venerdì 28 novembre 2014

Fibromialgia: Grazie alla corsa ho ritrovato me stessa

Sono una "ragazza" di 42 anni.... affetta da fibromialgia da 2 anni......
Spesso siamo visti come malati immaginari, ipocondriaci .... ma è una patologia vera, colpisce i neurotrasmettitori deputati al dolore a livello del sistema nervoso centrale.
E’ una malattia vera, ma a livello strumentale e di laboratorio gli esami sono tutti negativi. Nel mio caso al lavoro ero derisa e non capita... pur lavorando in un ambiente sanitario.
Dolori muscolari cronici senza alcuna risposta ai farmaci, o comune con poca risposta....
Nella fase acuta i dolori non mi mollavano mai mai... 24 ore su 24...
Ho dovuto lottare nella mia azienda per poter cambiare reparto: sono infermiera e lavoravo in sala operatoria, lavoravo anche 12 ore al giorno sempre in piedi immobile (a volte anche più di 12 ore) e questo aumentava la mia rigidità muscolare...
Alcuni fibromialgici vengono licenziati per i troppi giorni di malattia... e non ottengono limitazioni lavorative e la giusta postazione dopo essersi ammalati, questo non aiuta a migliorare, ma a peggiorare la loro esistenza.
Tanti non conoscono abbastanza la malattia (anche perché non è ancora riconosciuta a livello nazionale) e quindi la sottovalutavano....
Io ho lottato finchè sono riuscita a farmi cambiare di reparto ed ora comincio a stare meglio.
Premetto che prima di ammalarmi ero abbastanza sportiva... praticavo un pò di sport, sopratutto bicicletta (ho anche pedalato per 85 km)... ma tutto questo dolore muscolare ti porta all’immobilità per paura di soffrire e peggiorare di più.
Invece durante la fase dei dolori cronici ho cominciato ad Ascoltare il mio corpo.
Nelle lunghe notti insonni a causa del dolore ho cominciato ad alzarmi per fare streching... perchè sentivo che il mio corpo aveva bisogno di tirare i muscoli.
Una mattina d'autunno ho deciso di provare a correre un pò..... Nonostante la corsa non fosse il mio sport preferito, la mia mente e il mio corpo desideravano il movimento....... beh... quel giorno avrò camminato e corso alternativamente forse 4 km, con calma.... ed il miracolo per me è avvenuto...
Grazie alla corsa per diverse ore il dolore fisico svanisce.
Lo sport per noi e' un toccasana, oltre alla psicoterapia cognitivo comportamentale per aiutare a gestire le emozioni negative e quindi il dolore e ad accettarlo...
Mi sentivo vecchia.... non riuscivo più a vestirmi, camminavo pochissimo. Aprire una busta, una bottiglia, i gesti quotidiani erano altamente compromessi...
Mi sentivo frustrata e depressa e avevo perso anche la voglia di vivere a causa dei dolori e delle limitazioni (anche spingere il carrello della spesa era doloroso), avevo perso la mia identità...
Poi la corsa, lo psicologo, cambiare reparto, stile di vita, accettare tutti questi cambiamenti mi hanno aiutato e la mia vita è migliorata. Ora non voglio annoiarvi oltre.
Il messaggio che desidero passare è di sensibilizzazione per tutti. E soprattutto sensibilizzare i malati verso l'attività fisica, una cura vera!!!!! Una delle tante cure vere!!!!
Ora anche grazie alla corsa ho ritrovato me stessa e ne sono talmente felice !!!!!! Migliorare si può........ ”


Patrizia Marchese

26 novembre 2014

FONTE: Asdrunnervarese.com
http://www.asdrunnervarese.com/tapanews/fibromialgia.html

mercoledì 26 novembre 2014

A 7 anni scrive un libro sull'amichetto malato e finanzia la ricerca che lo farà guarire


NEW YORK
– Chi trova un amico trova un tesoro? Per Jonah Pournazarian aver trovato un vero amico significa che potrà guarire da una malattia terribile che gli fa rischiare la vita. Il suo compagno di scuola, Dylan Siegel ha infatti scritto un libro sulla loro amicizia, e ha raccolto quasi un milione di dollari. Una cifra che permetterà di perfezionare la terapia genetica che potrà curare Jonah.

