo documenti sigillati in buste trasparenti, per evitare l’esposizione a nano particelle da toner; non usare scarpe, borse o giacche troppo nuove, poiché nella loro costruzione vengono usati collanti e solventi e ciò danneggia la salute degli ammalati; evitare di andare a trovare un malato di MCS con un telefonino o similare, perché sarà intollerante ai campi elettromagnetici; evitare di stare a contatto con vernici, solventi, derivati del petrolio, pesticidi e tutto ciò che rilascia sostanze chimiche volatili. Prima di andare a trovare un malato di MCS occorre avvisarlo, per permettergli di prepararsi con una bella dose di ossigeno. Se non si osservano queste norme, il malato di MCS può anche finire in coma.


Mariagiovanna ha allergie anomale che le provocano asma e edema (ora è perennemente in edema e entrare in contatto con sostanze tossiche le fa prendere anche 2 o 3 chili), diverse malattie autoimmuni come la spondilite anchilosante, ha l’artrite psoriasica, la cistite cronica, gravi disturbi visivi, disuria e stranguria (mancanza di pipì e dolore quando si fa pipì), asma, aritmia con rischio fibrillazione, encefalomielite mialgica, emicranie e cefalee violente, reflusso gastroesofageo, vertigini, extrasistole ventricolare e sopra ventricolare, sinusite, rinite e oculorinite croniche, sindrome da fatica cronica, dispepsia, parestesie diffuse, insonnia persistente, infiammazioni di tutte le mucose, disturbi della sensibilità gustativa, intolleranze alimentari e trombofilia, e potremmo continuare l’elenco delle patologie. Nonostante questo, la Regione Campania le riconosce solo il 40% di invalidità. Mariagiovanna non può condurre una vita normale. Spende moltissimi soldi per tirare avanti, sopravvivere, assicurarsi il necessario per resistere alla malattia. Ma, per lo Stato e per la Regione, non esiste. 


di Ilaria Puglia

7 aprile 2014

FONTE: paralleloquarantuno.it 
http://www.paralleloquarantuno.it/articoli/ha-una-malattia-ambientale-va-in-coma-con-lodore-di-bucato.html


Bellissimo articolo, lungo, completo e veramente esauriente. Un "grazie" particolare va a Mariagiovanna, per aver esposto così bene la sua situazione di malata di MCS (purtroppo molto grave)... così come è giusto darlo a tutti quei malati che continuamente fanno sentire la propria voce.
Quello che invece è indecoroso, anzi VERGOGNOSO, che ad una persona con tutte le problematiche di salute come quelle di Mariagiovanna, venga riconosciuto un miserissimo 40% d'invalidità. Non ci sono davvero parole! Vorrei ricordare che con una MCS a questo livello di gravità, ogni minima esposizione ti può condurre allo shock anafilattico, e quindi al coma, e quindi anche alla morte..... e che una persona con questa patologia spende un infinità di soldi in più del normale, tra cure disintossicanti, alimenti biologici, purificatori, depuratori e così via.
Ecco, queste sono quelle cose che proprio non si riescono a comprendere e che fanno veramente gridare all'ingiustizia. Possiamo soltanto augurarci che le cose cambino..... perchè ce n'è tanto, ma proprio tanto bisogno!

Marco 

giovedì 10 aprile 2014

Solidarietà: Malattie rare e cure difficili, l'appello per Ludovica


La storia di una bambina di 12 anni ricoverata al Gemelli, affetta da una patologia, che ha una sola speranza: una costosa operazione oltreoceano. In moto la macchina della solidarietà

«La vita sembra andarle contro, ma lei continua ad amarla. È dolcissima e riesce, nonostante tutto, a darci la forza per andare avanti». Daniela, 46 anni, è la mamma di Ludovica, 12 anni e due occhi azzurri come il cielo di primavera. Una bambina molto desiderata, arrivata dopo anni di attesa e cure. Purtroppo già a pochi mesi dalla nascita si sono manifestati i segnali di un lieve ritardo ma grazie all’affetto della famiglia, che vive alla Camilluccia, e alle terapie di medici e psicoterapeuti, Ludovica fino a qualche anno fa ha vissuto una vita normale. «Il lieve ritardo era passato in secondo piano, aveva fatto passi da gigante, ed eravamo sereni», racconta Daniela, che è mamma anche di Bruno, 11 anni.

