mercoledì 22 ottobre 2014

Sta per morire, ma vuole giocare un'ultima volta


E’ la richiesta di Lauren Hill, ragazza di appena 19 anni a cui è stato diagnosticato un tumore al cervello inoperabile un anno fa: per i medici non supererà dicembre. “Coah, vorrei giocare un’ultima partita”, ha chiesto. E l’Ncaa ha deciso di anticipare di circa due settimane la gara della sua squadra, la Mount Saint Joseph University: Lauren sarà in campo il 2 novembre prossimo

Un anno fa, quando nell’ottobre del 2013 era arrivata in Division III, Lauren Hill sentiva che stava per farcela. Il basket, la sua passione più grande fin da quando era bambina, l’aveva portata a un passo dai professionisti. Una nuova esperienza: il college e nuove amicizie da creare, quindi il sogno dell’Ncaa, da vivere con la squadra femminile della Mount Saint Joseph University.

All’inizio della scorsa stagione, però, circa un mese e mezzo dopo aver festeggiato il suo 18esimo compleanno, ecco che la sua vita cambia completamente. Siamo ancora in fase di preparazione, la stagione non è ancora iniziata. Qualcosa non va: Lauren si sente male. E’ debole, fiacca, sempre stanca. Va a farsi vedere, e quello che i medici le dicono è devastante: tumore al cervello. Maligno e inoperabile. Le danno al massimo due anni di vita.

La giovane ragazza, che praticamente da subito comincia le cure per provare a debellare il brutto male, dimostra grande forza e coraggio. Le sue giornate cambiano all’improvviso, ed è soprattutto “dentro” che Lauren si sente diversa. Ad aiutarla a superare i brutti momenti c’è il basket, che per lei rappresenta una delle poche certezze. “Non ho mai mollato per un secondo – ha detto – nemmeno quando ho ricevuto la diagnosi. Non ho mai pensato di sedermi e non vivere più la mia vita”.

Lauren può continuare a giocare, dicono i medici, almeno fino a quando riuscirà a sostenere lo sforzo fisico. La sua situazione è terminale, e per guarirla si può fare poco, ma se il basket le dà sollievo è giusto che continui a calcare il parquet. Almeno fino a quando se la sentirà. E così la ragazza va avanti un anno intero. Passa l’estate e a fine settembre Lauren si sottopone all’ennesima risonanza di controllo. Il tumore si è esteso, riducendo ulteriormente l’aspettativa di vita della 19enne giocatrice. I medici non le danno molte speranze: potrebbe non salutare l’anno nuovo.


Le compagne di squadre le organizzano una festa a sorpresa lo scorso 1° ottobre. Lauren si sente bene, viva. Torna a casa e dice ai genitori che sotto i vestiti vuole indossare una maglia da gioco. “Mi fa sentire forte”, dice. Il basket, ecco che torna centrale nella vita di Lauren la passione per il suo sport preferito. Nel frattempo la stagione 2014-2015 sta per cominciare. La prima partita della Mount Saint Joseph University vedrà la squadra in campo il 2 novembre, in anticipo di circa due settimane rispetto al previsto. L’Ncaa ha concesso l’anticipo sulla base della richiesta della stessa ragazza. Coach, voglio giocare una partita, la sua speranzosa richiesta. Permesso accordato: la sua squadra potrà anticipare la gara d’esordio. Purtroppo per Lauren adesso il tempo è fondamentale, e anche pochi giorni possono fare la differenza. Tra non molto sarà un angelo, che con tutta probabilità continuerà a giocare a basket. Dovunque sarà.

di Andrea Tabacco

16 ottobre 2014

FONTE: Eurosport.yahoo.com
https://it.eurosport.yahoo.com/notizie/basket-sta-per-morire-vuole-giocare-unultima-volta-091845349--nba.html


Storia di straordinaria intensità, nella quale una giovane ragazza 19enne non si arrende al tumore irreversibile che l'ha colpita e vuole giocare, costi quel che costi, l'ultima partita del suo amato sport. Ma sopratutto, dico io, vuole giocarsi, e cioè VIVERE, fino in fondo e intensamente, la propria vita.
Quanta tenacia, quanta forza, quanto coraggio in questa ragazza ! Pensiamo a lei quando ci lamentiamo per cose di poco conto, quando ci lagnamo per un nonnulla. Questa ragazza di neanche 20 anni ci dà un grande insegnamento: che non bisogna mai arrendersi, che bisogna continuare a lottare per i propri ideali.
Tanti auguri Lauren, per tutto !!!