Jonah soffre di glicogenosi tipo 1B, una rara malattia metabolica che impedisce al suo corpo di utilizzare i propri depositi di zucchero. Se il bambino non mangia in continuazione, rischia l’ipoglicemia, e può cadere in coma. I genitori Lora e Rabin vivono nella costante paura di saltare uno dei dodici pasti che devono somministrargli, in forma liquida, direttamente con un tubo nello stomaco: “Ho il terrore di non sentire la sveglia delle tre del mattino” ha confessato la mamma.

Ma Jonah ha anche un caro amico sin dai banchi dell’asilo, Dylan. E quando Dylan ha sentito i grandi parlare disperati perché avevano saputo che i fondi per la ricerca su questa rarissima malattia erano finiti, ha reagito rimboccandosi le maniche: Voglio aiutare ha detto alla mamma sua, Debra, e a quella di Jonah. Lo ha detto anche al dottor David Weinstein, che cura Jonah e conduce la ricerca di una terapia genetica per correggere il difetto enzimatico di cui soffrono i bambini affetti da questa forma di glicogenosi. Tutti i grandi hanno guardato Dylan con affetto e comprensione e proposto che vendesse limonata durante l’estate, per raccogliere qualche centinaio di dollari.

Dylan aveva altre idee: “Voglio scrivere un libro” ha annunciato. E lo ha scritto. Si chiama “ChocolateBar”, perché l’amicizia con il compagno di scuola è per lui “stupenda come una tavoletta di cioccolata”.
Il libro è stato stampato dai genitori che lo hanno portato a scuola: le prime duecento copie sono andate esaurite nella prima mezz’ora. Da allora, era il 2012, il libro è stato ristampato innumerevoli volte, e venduto in tutte le scuole dei 50 Stati dell’Unionee in 42 altri Paesi del mondo. Ogni singolo centesimo ricavato dalla vendita viene consegnato allo “Shands Children Hospital” dell’Università della Florida.Oramai la possibilità di curare i bambini affetti da questo tipo di glicogenosi sta diventando realtà. Non è più un sogno” ha detto il dottor Weinstein alla stazione televisiva Abc. Ed ha ammesso: “Quando Jonah disse che voleva aiutare, sorrisi fra di me e dissi: si va bene. Beh, mi ha dato un bello shock!”.
Quando la grande avventura è cominciata, Jonah e Dylan avevano sei anni, ora ne hanno otto, e sono sempre amici per la pelle. E Dylan ha un messaggio per tutti i suoi coetanei: “Se sognate di fare qualcosa di giusto, fatelo. E’ possibile, ed è bello, come una tavoletta di cioccolata”.

di Anna Guaita

4 novembre 2014

FONTE: Leggo.it
http://www.leggo.it/NEWS/ESTERI/scrive_libro_amico_malato_1_milione_ricerca_cura/notizie/993545.shtml


Una storia bellissima, di vera solidarietà, che ha come protagonisti due bambini stretti da un legame e da un amicizia fortissima fin dalla più tenera età. E bisogna proprio dire che spesso i bambini danno delle belle lezioni agli adulti..... e come dice il piccolo Dylan: “Se sognate di fare qualcosa di giusto, fatelo.
Un grande insegnamento, che viene non da un adulto ma da un bambino, ma che nonostante la giovane età ha capito ben presto quelli che sono i veri Valori della vita.

