giovedì 16 marzo 2017

L’appello di Cinzia: «Ho venduto casa per pagare le cure»


LA STORIA Ha 45 anni ed è affetta da MCS, Sensibilità Chimica Multipla

La calidonense combatte la patologia da 16 anni. E’ anche protagonista di una battaglia legale contro l’Ulss che le nega il sostegno per le terapie all’estero

Il suo calvario si sarebbe dovuto concludere in almeno due occasioni: nel 2013, quando una legge regionale ha riconosciuto la sua malattia. E ancora lo scorso luglio, quando il giudice del lavoro del tribunale di Vicenza, accogliendo il suo ricorso contro l’Ulss 6, aveva obbligato l’azienda socio-sanitaria a pagarle le costosissime cure in Inghilterra. Ma a distanza di tempo, per Cinzia Pegoraro la battaglia è tutt’altro che finita e la malata, 45 anni di Caldogno, ha di recente dovuto mettere in vendita la casa di famiglia per permettersi le costosissime terapie che le stanno salvando la vita.
L’MCS (Sensibilità Chimica Multipla) di cui è affetta da 16 anni è ancora un nemico da combattere, anche se le fasi più acute sono un ricordo del passato. La donna era arrivata a dormire in auto per alleviare le sue sofferenze: dolori e parestesie diffuse, attacchi d’asma, emicranie, vista offuscata e vertigini. E guai ad assumere medicinali, banditi anche i ricoveri in ospedale, senza un’adeguata bonifica degli ambienti. La patologia rara che impedisce a chi ne è affetto di vivere a stretto contatto con la maggior parte delle sostanze chimiche presenti nell’ambiente (dai profumi ai detersivi fino ai preparati per il trattamento di mobili e pavimenti) è stata riconosciuta dalla Regione Veneto quattro anni fa, ma la legge è rimasta di fatto lettera morta. «In Italia non esiste – lamenta Pegoraro, che è assistita dall’avv. Agron Xhanaj – alcuna struttura per la diagnosi e le cure». Risultato: per guarire, Cinzia deve recarsi alla clinica Breakspear, a nord di Londra, dove si trova anche in queste ore per concludere il suo terzo ciclo di terapie. Che non sarà di certo l’ultimo: «Dovrò sottopormi a continui vaccini – avverte -. Se non continuo le cure disintossicanti e l’immunoterapia, rischio di finire su una sedia a rotelle».

I ricoveri inglesi le sono costati finora la cifra stellare di 90 mila euro, raccolti per lo più grazie alla solidarietà. Ma non solo: «Siamo stati costretti a vendere la nostra casa e ad acquistarne un'altra più piccola per pagare queste ultime cure», sospira il marito della donna, Andrea Cortellazzo. Il motivo? Alla domanda di autorizzazione per ottenere le cure all’estero l’Ulss ha finora risposto negativamente e ha impugnato il provvedimento del giudice del lavoro del tribunale di Vicenza che obbligava l’azienda a sostenere le spese per le terapie della paziente. Non solo: ha richiesto una consulenza tecnica d’ufficio che accerti la patologia di Pegoraro. «Il tribunale ha ora incaricato un perito di accertare se le cure all’estero siano o meno efficaci per la patologia. Ma se in Italia non ci sono centri per la diagnosi e per le cure, chi mai potrà essere chiamato a svolgere questo compito?», si chiede il legale della donna. Che nel frattempo ha sviluppato altri disturbi legati alla malattia. «Mi hanno diagnosticato una grave neuropatia di origine tossica, causata dal titanio – lamenta la paziente -. Non ho riflessi dalle anche in giù, non sento il caldo e il freddo e fatico a fare molti movimenti. Non chiedo la luna, ma solo di essere curata». 

Laura Pilastro

26 febbraio 2017

FONTE: Il Giornale di Vicenza

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