Marco

martedì 7 ottobre 2014

Aiutiamo una "stella" di nome Asia, a continuare a brillare


Ciao, mi chiamo Asia e sono nata a Torino il 5 Gennaio 2008 dopo una bellissima gravidanza e un parto meraviglioso. Sono nata fisicamente perfetta: ho una testa, due braccia e due gambe come tutti i bimbi. I miei primi mesi di vita sono trascorsi nella normalità tra pappe, nanna e tante coccole, anche se crescendo mamma e papà hanno iniziato a notare che non tenevo su la testa e che non prendevo i giochini in mano… La pediatra diceva che ero solamente un po’ pigra e che bisognava stimolarmi di più…
Purtroppo però, quando avevo circa 6 mesi, ho iniziato a fare degli strani movimenti a scatto e così iniziarono le corse in ospedale e tantissimi controlli medici, da cui derivò la terribile scoperta che ha cambiato la vita della mia famiglia. Sono affetta da una terribile patologia genetica chiamata Lissencefalia, che provoca una malformazione cerebrale causando un grave ritardo psico-motorio. Sfortunatamente a questa malattia si associano frequenti crisi epilettiche classificate come “Sindrome di West”. Tutto ciò ha cambiato la mia vita e ha reso molto complicata quella della mia famiglia.
Non mi siedo, non cammino, non parlo, non mangio come tutti gli altri bambini della mia età, ma i miei occhi, i miei sorrisi e i miei versi sostengono tutti coloro che mi aiutano nel continuare la mia battaglia per trovare una cura a questa patologia rara e per darmi una vita dignitosa.

Ho due genitori splendidi e tante persone che mi circondano tutti i giorni con amore. Tutti insieme hanno fondato un’associazione per me e per aiutare tutti i bambini che soffrono di patologie neurologiche. Stanno cercando di aiutarmi attraverso qualsiasi soluzione che consenta di migliorare il mio vivere quotidiano, perché purtroppo la mia malattia è rara e comporta un costante bisogno di cure riabilitative e stimolanti e di trattamento farmacologico delle crisi convulsive. Il mio cervello per apprendere le cose ha bisogno di continue stimolazioni, infatti attraverso le terapie riabilitative, che purtroppo sono possibili solo a pagamento, faccio dei piccoli miglioramenti.
La sperimentazione e i recenti studi legati alle cellule staminali mi danno speranza, ma si stanno ancora valutando le possibili conseguenze negative dei trattamenti.

Con le loro forze e con il minimo aiuto dello Stato, ahimè, i miei genitori non sono in grado di darmi tutte le cure di cui avrei bisogno e che mi consentirebbero di alleviare un po' le mie pene, come il soffrire di continui mal di pancia e di reflusso gastroesofageo.
La mia mamma lotta continuamente con gli enti statali e regionali, le Asl, l’INPS per gli ausili che dovrebbero spettarmi di diritto, ma purtroppo non è così facile. Vorrei avere una casa senza barriere architettoniche e magari un aiuto per la mia mamma che è impegnata con me costantemente come ad esempio l’acquisto di un’automobile accessibile alle carrozzine o di una bicicletta particolare che potrebbe consentirmi di andare a passeggio con la mia famiglia.

La fiducia non ci manca e continuiamo a coltivare ogni giorno la speranza che un giorno io possa abbracciare la mia famiglia e giocare con la mia sorellina come fanno tutti.
Se hai voglia di conoscermi di persona o di avere altre informazioni su di me, puoi contattare la mia mamma Ylenia che sarà lieta di accoglierti, di spedirti referti medici e tutto ciò di cui avrai bisogno per conoscere la mia storia e per aiutarmi.
Sto cercando di far conoscere la mia grave situazione e di sensibilizzare il Governo e chi di dovere nell’aiutare i bimbi che soffrono, perché nulla deve spegnere la luce che brilla negli occhi dei bambini. Se vorrai aiutarmi ne sarò lieta.

La piccola Asia Lastella deve continuare a brillare.

Se sei con me e vuoi aiutarmi puoi farlo attraverso una donazione a questo numero di conto specificando nella causale “Asia Lastella”.
IBAN IT94 L031 2730 3700 0000 0000 240


Per approfondimenti sulla storia della piccola Asia:
Sito web Aiutiamo "la stella" a brillare

Gruppi Facebook:
La piccola Asia Lastella

La piccola Asia Lastella (comunità)


Ecco un altra bambina che ha bisogno di tutto il nostro aiuto e del nostro Amore.
Condividiamo la storia della piccola Asia e, ancor di più, aiutiamola concretamente con un contributo economico alle coordinate sopraindicate. Ogni aiuto, anche piccolo, è importante per la piccola Asia, perchè questa stellina possa continuare a "brillare" lungo il percorso della sua vita. E chi più di un bambino malato ne hai il pieno diritto?
Grazie veramente di cuore a chi vorrà aiutarla!

Marco

mercoledì 1 ottobre 2014

Sono stato in coma come Schumi. E vi racconto...