Marco

lunedì 17 novembre 2014

Vita stravolta dalla Sensibilità Chimica Multipla. Dopo la causa scatta la protesta in strada


Giuseppina Marazia ha già fatto causa allo Stato per 1 milione di euro: la sua patologia non è riconosciuta tra le malattie rare. A 50 anni la sua vita è diventata un percorso contro ostacoli invisibili. Lo sciopero è la sua forma di protesta più estrema

LECCE - Quando l’altro diventa, suo malgrado, un nemico. Perché indossa un profumo capace di scatenare forme di ipersensibilità. E l’ambiente circostante viene percepito come una babilonia di sostanze chimiche che potrebbero determinare, all’improvviso, una crisi cutanea oppure asmatica. Quando i dottori che dovrebbero prendere il caso "sul serio" non ne vengono a capo e, non potendolo inserire in un protocollo certificato, lo derubricano a manifestazione psicosomatica. Quando il vivere quotidiano diventa un lungo percorso costellato di ostacoli invisibili, allora si può arrivare fino a gesti estremi. Come quello di uno sciopero della fame prolungato finché il corpo (già visibilmente deperito) potrà reggere senza ulteriori conseguenze.

Giuseppina Marazia è arrivata fino a questo punto: fino al punto di sedersi in una via centrale del capoluogo (via Umberto I) e scioperare a nome di tutti quelli che, come lei, si dichiarano malati di Sensibilità Chimica Multipla. La patologia, infatti, è solo presunta: riconosciuta come un complesso di sintomi variabili da persona a persona, magari slegati tra loro, facilmente confondibili con quelli di altre sindromi soprattutto di origine allergica (difficoltà respiratoria, nausea, emicrania, dermatiti da contatto, vertigini, ipersensibilità agli odori e manifestazioni, talvolta anche gravi a livello neurologico, come sdoppiamento della personalità e amnesia) e quindi difficilmente inquadrabili in un contesto organico. Eppure chi ha sperimentato sulla propria pelle gli effetti della MCS continua a combattere perché al proprio male venga riconosciuta, almeno, la dignità di una malattia. Con tanto di cause e sintomi su cui intervenire.

La stessa Giuseppina, 57 anni, mostra una propria foto di qualche anno addietro e, con indignazione, ci domanda come possa essere considerata una paziente affetta da manifestazioni psicosomatiche. La sua intera esistenza ha subito una brusca inversione di rotta a 52 anni, racconta alla stampa e a chi si è fermato a prestarle attenzione, in seguito ad un test per la somministrazione di un anestetico. “Da quel giorno in poi sono finita 25 volte al Pronto Soccorso, mi hanno diagnosticato un’influenza intestinale e persino un tumore al colon. La mia odissea tra ospedali e reparti dura da cinque anni: tra i viaggi, le spese di ogni tipo e l’assistenza di una persona di cui ho avuto bisogno nei momenti più invalidanti della malattia, sono arrivata a vendere due immobili di mia proprietà, intaccando ogni risorsa personale. Ed ho tre figli cui devo dar conto”.

La complessa sintomatologia del suo caso le ha impedito di lavorare. La sua vita ne è uscita stravolta a 50 anni e senza poter usufruire di un punto di riferimento medico o dell’assistenza economica dello Stato. “L’unico centro medico che si occupava seriamente della patologia è stato chiuso. Si trovava al Policlinico Umberto I di Roma ed era diretto dal luminare Giuseppe Genovesi”. La Regione Puglia non ha neppure inserito la MCS nell’elenco delle malattie rare, allineandosi così all’indirizzo nazionale del Consiglio superiore della Sanità. Sebbene ogni regioni mantenga comunque un orientamento autonomo, l’Italia non ha riconosciuto la malattia diversamente da quanto avvenuto nelle vicinissime Francia, Germania e Svizzera. Per non parlare degli Usa.

Tutte le rivendicazioni di Giuseppina, rivolte alle istituzioni locali, sono cadute nel vuoto ed ora la donna, assistita dal legale Salvatore Greco, ha fatto causa allo Stato italiano per 1 milione di euro. Per quanto, ovviamente, nessuna cifra possa risarcire i danni di un’esistenza compromessa fin dai più piccoli dettagli quotidiani. Giuseppina racconta che, solo a Lecce, si contano almeno una ventina di casi analoghi. Le fa eco una ragazza presente in via Umberto I che sostiene di non potersi più avvicinare fisicamente alla madre malata.