Poi, all’improvviso, una forte febbre, nel 2010, ha bloccato le gambe di Ludovica. I medici non capiscono subito. «Pensano a manifestazioni psicosomatiche per richiedere attenzione e ci rispediscono a casa». Per un anno Ludovica continua, a intermittenza, a non stare bene: «Lamentava terribili mal di testa, si poggiava continuamente al letto, ogni tanto aveva alcuni decimi di febbre. Una bambina sana non sta così. Vedevo che era strana, anche a danza dicevano che non seguiva più come prima». Nuovi episodi febbrili, Ludovica «sempre più stanca». A un certo punto iniziano i problemi urinari e i conseguenti ricoveri, una spola tra Bambino Gesù e Meyer di Firenze: «Ricordo un catetere che andava messo e tolto ogni due ore. Una tortura che non auguro a nessuna mamma».

Finalmente, una diagnosi:
Midollo Ancorato Occulto (MAO), una malattia rara, dovuta a un collegamento anomalo fra il midollo spinale e il canale vertebrale. Abbiamo, tutti, una sorta di filo che parte dalla nuca e arriva al coccige, attraversando la colonna vertebrale, e che a un certo punto della crescita si stacca. A Ludovica questo non è successo, e la tensione che ne risulta provoca incontinenza vescicale e intestinale e rigidità alle gambe. «Da qualche mese non cammina, non fa più la pipì», racconta Daniela. Per salvarla, occorre tagliare quel filo che non si è staccato: un intervento delicatissimo, che la piccola doveva affrontare a febbraio. Era tutto pronto, Ludovica stava per entrare in sala operatoria quando il neurochirurgo del Meyer che doveva operarla non si è sentito di correre «un rischio troppo grosso». Daniela non porta rancore: «È vero, il rischio di paralisi c’è. Ma al Meyer hanno avuto il merito di riscontrare un problema funzionale. Sono stati comunque eccezionali».

Nel frattempo Ludovica peggiora,
da più di due settimane non riesce a mangiare, le è stato inserito il sondino naso-gastrico e in questi giorni, mentre compie 13 anni, è ricoverata al Gemelli. La sua speranza ha nome e cognome, ma vive a un oceano di distanza. Letteralmente, perché Paolo Bolognese è un cervello in fuga, un neurochirurgo torinese del De Chiari Institute di New York. L’unico che ha accettato di operare Ludovica. «Ma New York è lontana - riflette Daniela - e noi siamo gente semplice, io sono casalinga, mio marito Alfonso fa il portiere». L’intervento va fatto prima possibile, e la macchina della solidarietà, anche grazie ai social network, si è messa in moto per raccogliere fondi: diversi spettacoli teatrali, una maratona in programma domenica 13 aprile. È stato aperto un conto corrente presso la

Banca Popolare di Milano
Iban IT89B0558403205000000001069
Intestato a Daniela Angiulli
Causale: «Aiutiamo Ludovica»


«Con l’operazione c’è una possibilità di guarigione. Ludovica vuole tornare a danzare».


di Lorena Leonardi


7 aprile 2014

FONTE: romasette.it
http://www.romasette.it/modules/news/article.php?storyid=12519


Ecco una di quelle storie che, per concludersi felicemente, ha bisogno dell'Amore e della Solidarietà di tutti.

La storia di Ludovica sta avendo una certa risonanza grazie all'interessamento dei mass media e attorno a lei stanno sorgendo delle manifestazioni di solidarietà volte al raggiungimento della somma necessaria per l'intervento e le cure di cui la bambina ha bisogno. Ognuno di noi però, nel suo piccolo, può fare qualcosa d'importante per lei, innanzitutto con un contributo in denaro alle coordinate sopraindicate, oppure semplicemente divulgando la sua storia. Per maggiori informazioni su Ludovica e la sua storia, si può andare alla pagina Facebook aperta per lei, "Aiutiamo Ludovica" (https://www.facebook.com/pages/Aiutiamo-Ludovica/257233967782782?fref=ts).
Un piccolo gesto, un contributo, un passaparola..... tutto può essere importante per Ludovica. La sua è una lotta contro il tempo e prima potrà operarsi e meglio sarà. Diamo il nostro contributo allora, la nostra piccola o grande goccia che, assieme a tante altre gocce, possano formare quel fiume di Solidarietà e di Amore di cui Ludovica ha tanto, tanto bisogno !