Il pilota che ho amato di meno, oggi è l'uomo per il quale tifo di più. Conosco il buio immobile nel quale galleggia

Il pilota che ho amato di meno, oggi è l'uomo per il quale tifo di più. Conosco il buio immobile nel quale galleggia Michael Schumacher in questi giorni, solo, solissimo, anche se tutti gli parlano. Il coma. Lo conosco, quel buio gelato. Ma non lo ricordo perché il trauma cranico, quand'è gravissimo, è persino cortese: si prende anche i ricordi di quando è arrivato e lascia un buco nero, senza latitudine, inesplorabile per tanto, tantissimo tempo, forse per sempre. Insomma anche io mi sono «rotto la testa», come minacciano i nonni per frenare i nipotini spericolati. La mia pietra è stato un Tir. Ho sfondato il parabrezza della mia auto che si era incastrata sotto la sua pancia, ho sbriciolato il bacino, perso dei pezzi e oltre un litro e mezzo di sangue se ne è andato per la propria strada. Coma. Pensavano fossi morto o che stessi per. Quando mi hanno raccolto schiacciato nell'abitacolo, parlavo ancora, proprio come Schumacher. Sono stato anche gentile con il soccorritore, dicono: grazie di avermi salvato, sto così così. Ma poi l'ematoma frontale è cresciuto, vorace com'è. E ho perso i sensi.

La pressione endocranica ha la forza di un titano, assedia il cervello, lo schiaccia, deve essere fermata. Bisogna spurgare, trovare una via di uscita al sangue e far di tutto perché rallenti il suo afflusso. Una parte di te finisce quasi gelata ed è un freddo brutale e salvifico. Sono entrato in una parentesi, quella notte alle tre, e il mio primo ricordo è di oltre dieci giorni dopo, un tubo in sala di rianimazione e il volto di mia mamma al di là del vetro. In quei giorni i medici dicevano più o meno le stesse cose che oggi l'équipe di Grenoble recita nei propri comunicati. Speriamo si salvi. Oggi va male. Oggi va meglio. Ma, se si salva, non si sa come starà. Quali lesioni.

Quante. E quanto lunghe. Non si sa se sarà lucido come prima. O molto meno. O per niente. Ed è una fortuna che lui, come chiunque passi per quel buio, non le possa ascoltare e che non senta il peso dell'attesa oppure lo schiaffo bestiale della paura impotente. Quando ero lì, con il volto tumefatto dai lividi, bluastro e pallido, la mia parentesi era inerte. Senza sensi. Ma ha avuto il senso, semmai ce ne sia uno, proprio di confermarmi quanto siano importanti i sensi. Perché ci sono certe cose che tutti sappiamo ma conosciamo davvero solo quando le abbiamo perse o accantonate. Mentre sei nel limbo, nutrito dalla flebo, intubato e fasciato, gli altri vivono la tua vita ma tu non vivi la tua e neppure te la ricorderai. È il mistero del coma. Quando Dio o la sorte o comunque i medici decidono che è il momento di uscire dal limbo, è come nascere un'altra volta, tornare neonato e piangere e ridere come fanno i neonati. Hai passato un esame, il più difficile, ma ne rimane un altro, il più pericoloso: sei ritornato quello che eri? Quando sono uscito dal buio, i medici hanno fatto entrare mia mamma in sala di rianimazione. E io l'ho riconosciuta, e posso solo immaginare come si sia illuminata, lei così chiusa. Ma non basta: certe lesioni sono perverse, stratificate, non ti tolgono tutto ma solo un pezzo, quello che vogliono, fottendosene di come diventerai. È entrato, in quella sala che non voglio vedere mai più, anche un mio amico di infanzia e ci siamo salutati come facevano da vent'anni. Non me lo ricordo ma ero, in quel preciso momento, lì in quella mattina, uscito dal limbo. Avevo chiuso la parentesi. Perciò oggi, qui a centinaia di chilometri di distanza, immagino lo sforzo vitale di Schumacher e mi sento, per quel poco che serve, anche io nella sua parentesi. Sperando che anche a lui capiti prestissimo di riconoscere un suo vecchio amico e poi di ricordare sorridendo quell'incontro perché, poi, la vita è andata avanti com'era prima.

di Paolo Giordano

2 gennaio 2014

FONTE: ilgiornale.it
http://www.ilgiornale.it/news/interni/979688.html


Ho voluto pubblicare questo post, perchè mi ha molto colpito la profondità delle parole del suo autore, Paolo Giordano, nel descrivere la sua esperienza durante il periodo di coma che ha vissuto. Quello che è successo prima, il lungo periodo di buio del coma profondo, e poi il periodo del post-coma, quello in cui si esce dal "limbo", in cui si riprende coscienza e si torna a vivere.... sempre con la speranza nel cuore di poter essere quello di prima. Parole profonde appunto, toccanti, che solamente una persona che ha vissuto questa esperienza può pronunciare.
E con Paolo, è quasi superfluo dirlo, mi unisco totalmente al tifo per Michael Schumacher, perchè possa uscire dalla gravissima situazione in cui è, e possa riavere una vita che, lo speriamo tutti, possa essere la più normale possibile.  Ora Schumacher non è più in coma, è stato dimesso dall'ospedale ed è tornato a casa. La sua situazione, però, permane molto seria e lo attende un lungo e difficile percorso di recupero, con la grande incognita, che nessuno al momento è in grado sciogliere, di sapere quale sarà il suo grado di recupero.
Un pensiero e una preghiera per lui e per tutte le persone che stanno vivendo una situazione simile alla sua. Siete tutti nel mio cuore!

Marco