Quando si chiede a Giuseppina di condividere un pezzo della sua esistenza quotidiana, lei racconta di come viva di espedienti per limitare i danni, evitando persino la frequentazione dei supermercati nelle ore di punta. Quelle più affollate, più dense di potenziali agenti chimici dannosi. “Siccome non esistono cure, poiché manca la ricerca scientifica, ho dovuto studiare me stessa, le mie reazioni ed in base all’esperienza ho imparato ad evitare le situazioni più a rischio. Ora sono in mezzo a voi, ma appena tornerò a casa, nel giro di un paio d’ore, ne pagherò le conseguenze”.

La signora ha distribuito un foglio contenenti alcune informazioni a suo dire fondamentali. Tra cui la maggior incidenza della malattia in luoghi altamente inquinati e una maggiore incidenza (4 per cento) nella popolazione residente nei centri industrializzati. “Ci sono intere famiglie che si sono ammalate, ma non sviluppano la sintomatologia in ambienti sani – prosegue lei -. Ma più di tutto è assurdo che di fronte a proposte di legge, interrogazioni parlamentari, indicazioni della Comunità europea e persino il ricorso di un gruppo di malati alla Corte di Strasburgo, in Italia la ricerca sia ferma ed i nuovi medici, freschi di laurea, non abbiano mai neppure sentito parlare di questa malattia”.

di Marina Schirinzi

10 Novembre 2014

FONTE: Lecceprima.it
http://www.lecceprima.it/cronaca/disagi-sensibilita-chimica-lecce-10-novembre-2014.html


E' davvero tristissimo che una persona malata debba arrivare a questo per farsi sentire, per fare valere i propri diritti. E purtroppo questo è lo stato dei malati di Sensibilità Chimica Multipla (MCS), non riconosciuti dallo Stato Italiano e abbandonati a loro stessi.
Potrà mai cambiare una situazione del genere? Cambierà solamente quando ci sarà la vera, reale volontà di volerla cambiare, da parte del nostro Stato e del SSN..... e questa volontà, purtroppo, ahinoi, pare proprio che non ci sia.

Marco

martedì 11 novembre 2014

«Malata e dimenticata da tutte le istituzioni»


LA DENUNCIA. Cinzia Pegoraro, 43 anni, è affetta da anni da MCS, Sensibilità Multipla Chimica

La Regione Veneto ha riconosciuto la malattia rara ancora nel 2013 «Dopo 60 giorni la legge prevedeva un centro di cura, mai aperto»