Marco

martedì 8 aprile 2014

Era paralizzato, ora scala le vette. A Giorgio il premio «Inno alla vita»

BRANZI - Sfogliando le foto di montagna sulla sua pagina Facebook vengono le vertigini: è un susseguirsi (per dirla con Lucio Battisti) di «discese ardite e di risalite». Giorgio Scuri, 46 anni di Branzi, riceve stasera (21 marzo 2014), alle 20, alla trattoria Miniere di Lenna, il premio «Inno alla vita», che il gruppo Amici Gogìs dell’alta Val Brembana destina ogni anno a quanti nella vita hanno superato particolari ostacoli con determinazione. Le discese ardite di Giorgio sono rigorosamente sugli sci: è maestro e allenatore federale di sci alpino. Vanta una carriera importante sia a livello agonistico sia come allenatore. È stato tecnico specializzato per la sicurezza delle discipline veloci alle Olimpiadi di Torino 2006. Nel suo curriculum brilla una Coppa del Mondo, conquistata nel 2008 nella categoria Master A2.

«Ho avuto la fortuna di praticare sport ad alto livello – spiega – raccogliendo soddisfazioni anche con i ragazzi che ho allenato. Ho praticato a lungo l’alpinismo, facendo parte del Soccorso alpino e salendo tutte le vette delle Orobie in stile alpino». Nel 2012 ecco la «discesa» imprevista e cattiva: a Giorgio viene diagnosticata la mielite trasversa acuta, un virus raro che attacca il midollo spinale.

La malattia di due anni fa

«Il 16 aprile di quell’anno in pochissime ore mi sono ritrovato ai Riuniti praticamente paralizzato, dai polmoni in giù. Le mie gambe non funzionavano e anche gli organi interni si bloccavano progressivamente. Per due mesi è sembrato che io e la mia famiglia ci dovessimo preparare al peggio, ma non ho mai mollato un secondo di testa». Il resto l’hanno fatto le cure dei medici e la riabilitazione alla clinica Quarenghi di San Pellegrino: «A loro devo davvero tutto».

«A San Pellegrino sono arrivato sulla sedia a rotelle, ma da subito ho pensato che sarei uscito sulle mie gambe, a casa dalla mia compagna Carola e da mio figlio Guido, che oggi ha tre anni e mezzo. Volevo tornare a scalare il pizzo del Diavolo con il mio amico Alessandro “Pinì”
». In quei giorni Scuri dice di aver pensato più volte a Egidio Gherardi, lo scalatore con le stampelle morto nel 1998, ideatore del premio che ora i Gogìs assegnano a Giorgio.

«La sua caparbietà – aggiunge Giorgio – era esemplare e anch’io ce l’ho messa tutta. Sono ritornato in montagna le prime volte con le stampelle, poi con una soltanto e infine con mio figlio sulle spalle. Ho riacquistato forza ed equilibrio e sono tornato a fare il maestro di sci».

Il ricordo di quei giorni in ospedale carichi di angoscia ha dato a Scuri anche lo stimolo per un impegno di solidarietà nella delegazione Orobica della Fondazione aiuto e ricerca malattie rare. A nome del gruppo è stato il tedoforo a Bergamo, lo scorso novembre, della fiaccola delle Universiadi. «Ho avviato un progetto che si chiama “Malattie rare nel mondo verticale”. Da qui a fine anno l’idea è salire sul Cervino (attraverso Cresta del Leone, Capanna Carrell e Pic Tyndall) e sul Monte Bianco (dalla via normale)». Le discese ardite insomma tornano a unirsi alle risalite, perché l’imperativo di Giorgio è uno solo «Mai mollare, perché la vita è stupenda».

Gli altri riconoscimenti

La serata di gala dei Gogìs a Lenna, che prevede il premio a Giorgio Scuri, si ripete da 30 anni. Un appuntamento di solidarietà nel ricordo di Egidio Gherardi, lo scalatore con le stampelle che ne fu ideatore.

«Vogliamo premiare l’animo generoso e volitivo dei valligiani (detti appunto Gogìs, ndr), spiega Piero Calvisottolineando i valori che sono alla base di qualsiasi successo». Il premio «Egidio Gherardi per la montagna» andrà a Giovan Battista Scanabessi, l’alpinista di Brembilla che ha al proprio attivo una serie innumerevole di ascensioni, fra cui anche gli ottomila Nanga Parbat e Gasherbrum 2. Un uomo tenace, molto attivo nel volontariato e nella Protezione civile degli alpini. Nel corso della serata un ricordo particolare sarà dedicato ad Antonio Regazzoni, storico imprenditore della valle, recentemente scomparso.

Fra i premiati anche la comunità di Dossena (per la festa del Madunù), Salvatore Fazio, insegnante a San Giovanni Bianco, Giacomina Ruffoni di Lenna (titolare di un’attività artigiana), Omar Lange, poeta di Serina e al gruppo Lab-Oratorio teatrale di San Giovanni Bianco.


21 marzo 2014


FONTE: ecodibergamo.it


Una splendida storia fatta di coraggio, forza e determinazione. E anche di solidarietà, per l'impegno che Giorgio ci sta mettendo nella delegazione Orobica della Fondazione aiuto e ricerca malattie rare.
Bravo Giorgio, ti auguro un futuro sempre più bello e ricco di soddisfazioni..... alla conquista di vette sempre più alte e ardite, sia nello sport che nella vita.

Marco

sabato 5 aprile 2014

Ammalati e non riconosciuti. “La Regione faccia qualcosa”


IL CASO. Certe malattie seguite dall'Organizzazione Mondiale della Sanità in Italia sono misteri

La Sensibilità Chimica Multipla e la Fibromialgia sono in aumento

di Chiara Roveretto

Ci hanno messo la faccia, le parole, i racconti. E non è semplice parlare di malattie che vengono riconosciute dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, ma non in Italia. In questi anni i malati colpiti da Fibromialgia (FM), dalla Sindrome da Stanchezza Cronica (CFS) e dalla Sensibilità Chimica Multipla (MCS) sono in aumento. Un associazione li tutela e vorrebbe creare un Centro di riferimento nazionale, per la ricerca, il monitoraggio e lo studio approfondito della multifattorialità dei sintomi, la raccolta dei dati epidemiologici e l'applicazione di terapie adeguate, unitamente al supporto psicologico. I malati vicentini hanno manifestato davanti alla Regione, alcuni Comuni si sono mossi, ma restano una minoranza e intanto i malati crescono e chiedono interventi immediati, sicuri e sopratutto certi.
Ecco le loro storie. “Siamo tre amici e ci siamo conosciuti perché soffriamo della medesima malattia: sindrome fibromialgica caratterizzata da molti sintomi. Ma l'elemento costante è il dolore, forte, continuo, debilitante. Sofferenza alle ossa, formicolii, spossatezza, piccoli vuoti di memoria a volte con l'incapacità di compiere le azioni più banali”. Il vicentino Andrea Bezze, rappresentante dell'associazione Anfisc, è il primo a parlare e descrive un male che sconvolge le fondamenta della vita e di conseguenza l'equilibrio e la sicurezza. Elisa Capozzo, ha 50 anni è approdata ad una diagnosi nel 2011. I primi sintomi sono iniziati durante l'adolescenza. Attualmente le cure più efficaci sono la ginnastica compensativa. “Questi movimenti mi danno la possibilità di escludere gli antinfiammatori. La costanza e la volontà di vivere, sono i miei cavalli di battaglia. L'amicizia e la solidarietà tra ammalati – prosegue – dovrebbe essere l'ossigeno per respirare e trovare nella sofferenza, la capacità di aumentare i nostri limiti. Purtroppo i costi per le numerose cure sono alti e difficilmente affrontabili. Ogni anno si aggiungono sintomi, diagnosi, altre cure, visite ed esami. Si tratta di un peso enorme da sopportare per tutti gli ammalati che, nonostante i numerosi appelli, non sono ascoltati da chi ha il potere di riconoscere la patologia”.
Stefania Griffante ha 42 anni. “Mi hanno diagnosticato la Fibromialgia quattro anni fa. Tutto è iniziato con un dolore all'anca che poi, nel tempo, si è diramato in tutto il corpo con l'incapacità di compiere le azioni più banali ed infine il ricovero dove mi è stata riscontrata la Fibromialgia. I primi tempi – aggiunge – sono stati terribili”.
Ho 41 anni – dice Andrea Bezze – dal 2007 mi hanno diagnosticato questa patologia, da qualche anno sono referente dell'associazione ed insieme a queste amiche lottiamo per i nostri dirittti come dice l'Articolo 32 della Costituzione, che però non è valido per i malati di Fibromialgia. Vorremmo essere riconosciuti come ammalati, purtroppo per le istituzioni non esistiamo e ancora molti medici, ci considerano malati psicosomatici, sbagliando. Questa patologia è in forte aumento nella popolazione italiana ed ha un forte impatto sociale costringendo gli ammalati a lasciare il lavoro oppure a limitare le proprie attività fisiche, l'Organizzazione Mondiale della Sanità dal 1992 la definisce “Malattia Cronica Invalidante” Ma quando l'Italia, quando ascolterà l'OMS? Nel nostro paese siamo ammalati invisibili, però siamo due milioni. Vogliamo solo che ci riconoscano