Chiara Roveretto

Cinzia Pegoraro è una donna di 43 anni. Malata di MCS (Sensibilità Multipla Chimica), rischia più volte al giorno di non farcela, basta poco perché vada in crisi: un deodorante, un prodotto al quale è allergica. Si nutre solamente con miglio, riso integrale, pasta di grano saraceno e farina di castagne. Ha iniziato a parlare della sua malattia da oltre un anno, quando le crisi si sono fatte più serie, consistenti. Quando aveva bisogno di un dentista e nessuno si prendeva la responsabilità di curarla.
«È normale - si chiede - che mi vengano tolti sei denti senza anestesia? Di questi tempi è una follia, nessuno si prende responsabilità, potrei essere allergica all'anestetico. Ma il problema è un altro, sono malata e abbandonata dalle istituzioni. Mi rendo conto che la mia sia una patologia grave causata da sostanze chimiche presenti, soprattutto, nell'aria. Ma non sono la sola, le persone che hanno i miei sintomi sono sempre di più nel Vicentino e nel Veneto. Il mio corpo, oramai - aggiunge Cinzia - è allo stremo, non detossica più e ogni minima traccia di sostanza di sintesi mi potrebbe essere fatale».
«La soluzione immediata è quella di allontanarmi dal luogo dove risiedo, in quanto causa scatenante della mia patologia. Sembra semplice, ma trovare una località con aria più sana e senza la presenza di elettromagnetismo non è facile. Per non parlare della struttura della casa che dovrebbe essere modificata e priva di sostanze chimiche. All'estero per questa malattia le cure ci sono ed anche efficaci, però sono improponibili economicamente e ovviamente non disponibili in Italia. Ogni giorno mi chiedo perchè non ho il diritto di vivere un esistenza normale. Perchè mi viene negata un assistenza sanitaria? Perchè lo Stato non fa nulla per garantire i miei diritti di cittadina italiana? Nella mia malattia, è brutto dirlo, i soldi fanno la differenza e il silenzio di chi mi dovrebbe tutelare mi fa indignare. La Regione Veneto ha riconosciuto la Sensibilità Chimica Multipla come malattia rara ancora il 5 marzo del 2013. L'articolo 13 della delibera prevedeva al punto 2 che entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge la giunta regionale avrebbe individuato un centro di diagnosi e cura, la dotazione organica, le risorse finanziarie necessarie e i relativi criteri per l'esenzione del ticket. Siamo arrivati alla fine del 2014, non è stato fatto nulla. Il problema pare sia rappresentato dai finanziamenti che non si possono reperire perchè la malattia non è inserita nei Lea, i livelli essenziali di assistenza, però si tratta solo dell'ennesima scusa. Non si fa una legge se poi non sussiste la volontà di portare avanti un progetto concreto, questo significa prendersi gioco di chi sta soffrendo e attende, invano, di essere curato. Ormai siamo tutti a conoscenza di come il denaro pubblico venga sperperato nella nostra Regione. Sono stanca di sentire che non ci sono soldi per aiutarmi a vivere».
E' esausta Cinzia, ci parla con due mascherine davanti alla bocca, le mani sono distrutte, il viso è deperito. «Vorrei pensare ad un futuro, invece vivo di istanti. Ho due figlie, un marito e devo andare avanti per loro, ma è sempre più complesso, ogni giorno più difficile. Dopo mesi di ricadute, un medico dell'Inps è venuto a visitarmi per valutare il mio livello di invalidità. Non sapeva nemmeno cos'era la mia malattia, solo sentendo l'odore dei suoi vestiti intrisi di ammorbidente mi ha fatto stare male. Attendo ancora l'esito di quella visita».

3 novembre 2014

FONTE: Giornale di Vicenza

domenica 2 novembre 2014

"La ragazza con gli occhiali di legno".... il libro autobiografico di Sara Capatti e della sua Sensibilità Chimica Multipla (MCS)


Sara Capatti, classe 1979, residente a Calusco d'Adda (BG)
è una giovane donna decisa e intraprendente, che nella sua vita ha aperto un salone da parrucchiera, ha arredato un appartamentino nel quale è andata a vivere da sola, le piacciono gli sport, i libri, uscire a cena e fare gite.
Non sapeva però che in lei c’era un qualcosa di diverso, un “mostro”, così lo definisce, pronto a toglierle ogni libertà. Strani malesseri, allergie inspiegabili, dolori muscolari, ciclo mestruale impazzito, shock anafilattici, problemi di stomaco si fanno sempre più frequenti. Comincia così il suo peregrinare da un medico all’altro per capire cosa le stia succedendo. Ma i mesi passano e la risposta viene suggerita solo da una trasmissione televisiva: M.C.S., ovvero Sensibilità Chimica Multipla, ovvero incapacità di metabolizzare tutto ciò che è chimico. Scopre che ci sono delle alterazioni al suo DNA, che c’è un centro all’Umberto I di Roma, a centinaia di chilometri lontano da lei, dove lavora uno specialista di questa malattia.

Come ha sempre fatto nella sua vita, Sara non si abbatte, ma combatte. Impara a chiedere aiuto. Deve chiudersi in casa, perché ora sa che anche l’aria che respira per lei è nociva, lascia il lavoro, perde quegli amici che erano tali solo di nome e non di fatto, l’Amore se ne va. Ma è decisa a riprendere in mano la sua vita, a fare scelte coraggiose..... ed una di queste è stata quella di abbandonare la sua casa e i suoi affetti per trasferirsi a San Candido, una località del Trentino a 1200 m di quota, meno inquinata e quindi più adatta alla sua situazione clinica.

Il caso di Sara non passa inosservato, ne hanno parlato alcuni giornali fra i quali Ok, Salute e benessere, e la trasmissione televisiva “La Vita in diretta”. Lei però non si accontenta e con la caparbietà che la contraddistingue, assieme alla giornalista Patrizia Piolatto, decide di scrivere la sua storia, perché la gente sappia cosa significa vivere con una patologia come questa, perché chi ha i suoi stessi problemi non debba fare la trafila che ha fatto lei, perché tutte le Regioni italiane riconoscano l’M.C.S., patologia legata all’inquinamento ambientale e sempre più diffusa.

Dopo 2 anni e mezzo di elaborazione, Il 30 ottobre scorso esce finalmente il suo libro, intitolato
La ragazza con gli occhiali di legno, nella quale Sara racconta la sua esperienza, come nel giro di pochi mesi la sua vita sia completamente cambiata e i suoi sogni infranti, ma come abbia saputo affrontare tutto questo con determinazione e volontà, perché fermamente convinta che la speranza non debba mai venire meno, che la vita sia sempre degna di essere vissuta… perché il futuro può essere carico di promesse e di sorprese.
Spiega Sara: «In queste pagine racconto la mia storia e come in pochi mesi la mia vita sia completamente cambiata a causa della malattia di cui soffro. Sono allergica a tutto, quindi anche uscire di casa era diventato impossibile. Grazie alla mia determinazione e all’aiuto delle persone che mi sono state vicine, sono riuscita a tornare a vivere, anche se in un modo diverso rispetto a quando abitavo a Calusco d’Adda». Conclude: «Ho scritto il libro per fare conoscere questa malattia che è causata dall’inquinamento. Nonostante siano sempre più numerose le persone affette, molti non la conoscono, spesso nemmeno i medici: spero che diffondendo qualche informazione possa essere più semplice diagnosticare questi problemi in altri pazienti».
Al suo fianco c'è Patrizia Piolatto che accompagna Sara in questo progetto fin dal primo momento: «Ho conosciuto Sara all’inizio del 2012 quando, nel ruolo di giornalista, l’ho intervistata. Desiderava far conoscere la propria malattia attraverso le pagine del giornale, in modo da poter aiutare altre persone nella sua situazione. In quell’occasione le ho proposto di scrivere un libro per raccontare la sua storia e le ho offerto il mio aiuto per la stesura del testo. Sara ha accettato con entusiasmo e dopo due anni siamo giunte a questo libro». Conclude: «Tra le pagine di “La ragazza con gli occhiali di legno”, la storia viene raccontata sotto forma di romanzo. Sara è una persona ottimista e positiva e il suo carattere si rispecchia nel messaggio lanciato dal libro: non abbattersi e affrontare con grinta le difficoltà. E’ proprio grazie alle scelte coraggiose di Sara, ma anche all’aiuto dato dal Comune di Calusco d’Adda e dalle sue associazioni, che oggi la ragazza ha ricominciato a vivere con serenità a San Candido».

La presentazione del libro avverrà in varie località. Le prime saranno Calusco d'Adda, il 5 novembre, Merate, l'8 novembre, e San Candido il 15 novembre. In quest’ultima ci sarà anche la partecipazione del Prof. Genovesi e della Dott.ssa Barreca del policlinico Umberto I di Roma.

Marco

FONTI: Bergamosette.it, In punta di penna (USB), presentazione e sinossilibro Pdf