9 gennaio 2014

FONTE: Il Giornale di Vicenza

mercoledì 2 aprile 2014

Costretta alla solitudine dalla troppa “sensibilità”


Valentina Tonizzo soffre di MCS ovvero “Sensibilità Chimica Multipla”, una patologia che rientra tra quelle ambientali. Si tratta di un alterazione genetica che rende impossibile metabolizzare ed eliminare le sostanze tossiche

Nicoletta Brandalise

PERGINE – Un abbraccio? Solo con gli occhi. Il ristorante? La mia casa a consumare i pasti, da sola. La vacanza? Ancora la mia casa o il bosco quando la stagione si fa buona. Il profumo? Solo quello dell'aria pulita. Gli amici? Si chiamano silenzio. Valentina Tonizzo, piemontese da parte di padre, ha l'altra metà di sé in Trentino a Costasavina.
Dal 2012 l'acronimo MCS, che in italiano sta per “Sensibilità Chimica Multipla”, le si è incollata addosso come una seconda pelle. Meno male, perché prima di essere diagnosticata questa malattia, in difetto veniva definita rara, ora invece rientra a pieno titolo nelle patologie ambientali, la medicina ufficiale indica a questi pazienti una perizia psichiatrica. Dolori diffusi, stanchezza cronica, dermatiti, asma, depressione, mal di testa, difficoltà digestive: non può essere che stress o esaurimento psicofisico per incominciare.
Appurato poi che la “pazzia” esiste solo nella testa di chi l'ha ipotizzata, allora le conclusioni si scrivono escludendo tutte le altre patologie. Valentina, dopo aver speso duemila euro di tasca sua per gli accertamenti basilari, ha avuto la diagnosi di MCS solo dal professor Giuseppe Genovesi, ricercatore all'Umberto I di Roma. Perché è andata fino laggiù? “La maggior parte dei medici in Italia non è aggiornata sulle malattie ambientali. Tante persone seguono per anni terapie sbagliate”, la voce ferma arriva diplomatica oltre la mascherina.
Qual è la causa? “E' dovuta ad un alterazione genetica che rende impossibile metabolizzare ed eliminare le sostanze tossiche che sono normalmente tollerate dagli altri individui, coinvolge tutti gli organi che prima o poi subiscono danni irreparabili”, spiega.
Sono i profumi, i detersivi, vernici, colle, inchiostri, farmaci, anestetici, formaldeide, insetticidi, pesticidi, inquinamento. E' tutto quello di cui è fatto il mondo che ognuno di noi tocca, mangia, usa per mettersi addosso, per comunicare, per abitare, per lavorare, per divertirsi tutti i giorni. A questa donna minuta, gentile che tiene in un grosso raccoglitore le certezze del suo grave malessere, le istruzioni per conviverci (da un associazione A.M.I.C.A.), i protocolli da seguire per essere curata negli ospedali in caso di bisogno, vorremo disegnare intorno un cerchio da riempire con il mondo epurato dalla sporcizia che consapevolmente o senza saperlo ci tocca e provoca al nostro organismo apparentemente sano gli stessi danni. Diluiti nel tempo, meno palesi ma a pari condizioni.
Come vive? “In una casa bonificata da sola. Lavoro part time all'Associazione artigiani di Trento, vengo in questo piccolo appezzamento che mi ha lasciato mamma a respirare”, risponde. Il sostegno di Valentina alla solitudine si esaudisce nell'intimità spirituale che fa invidia, a prescindere. Sono solo quattro le regioni italiane che hanno riconosciuto la sindrome da MCS. Il Trentino ancora non si è incuriosito abbastanza (a parte il dottor Giacomo Rao ricercatore, medico all'Inail nel capoluogo). Valentina prima cantava in un quartetto, insegnava ai bambini la catechesi, dipingeva e recitava.
Cosa sogna per domani? “Che qualcuno si accorga di noi e che la ricerca vada avanti in Italia. Sogno di avere gli stessi diritti di cura in strutture bonificate, di sentire una parola di conforto da almeno una persona”.
Noi speriamo nell'attenzione di chi ha gli strumenti per fare del bene a lei e alle dieci persone malate di MCS (con lei sono Egle e Olga Marietti di Castello Tesino) nella nostra provincia ed essendo molto ottimisti anche alle cinquemila persone in Italia, che finora pochi hanno ascoltato e visto.

19 marzo 2014

FONTE: L'Adige